PIANI PARTICOLAREGGIATI AGEVOLAZIONI FISCALI
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Imposta di Registro all’1% La Mancata richiesta dell’agevolazione non compromette l’agevolazione
Sui i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all’imposta di registro dell’1 per cento e alle imposte ipotecaria e catastali in misura fissa di €.168 +€.168 (Art. 33, comma 3, della legge n. 388 del 2000 ), a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro 5 anni dal trasferimento. Sia per la Cassazione (sentenza 11 giugno 2010, n. 14117) che per L’Agenzia delle Entrate (Risoluzione 40 del 27.06.2013) la Mancata richiesta dell’agevolazione all’atto di acquisto non compromette l’agevolazione e relative istanze di rimborso presentate per ottenere la restituzione delle maggiori imposte assolte in sede di stipula di atti nei quali, pur sussistendo i presupposti di legge, non è stata invocata l’applicazione del beneficio previsto dalla citata disposizione, devono essere accolte.
Ricordiamo che con risoluzione del 2 ottobre 2006, n. 110/E, sono stati forniti chiarimenti in merito all’ambito applicativo del regime fiscale previsto per i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati di cui all’art. 33, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con particolare riferimento all’ipotesi in cui l’agevolazione non venga richiesta nell’atto di acquisto. Con la citata risoluzione è stato precisato che “è possibile procedere alla redazione di un atto integrativo, nella stessa forma dell’atto precedente, al fine di fruire delle agevolazioni. Tale soluzione … è in linea con la ratio della normativa di favore; infatti se ricorrono i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla legge, non si possono negare le agevolazioni, per il solo fatto della non contestualità della dichiarazione”. Questo è principio sacro a tutela del contribuente che deve e può essere applicato in ogni fattispecie di norma agevolativa.
Con il medesimo documento di prassi è stato inoltre chiarito che “l’atto integrativo successivamente redatto costituisce, pertanto, negozio collegato rispetto all’atto di trasferimento; la differenziazione tra l’atto di trasferimento e l’atto integrativo è da rinvenire unicamente sul piano documentale e su quello cronologico.
Né le norme agevolative affermano l’onere della dichiarazione nell’atto di acquisizione a pena di decadenza.”. Sulla base del citato documento di prassi, quindi, la possibilità di rimediare alla mancata richiesta dell’agevolazione in sede di stipula dell’atto di trasferimento era subordinata all’assolvimento dell’onere formale di integrazione dello stesso con successivo atto redatto nella stessa forma, contenente la dichiarazione di voler beneficiare del regime fiscale in argomento. In assenza dell’atto integrativo, pertanto, gli Uffici rigettano le istanze dei contribuenti volte ad ottenere la restituzione delle maggiori imposte versate in sede di stipula dell’atto originario, pur in presenza di tutti i requisiti normativamente richiesti per l’accoglimento dell’istanza. Sulle controversie instaurate dai contribuenti avverso i dinieghi, espressi o taciti, delle suddette istanze di rimborso si registrano sul territorio esiti costantemente sfavorevoli nella giurisprudenza di merito e di legittimità. La Suprema Corte, con sentenza 11 giugno 2010, n. 14117, ha al riguardo statuito che “in ordine ai benefici, questa Corte …ha ritenuto già, in materia di agevolazioni per l’edilizia popolare, che non è dato rinvenire nell’ordinamento alcun principio generale immanente nel sistema secondo il quale un’agevolazione non richiesta al momento dell’imposizione sarebbe irrevocabilmente perduta, potendosi anzi dedurre il principio contrario secondo il quale, sia pure con ovvi limiti temporali, è possibile rimediare all’erronea imposizione (DPR n. 131 del 1986, art. 77).”. La Corte di Cassazione, con la medesima pronuncia ha altresì affermato che “si può pertanto ritenere che la richiesta sia necessaria, oltre che nella ipotesi in cui la stessa sia esplicitamente prevista dalla legge, anche in quella in cui sia necessaria la partecipazione o collaborazione del contribuente che debba manifestare determinate intenzioni (quale quella di destinare l’immobile a propria abitazione); cui la legge ricolleghi determinati benefici fiscali, o debba indicare analoghe proprie qualità o caratteristiche del bene non conosciute in generale dall’Amministrazione.”. Tra le suddette ipotesi non è riconducibile, come espressamente
affermato dai giudici di legittimità, l’agevolazione prevista dal comma 3 dell’articolo 33 della legge n. 388 del 2000 che si applica a condizione che l’utilizzazione edificatoria avvenga entro cinque anni dal trasferimento, e, pertanto con agevolazione disposta con norma di carattere generale che non necessita di particolari accertamenti e, tanto meno di atti concessori o analoghi”.
In sostanza, secondo l’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato, più volte successivamente confermato,
quando il legislatore ha voluto subordinare l’accesso ad un trattamento agevolato a particolari formalità da eseguirsi a pena di decadenza lo ha espressamente stabilito. Non rientrando, invero, tra le suddette ipotesi quella prevista dall’art. 33, comma 3, della legge n. 388 del 2000, si deve ritenere che il beneficio fiscale di cui alla citata norma spetta, in presenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti, anche in assenza di un atto integrativo avente la stessa forma dell’atto originario.
In conclusione alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza, le istanze di rimborso volte ad ottenere la restituzione delle maggiori imposte assolte in sede di stipula di atti nei quali, pur sussistendo i presupposti di legge, non è stata invocata l’applicazione del beneficio previsto dalla citata disposizione, devono essere accolte anche in sede contenziosa ma soprattutto dagli stessi uffici della Agenzia delle Entrate in fase di contradditorio, evitando il contenzioso stesso.