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mercoledì 15 Gennaio 2025
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Risparmiare legittimamente per le ristrutturazioni aziendali

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Le ristrutturazioni aziendali possono essere un investimento importante per migliorare l’efficienza e la competitività di un’impresa. Tuttavia, il costo di tali interventi può essere elevato, e spesso le aziende si trovano a dover cercare soluzioni per risparmiare.

Fortunatamente, esistono diverse possibilità per risparmiare legittimamente sulle ristrutturazioni aziendali. In questo articolo, vi forniremo una panoramica delle principali agevolazioni fiscali e finanziarie disponibili in Italia nel 2024, oltre a consigli pratici per ottimizzare i costi.

Agevolazioni fiscali

  • Bonus ristrutturazioni: permette di detrarre il 50% delle spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia su immobili ad uso abitativo e commerciale. La detrazione è ripartita in 10 quote annuali di pari importo.
  • Bonus facciate: permette di detrarre il 90% delle spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica, antisismica e conservativa del rivestimento esterno degli edifici. La detrazione è ripartita in 10 quote annuali di pari importo.
  • Bonus Superbonus 110%: permette di detrarre il 110% delle spese sostenute per interventi di efficientamento energetico, antisismica e installazione di impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica. La detrazione è cedibile o fruibile sotto forma di sconto in fattura.
  • Credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali nuovi: permette di ottenere un credito d’imposta pari al 30% del costo di acquisto di beni strumentali nuovi destinati ad attività di impresa.
  • Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese: offre alle PMI la possibilità di ottenere finanziamenti agevolati per investimenti in innovazione, digitalizzazione e transizione ecologica.

 

Finanziamenti agevolati

  • Banche: diverse banche offrono finanziamenti specifici per le ristrutturazioni aziendali, con tassi d’interesse agevolati e condizioni flessibili.
  • Istituti di credito fondiario: erogano finanziamenti ipotecari per l’acquisto o la ristrutturazione di immobili ad uso commerciale.
  • Confidi: offrono garanzie fideussorie a favore delle PMI che richiedono finanziamenti alle banche.

 

Consigli pratici per risparmiare

  • Pianificare attentamente gli interventi: è fondamentale definire con precisione gli obiettivi della ristrutturazione e stilare un preventivo dettagliato dei costi.
  • Richiedere più preventivi: è consigliabile richiedere preventivi a diverse imprese per ottenere il miglior rapporto qualità-prezzo.
  • Scegliere materiali e tecnologie efficienti: l’utilizzo di materiali e tecnologie efficienti può permettere di risparmiare sui costi energetici nel lungo periodo.
  • Approfittare delle agevolazioni fiscali: è importante informarsi sulle agevolazioni fiscali disponibili e valutare se è possibile usufruirne.
  • Ricercare finanziamenti agevolati: è consigliabile esplorare le diverse possibilità di finanziamento agevolato offerte da banche, istituti di credito fondiario e confidi.

 

Conclusione

Risparmiare sulle ristrutturazioni aziendali è possibile, ma è importante pianificare attentamente gli interventi, richiedere più preventivi, scegliere materiali e tecnologie efficienti, approfittare delle agevolazioni fiscali e ricercare finanziamenti agevolati. Con un approccio strategico e un’attenta valutazione delle diverse opzioni, è possibile realizzare ristrutturazioni di qualità ottimizzando i costi.

Termine di prescrizione degli avvisi di accertamento: guida aggiornata al 2024

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Cos’è la prescrizione degli avvisi di accertamento?

La prescrizione è un istituto giuridico che estingue l’obbligo di pagare un debito se il creditore non lo esercita entro un determinato periodo di tempo. Nel caso degli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate, il termine di prescrizione è di cinque anni dalla notifica dell’atto.

Termini speciali di prescrizione

In alcuni casi, il termine di prescrizione degli avvisi di accertamento può essere più lungo o più breve di cinque anni. Ad esempio:

  • Sette anni: per l’omessa presentazione della dichiarazione o per la presentazione di una dichiarazione nulla.
  • Dieci anni: per le frodi fiscali.
  • Quindici anni: per i reati fiscali.
  • Un anno: per le sanzioni amministrative.

 

Sospensione e interruzione della prescrizione

Il termine di prescrizione può essere sospeso o interrotto da alcuni eventi, come ad esempio:

  • Sospensione: la prescrizione è sospesa durante il periodo in cui il creditore non può agire per cause a lui non imputabili (ad esempio, durante un giudizio di opposizione all’accertamento).
  • Interruzione: la prescrizione è interrotta con l’atto di ricognizione del debito da parte del debitore o con qualsiasi altro atto che implichi la volontà di quest’ultimo di non avvalersi della prescrizione.

 

Effetti della prescrizione

Se il termine di prescrizione degli avvisi di accertamento viene rispettato, l’Agenzia delle Entrate non potrà più riscuotere le somme accertate. Tuttavia, la prescrizione non estingue l’obbligo di pagamento delle imposte, che potrà comunque essere fatto valere dall’Agenzia delle Entrate mediante l’esecuzione forzata.

Come verificare il termine di prescrizione

Il termine di prescrizione degli avvisi di accertamento è indicato nell’atto stesso. Tuttavia, è possibile calcolarlo anche autonomamente, utilizzando la seguente formula:

Data di prescrizione = Data di notifica dell’avviso di accertamento + Termine di prescrizione

Esempio:

Un avviso di accertamento viene notificato il 1° giugno 2020. Il termine di prescrizione è di cinque anni. La data di prescrizione sarà quindi il 1° giugno 2025.

Cosa fare se il termine di prescrizione sta per scadere

Se il termine di prescrizione degli avvisi di accertamento sta per scadere, il contribuente può:

  • Pagare le somme accertate: in questo modo, si estingue il debito e si evita la riscossione coattiva da parte dell’Agenzia delle Entrate.
  • Presentare un ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale: in questo modo, il contribuente può contestare l’accertamento e cercare di ottenere l’annullamento o la riduzione delle somme accertate.
  • Richiedere la rateizzazione del pagamento: in questo modo, il contribuente può dilazionare il pagamento delle somme accertate in rate mensili.

Reclamo e mediazione contro gli atti di accertamento

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Il reclamo-mediazione è uno strumento deflativo del contenzioso tributario, introdotto con il Decreto Legislativo n. 156/2015, che consente al contribuente di contestare in modo alternativo gli atti di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate. Si tratta di una procedura extragiudiziale che mira a risolvere la controversia in modo rapido, economico e consensuale, evitando un contenzioso giudiziario spesso lungo e costoso.

Quando è possibile presentare il reclamo-mediazione?

Il reclamo-mediazione può essere presentato per contestare i seguenti atti di accertamento:

  • Avvisi di accertamento
  • Avvisi di liquidazione
  • Provvedimenti che irrogano sanzioni
  • Ruoli
  • Rifiuto espresso o tacito di restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti

Tuttavia, è importante precisare che il reclamo-mediazione non è ammesso per le controversie relative a:

  • Atti di recupero coattivo
  • Domanda di rimborso
  • Compensazione
  • Sequestro
  • Revoca di agevolazioni
  • Questioni di legittimità costituzionale

 

Come presentare il reclamo-mediazione

Il reclamo-mediazione deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto impugnato. La domanda di reclamo-mediazione deve essere redatta per iscritto e deve contenere:

  • I dati anagrafici del contribuente;
  • Gli estremi dell’atto impugnato;
  • Le motivazioni del ricorso;
  • Le prove a sostegno delle proprie ragioni;
  • La proposta di mediazione, che deve contenere una proposta di accordo sulla definizione della controversia.

La domanda di reclamo-mediazione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate competente, tramite consegna diretta, posta raccomandata con ricevuta di ritorno o PEC.

Procedimento di reclamo-mediazione

Entro 90 giorni dalla ricezione della domanda di reclamo-mediazione, l’Agenzia delle Entrate deve comunicare al contribuente se accetta o meno la proposta di mediazione.

Se l’Agenzia delle Entrate accetta la proposta di mediazione, il reclamo-mediazione viene definito con un accordo di mediazione, che ha valore di contratto di transazione. L’accordo di mediazione è esecutivo e non può essere impugnato.

Se l’Agenzia delle Entrate non accetta la proposta di mediazione, il contribuente può comunque presentare ricorso contro l’atto impugnato alla Commissione Tributaria Provinciale competente.

Vantaggi del reclamo-mediazione

Il reclamo-mediazione presenta i seguenti vantaggi:

  • Rapidità: la procedura di reclamo-mediazione è generalmente più rapida rispetto al contenzioso giudiziario.
  • Semplicità: la procedura di reclamo-mediazione è più semplice e meno onerosa rispetto al contenzioso giudiziario.
  • Riservatezza: la procedura di reclamo-mediazione è riservata e non ha effetti sulla pubblica Amministrazione.
  • Consensualità: la procedura di reclamo-mediazione mira a raggiungere un accordo consensuale tra le parti.

 

Costi del reclamo-mediazione

I costi del reclamo-mediazione sono generalmente più bassi rispetto ai costi del contenzioso giudiziario. Il contribuente deve sostenere il costo dell’eventuale consulenza professionale.

Guida all’esercizio del diritto all’autotutela: tutela dei cittadini contro gli atti illegittimi della Pubblica Amministrazione

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L’autotutela è uno strumento di diritto amministrativo che consente alla Pubblica Amministrazione di rivedere autonomamente i propri provvedimenti illegittimi, al fine di conformarli alla legge e di tutelare i diritti dei cittadini. Si tratta di un potere discrezionale che la Pubblica Amministrazione può esercitare d’ufficio o su richiesta del cittadino interessato.

Quando è possibile esercitare il diritto all’autotutela?

Il diritto all’autotutela può essere esercitato in presenza di un provvedimento amministrativo illegittimo, ovvero di un atto che viola una norma di legge, un regolamento o i principi generali dell’ordinamento giuridico. L’illegittimità può essere di diversa natura, ad esempio:

  • Vizio di forma: il provvedimento non è stato adottato nel rispetto delle forme prescritte dalla legge.
  • Vizio di contenuto: il provvedimento contiene disposizioni contrarie alla legge o ai principi generali dell’ordinamento giuridico.
  • Vizio di eccesso di potere: il provvedimento è stato adottato per un fine diverso da quello previsto dalla legge o per motivi illeciti.

 

Termini per l’esercizio del diritto all’autotutela

Il diritto all’autotutela può essere esercitato entro un termine di 18 mesi dall’adozione del provvedimento illegittimo. Il termine è perentorio, il che significa che se il cittadino non presenta la richiesta di autotutela entro i 18 mesi, la Pubblica Amministrazione non potrà più esercitare il suo potere di autotutela d’ufficio.

Come esercitare il diritto all’autotutela

Il diritto all’autotutela può essere esercitato presentando una richiesta alla Pubblica Amministrazione che ha adottato il provvedimento illegittimo. La richiesta deve essere redatta per iscritto e deve contenere:

  • I dati anagrafici del richiedente;
  • Gli estremi del provvedimento impugnato;
  • Le motivazioni dell’illegittimità del provvedimento;
  • La richiesta di annullamento o di modifica del provvedimento.

La richiesta può essere presentata direttamente all’ufficio dell’amministrazione competente oppure mediante posta raccomandata con ricevuta di ritorno o per via telematica.

Provvedimento di autotutela

La Pubblica Amministrazione, dopo aver esaminato la richiesta di autotutela, adotterà un provvedimento di autotutela con cui:

  • Accoglie la richiesta: in questo caso, l’amministrazione annullerà o modificherà il provvedimento illegittimo.
  • Respinge la richiesta: in questo caso, l’amministrazione confermerà la validità del provvedimento impugnato.

Contro il provvedimento di autotutela negativo, il cittadino può presentare ricorso al giudice amministrativo.

Rimedi alternativi all’autotutela

Oltre all’autotutela, il cittadino può avvalersi di altri rimedi per tutelare i propri diritti contro gli atti illegittimi della Pubblica Amministrazione, ad esempio:

  • Ricorso gerarchico: un ricorso che deve essere presentato all’amministrazione superiore a quella che ha adottato il provvedimento illegittimo.
  • Ricorso al giudice amministrativo: un ricorso che può essere presentato al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) o al Consiglio di Stato.
  • Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: un ricorso che può essere presentato solo in casi eccezionali.

 

Vantaggi dell’autotutela

L’autotutela presenta alcuni vantaggi rispetto agli altri rimedi:

  • Rapidità: il procedimento di autotutela è generalmente più rapido rispetto al ricorso al giudice amministrativo.
  • Semplicità: il procedimento di autotutela è più semplice e meno costoso rispetto al ricorso al giudice amministrativo.
  • Effettività: il provvedimento di autotutela ha effetti immediati, mentre il provvedimento del giudice amministrativo può essere impugnato in appello o in cassazione.

Istanza di sospensione giudiziale: guida completa e aggiornata

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L’istanza di sospensione giudiziale è un rimedio giuridico a disposizione del contribuente per ottenere la temporanea sospensione della riscossione coattiva di cartelle esattoriali. Si tratta di uno strumento importante per tutelare i diritti del contribuente in caso di gravi e comprovati motivi che potrebbero pregiudicare seriamente la sua situazione economica.

In che casi è possibile richiedere la sospensione giudiziale?

La sospensione giudiziale può essere richiesta in presenza di specifiche condizioni:

  • Fumus boni iuris: il contribuente deve dimostrare la fondatezza delle sue ragioni, ovvero che il ricorso contro la cartella esattoriale ha buone probabilità di essere accolto.
  • Periculum in mora: il contribuente deve dimostrare il pericolo di un danno grave e irreparabile se la riscossione coattiva dovesse aver luogo. In altre parole, deve provare che il pagamento immediato della somma richiesta potrebbe causargli un pregiudizio significativo che non potrebbe essere risarcito in seguito con l’accoglimento del ricorso.

 

Come presentare l’istanza di sospensione giudiziale

L’istanza di sospensione giudiziale deve essere presentata al giudice competente, in genere la Commissione tributaria o il giudice ordinario, a seconda del tipo di cartella esattoriale impugnata. Il ricorso deve essere redatto da un professionista abilitato, come un avvocato o un dottore commercialista, e deve contenere una serie di informazioni essenziali, tra cui:

  • I dati anagrafici del contribuente;
  • Gli estremi della cartella esattoriale;
  • Le motivazioni del ricorso;
  • Le prove a sostegno delle proprie ragioni;
  • La richiesta di sospensione giudiziale.

 

Il procedimento di sospensione giudiziale

Il giudice, ricevuta l’istanza, fissa un’udienza per discutere il ricorso. Nel corso dell’udienza, il contribuente e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ente creditore) avranno la possibilità di esporre le proprie argomentazioni. Il giudice, valutate le prove e le deduzioni di entrambe le parti, deciderà se accogliere o respingere la richiesta di sospensione giudiziale.

E’ importante precisare che la sospensione giudiziale non è automatica e il giudice potrebbe non accoglierla se ritiene che le condizioni per la sua concessione non siano soddisfatte.

Sospensione cautelare

Oltre alla sospensione giudiziale, in alcuni casi è possibile richiedere al giudice una sospensione cautelare. Si tratta di una misura temporanea d’urgenza che può essere concessa anche prima dell’udienza di discussione del ricorso, in presenza di gravi e imminenti pericoli di danno per il contribuente.

Termini per la presentazione del ricorso

I termini per la presentazione del ricorso contro le cartelle esattoriali e per la richiesta di sospensione giudiziale variano a seconda del tipo di cartella. In generale, è consigliabile rivolgersi ad un professionista per tutelare al meglio i propri diritti e per conoscere i termini precisi entro cui presentare il ricorso.

Costi dell’istanza di sospensione giudiziale

I costi per la presentazione dell’istanza di sospensione giudiziale variano a seconda del professionista a cui ci si rivolge e della complessità della pratica. In generale, è consigliabile richiedere un preventivo preventivo per avere una stima precisa delle spese legali.

Certificato penale per ASD e SSD: obbligo o no?

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Negli ultimi anni, la normativa che disciplina le associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD e SSD) ha subito diverse modifiche, generando dubbi e incertezze tra gli operatori del settore, soprattutto in merito all’obbligo di richiedere il certificato penale ai propri collaboratori.

Cosa dice la legge

La normativa di riferimento è il Decreto Legislativo n. 34 del 2000, meglio conosciuto come “Codice delle organizzazioni sportive”. Il testo originario del Codice non prevedeva alcun obbligo di richiedere il certificato penale ai collaboratori delle ASD e SSD. Tuttavia, nel 2013 è stato introdotto l’articolo 9-bis, che ha modificato il quadro normativo.

L’articolo 9-bis e l’obbligo del certificato penale

L’articolo 9-bis del Codice delle organizzazioni sportive stabilisce che le ASD e SSD che “organizzano e/o gestiscono attività sportive a favore di minori” sono tenute a richiedere il certificato penale ai propri collaboratori che “a qualsiasi titolo” entrano in contatto con i minori.

Chi è tenuto a richiedere il certificato penale?

L’obbligo di richiedere il certificato penale grava su tutte le ASD e SSD che organizzano e/o gestiscono attività sportive a favore di minori. La norma non fa distinzione tra attività agonistiche e non agonistiche, né tra attività svolte all’interno o all’esterno di impianti sportivi.

A quali collaboratori deve essere richiesto il certificato penale?

Il certificato penale deve essere richiesto a tutti i collaboratori delle ASD e SSD che, a qualsiasi titolo, entrano in contatto con i minori. La norma include, a titolo esemplificativo:

  • Allenatori
  • Istruttori
  • Dirigenti
  • Addetti alle segreterie
  • Addetti alla manutenzione
  • Addetti al primo soccorso
  • Volontari

 

Come richiedere il certificato penale

Il certificato penale può essere richiesto all’Ufficio del Casellario Giudiziale presso la Procura della Repubblica competente per residenza o domicilio del collaboratore. La richiesta può essere presentata direttamente dall’interessato o dall’ASD/SSD.

Validità del certificato penale

Il certificato penale ha una validità di sei mesi dalla data di rilascio. Decorsi i sei mesi, l’ASD/SSD è tenuta a richiedere un nuovo certificato al proprio collaboratore.

Sanzioni in caso di mancata richiesta del certificato penale

L’articolo 9-bis del Codice delle organizzazioni sportive prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per le ASD e SSD che non richiedono il certificato penale ai propri collaboratori.

Casi di esenzione dall’obbligo del certificato penale

L’obbligo di richiedere il certificato penale non si applica ai collaboratori che:

  • Svolgono attività di mera segreteria o amministrazione
  • Non entrano in contatto diretto con i minori

Come annullare le cartelle esattoriali

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I motivi per cui una cartella esattoriale può essere annullata

Una cartella esattoriale può essere annullata per diversi motivi, tra cui:

  • Il debito non è dovuto: questo può accadere se, ad esempio, la cartella è stata notificata a un soggetto errato, se l’importo indicato è sbagliato o se il debito è già stato pagato.
  • Il debito è stato già pagato: in questo caso, è necessario dimostrare di aver già pagato il debito, ad esempio mediante la presentazione della ricevuta di pagamento.
  • Il debito è prescritto: la prescrizione è un termine entro il quale l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può riscuotere un debito. Scaduto tale termine, la cartella esattoriale non è più valida e può essere annullata.
  • Sono stati commessi errori formali: la cartella esattoriale può essere annullata anche se sono stati commessi errori formali nella sua notifica o redazione.
  • Il contribuente si trova in una situazione di grave difficoltà economica: in alcuni casi, è possibile ottenere la sospensione o la riduzione del debito se il contribuente si trova in una situazione di grave difficoltà economica.

 

Come presentare una richiesta di annullamento in autotutela

La prima cosa da fare se si riceve una cartella esattoriale che si ritiene non dovuta è presentare una richiesta di annullamento in autotutela. La richiesta deve essere presentata all’ente creditore (ad esempio, Agenzia delle Entrate, INPS, Comune) entro 60 giorni dalla notifica della cartella.

Alla richiesta di annullamento in autotutela è necessario allegare la documentazione che supporta la propria richiesta, ad esempio:

  • Copia della cartella esattoriale
  • Documenti che dimostrano che il debito non è dovuto (ad esempio, ricevuta di pagamento, sentenza del giudice)
  • Documenti che dimostrano la propria situazione di grave difficoltà economica (ad esempio, certificato ISEE)

 

Come fare ricorso contro una cartella esattoriale

Se la richiesta di annullamento in autotutela viene respinta, è possibile fare ricorso contro la cartella esattoriale alla Commissione Tributaria Provinciale. Il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla ricezione del diniego all’annullamento.

Anche in caso di ricorso, è necessario allegare la documentazione che supporta la propria richiesta.

I termini per presentare una richiesta di annullamento o un ricorso

I termini per presentare una richiesta di annullamento in autotutela o un ricorso contro una cartella esattoriale sono perentori, pena la decadenza. Ciò significa che se i termini non vengono rispettati, non sarà più possibile annullare o contestare la cartella esattoriale.

Cosa fare in caso di sospensione della riscossione

In alcuni casi, è possibile ottenere la sospensione della riscossione del debito contenuto in una cartella esattoriale. La sospensione può essere ottenuta, ad esempio, se:

  • Il contribuente ha presentato una richiesta di annullamento in autotutela o un ricorso contro la cartella esattoriale
  • Il contribuente si trova in una situazione di grave difficoltà economica
  • Il debito è oggetto di un contenzioso giudiziario

Per ottenere la sospensione della riscossione, è necessario presentare una richiesta all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Alla richiesta è necessario allegare la documentazione che supporta la propria richiesta.

Come farsi assistere da un professionista

È consigliabile farsi assistere da un professionista, come un avvocato tributarista o un commercialista, per presentare una richiesta di annullamento in autotutela o un ricorso contro una cartella esattoriale. Un professionista può infatti:

  • Valutare la fondatezza della contestazione
  • Assistere il contribuente nella redazione della richiesta o del ricorso
  • Rappresentare il contribuente davanti alla Commissione Tributaria Provinciale

 

Conclusione

Ricevere una cartella esattoriale può essere un problema serio, ma è importante sapere che non è sempre necessario pagare quanto richiesto. Esistono diverse modalità per annullare o contestare le cartelle esattoriali. È fondamentale, però, agire tempestivamente e, se necessario, farsi assistere da un professionista.

Redditometro: Acquisto casa con soldi ricevuti in donazione dai genitori

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Il Redditometro è uno strumento utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per calcolare il reddito presunto di un contribuente sulla base di una serie di indizi di capacità contributiva. Tra questi indizi, figura anche l’acquisto di una casa.

L’obiettivo del Redditometro è di contrastare l’evasione fiscale e di garantire che tutti i contribuenti paghino le tasse in modo corretto e proporzionato alle loro effettive capacità economiche.

Come vengono considerate le donazioni nel Redditometro

Le donazioni ricevute dai genitori per l’acquisto di una casa non sono considerate reddito imponibile per il figlio che le riceve. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate potrebbe comunque verificare la provenienza delle donazioni per accertare che non si tratti di evasione fiscale.

Quali sono le agevolazioni fiscali per le donazioni

Le donazioni di denaro tra genitori e figli per l’acquisto della prima casa sono esenti da imposta sulle donazioni se ricorrono determinate condizioni, tra cui:

  • Il figlio deve essere under 35 anni alla data dell’acquisto
  • Il figlio deve acquistare la prima casa
  • L’immobile deve essere adibito ad abitazione principale del figlio
  • L’atto di acquisto deve specificare che il denaro proviene da una donazione

 

Cosa fare per dimostrare la provenienza delle donazioni

Per evitare contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, è importante dimostrare la provenienza delle donazioni ricevute dai genitori. A tal fine, è consigliabile:

  • Redigere un atto di donazione scritto e firmato da entrambi i genitori e dal figlio
  • Effettuare la donazione tramite bonifico bancario o assegno tracciabile
  • Conservare la documentazione relativa alla donazione (atto di donazione, estratti conto bancari, ecc.)

 

Come contestare un accertamento

Se il contribuente riceve un avviso di accertamento in cui viene rilevato un reddito presunto superiore a quello effettivamente dichiarato, è possibile contestare tale accertamento entro 60 giorni dalla sua ricezione.

La contestazione può essere presentata all’Agenzia delle Entrate tramite ricorso in cartaceo o telematicamente.

È consigliabile farsi assistere da un professionista, come un commercialista o un avvocato fiscalista, per tutelare al meglio i propri diritti e per aumentare le chances di successo del ricorso.

Conclusioni

Acquistare una casa con donazioni dai genitori può essere un’ottima opportunità per realizzare il proprio sogno. Tuttavia, è importante essere consapevoli delle ripercussioni fiscali che tale acquisto può avere sul Redditometro. È fondamentale dimostrare la provenienza delle donazioni e, in caso di contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, è opportuno rivolgersi a un professionista per ottenere la giusta assistenza.

Raddoppio dei termini di prescrizione accertamento per reati tributari

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Il raddoppio dei termini di prescrizione dell’accertamento per reati tributari è un tema complesso e in continua evoluzione, con importanti novità introdotte dalla giurisprudenza di recente. In questo articolo, cercheremo di fare chiarezza sulla disciplina vigente, fornendo informazioni precise e aggiornate alla luce delle ultime pronunce della Corte di Cassazione.

Cosa prevede la normativa

Il raddoppio dei termini di prescrizione dell’accertamento è disciplinato dall’articolo 30 del Decreto Legislativo n. 76/2007 (c.d. “Decreto Incentivi”). La norma stabilisce che, in caso di violazioni fiscali che configurano reati previsti dal codice penale, i termini ordinari di prescrizione dell’accertamento raddoppiano.

Termini ordinari di prescrizione

I termini ordinari di prescrizione dell’accertamento variano a seconda del tipo di violazione:

  • 4 anni: per le violazioni relative a dichiarazioni presentate;
  • 5 anni: per le violazioni relative a dichiarazioni omesse o nulle.

 

Termini raddoppiati

In caso di reati tributari, i termini ordinari di prescrizione raddoppiano, diventando:

  • 8 anni: per le violazioni relative a dichiarazioni presentate;
  • 10 anni: per le violazioni relative a dichiarazioni omesse o nulle.

 

Condizioni per il raddoppio dei termini

Il raddoppio dei termini opera a determinate condizioni:

  • La violazione fiscale deve configurare un reato previsto dal codice penale;
  • L’Amministrazione finanziaria deve presentare la denuncia penale all’autorità giudiziaria entro i termini ordinari di prescrizione.

 

Esclusioni dal raddoppio dei termini

In alcuni casi, il raddoppio dei termini non opera. Ad esempio, il raddoppio non opera per le violazioni relative a:

  • Redditi da lavoro dipendente;
  • Redditi da capitale (ad esempio, dividendi e interessi);
  • Plusvalenze da cessione di terreni e fabbricati.

 

Giurisprudenza recente

La giurisprudenza di recente ha fornito importanti chiarimenti in materia di raddoppio dei termini di prescrizione dell’accertamento. In particolare, la Corte di Cassazione ha stabilito che:

  • Il raddoppio dei termini opera solo se la denuncia penale è presentata entro i termini ordinari di prescrizione.
  • Se la denuncia penale è presentata oltre i termini ordinari di prescrizione, il raddoppio non opera e i termini ordinari non decorrono nuovamente.

Redditometro: Acquisto di immobili e imbarcazione

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Il Redditometro è uno strumento utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per calcolare il reddito presunto di un contribuente sulla base di una serie di indizi di capacità contributiva. Tra questi indizi, figurano proprio l’acquisto di immobili e imbarcazioni.

L’obiettivo del Redditometro è di contrastare l’evasione fiscale e di garantire che tutti i contribuenti paghino le tasse in modo corretto e proporzionato alle loro effettive capacità economiche.

Come vengono valutati gli immobili e le imbarcazioni

Il valore degli immobili e delle imbarcazioni ai fini del Redditometro viene determinato in base a parametri oggettivi, quali:

  • Prezzo di acquisto
  • Caratteristiche dell’immobile o dell’imbarcazione (ubicazione, metratura, categoria catastale, ecc.)
  • Data di acquisto

L’Agenzia delle Entrate si avvale di banche dati immobiliari e nautiche per reperire queste informazioni.

Quali sono le prove che il contribuente può fornire

Il contribuente può fornire documentazione a sostegno della sua capacità economica per giustificare l’acquisto di un immobile o di un’imbarcazione. Tale documentazione può includere:

  • Dichiarazioni dei redditi
  • Contratti di lavoro
  • Estratti conto bancari
  • Documentazione relativa a eredità o donazioni ricevute
  • Fatture relative a lavori di ristrutturazione o manutenzione dell’immobile

 

Come contestare un accertamento

Se il contribuente riceve un avviso di accertamento in cui viene rilevato un reddito presunto superiore a quello effettivamente dichiarato, è possibile contestare tale accertamento entro 60 giorni dalla sua ricezione.

La contestazione può essere presentata all’Agenzia delle Entrate tramite ricorso in cartaceo o telematicamente.

È consigliabile farsi assistere da un professionista, come un commercialista o un avvocato fiscalista, per tutelare al meglio i propri diritti e per aumentare le chances di successo del ricorso.

Conclusioni

L’acquisto di un immobile o di un’imbarcazione può avere delle significative ripercussioni sul Redditometro. È importante, quindi, essere consapevoli di come questi beni vengono valutati e di quali prove il contribuente può fornire per dimostrare la propria capacità economica. In caso di contestazione di un accertamento, è opportuno rivolgersi a un professionista per ottenere la giusta assistenza.

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