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domenica 12 Gennaio 2025
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ZES Unica: Fitto corre ai ripari con un incremento di 1,6 miliardi per il Credito d’Imposta Sud

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Sud Italia

Il Governo italiano ha deciso di intervenire nel contesto delle Zone Economiche Speciali (ZES) del Mezzogiorno, incrementando la dotazione del credito d’imposta per le aziende che scelgono di investire in queste aree svantaggiate. In risposta alle polemiche e alle preoccupazioni sollevate dagli operatori economici, il ministro per gli Affari europei, il Sud e il PNRR, Raffaele Fitto, ha annunciato un aumento di 1,6 miliardi di euro dei fondi destinati a questa misura fiscale, raddoppiando così l’importo inizialmente previsto.

Le criticità del credito d’imposta e la risposta del Governo

Le Zone Economiche Speciali sono state concepite per stimolare lo sviluppo economico del Sud Italia attraverso una serie di incentivi fiscali e semplificazioni amministrative, ma la loro implementazione non è stata priva di problemi. In particolare, il credito d’imposta, uno degli strumenti principali per attirare investimenti nelle ZES, ha recentemente subito una riduzione significativa. I calcoli dell’Agenzia delle Entrate hanno mostrato che, con la dotazione iniziale, il credito effettivamente disponibile per le imprese sarebbe stato solo del 17,6% delle somme richieste, ben al di sotto del 60% promesso.

Questa discrepanza ha generato una serie di proteste da parte delle imprese interessate e ha spinto il ministro Fitto a intervenire rapidamente. Durante una conferenza stampa tenuta al termine del Consiglio dei Ministri, il ministro ha difeso la decisione di incrementare la dotazione, affermando che questo aumento non solo risponde alle critiche, ma mira anche a ristabilire la fiducia degli investitori nel sistema delle ZES. Fitto ha dichiarato che il nuovo stanziamento sarà integrato anche da risorse provenienti dai programmi nazionali e regionali, finanziati con fondi della politica di coesione europea 2021-2027.

Un confronto con gli anni precedenti: un incremento significativo delle risorse

Lo stanziamento approvato rappresenta un passo avanti significativo rispetto agli anni precedenti. Se si considera che nel periodo 2016-2020 la dotazione annuale per il credito d’imposta era di circa 617 milioni di euro, l’incremento per il 2024 appare notevole. Anche rispetto agli anni successivi, quando erano stati stanziati 1 miliardo di euro per il 2021-2022 e 1,4 miliardi di euro per il 2023 (di cui solo 1,3 miliardi effettivamente utilizzati), il nuovo budget di 1,6 miliardi rappresenta un rafforzamento deciso della politica di sostegno agli investimenti nel Sud Italia.

Questo aumento, secondo Fitto, non è solo una misura temporanea per placare le proteste, ma parte di una strategia più ampia per rafforzare la competitività delle ZES e creare un ambiente economico più favorevole per le imprese. “Con questa scelta creiamo le condizioni per dare una risposta chiara e strutturale alle imprese”, ha dichiarato il Ministro, sottolineando l’impegno del Governo a garantire un utilizzo più efficiente e trasparente delle risorse.

Le sfide future e le opportunità per il Sud Italia

Nonostante il significativo aumento della dotazione del credito d’imposta, rimangono alcune questioni cruciali. Sarà sufficiente questa misura per risolvere le problematiche strutturali che hanno limitato l’efficacia delle ZES fino ad oggi? La gestione delle nuove risorse sarà più efficace e orientata ai risultati rispetto al passato? Queste domande evidenziano la complessità della situazione e la necessità di un monitoraggio attento per assicurare che le Zone Economiche Speciali possano davvero trasformarsi in un volano di crescita per il Mezzogiorno.

Il successo di questa operazione dipenderà dalla capacità del Governo di mantenere la fiducia degli investitori e di implementare le ZES come strumenti efficaci di sviluppo economico. Se gestite correttamente, queste aree speciali potrebbero rappresentare una svolta per il Sud Italia, attirando nuovi investimenti, creando posti di lavoro e stimolando l’innovazione in un’area del Paese che da troppo tempo soffre di stagnazione economica.

Master in Data Science per la Pubblica Amministrazione: Collaborazione tra l’Università di Tor Vergata e l’Agenzia delle Entrate

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In un'epoca in cui i dati svolgono un ruolo cruciale nelle decisioni strategiche, la formazione di esperti in Data Science diventa essenziale per migliorare l'efficienza e l'efficacia delle amministrazioni pubbliche. In quest'ottica, l'Università di Tor Vergata ha lanciato un nuovo master in Data Science per il processo decisionale pubblico, sviluppato in collaborazione con l'Agenzia delle Entrate. Questo innovativo percorso formativo mira a dotare i futuri leader del settore pubblico delle competenze necessarie per sfruttare al meglio i dati nella gestione e nell'implementazione delle politiche pubbliche. La Collaborazione tra Università e Agenzia delle Entrate La partnership tra l'Università di Tor Vergata e l'Agenzia delle Entrate è un esempio virtuoso di sinergia tra il mondo accademico e quello istituzionale. La convenzione siglata tra le due entità prevede la condivisione di competenze, risorse e conoscenze per creare un programma di formazione altamente specializzato. L'Agenzia delle Entrate, con la sua vasta esperienza nella gestione dei dati fiscali e nella digitalizzazione dei processi, apporta un contributo significativo al master. L'Università di Tor Vergata, dal canto suo, mette a disposizione la sua eccellenza accademica e la capacità di sviluppare corsi di formazione avanzati e aggiornati alle esigenze del mercato e della società. Obiettivi del Master Il master in Data Science per il processo decisionale pubblico ha diversi obiettivi chiave: Formare esperti in Data Science: Dotare i partecipanti delle competenze tecniche e analitiche necessarie per gestire e interpretare grandi volumi di dati. Supportare il processo decisionale: Insegnare come utilizzare i dati per prendere decisioni informate e basate su evidenze concrete, migliorando così l'efficacia delle politiche pubbliche. Promuovere l'innovazione: Favorire l'adozione di tecnologie avanzate e di metodi innovativi nella gestione delle informazioni pubbliche. Creare una cultura del dato: Diffondere l'importanza dell'uso dei dati all'interno delle amministrazioni pubbliche e promuovere una cultura basata sull'evidenza. Struttura del Corso Il master è strutturato in moduli che coprono diverse aree della Data Science e del processo decisionale pubblico. Alcuni dei principali argomenti trattati includono: Analisi dei dati: Tecniche di raccolta, gestione e analisi dei dati. Machine Learning e Intelligenza Artificiale: Applicazioni pratiche di AI e machine learning nelle politiche pubbliche. Statistica e Modelli Predittivi: Utilizzo di modelli statistici per previsioni e analisi delle tendenze. Ethics and Data Privacy: Aspetti etici e legali legati all'uso dei dati, con un focus particolare sulla privacy e sulla protezione dei dati personali. Big Data e Cloud Computing: Gestione di grandi volumi di dati e utilizzo di tecnologie di cloud computing. Docenti e Relatori Il corpo docente del master è composto da esperti di alto livello provenienti sia dal mondo accademico che dall'Agenzia delle Entrate. La presenza di professionisti con esperienza diretta nella gestione dei dati pubblici garantisce che il programma offra una formazione pratica e orientata alle reali esigenze delle amministrazioni pubbliche. Opportunità di Carriera I partecipanti al master in Data Science per il processo decisionale pubblico avranno l'opportunità di sviluppare competenze altamente richieste nel mercato del lavoro. Le competenze acquisite apriranno numerose possibilità di carriera, sia all'interno delle amministrazioni pubbliche che in aziende private che collaborano con il settore pubblico. Benefici per le Amministrazioni Pubbliche L'implementazione di competenze avanzate in Data Science all'interno delle amministrazioni pubbliche offre numerosi benefici: Miglioramento della gestione dei dati: Processi più efficienti e accurati nella gestione delle informazioni. Decisioni più informate: Politiche pubbliche basate su dati concreti e analisi approfondite. Maggiore trasparenza: Una gestione dei dati più trasparente e accessibile, che favorisce la fiducia dei cittadini. Innovazione continua: Capacità di adottare e integrare nuove tecnologie e metodi analitici. Conclusioni Il lancio del master in Data Science per il processo decisionale pubblico, frutto della collaborazione tra l'Università di Tor Vergata e l'Agenzia delle Entrate, rappresenta un passo significativo verso l'innovazione e l'efficienza nel settore pubblico. Formare esperti capaci di utilizzare i dati per migliorare le politiche e i servizi pubblici è fondamentale per affrontare le sfide del futuro e per costruire una società più informata e trasparente.

In un’epoca in cui i dati svolgono un ruolo cruciale nelle decisioni strategiche, la formazione di esperti in Data Science diventa essenziale per migliorare l’efficienza e l’efficacia delle amministrazioni pubbliche. In quest’ottica, l’Università di Tor Vergata ha lanciato un nuovo master in Data Science per il processo decisionale pubblico, sviluppato in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate. Questo innovativo percorso formativo mira a dotare i futuri leader del settore pubblico delle competenze necessarie per sfruttare al meglio i dati nella gestione e nell’implementazione delle politiche pubbliche.

 

La Collaborazione tra Università e Agenzia delle Entrate

La partnership tra l’Università di Tor Vergata e l’Agenzia delle Entrate è un esempio virtuoso di sinergia tra il mondo accademico e quello istituzionale. La convenzione siglata tra le due entità prevede la condivisione di competenze, risorse e conoscenze per creare un programma di formazione altamente specializzato.

L’Agenzia delle Entrate, con la sua vasta esperienza nella gestione dei dati fiscali e nella digitalizzazione dei processi, apporta un contributo significativo al master. L’Università di Tor Vergata, dal canto suo, mette a disposizione la sua eccellenza accademica e la capacità di sviluppare corsi di formazione avanzati e aggiornati alle esigenze del mercato e della società.

 

Obiettivi del Master

Il master in Data Science per il processo decisionale pubblico ha diversi obiettivi chiave:

  1. Formare esperti in Data Science: Dotare i partecipanti delle competenze tecniche e analitiche necessarie per gestire e interpretare grandi volumi di dati.
  2. Supportare il processo decisionale: Insegnare come utilizzare i dati per prendere decisioni informate e basate su evidenze concrete, migliorando così l’efficacia delle politiche pubbliche.
  3. Promuovere l’innovazione: Favorire l’adozione di tecnologie avanzate e di metodi innovativi nella gestione delle informazioni pubbliche.
  4. Creare una cultura del dato: Diffondere l’importanza dell’uso dei dati all’interno delle amministrazioni pubbliche e promuovere una cultura basata sull’evidenza.

 

Struttura del Corso

Il master è strutturato in moduli che coprono diverse aree della Data Science e del processo decisionale pubblico. Alcuni dei principali argomenti trattati includono:

  • Analisi dei dati: Tecniche di raccolta, gestione e analisi dei dati.
  • Machine Learning e Intelligenza Artificiale: Applicazioni pratiche di AI e machine learning nelle politiche pubbliche.
  • Statistica e Modelli Predittivi: Utilizzo di modelli statistici per previsioni e analisi delle tendenze.
  • Ethics and Data Privacy: Aspetti etici e legali legati all’uso dei dati, con un focus particolare sulla privacy e sulla protezione dei dati personali.
  • Big Data e Cloud Computing: Gestione di grandi volumi di dati e utilizzo di tecnologie di cloud computing.

 

Docenti e Relatori

Il corpo docente del master è composto da esperti di alto livello provenienti sia dal mondo accademico che dall’Agenzia delle Entrate. La presenza di professionisti con esperienza diretta nella gestione dei dati pubblici garantisce che il programma offra una formazione pratica e orientata alle reali esigenze delle amministrazioni pubbliche.

 

Opportunità di Carriera

I partecipanti al master in Data Science per il processo decisionale pubblico avranno l’opportunità di sviluppare competenze altamente richieste nel mercato del lavoro. Le competenze acquisite apriranno numerose possibilità di carriera, sia all’interno delle amministrazioni pubbliche che in aziende private che collaborano con il settore pubblico.

 

Benefici per le Amministrazioni Pubbliche

L’implementazione di competenze avanzate in Data Science all’interno delle amministrazioni pubbliche offre numerosi benefici:

  • Miglioramento della gestione dei dati: Processi più efficienti e accurati nella gestione delle informazioni.
  • Decisioni più informate: Politiche pubbliche basate su dati concreti e analisi approfondite.
  • Maggiore trasparenza: Una gestione dei dati più trasparente e accessibile, che favorisce la fiducia dei cittadini.
  • Innovazione continua: Capacità di adottare e integrare nuove tecnologie e metodi analitici.

 

Conclusioni

Il lancio del master in Data Science per il processo decisionale pubblico, frutto della collaborazione tra l’Università di Tor Vergata e l’Agenzia delle Entrate, rappresenta un passo significativo verso l’innovazione e l’efficienza nel settore pubblico. Formare esperti capaci di utilizzare i dati per migliorare le politiche e i servizi pubblici è fondamentale per affrontare le sfide del futuro e per costruire una società più informata e trasparente.

La Cassazione Conferma l’Imponibilità Iva dei Pacchetti Turistici “Tutto Incluso”

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Pacchetti turistici Imponibilità IVA

Con la sentenza n. 16480 del 13 giugno 2024, la Corte di Cassazione ha stabilito che i pacchetti turistici “tutto incluso”, che comprendono corsi di lingua, trasporto, vitto e alloggio, devono essere trattati come una singola prestazione imponibile ai fini dell’IVA, nonostante il pagamento avvenga tramite un corrispettivo unico.

 

La decisione arriva a seguito di un accertamento fiscale che ha coinvolto una società specializzata nella vendita di pacchetti turistici. L’Amministrazione finanziaria aveva contestato l’applicazione del regime di esenzione IVA, previsto dall’articolo 10 del Dpr n. 633/1972 per le prestazioni educative e didattiche, applicato erroneamente dalla società.

La società in questione gestiva sia attività didattiche, come corsi di lingua, sia operazioni di agenzia di viaggio e tour operator. I pacchetti turistici venduti includevano diversi servizi, ma erano stati fatturati come esenti da IVA. L’Ufficio fiscale, invece, ha ritenuto che tali pacchetti dovessero essere soggetti all’articolo 74-ter del medesimo Dpr, che impone l’imponibilità delle operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e turismo.

Secondo questa disposizione, i pacchetti turistici “tutto incluso” e i relativi servizi sono considerati un’unica prestazione di servizi. Questo principio si applica anche quando i servizi sono forniti tramite mandatari delle agenzie di viaggio. La società, pertanto, aveva erroneamente applicato l’esenzione IVA, trattando le prestazioni accessorie come parte di un’operazione principale.

La Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso aveva inizialmente dato ragione alla società, sostenendo che le prestazioni accessorie dovessero rientrare nel regime di esenzione applicabile alle attività didattiche. Tuttavia, in appello, la Commissione Tributaria Regionale del Molise aveva confermato l’orientamento dell’Amministrazione fiscale, sottolineando che le prestazioni di trasporto, vitto e alloggio non potevano essere considerate marginali rispetto al servizio educativo.

I giudici della Corte di Cassazione hanno avallato la decisione della Commissione Tributaria Regionale, affermando che i servizi accessori non possono essere considerati separati dalla prestazione principale. Hanno inoltre richiamato precedenti orientamenti della giurisprudenza comunitaria, confermando che la prestazione didattica, se non svolta direttamente dalla società, non può beneficiare del regime di esenzione IVA.

 

Di conseguenza, la Corte ha confermato la legittimità dell’accertamento fiscale, sottolineando che i pacchetti turistici offerti dalla società devono essere considerati come un’unica prestazione imponibile.

Regime Fiscale sui Fondi Comuni di Investimento

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I fondi comuni di investimento rappresentano uno strumento finanziario diffuso e apprezzato per la loro capacità di diversificare i rischi e ottimizzare i rendimenti. Tuttavia, il regime fiscale applicabile a questi strumenti può risultare complesso e variare a seconda delle specifiche caratteristiche dei fondi stessi e del profilo del contribuente. In questo articolo, esploreremo i principali aspetti del regime fiscale sui fondi comuni di investimento in Italia, offrendo una panoramica utile per chi desidera comprendere meglio le implicazioni fiscali di tali strumenti.

 

Tipologie di Fondi Comuni di Investimento

In Italia, i fondi comuni di investimento sono classificati in diverse categorie, tra cui:

  • Fondi comuni di investimento mobiliare (FCIM): Investono in strumenti finanziari come azioni, obbligazioni e altri titoli.
  • Fondi comuni di investimento immobiliare (FCII): Investono in beni immobili e patrimoni immobiliari.
  • Fondi comuni di investimento a capitale variabile (SICAV): Le SICAV sono società di investimento a capitale variabile, che possono essere paragonate ai fondi comuni, ma con una struttura societaria distinta.

 

Regime Fiscale Generale

Il regime fiscale applicabile ai fondi comuni di investimento è regolato dal Decreto Legislativo 21 novembre 1997, n. 461, e successive modifiche. La tassazione dei fondi comuni di investimento può variare in base alla tipologia del fondo e al tipo di investimenti effettuati. In linea generale, il regime fiscale per i fondi comuni di investimento prevede:

  • Imposta sui redditi di capitale (IRPEF): I redditi derivanti dai fondi comuni di investimento sono considerati redditi di capitale e sono tassati al 26%. Questa aliquota si applica agli interessi, ai dividendi e alle plusvalenze derivanti dalla vendita delle quote del fondo.
  • Tassazione dei proventi: Gli utili distribuiti dai fondi comuni di investimento sono soggetti a una ritenuta d’acconto del 26%. Questa ritenuta è effettuata direttamente dal fondo prima della distribuzione agli investitori.
  • Compensazione delle perdite: Le perdite realizzate dalla vendita di quote di fondi comuni possono essere compensate con le plusvalenze derivanti da altre operazioni finanziarie, a condizione che la compensazione avvenga entro lo stesso anno fiscale o nei quattro anni successivi.

 

Fondi Pensione e Regime Fiscale

I fondi pensione, che sono un particolare tipo di fondo comune, godono di un regime fiscale agevolato per incentivare il risparmio previdenziale. Gli investimenti in fondi pensione beneficiano di vantaggi come:

  • Deduzione fiscale dei contributi: I contributi versati ai fondi pensione sono deducibili dal reddito imponibile fino a un massimo stabilito annualmente, riducendo così la base imponibile e, di conseguenza, l’imposta sul reddito.
  • Tassazione al momento del prelievo: I riscatti e le rendite percepite dai fondi pensione sono tassati a un’aliquota separata, generalmente inferiore rispetto all’aliquota marginale IRPEF applicabile ai redditi ordinari.

 

Considerazioni Finali

Il regime fiscale sui fondi comuni di investimento può essere influenzato da molteplici fattori, tra cui la tipologia di fondo e la situazione personale del contribuente. È fondamentale che gli investitori comprendano le regole fiscali applicabili ai loro investimenti per pianificare efficacemente e ottimizzare i rendimenti netti. Inoltre, è consigliabile consultare un consulente fiscale per ottenere indicazioni personalizzate e aggiornate, dato che la normativa fiscale può subire modifiche e aggiornamenti nel tempo.

Incremento delle entrate tributarie

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Crescita del Gettito Erariale del 9,7% trainata dall’Irpef

Nei primi cinque mesi del 2024, le entrate tributarie erariali italiane hanno registrato un significativo aumento del 9,7%, raggiungendo i 210.784 milioni di euro. Questo dato, pubblicato dal Dipartimento delle Finanze, segna un incremento di 18.711 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il bollettino delle entrate tributarie, accompagnato dalle appendici statistiche e dalla nota tecnica, analizza le diverse tipologie di imposte contribuendo a questo risultato positivo.

 

Aumento delle Imposte Dirette

L’aumento è stato principalmente determinato dall’andamento positivo delle imposte dirette, che hanno registrato un incremento di 13.791 milioni di euro (+13,8%). Tra queste, l’Irpef ha avuto un ruolo centrale, con un incremento di 8.160 milioni di euro (+9,3%) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La crescita dell’Irpef è stata sostenuta dalle ritenute sui redditi dei dipendenti del settore privato (+3.420 milioni di euro, +8,5%), del settore pubblico (+3.541 milioni di euro, +9,1%) e sui redditi di lavoro autonomo (+394 milioni di euro, +7,0%).

I versamenti in autoliquidazione hanno contribuito con un aumento di 799 milioni di euro (+70,3%), mentre l’imposta sostitutiva sui redditi e le ritenute sugli interessi e altri redditi di capitale hanno visto un incremento di 3.940 milioni di euro (+96,4%), principalmente grazie ai versamenti a saldo relativi al 2023.

Andamento delle Imposte Indirette

Le imposte indirette, pur mostrando un incremento più contenuto, hanno registrato una crescita del 5,4%, pari a un aumento di 4.920 milioni di euro. L’imposta di bollo ha segnato un notevole aumento di 1.699 milioni di euro (+56,3%), grazie soprattutto ai versamenti in modalità virtuale effettuati da Poste, banche e società di intermediazione finanziaria e mobiliare.

Il gettito dell’Iva è aumentato di 3.459 milioni di euro (+5,4%), spinto principalmente dalla componente relativa agli scambi interni (+7,2%), mentre quella legata alle importazioni ha subito una riduzione di 528 milioni di euro (-6,5%). I settori dei servizi privati (+7,8%) e dell’industria (+8,1%) hanno mostrato performance positive, mentre il commercio ha registrato una lieve diminuzione (-0,5%).

Entrate da Attività di Accertamento e Controllo

Le entrate tributarie derivanti da attività di accertamento e controllo hanno registrato un aumento di 1.156 milioni di euro (+25,4%). Di questi, 569 milioni di euro (+25,7%) provengono dalle imposte dirette e 587 milioni di euro (+25,0%) dalle imposte indirette.

 

Conclusione

Il periodo gennaio-maggio 2024 ha visto un robusto aumento delle entrate tributarie italiane, con un contributo significativo dalle imposte dirette, in particolare l’Irpef. Questo trend positivo riflette un’economia in crescita e una maggiore efficacia nella riscossione delle imposte, segnalando un solido recupero economico.

Nuove normative sulla tassazione minima nazionale: criteri e calcolo

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Tributo Grandi gruppi multinazionali,Global minimum tax,Imposta minima nazionale

Il recente aggiornamento normativo introduce una nuova forma di tassazione per i grandi gruppi multinazionali e nazionali che operano in Italia, in risposta alla global minimum tax. Questa imposta, nota come “imposta minima nazionale” (Qualified Domestic Minimum Top-Up Tax – QDMtt), è progettata per garantire che le entità con un’imposizione effettiva sui redditi inferiore al 15% siano tassate adeguatamente nel nostro Paese.

Dettagli Normativi

L’imposta minima nazionale è regolata dall’articolo 11 della direttiva UE n. 2523 del 15 dicembre 2022 e implementata in Italia tramite l’articolo 18 del decreto legislativo n. 209/2023. L’applicazione di questa imposta avviene in via prioritaria rispetto ad altre forme di tassazione minima, come l’imposta minima integrativa (IIR) e l’imposta minima suppletiva (UTPR). Le modalità di attuazione sono state definite dal decreto del 1° luglio 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 luglio 2024.

 

Calcolo dell’Imposta

Determinazione dell’Aliquota

L’imposta minima nazionale è dovuta quando l’imposizione effettiva sui redditi (Etr) di un gruppo è inferiore al 15%. Per calcolare l’imposta minima nazionale, è necessario determinare l’aliquota di imposizione integrativa, che si calcola come segue:

Aliquota di imposizione integrativa=15%−Aliquota effettiva d’imposta\text{Aliquota di imposizione integrativa} = 15\% – \text{Aliquota effettiva d’imposta}

Ad esempio, se l’aliquota effettiva è del 10%, l’aliquota di imposizione integrativa sarà del 5% (15% – 10%).

Base Imponibile

Successivamente, bisogna calcolare il profitto eccedente delle imprese del gruppo localizzate in Italia. Questo profitto eccedente rappresenta la base imponibile per l’imposta integrativa. Si calcola come:

Profitto eccedente=Reddito rilevante−SBIE\text{Profitto eccedente} = \text{Reddito rilevante} – \text{SBIE}

dove SBIE (Substance Based Income Exclusion) è una percentuale del valore contabile delle attività materiali e delle spese salariali ammissibili, utilizzata per escludere parte del reddito dalla base imponibile GloBe.

Esempio Pratico

Considerando un esempio pratico, supponiamo che in Italia il “reddito rilevante” sia 100 e la SBIE sia 20. Il profitto eccedente sarà quindi 80. Applicando un’aliquota di imposizione integrativa del 5%, l’imposta minima nazionale dovuta sarà:

Imposta minima nazionale=5%×80=4\text{Imposta minima nazionale} = 5\% \times 80 = 4

 

Principi Contabili

Applicazione dei Principi

La determinazione delle grandezze contabili rilevanti, come il reddito rilevante, le immobilizzazioni materiali ammissibili e le spese salariali ammissibili, deve seguire i principi contabili adottati dalle imprese. Questi possono essere i principi contabili nazionali o internazionali, come stabilito dall’articolo 5, comma 1 del decreto del 1° luglio 2024.

Riferimenti Normativi

I principi contabili applicabili includono quelli emanati dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) e gli International Financial Reporting Standards (IFRS) adottati dall’Unione Europea. Questi principi sono definiti rispettivamente dall’articolo 1, comma 1 del decreto del 1° luglio 2024 e dal regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

Conclusioni

L’imposta minima nazionale rappresenta un importante strumento per garantire una tassazione equa delle grandi entità economiche, assicurando che il loro carico fiscale sia conforme ai requisiti minimi globali. La chiarezza nelle modalità di calcolo e l’adozione dei principi contabili appropriati sono fondamentali per una corretta applicazione di questa normativa.

Split Payment: dettagli sul versamento dell’IVA per Enti Pubblici e Amministrazioni Centrali

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slip payment

Il meccanismo dello split payment (scissione dei pagamenti) rappresenta un’importante misura introdotta dal legislatore italiano per contrastare l’evasione fiscale e garantire un più efficace recupero dell’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto). Questo sistema interessa principalmente le operazioni commerciali tra fornitori privati e la Pubblica Amministrazione, ma si estende anche a determinati enti pubblici e società controllate.

 

Cos’è lo Split Payment?

Il meccanismo dello split payment, introdotto in Italia con la Legge di Stabilità 2015, prevede che, nelle operazioni soggette a tale regime, l’IVA addebitata in fattura dal fornitore non venga pagata direttamente a quest’ultimo, ma sia versata dall’acquirente (ente pubblico o amministrazione centrale) direttamente all’erario. Questo sistema è stato progettato per ridurre le frodi IVA e assicurare che l’imposta sia effettivamente versata allo Stato.

 

Funzionamento del Meccanismo

Soggetti Coinvolti

Lo split payment riguarda specifici soggetti passivi IVA:

  1. Pubblica Amministrazione: Ministeri, Regioni, Province, Comuni, ASL, scuole, università, e altre amministrazioni pubbliche.
  2. Enti Pubblici: Enti di previdenza e assistenza sociale, camere di commercio, ordini professionali.
  3. Società Controllate dalla Pubblica Amministrazione: Società partecipate in modo maggioritario da enti pubblici o amministrazioni centrali.

 

Modalità di Applicazione

In una transazione soggetta a split payment, il fornitore emette una fattura indicando sia l’imponibile sia l’IVA. Tuttavia, anziché incassare l’importo complessivo (imponibile + IVA), il fornitore riceve solo l’importo imponibile. L’acquirente, che è un ente pubblico o un’amministrazione centrale, provvede a versare l’IVA direttamente all’erario.

 

Esempio Pratico

Supponiamo che un fornitore emetta una fattura per la fornitura di beni per un importo imponibile di 1.000 euro con un’IVA al 22% (220 euro). Con il meccanismo dello split payment:

  • Il fornitore riceve dall’ente pubblico 1.000 euro.
  • L’ente pubblico versa 220 euro direttamente all’erario.

 

Normativa di Riferimento

La normativa di riferimento per lo split payment è contenuta in vari decreti e leggi, tra cui:

  1. Legge di Stabilità 2015 (Legge n. 190/2014): Introduzione del meccanismo.
  2. Decreto Legge n. 50/2017: Estensione dello split payment ad altre categorie di enti e società.
  3. Legge di Bilancio 2018 (Legge n. 205/2017): Ulteriori estensioni e chiarimenti.

 

Novità Normative Recenti

Negli ultimi anni, il meccanismo dello split payment è stato soggetto a numerosi aggiornamenti legislativi per ampliarne l’ambito di applicazione e migliorarne l’efficacia. Ecco alcune delle novità più significative:

  1. Estensione del Campo di Applicazione: Con il Decreto Legge n. 50/2017, lo split payment è stato esteso anche alle società controllate da enti pubblici e a quelle quotate nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana.
  2. Esclusione di Alcune Operazioni: Alcune operazioni sono state escluse dallo split payment, come quelle effettuate dai soggetti passivi in regime di reverse charge, i cui acquisti sono già soggetti a specifiche modalità di liquidazione dell’IVA.
  3. Modifiche alle Procedure di Comunicazione: Le modalità di comunicazione delle operazioni soggette a split payment sono state semplificate per facilitare l’adempimento da parte dei soggetti coinvolti.

 

Implicazioni per i Fornitori

Aspetti Positivi

  1. Riduzione del Rischio di Inadempimenti Fiscali: Poiché l’IVA viene versata direttamente dall’acquirente all’erario, il rischio di inadempimento fiscale da parte del fornitore viene eliminato.
  2. Migliore Gestione della Liquidità: I fornitori non devono anticipare l’IVA all’erario, il che può migliorare la gestione della loro liquidità.

 

Aspetti Negativi

  1. Compensazione dell’IVA: I fornitori devono far fronte alla compensazione dell’IVA a credito risultante dalle operazioni soggette a split payment, che può comportare una gestione contabile più complessa.
  2. Impatto sul Cash Flow: Ricevendo solo l’importo imponibile, i fornitori possono riscontrare problemi di cash flow, soprattutto se le operazioni soggette a split payment rappresentano una parte significativa del loro fatturato.

 

Procedure e Adempimenti

Emissione della Fattura

La fattura deve contenere specifiche diciture per indicare che l’operazione è soggetta a split payment. Ad esempio, la fattura può riportare la dicitura “scissione dei pagamenti” o “split payment ai sensi dell’art. 17-ter del DPR n. 633/1972”.

Registrazione e Versamento dell’IVA

Gli enti pubblici e le amministrazioni centrali devono registrare le operazioni soggette a split payment e provvedere al versamento dell’IVA all’erario secondo le modalità e i termini previsti dalla normativa.

Comunicazioni all’Agenzia delle Entrate

Periodicamente, i soggetti obbligati devono comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni sogget   te a split payment. Queste comunicazioni possono avvenire attraverso specifici modelli e canali telematici.

 

Sanzioni e Controlli

Il mancato rispetto delle norme sullo split payment può comportare sanzioni amministrative. L’Agenzia delle Entrate effettua controlli periodici per verificare la corretta applicazione del meccanismo e il regolare versamento dell’IVA.

 

Considerazioni Finali

Il meccanismo dello split payment rappresenta una misura efficace per contrastare l’evasione fiscale e garantire un più efficiente recupero dell’IVA. Tuttavia, comporta anche alcune complessità operative e impatti sulla liquidità dei fornitori. È fondamentale per i soggetti coinvolti mantenersi aggiornati sulle normative vigenti e adottare le migliori pratiche per la gestione delle operazioni soggette a split payment.

Trattamento Fiscale delle Restituzioni da Comunità Energetica Rinnovabile: Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

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La restituzione delle somme da parte di una Comunità Energetica Rinnovabile (CER), configurata come ente non commerciale, ai propri associati non costituisce una distribuzione di utili. Questo è il chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 37/E del 22 luglio 2024. Incentivi e Restituzione delle Somme L’Agenzia delle Entrate ha analizzato il trattamento fiscale degli incentivi erogati dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e restituiti dalle CER ai propri membri che partecipano all'autoconsumo di energia. La risoluzione sottolinea che, quando la CER è costituita come ente non commerciale, la restituzione delle somme non viola il principio del divieto di distribuzione degli utili, previsto dal Codice del Terzo Settore. Il chiarimento è particolarmente rilevante nel contesto della promozione dell’uso dell'energia rinnovabile, come indicato dalla direttiva UE 2018/2001. Il 8 aprile 2024 è stata avviata l'apertura dei portali del GSE per la presentazione delle istanze di ammissione agli incentivi, che includono una tariffa incentivante ventennale e un contributo di valorizzazione. Normativa e Disciplina Fiscale L’articolo 42-bis del DL 162/2019 ha introdotto la possibilità di sperimentare l’autoconsumo collettivo e le CER, con il successivo recepimento definitivo avvenuto con il DLgs n. 199/2021. Questo decreto stabilisce che i clienti finali, inclusi i domestici, possono organizzarsi in CER per ottenere benefici ambientali, economici o sociali, e non a fini di profitto. Le CER possono includere vari soggetti, ma per le imprese, la partecipazione non deve essere l’attività commerciale principale. Dal punto di vista fiscale, le risoluzioni n. 18/2021 e n. 37/2022 hanno chiarito che i proventi derivanti dalla vendita di energia per le CER strutturate come enti non commerciali sono considerati “redditi diversi” e non come redditi d’impresa. La circolare n. 23/2022 ha confermato che solo il corrispettivo per la vendita di energia eccedente l’autoconsumo istantaneo è rilevante ai fini fiscali. Gestione delle Partite di Pagamento L’articolo 32 del DLgs n. 199/2021 consente ai partecipanti delle CER di affidare alla CER stessa la gestione delle partite di pagamento e incasso con il GSE. Questo crea un rapporto di mandato senza rappresentanza, in cui la CER gestisce tutti i rapporti con il GSE, inclusi gli incentivi. L’Agenzia delle Entrate chiarisce che il corrispettivo per la vendita dell'energia che supera l’autoconsumo istantaneo, ricevuto dal GSE e attribuito ai membri della CER, è considerato reddito dei singoli membri e non della CER. Pertanto, il trattamento fiscale varia a seconda della natura del soggetto ricevente. Tuttavia, poiché le CER perseguono obiettivi sociali e ambientali, la spartizione degli incentivi non costituisce una distribuzione di utili. Normativa sul Codice del Terzo Settore Il Codice del Terzo Settore (articolo 5, DLgs n. 117/2017) specifica che le attività di condivisione e scambi economici tra una CER e i suoi utenti non devono essere considerate profitto finanziario, ma parte di un’attività di interesse condiviso. Inoltre, una CER non può distribuire utili e avanzi di gestione agli associati né effettuare cessioni di beni e servizi a favore degli stessi (articolo 8, DLgs n. 117/2017). Conclusioni L’Agenzia delle Entrate conclude che la restituzione delle somme da parte di una CER, configurata come ente del terzo settore, ai propri associati non rappresenta una violazione del divieto di distribuzione degli utili. Questo chiarimento assicura che le CER possano continuare a operare secondo le normative senza incorrere in problematiche fiscali relative alla distribuzione degli incentivi ricevuti.  

La restituzione delle somme da parte di una Comunità Energetica Rinnovabile (CER), configurata come ente non commerciale, ai propri associati non costituisce una distribuzione di utili. Questo è il chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 37/E del 22 luglio 2024.

 

Incentivi e Restituzione delle Somme

L’Agenzia delle Entrate ha analizzato il trattamento fiscale degli incentivi erogati dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e restituiti dalle CER ai propri membri che partecipano all’autoconsumo di energia. La risoluzione sottolinea che, quando la CER è costituita come ente non commerciale, la restituzione delle somme non viola il principio del divieto di distribuzione degli utili, previsto dal Codice del Terzo Settore.

Il chiarimento è particolarmente rilevante nel contesto della promozione dell’uso dell’energia rinnovabile, come indicato dalla direttiva UE 2018/2001. Il 8 aprile 2024 è stata avviata l’apertura dei portali del GSE per la presentazione delle istanze di ammissione agli incentivi, che includono una tariffa incentivante ventennale e un contributo di valorizzazione.

 

Normativa e Disciplina Fiscale

L’articolo 42-bis del DL 162/2019 ha introdotto la possibilità di sperimentare l’autoconsumo collettivo e le CER, con il successivo recepimento definitivo avvenuto con il DLgs n. 199/2021. Questo decreto stabilisce che i clienti finali, inclusi i domestici, possono organizzarsi in CER per ottenere benefici ambientali, economici o sociali, e non a fini di profitto. Le CER possono includere vari soggetti, ma per le imprese, la partecipazione non deve essere l’attività commerciale principale.

Dal punto di vista fiscale, le risoluzioni n. 18/2021 e n. 37/2022 hanno chiarito che i proventi derivanti dalla vendita di energia per le CER strutturate come enti non commerciali sono considerati “redditi diversi” e non come redditi d’impresa. La circolare n. 23/2022 ha confermato che solo il corrispettivo per la vendita di energia eccedente l’autoconsumo istantaneo è rilevante ai fini fiscali.

 

Gestione delle Partite di Pagamento

L’articolo 32 del DLgs n. 199/2021 consente ai partecipanti delle CER di affidare alla CER stessa la gestione delle partite di pagamento e incasso con il GSE. Questo crea un rapporto di mandato senza rappresentanza, in cui la CER gestisce tutti i rapporti con il GSE, inclusi gli incentivi.

L’Agenzia delle Entrate chiarisce che il corrispettivo per la vendita dell’energia che supera l’autoconsumo istantaneo, ricevuto dal GSE e attribuito ai membri della CER, è considerato reddito dei singoli membri e non della CER. Pertanto, il trattamento fiscale varia a seconda della natura del soggetto ricevente. Tuttavia, poiché le CER perseguono obiettivi sociali e ambientali, la spartizione degli incentivi non costituisce una distribuzione di utili.

 

Normativa sul Codice del Terzo Settore

Il Codice del Terzo Settore (articolo 5, DLgs n. 117/2017) specifica che le attività di condivisione e scambi economici tra una CER e i suoi utenti non devono essere considerate profitto finanziario, ma parte di un’attività di interesse condiviso. Inoltre, una CER non può distribuire utili e avanzi di gestione agli associati né effettuare cessioni di beni e servizi a favore degli stessi (articolo 8, DLgs n. 117/2017).

 

Conclusioni

L’Agenzia delle Entrate conclude che la restituzione delle somme da parte di una CER, configurata come ente del terzo settore, ai propri associati non rappresenta una violazione del divieto di distribuzione degli utili. Questo chiarimento assicura che le CER possano continuare a operare secondo le normative senza incorrere in problematiche fiscali relative alla distribuzione degli incentivi ricevuti.

Tassazione Ordinaria e Incentivo per Lavoratori Impatriati: Chiarimenti e Procedure

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Il contribuente ha la facoltà di scegliere il regime ordinario se questo risulta più vantaggioso rispetto alla tassazione separata. Tuttavia, l’incentivo fiscale si applica esclusivamente alle somme eccedenti 1 milione di euro.

 

Opzione per la Tassazione Ordinaria

I dipendenti che ricevono somme per “incentivo all’esodo” o “importo transattivo” e preferiscono applicare la tassazione ordinaria, anziché quella separata, per usufruire del “regime impatriati” possono richiedere all’Agenzia delle Entrate una riliquidazione dell’imposta. Questo chiarimento è stato fornito dalla risoluzione n. 40 del 23 luglio 2024.

 

Caso Specifico e Richiesta di Chiarimento

La risoluzione riguarda una banca che deve versare tali somme a tre dipendenti in seguito alla cessazione del loro rapporto di lavoro. Di norma, queste somme sono soggette a tassazione separata (articoli 17 e 19 del TUIR), a meno che il contribuente non opti per la tassazione ordinaria. Dal 1° gennaio 2011, la tassazione ordinaria si applica solo alla parte delle indennità che supera 1 milione di euro.

La banca ha chiesto se il “regime speciale per lavoratori impatriati” (articolo 16, Dlgs n. 147/2015) possa essere applicato alle indennità fino alla soglia di 1 milione di euro, derogando alla tassazione separata. In caso di risposta positiva, la banca ha richiesto indicazioni su come applicare correttamente la tassazione separata e conferma che l’incentivo per “impatriati” sia riconosciuto su richiesta del contribuente.

 

Normativa e Applicazione della Tassazione

L’Agenzia delle Entrate ha delineato il quadro normativo riguardante la tassazione separata, che include le indennità e somme ricevute alla cessazione di rapporti di lavoro dipendente (articolo 17, comma 1, lettera a, TUIR), tra cui l’incentivo all’esodo. La risoluzione chiarisce che questi importi devono essere tassati provvisoriamente dal sostituto d’imposta, mentre l’imposta finale è riliquidata dall’Agenzia delle Entrate, applicando l’aliquota media del quinquennio precedente o includendo i redditi nel reddito complessivo dell’anno di percezione, se più favorevole.

 

Regime Speciale per Lavoratori Impatriati

Per quanto riguarda il “regime speciale per lavoratori impatriati”, la circolare n. 17/2017 specifica che i redditi devono essere determinati secondo le disposizioni del TUIR per ciascuna categoria di reddito. Tuttavia, i redditi soggetti a tassazione separata non possono beneficiare dello sconto “impatriati”, come previsto dalle norme specifiche per questa categoria.

 

Procedure per Beneficiare dello Sconto

Se i dipendenti desiderano usufruire dello sconto “impatriati”, devono attendere la comunicazione della liquidazione dell’imposta e successivamente richiedere al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate una riliquidazione che consideri i redditi nella misura ridotta prevista dalla normativa agevolativa.

 

Tassazione per Somme Superiori a 1 Milione di Euro

Per le somme superiori a 1 milione di euro, la banca deve applicare la tassazione ordinaria. In questa modalità, il sostituto d’imposta applicherà le ritenute secondo le disposizioni del regime speciale per “impatriati”.

In sintesi, i dipendenti che ricevono somme in esame devono considerare la tassazione separata fino alla soglia di 1 milione di euro e richiedere la riliquidazione dell’imposta per le somme eccedenti, al fine di usufruire delle agevolazioni previste dal regime impatriati.

Sardegna: Bando per il Sostegno alla Capacità Produttiva e Gestionale delle Imprese nel Settore della Pesca e dell’Acquacoltura

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Il bando mira a potenziare la capacità produttiva e gestionale delle imprese, promuovendo al contempo la sicurezza sul lavoro per gli operatori coinvolti nella commercializzazione e trasformazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura. Attraverso il bando, si intende incentivare investimenti mirati a migliorare le condizioni operative e competitive delle aziende del settore.

 

Obiettivi dell’Intervento

L’intervento denominato “Promozione di condizioni favorevoli a settori della pesca, dell’acquacoltura e della trasformazione economicamente redditizi, competitivi e attraenti” (codice intervento 2) si concretizza in tre operazioni principali:

  • Operazione 54: Investimenti in attrezzature di sicurezza
  • Operazione 55: Investimenti per migliorare le condizioni di lavoro
  • Operazione 66: Altre operazioni economiche – Investimenti produttivi

 

Destinatari del Bando

Possono partecipare al bando le micro, piccole e medie imprese con sede legale o operativa nella Regione Sardegna.

 

Tipologie di Interventi Ammissibili

Il bando, finanziato dal FEAMPA 21/27, supporta varie tipologie di investimenti, in particolare:

  • Realizzazione e ammodernamento di impianti e infrastrutture.
  • Acquisto di attrezzature per migliorare la competitività, la sicurezza, la salute e le condizioni di lavoro degli addetti.

 

Dettagli delle Operazioni

Operazione 54 – Investimenti in Attrezzature di Sicurezza

Questa operazione incentiva l’acquisto di macchinari e attrezzature per il miglioramento della sicurezza degli operatori del settore, tra cui:

  • Sistemi antincendio
  • Sistemi di sicurezza e di allarme
  • Sistemi di riduzione del rumore

Sono ammissibili solo gli investimenti che superano i requisiti minimi previsti dalle normative europee e nazionali.

Operazione 55 – Investimenti per Migliorare le Condizioni di Lavoro

Questa operazione è finalizzata a migliorare le condizioni di lavoro, la salute e l’igiene degli addetti tramite l’ammodernamento degli impianti. Gli investimenti possono includere:

  • Strutture ricettive con servizi igienici
  • Aree comuni e cucine
  • Strutture di ricovero

Anche in questo caso, sono supportati solo gli investimenti che vanno oltre i requisiti legali standard.

Operazione 66 – Altre Operazioni Economiche – Investimenti Produttivi

L’obiettivo di questa operazione è migliorare la competitività delle attività di pesca e acquacoltura attraverso l’ammodernamento o la realizzazione di nuovi impianti che:

  • Riducano l’impatto ambientale, incluso il trattamento dei rifiuti
  • Migliorino la sicurezza, l’igiene, la salute e le condizioni di lavoro
  • Sostengano la trasformazione delle catture non destinate al consumo umano
  • Trattino i sottoprodotti derivanti dalle principali attività di trasformazione
  • Trasformino prodotti dell’acquacoltura biologica
  • Creino prodotti, processi o sistemi di gestione nuovi o migliorati

 

Spese Ammissibili

Le principali categorie di spese ammissibili comprendono:

  • Costi del personale
  • Spese per lavori
  • Spese per beni e servizi
  • Acquisto di terreni e edifici
  • Ammortamento
  • Spese generali

 

Entità e Forma del Contributo

Il bando prevede una dotazione finanziaria complessiva di 4.000.000,00 euro. L’aliquota massima del contributo copre fino al 50% della spesa totale ammissibile, con un massimo di 1.000.000,00 euro per progetto.

 

Tempistiche

Il bando sarà attivo a partire dal 2 settembre 2024. Le domande di sostegno devono essere presentate entro le ore 10:00 del 15 ottobre 2024.

 

Conclusione

Questo bando rappresenta un’opportunità significativa per le imprese della pesca e dell’acquacoltura in Sardegna di migliorare la loro capacità produttiva e gestionale, incrementando al contempo la sicurezza e le condizioni di lavoro degli operatori.

La partecipazione a questo bando può dunque favorire una crescita sostenibile e competitiva del settore.

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