3 C
Rome
sabato 21 Dicembre 2024
Home Blog Page 177

DURC. Non autocertificabilità. Modifiche apportate dall’art. 15 della L. n. 183/2011 al DPR n. 445/2000.

0

Nota n° 6 del 26 gennaio 2012 

DIREZIONE CENTRALE RISCHI INAIL Ufficio Entrate 

DIREZIONE CENTRALE ENTRATE INPS 
Prot. INAIL. 60010. 26/01/2012. 0000573

Oggetto: DURC. Non autocertificabilità. Modifiche apportate dall’art. 15 della L. N. 183/2011 al DPR n. 445/2000.

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, interessata dalle parti sociali delle imprese edili a pronunciarsi in ordine agli effetti sulla normativa Durc delle innovazioni apportate al D. P. R. N. 445/2000 dalla L. N. 183/2011 (Legge di Stabilità 2012), si è pronunciata con la nota del 16. 1. 2012per la non autocertificabilità del DURC.  

Il Ministero, esaminando i contenuti del citato D. P. R. N. 445/2000, ha chiarito che l’articolo 44-bis “stabilisce semplicemente le modalità di acquisizione e gestione del DURC senza però intaccare in alcun modo il principio secondo cui le valutazioni effettuate da un Organismo tecnico (nel caso di specie Istituto previdenziale o assicuratore) non possono essere sostituite da una autodichiarazione”, confermando il precedente orientamento espresso in materia.  

Nota n° 6 del 26 gennaio 2012 

DIREZIONE CENTRALE RISCHI INAIL Ufficio Entrate 

DIREZIONE CENTRALE ENTRATE INPS 
Prot. INAIL. 60010. 26/01/2012. 0000573

Oggetto: DURC. Non autocertificabilità. Modifiche apportate dall’art. 15 della L. N. 183/2011 al DPR n. 445/2000.

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, interessata dalle parti sociali delle imprese edili a pronunciarsi in ordine agli effetti sulla normativa Durc delle innovazioni apportate al D. P. R. N. 445/2000 dalla L. N. 183/2011 (Legge di Stabilità 2012), si è pronunciata con la nota del 16. 1. 2012per la non autocertificabilità del DURC.  

Il Ministero, esaminando i contenuti del citato D. P. R. N. 445/2000, ha chiarito che l’articolo 44-bis “stabilisce semplicemente le modalità di acquisizione e gestione del DURC senza però intaccare in alcun modo il principio secondo cui le valutazioni effettuate da un Organismo tecnico (nel caso di specie Istituto previdenziale o assicuratore) non possono essere sostituite da una autodichiarazione”, confermando il precedente orientamento espresso in materia.

Di conseguenza, l’inammissibilità dell’autocertificazione comporta l’esclusione del DURC dall’ambito di applicazione dell’articolo 40, comma 02, del D. P. R. N. 445/2000 secondo cui “Sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati è apposta, a pena di nullità, la dicitura: «Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi». “.

Pertanto, l’attuale disciplina speciale in tema di DURC deve ritenersi immutata.  

Nel richiamare i contenuti della citata nota, d’intesa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si ritiene opportuno fornire ulteriori precisazioni sulla “possibilità, da parte della P. A. Di acquisire un DURC (non una autocertificazione) da parte del soggetto interessato, i cui contenuti potranno essere vagliati dalla stessa P. A. Con le modalità previste per la verifica delle autocertificazioni”.

Tale ipotesi deve intendersi riferita ai soli casi in cui il legislatore ha previsto espressamente la presentazione del DURC da parte dei privati e, specificatamente, all’articolo 90, comma 9, del D. Lgs. 81/2008 secondo cui questo deve essere trasmesso “all’Amministrazione concedente, prima dell’inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività”. In tale caso, l’Amministrazione che ha ricevuto il DURC può verificare in ogni momento l’autenticità dello stesso attraverso il contrassegno posto in calce al documento.  

D’intesa con il Dicastero, si precisa altresì che resta confermato l’obbligo di acquisire d’ufficio il DURC da parte delle Stazioni Appaltanti pubbliche e delle Amministrazioni procedenti3 e che le fattispecie in cui è consentito all’impresa di presentare una dichiarazione in luogo del DURC sono solo quelle espressamente previste dal legislatore. 4Dette dichiarazioni restano soggette a verifica ai sensi dell’articolo 71, del D. P. R. N. 445/2000, tramite l’acquisizione d’ufficio del DURC da parte dell’Amministrazione che le riceve.  

Si comunica infine che, in conseguenza di quanto sopra precisato, la richiesta di DURC per le seguenti tipologie: 
– appalto/subappalto/affidamento di contratti pubblici di lavori, forniture e servizi 
– contratti pubblici di forniture e servizi in economia con affidamento diretto 
– agevolazioni, finanziamenti, sovvenzioni ed autorizzazioni 

dal 13 febbraio p. V. Potrà essere effettuata esclusivamente dalle Stazioni Appaltanti pubbliche o dalle Amministrazioni procedenti.  

Le imprese interessate, attraverso l’apposita funzione di consultazione disponibile sull’applicativo www. Sportellounicoprevidenziale. It, potranno verificare la richiesta di DURC da parte della Stazione Appaltante pubblica o dell’Amministrazione procedente ed il suo iter.  

Speciale 5 notti al prezzo di 3 al Castello di Montignano Relais & Spa – Umbria

0

Un’esperienza da Vivere e Nuovi sapori da gustare in un’atmosfera di benessere e relax, Nuovi Amici delle Nazioni Unite e Ritorno a casa completamente rigenerati Finalmente liberi e lo sforzo lo da.    

Una entusiasmante offerta Dal Castello di Montignano Relais & Spa.    un’esperienza da Vivere e Nuovi sapori da gustare in un’atmosfera di benessere e relax, Nuovi Amici delle Nazioni Unite e Ritorno a casa completamente rigenerati Finalmente liberi e lo sforzo lo da. Concediti ONU piccolo soggiorno di 5 notti, ne pagherai soltanto 3!  

Affrettati, l’offerta e LIMITATA e convalida da solista I Primi Mesi del 2012!  

Ti aspettiamo,

       

Speciale 5 notti al prezzo di 3 al Castello di Montignano Relais & Spa  Validità Gennaio – Aprile 2012 (escluse notti del sabato, Pasqua e Ponti)   Soggiorno NELLA telecamera prescelta con prima Colazione Continentale a buffet  Libero accessori illimitato alla Spa Acquadegna con Dotazione di Telo, accappatoio e   Ciabattine, area relax Elegante sala Camino con caminetto acceso e tisaneria.   Speciale Pacchetto 5 notti, Tariffe complessive, Una Coppia, Disponibilità LIMITATA !       
   

Camera Deluxe € 550,00   Junior Suite € 650,00   Suite € 750,00   Da abbinare al Pacchetto (facoltativo): pranzi e / o cene pressoterapia Il Nostro ristorante   Materiaprima, o Trattamenti Pacchetti benessere da Paolo Caschera Beauty &   Wellness, ALL’APERTO Attività per Bambini e ADULTI.

Diritto Cinese: la Giurisdizione nel Contratto Stipulato con una Parte Straniera

0
APS,asd,ssd,Diritti degli associati

Sig. Liu: Avv. Dong, buongiorno! Sono direttore di una società commerciale cinese e leggo spesso i suoi utili articoli.

In virtù della natura del mio business, infatti, mi trovo spesso a concludere vari tipi di contratti commerciali e di servizi con clientela straniera.

A tal proposito, potrebbe darmi un piccola spiegazione della legge cinese applicabile ai contratti stipulati con una parte straniera?

Rubrica Legale dell’Avv. Lifang Dong: la Giurisdizione nel Contratto Stipulato con una Parte Straniera

Avv. Dong: Sig. Liu, buongiorno! Innanzitutto, la stipula di un contratto è fondamentale nell’attività commerciale con clientela straniera.

Per questo è importante che adotti opportune cautele nel concludere tale tipo di contratto al fine di tutelare adeguatamente il Suo interesse.

Il contratto stipulato con una parte straniera è caratterizzato da un criterio di collegamento con almeno un fattore “straniero”, determinante la legge applicabile al contratto. Per fattore straniero s’intende che una delle parti del contratto, l’oggetto, la stipulazione, la modificazione o l’estinzione del contratto è legata ad un fattore straniero.

Se insorge una controversia tra le parti, la giurisdizione sarà determinata, in assenza di clausole contrattuali, dai principi di legge applicabile.

Diversamente, se le parti hanno inserito convenzionalmente le clausole per la determinazione della giurisdizione, allora, saranno tali clausole a determinare il foro competente alla risoluzione della controversia insorta.

La clausola sulla giurisdizione è incisiva, perché, come spesso accade, le sentenze sono molto differenti da corte a corte, persino per lo stesso caso.

Dunque, sarà necessario capire la natura del contratto per determinare la legge applicabile e analizzare attentamente la clausola della giurisdizione contrattuale sia nella fase di redazione sia nella fase di stipula di un contratto con una parte straniera.

Giurisdizione nel contratto stipulato con una parte straniera

Per quanto riguarda la giurisdizione nel contratto stipulato con una parte straniera, la legge cinese ha distinto sei criteri di attribuzione della competenza:

1. Principio di territorialità, per il quale la giurisdizione è determinata in virtù del domicilio, della residenza della parte o del luogo dell’oggetto contrattuale;

2. Principio di personalità, per il quale la giurisdizione dipende dalla nazionalità della parte. Tuttavia, dal momento che la maggior parte dei paesi nel mondo applica il principio di territorialità, il principio di personalità è considerato come criterio supplementare rispetto al principio della territorialità al fine di tutelare gli interessi dei propri cittadini.

3. Principio del foro del convenuto, per cui, secondo l’articolo 243 del Codice di Procedura Civile Cinese, se il convenuto non eccepisce il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo, la competenza è della Corte di fronte al quale il convenuto è comparso;4. Principio di competenza, per cui, secondo la legge cinese, i casi ordinari spettano al Tribunale di livello Base; i casi più importanti spettano al Tribunale di livello Intermedio; mentre il Tribunale di livello Superiore ha la competenza per quei casi aventi rilevanza territoriale; infine, la Corte Popolare Suprema ha la competenza per quei casi aventi rilevanza nazionale e quelli in virtù della sua discrezione;

5. Principio di esclusività, per cui la legge impone che una serie di casi spettino al tribunale cinese in maniera determinata ed esclusiva;

6. Principio convenzionale, per cui, secondo l’articolo 242 del Codice di Procedura Civile, le parti possono con accordo scritto scegliere, tra le corti possibili, quella adatta alla risoluzione della controversia contrattuale o patrimoniale insorta e caratterizzata da fattore straniero. Se le parti scelgono la corte cinese, sarà allora necessario osservare il principio di esclusione e competenza.

Nota: il contenuto di questo articolo non costituisce un parere del nostro studio legale, ma ha funzione informativa. Se Lei ha altri dubbi, ci può contattare per ulteriori informazioni ed assistenza legale.

Circolare n. 9 Indennità una tantum in favore dei lavoratori somministrati.

0

Roma, 23/01/2012 Circolare n. 9

OGGETTO: Indennità una tantum in favore dei lavoratori somministrati.

Modifiche all’Accordo del 13 maggio 2009. Prosecuzione dell’intervento. Istruzioni procedurali e contabili.

Premessa

L’Accordo del 13 maggio 2009, sottoscritto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da Assolavoro e dalle Organizzazioni  indacali, ha previsto – per i lavoratori in somministrazione in possesso dei requisiti contenuti nello stesso Accordo – una misura di sostegno al reddito, c. D. Una tantum, pari a euro 1300,00 al lordo delle ritenute di legge. L’erogazione di questa prestazione ha riguardato i sottoscrittori dei Patti di attivazione stipulati, presso le Agenzie per il lavoro, entro il 31 dicembre 2009. A seguito della conclusione della procedura relativa all’annualità 2009, in data 16 dicembre 2011, le stesse Parti firmatarie del suddetto Accordo, insieme con l’Istituto, hanno convenuto di riaprire, nel periodo compreso tra il 1 febbraio e il 30 marzo 2012, i termini di presentazione delle domande relativamente ai lavoratori in somministrazione negli anni 2010 e 2011, con le modalità e a favore dei soggetti individuati secondo quanto previsto nel Verbale di accordo.

Roma, 23/01/2012 Circolare n. 9

OGGETTO: Indennità una tantum in favore dei lavoratori somministrati.

Modifiche all’Accordo del 13 maggio 2009. Prosecuzione dell’intervento. Istruzioni procedurali e contabili.

Premessa

L’Accordo del 13 maggio 2009, sottoscritto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da Assolavoro e dalle Organizzazioni  indacali, ha previsto – per i lavoratori in somministrazione in possesso dei requisiti contenuti nello stesso Accordo – una misura di sostegno al reddito, c. D. Una tantum, pari a euro 1300,00 al lordo delle ritenute di legge. L’erogazione di questa prestazione ha riguardato i sottoscrittori dei Patti di attivazione stipulati, presso le Agenzie per il lavoro, entro il 31 dicembre 2009. A seguito della conclusione della procedura relativa all’annualità 2009, in data 16 dicembre 2011, le stesse Parti firmatarie del suddetto Accordo, insieme con l’Istituto, hanno convenuto di riaprire, nel periodo compreso tra il 1 febbraio e il 30 marzo 2012, i termini di presentazione delle domande relativamente ai lavoratori in somministrazione negli anni 2010 e 2011, con le modalità e a favore dei soggetti individuati secondo quanto previsto nel Verbale di accordo.

1. Prosecuzione dell’intervento

a) Beneficiari

I destinatari dell’indennità  una tantum di sostegno al reddito sono i lavoratori in somministrazione che, nel periodo dal 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2011, possiedono, alla data dichiarata nella domanda di ammissione al beneficio, i requisiti di cui al punto successivo.

b) Requisiti e condizioni

Il verbale del 16 dicembre2011 harichiamato quanto stabilito nell’accordo del 27 ottobre 2010. Pertanto, i lavoratori somministrati devono:

– avere maturato un’ anzianità di lavoro di almeno 78 giornate in somministrazione a partire dal 1 gennaio 2008 e, successivamente, almeno 45 giorni continuativi di disoccupazione precedenti la data dichiarata nella domanda;

– non aver già beneficiato della stessa misura una tantum di sostegno al reddito;

– non avere percepito, nei sei mesi precedenti la maturazione del requisito, prestazioni pubbliche di sostegno al reddito di importo pari o superiore a euro 1300,00.

c) Domanda

La domanda, composta dalla Richiesta di incentivo e dal Patto di attivazione, è  presentata esclusivamente alle Agenzie per il lavoro e sarà dalle stesse inserita nella piattaforma informatica PLUS dedicata da Italia Lavoro S. P. A. A questo tipo di intervento. Al momento della presentazione delle istanze, le Agenzie verificheranno, in tempo reale, il possesso in capo al richiedente dei requisiti necessari, attraverso le funzionalità messe appositamente a disposizione da parte dell’Istituto e, ove riscontrabili, in base ai dati presenti negli archivi dell’Inps e nell’archivio delle comunicazioni obbligatorie. Poiché la prestazione è legata ad un fondo a capienza, le istanze presentate, per le quali è verificato il possesso dei requisiti, verranno accettate con “riserva di capienza”. In caso di esito negativo, la Richiesta di incentivo sarà comunque inserita nel sistema ma con “riserva di verifica e di capienza”. Il lavoratore potrà quindi presentare la documentazione cartacea idonea (CUD e certificazione del competente Centro per l’impiego) presso l’Agenzia per il lavoro che dovrà verificare il possesso dei requisiti e successivamente trasmettere detta documentazione via posta elettronica ad Italia Lavoro entro il trentesimo giorno successivo alla data di sottoscrizione della domanda. Italia Lavoro, verificata la conformità della documentazione ricevuta, inserirà il nominativo del potenziale beneficiario nell’elenco finale da trasmettere all’INPS. Nel caso in cui la documentazione non pervenga nei tempi indicati, ovvero non sia ritenuta idonea, la richiesta di incentivo sarà definitivamente respinta. Terminata questa fase istruttoria, l’elenco dei potenziali beneficiari, insieme con la documentazione a corredo, sarà trasmesso all’Istituto che, a seguito di decisione concordata con le Parti sociali sottoscrittrici del verbale del 16 dicembre 2011, provvederà – entro il 5 maggio 2012 – alla creazione di una graduatoria dei beneficiari. Questa graduatoria, con elaborazione accentrata, sarà formata tenendo conto della data di maturazione dei requisiti richiesti e fino ad esaurimento delle risorse disponibili.

d) Prestazione

Formata la graduatoria, saranno inviate le apposite liste nominative alle Strutture territorialmente competenti per l’erogazione della prestazione. Al termine dei pagamenti, che dovranno essere effettuati entro il 31 maggio 2012, le Direzioni regionali procederanno alla comunicazione, con relativo invio dei file nominativi, alla Direzione centrale Prestazioni a sostegno del reddito, per l’aggiornamento della piattaforma PLUS da parte di Italia Lavoro.

2. Istruzioni procedurali

L’Istituto ha predisposto un servizio mediante il quale le Agenzie del Lavoro hanno la possibilità di verificare, in tempo reale, il possesso dei requisiti necessari, ove riscontrabili, in capo al richiedente la prestazione, in base ai dati presenti negli archivi dell’Inps e nell’archivio delle comunicazioni obbligatorie, come indicato nel precedente paragrafo. La gestione e il pagamento della prestazione devono essere eseguiti  utilizzando la procedura DsWeb disponibile in Intranet – processi – prestazioni a Sostegno del reddito – sezione Disoccupazione non agricola. Per l’acquisizione occorre selezionare il tipo domanda ‘E-Sussidio straordinario’ e, in seguito il codice sussidio ‘SOMM-IND. SOST. REDDITO LAV. SOMMINISTRATI’. Per i pagamenti della prestazione, dal menù principale occorre selezionare il link Pagamenti – Pagamento diretto interventi per l’occupazione; dalla lista di opzioni presentate è possibile selezionare i pagamenti per i LAV. SOMMINISTRATI.

3. Istruzioni contabili

Per la rilevazione contabile dei pagamenti sopra descritti si rimanda alle istruzioni contenute nella circolare n. 100 del 07 agosto 2009, aggiornate con la circolare n. 121 del 04 dicembre 2009 per l’accentramento dei pagamenti delle prestazioni a sostegno del reddito. Con quest’ultima circolare sono state fornite le istruzioni operative e contabili relative al processo di riforma dei sistemi di pagamento delle prestazioni a sostegno del reddito che prevede l’automatismo completo delle attività contabili ed il pagamento delle prestazioni esclusivamente da parte della Direzione centrale bilanci e servizi fiscali. Per la complessità del procedimento e la necessità di assicurare la migliore tutela nei confronti dei possibili beneficiari, si invitano le Sedi ad assicurare la più ampia e corretta informazione sulle modalità e i flussi procedurali descritti. Le Direzioni centrali interessate provvederanno ad un attento monitoraggio dei flussi quantitativi di domande immessi in procedura Plus e alla verifica della capienza finanziaria dei fondi disponibili.

董丽芳律师信箱 强制调解的程序

0

张先生来访:董丽芳律师,您好!我是一家贸易公司的经理。我们公司租了一套写字楼用于办公,租期为6年加6年的商业租赁,2012年3月31日第一个6年到期。到期前12个月,我们没有提出解除合同,房东也没有提出解约和增加房租的要求,所以合同应当按照原来的条件自动延续6年。可是2011年9月份,房东(提前6个月)书面通知我们从明年3月开始要提高租金。我担心将来双方因此会产生纠纷,听说对于这种情况,除了走诉讼途径,法律还规定了新的解决途径?       

董丽芳律师信箱:强制调解的程序

张先生来访:董丽芳律师,您好!我是一家贸易公司的经理。我们公司租了一套写字楼用于办公,租期为6年加6年的商业租赁,2012年3月31日第一个6年到期。到期前12个月,我们没有提出解除合同,房东也没有提出解约和增加房租的要求,所以合同应当按照原来的条件自动延续6年。可是2011年9月份,房东(提前6个月)书面通知我们从明年3月开始要提高租金。我担心将来双方因此会产生纠纷,听说对于这种情况,除了走诉讼途径,法律还规定了新的解决途径?

董丽芳律师:张先生,您好!对于贵公司的情况,2011年3月20日生效的意大利2010年3月4第28号法令有明确规定。但需要注意的是,法令对于因公寓和不动产物权、划分程序、继承、家庭协议、租赁、无偿保释、商业租赁、交通事故、医疗侵权损害、媒体或其他公众宣传的诽谤、保险协议、银行协议和资金协议引起的纠纷,应当先进行“强制调解”程序。调解不成的,才能走诉讼程序。

    调解程序由专业、独立的机构主持,这些调解机构应当在司法部登记。调解的程序如下:

1、向调解机构提出调解申请,由调解机构指派调解员并安排调解会议。

2、调解程序在4个月内结束,将出现两种结果:

1)达成调解协议,调解员起草会议备忘录,并由双方签字同意。备忘录经调解机构所在地法院批准后,协议生效,对于双方均具有约束力和强制执行力。获胜方可向当地权威部门申请,对失败方在判决金额范围内行使强制转移权和抵押权。

2)在双方协商不成的情况下,调解员起草会议备忘录,由双方签字。同时,调解员提供一个解决方案,如果一方或双方不同意此解决方案,则可以通过诉讼途径解决纠纷。

    值得注意的是,根据法令规定,如果法官的判决与调解员的方案一致,而获胜方之前拒绝调解员的方案的,法院可以不判给胜诉方诉讼成本和费用,并可责令其承担败诉方的诉讼成本和费用及向法院申请该案的备案费用。

    

    注:上述内容仅作为参考信息使用,不得视为本所对任何事项的法律意见。如果您对此事还有其他问题,请您与本所联系,我们会及时提供全方面的法律咨询和服务。

Indennità di mobilità: natura previdenziale

0

Indennità di mobilità: natura previdenziale

Cass. Sez. Lav. 24 novembre 2011 n. 24828

L’indennità di mobilità ai lavoratori licenziati, di cui all’art. 7, legge 23 luglio 1991, n. 223, configura una prestazione previdenziale che trova inderogabile regolamentazione nella normativa legale; ne consegue che è invalido ogni patto che valga a modificare la normativa legale sulle forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e sulle contribuzioni e prestazioni relative, o che sia suscettibile di eludere gli obblighi delle parti attinenti alle suddette materie.

Indennità di mobilità: natura previdenziale

Cass. , sez. Lav. , 24 novembre 2011, n. 24828

L’indennità di mobilità ai lavoratori licenziati, di cui all’art. 7, legge 23 luglio 1991, n. 223, configura una prestazione previdenziale che trova inderogabile regolamentazione nella normativa legale; ne consegue che è invalido ogni patto che valga a modificare la normativa legale sulle forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e sulle contribuzioni e prestazioni relative, o che sia suscettibile di eludere gli obblighi delle parti attinenti alle suddette materie.

Nella vicenda in esame, un lavoratore si era rivolto al Tribunale per chiedere la condanna della società datrice di lavoro al pagamento in suo favore di una somma a titolo di risarcimento del danno per mancata esecuzione dell’accordo sottoscritto tra le parti in sede sindacale,avente ad oggetto il suo inserimento nelle liste di mobilità, per effetto del quale egli non aveva potuto più percepire la relativa indennità di legge.

Il Tribunale rigettava tale domanda.

La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado ritenendo che il vero motivo della nullità dell’accordo risiedesse nella illiceità della causa dello stesso, in quanto diretto ad eludere le norme imperative in materia di mobilità e a realizzare una frode alla legge, per cui lo stesso non poteva essere invocato dal lavoratore per conseguirne i benefici invocati. Il ricorrente era stato infatti licenziato nel dicembre 2001, mentre l’accordo sottoscritto nel maggio 2003 prevedeva che l’azienda avrebbe avviato la procedura di mobilità a partire dal luglio 2003,impegnandosi a reintegrarlo, ma con temporanea sospensione della prestazione lavorativa fino all’inserimento del suo nominativo nelle liste di mobilità, senza corrispondergli però alcuna retribuzione, fatto salvo il versamento dei contributi e la dazione di una somma di euro 1. 000,00 per le necessità della vita.

Il lavoratore proponeva quindi ricorso in Cassazione avverso tale decisione, deducendo che nel caso in esame non era in discussione l’assunzione, da parte della società, di un impegno transattivo destinato all’attivazione di una procedura di mobilità entro il mese di luglio del 2003, bensì di un impegno diretto ad inserire il suo nominativo nell’elenco dei lavoratori in esubero all’interno di una procedura di mobilità già decisa ed autonoma rispetto alla transazione oggetto di esame.

La società resisteva con controricorso obiettando che la procedura di mobilità non era stata affatto decisa precedentemente all’accordo transattivo, altrimenti di ciò si sarebbe dato atto nell’accordo stesso.

Di conseguenza, non poteva imputarsi alla società il mancato avvio di una tale procedura in mancanza dei relativi presupposti di legge e la valutazione sulla liceità dell’accordo, contenente l’impegno della società ad avviare una procedura siffatta nei riguardi di un solo lavoratore, non poteva che essere riferita ex ante al momento della conclusione dell’accordo, per cui era infondata la tesi del ricorrente diretta a sostenere, nell’intento di salvare la legittimità del negozio, che l’eventuale elusione delle disposizioni della legge n. 223/1991 avrebbe potuto essere accertata solo in un secondo momento.

A parere della Suprema Corte, tale motivo è infondato. Infatti, la Corte di merito aveva correttamente rilevato la nullità dell’accordo sottoscritto dalle parti, in quanto diretto ad eludere l’applicazione di norme imperative previste in materia di attivazione della procedura di mobilità che fissano in maniera inderogabile tempi, modalità e requisiti oggettivi che presiedono alla erogazione di una prestazione previdenziale qual è l’indennità di mobilità.

Ne consegue che lo stesso accordo si rendeva inutilizzabile ai fini del risarcimento preteso dal lavoratore per l’asserito inadempimento datoriale di una delle obbligazioni in esso previste.

Infatti l’indennità di mobilità, regolata dall’art. 7 della legge n. 223/1991, configura una prestazione previdenziale che come l’indennità di disoccupazione è sostitutiva del trattamento economico goduto dai lavoratori prima della messa in mobilità.

Tra l’altro l’inderogabilità della materia previdenziale osta alla validità di ogni patto che tenti di modificare la normativa legale sulle forme di previdenza e assistenza obbligatorie e sulle contribuzioni e prestazioni relative, o che sia suscettibile di eludere gli obblighi delle parti attinenti alle suddette materie.

Giova inoltre ricordare che sul tema della natura inderogabile della normativa in materia di indennità di mobilità la Corte di Cassazione ha già avuto modo di esprimersi statuendo che: “l’indennità di mobilità ai lavoratori licenziati, di cui all’art. 7, legge 23 luglio 1991, n. 223, configura una prestazione previdenziale che trova inderogabile regolamentazione nella normativa legale; ne consegue che è invalido ogni patto che valga a modificare la normativa legale sulle forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e sulle contribuzioni e prestazioni relative, o che sia suscettibile di eludere gli obblighi delle parti attinenti alle suddette materie” (cfr. Cass. N. 5009 dell’11 marzo 2004).

Per tutti i motivi sopra richiamati, la Corte di Cassazione respinge quindi il ricorso del lavoratore con condanna dello stesso al pagamento delle spese di giudizio.

Mediazione Obbligatoria

0
Mediazione Obbligatoria

Sig. Zhang: Buon giorno Avv. Dong! Sono direttore di una società commerciale.La mia società ha preso in affitto un appartamento ad uso ufficio. La durata del contratto di locazione commerciale è  di sei anni più 6 anni.

Il primo periodo contrattuale terminerà il 31 marzo 2012. Dodici mesi prima della scadenza del primo periodo contrattuale, né abbiamo proposto di risolvere detto contratto, né il locatore ha espresso l’intenzione di risolvere il contratto oppure di aumentare il canone di affitto, pertanto il contratto sarà rinnovato automaticamente per altri sei anni sulla base delle condizioni concordate in precedenza…

Rubrica legale dell’Avv. Dong: Mediazione Obbligatoria

Avv. Dong: Buon giorno Sig. Zhang! Per quando riguarda il caso della sua società, il Decreto Legislativo n. 28 del 4 marzo 2010, entrato in vigore il 20 marzo 2011, ha disposto in materia. In primo luogo,  il Decreto prevede che la mediazione è obbligatoria per le cause aventi ad oggetto: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di azienda; risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, risarcimento del danno derivante da diffamazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità; contratti assicurativi, bancari e finanziari. Insomma questo significa che l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

La mediazione civile

L’attività di mediazione civile è svolta da un organismo di conciliazione terzo ed imparziale, che deve essere iscritto in un apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia. Il procedimento di mediazione  si svolge in questo modo:

1. Si presenta la domanda di mediazione ad un organismo di conciliazione, che designa un mediatore ed organizza un primo incontro tra le parti.

2.   La mediazione deve essere esperito entro quattro mesi dalla proposizione della domanda, di regola ci sono due possibili esiti della procedura:

(1) Se si raggiunge l’accordo (conciliazione), il mediatore redige processo verbale, sottoscritto dalle parti, che viene omologato con decreto dal Presidente del Tribunale, nel cui circondario ha sede l’organismo. Il verbale omologato è titolo esecutivo con cui la parte vittoriosa potrà richiedere all’autorità locale competente l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica e l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.

(2) Se non si raggiunge l’accordo (conciliazione), il mediatore redige processo verbale, sottoscritto dalle parti. Il mediatore dà atto delle ragioni del mancato accordo e formula una propria proposta di conciliazione. Se una delle due parti oppure entrambe le parti non concordano con la proposta di conciliazione, allora le parti potranno adire l’autorità giudiziaria.

Il contenuto di questa proposta conciliativa gioca un ruolo fondamentale nel processo civile, infatti se la sentenza del giudice corrisponde interamente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta del mediatore, condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dalla controparte e condanna al versamento di un’ulteriore somma, di importo corrispondente al contributo unificato dovuto.

Nota: il contenuto di questo articolo non costituisce un parere legale del nostro studio legale, ma  ha funzione informativa. Se Lei ha altri dubbi, ci può contattare per ulteriori informazioni ed assistenza legale.

Tfr e fondo di garanzia Inps

0

Tfr e fondo di garanzia Inps

Cass. , sez. Lav. , 1° dicembre 2011, n. 25685

La funzione previdenziale dell’intervento del Fondo di garanzia dell’Inps, di cui all’art. 2 del Dlgs n. 297/1982, non osta all’intervento del Fondo a favore del cessionario a titolo oneroso del credito relativo al trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore, in quanto l’intervento è previsto in favore degli “aventi diritto” e, con tale termine, che non può che essere inteso nel medesimo significato attribuito all’identica espressione contenuta nell’art. 2122 c. C. , si fa riferimento agli aventi causa in genere dal lavoratore, a prescindere dal titolo, universale o particolare, della successione nel diritto (Nella specie, la S. C. Ha ritenuto che la società committente che aveva effettuato i pagamenti dei crediti di lavoro per effetto della responsabilità solidale con l’appaltatore di cui all’art. 29, comma 2, Dlgs n. 276/2003, sia da ricomprendere nell’ambito degli “aventi diritto” che possono accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia).

Tfr e fondo di garanzia Inps

Cass. , sez. Lav. , 1° dicembre 2011, n. 25685

La funzione previdenziale dell’intervento del Fondo di garanzia dell’Inps, di cui all’art. 2 del Dlgs n. 297/1982, non osta all’intervento del Fondo a favore del cessionario a titolo oneroso del credito relativo al trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore, in quanto l’intervento è previsto in favore degli “aventi diritto” e, con tale termine, che non può che essere inteso nel medesimo significato attribuito all’identica espressione contenuta nell’art. 2122 c. C. , si fa riferimento agli aventi causa in genere dal lavoratore, a prescindere dal titolo, universale o particolare, della successione nel diritto (Nella specie, la S. C. Ha ritenuto che la società committente che aveva effettuato i pagamenti dei crediti di lavoro per effetto della responsabilità solidale con l’appaltatore di cui all’art. 29, comma 2, Dlgs n. 276/2003, sia da ricomprendere nell’ambito degli “aventi diritto” che possono accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia).

Nota – Nella fattispecie in esame, il Tribunale di Torino aveva accolto il ricorso di una società volto a far accertare il proprio diritto ad accedere al Fondo di garanzia per il recupero degli importi che aveva corrisposto, a titolo di Tfr e retribuzioni, ai lavoratori della società appaltatrice (in stato di fallimento) per effetto della responsabilità solidale della committente prevista dall’art. 29, comma 2, del Dlgs n.  276/2003.  La Corte di Appello di Torino aveva confermato la sentenza del Tribunale, ritenendo sussistente la legittimazione della società committente a richiedere al Fondo di garanzia il pagamento di quanto corrisposto ai lavoratori della società appaltatrice.  L’Istituto previdenziale soccombente ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo l’insussistenza del presupposto legittimante l’intervento del Fondo di Garanzia, ossia l’inadempimento dell’obbligazione retributiva e del trattamento di fine rapporto, in quanto la tutela offerta dal Fondo di Garanzia in favore del credito dei lavoratori non può essere ritenuta applicabile in favore di un obbligato in solido dello stesso datore di lavoro che non può quindi essere considerato alla stregua di un avente diritto dal lavoratore.

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo di impugnazione formulato dall’Istituto ricorrente e, richiamando tre precedenti pronunce (Cass. N. 10208/2008, Cass. N. 11010/2008 e Cass. N. 25256/2010) con le quali è stato stabilito che: “La funzione previdenziale dell’intervento del Fondo di garanzia dell’Inps, di cui all’art. 2 del Dlgs n. 297/1982, non osta all’intervento del Fondo a favore del cessionario a titolo oneroso del credito relativo al trattamento di fine rapporto spettante al lavoratore, in quanto l’intervento è previsto in favore degli “aventi diritto ” e, con tale termine, che non può che essere inteso nel medesimo significato attribuito all’identica espressione contenuta nell’art. 2122 c. C. , si fa riferimento agli aventi causa in genere dal lavoratore, a prescindere dal titolo, universale o particolare, della successione nel diritto”, ha precisato che la società committente che effettua i pagamenti dei crediti dei lavoratori della società appaltatrice, in forza dell’obbligo disposto dall’art. 29, comma 2, Dlgs n. 276/2003, acquista il diritto a subentrare nella posizione creditizia del datore di lavoro insolvente per surrogazione legale ex art. 1203, n. 3, c. C.

In applicazione di detti principi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Istituto previdenziale, ritenendo che la società controricorrente, per avere effettuato i pagamenti dei crediti di lavoro in favore dei dipendenti dell’appaltatrice, deve essere ricompresa nell’ambito degli “aventi diritto” che possono accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia.  

Corsi di formazione finanziati dai fondi interprofessionali per dipendenti di aziende e studi

0
Corsi di formazione finanziati dai fondi interprofessionali per dipendenti di aziende e studi

Si pubblica una informativa interessante in merito all’iniziativa dei fondi interprofessionali, da valutare per qualsiasi datore di lavoro, che dovrà sostenere costi per, la formazione del personale, hccp.

Lo Studio, con l’obiettivo di contribuire alla promozione  della “cultura d’impresa” attraverso la formazione e con la manifesta volontà di allargare  quest’opportunità ad un bacino d’utenza sempre più vasto, ovvero anche a quelle tipologie di attività economiche che – vuoi per dimensioni vuoi per vocazione – spesso si trovano escluse dal ventaglio di possibilità di approfondimento oggetto dell’offerta formativa nazionale, ha selezionato quale migliore opportunità quella offerta dalla società eDotto Srl in abbinamento al Fondo Fon. AR. Com.

Il fondo

Fon. AR. Com. è un  Fondo Paritetico Interprofessionale Nazionale per la formazione continua dei  dipendenti  (a  tempo  indeterminato, determinato  e  parziale)  di  studi  professionali  e aziende; pertanto gli studi professionali e le aziende aderenti al Fondo possono beneficiare di formazione gratuita.

I Fondi operano nel rispetto di quanto previsto dall’art. 118 della Legge 388/2000 e dall’art. 48 della Legge 289/2002, nonché nel rispetto della Circolare n. 36 del Ministero del Lavoro e delle  Politiche  Sociali  del  18  novembre  2003  e  dei  relativi  allegati.

I fondi interprofessionali sono dunque finanziati con le risorse derivanti dal gettito dell’apposito contributo integrativo (art. 25 – L. 845/78), nella misura dello 0,30%, che i datori di lavoro sceglieranno di canalizzare verso uno dei fondi costituiti.

Al  predetto contributo sono comunque obbligati tutti i datori di lavoro, mentre l’adesione al fondo è facoltativa.

In buona sostanza, per chi non aderirà ad alcun fondo, resterà fermo l’obbligo di versare all’INPS il contributo integrativo di ugual valore.

L’adesione  a  Fon. AR. Com.   è  facile, libera e gratuita;  la  comunicazione  all’INPS tramite il modello UNIEMENS  (compilato ad opera dello scrivente Studio) è la sola modalità richiesta per l’adesione al Fondo.

Non bisogna effettuare nessun versamento suppplementare. 

La convenienza a partecipare ai corsi di formazione – il cui calendario sarà reso disponibile appena  definito  –  potrà  essere  valutata  liberamente  poiché  la  sola  adesione  al  Fondo  non presuppone l’obbligo di prendere parte agli eventi formativi proposti.

Lo Studio, pertanto, ritenendo questa un’ottima opportunità per le sue aziende clienti, con il primo Uniemens utile comunicherà al Fondo l’adesione.

La invitiamo a contattarci qualora foste già iscritti ad altro Fondo Interprofessionale o preferiste aderire ad altro Fondo o non intendiate aderire ad alcuno.

Diversamente procederemo come sopra esposto.

Certi che l’iniziativa possa rappresentare una grande occasione di crescita, ringraziando, si porgono i migliori saluti.

Cordiali saluti.

Emiliano Ferretti

Contratto a tempo determinato e impugnazione del termine

0

Contratto a tempo determinato e impugnazione del termine

Cass. , sez. Lav. , 28 novembre 2011, n. 25038

Per aversi tacito mutuo consenso inteso a risolvere o comunque a non proseguire il rapporto di lavoro non basta il mero decorso del tempo fra la scadenza del termine illegittimamente apposto e la relativa impugnazione giudiziale ma è necessario il concorso di ulteriori e significative circostanze tali da far desumere in maniera chiara e certa la comune volontà delle parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, circostanze della cui allegazione e prova è gravato il datore di lavoro, ovvero la parte che eccepisce un tacito mutuo consenso.  

Contratto a tempo determinato e impugnazione del termine

Cass. , sez. Lav. , 28 novembre 2011, n. 25038

Per aversi tacito mutuo consenso inteso a risolvere o comunque a non proseguire il rapporto di lavoro non basta il mero decorso del tempo fra la scadenza del termine illegittimamente apposto e la relativa impugnazione giudiziale ma è necessario il concorso di ulteriori e significative circostanze tali da far desumere in maniera chiara e certa la comune volontà delle parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, circostanze della cui allegazione e prova è gravato il datore di lavoro, ovvero la parte che eccepisce un tacito mutuo consenso.

Nota – Il caso di specie è sorto in seguito all’impugnazione del termine apposto ad un contratto di lavoro. Il Tribunale di Novara dichiarava la nullità della clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro affermando la vigenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e condannando la società a riammettere in servizio il lavoratore nonché al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate. La Corte d’Appello di Torino rigettava l’appello proposto dalla società che pertanto ricorreva in Cassazione per la riforma della sentenza.

La Cassazione, ribadendo il consolidato orientamento per il quale vige un onere di specificazione, e quindi di prova, a carico del datore di lavoro delle ragioni oggettive giustificatrici del termine finale, con indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali in ordine al contenuto e alla portata spazio temporale e circostanziale, ha ritenuto infondato il vizio di motivazione denunciato dalla società.

La Cassazione ha ritenuto infondato anche il motivo con il quale la società lamentava il fatto che la Corte Territoriale non avesse ravvisato il mutuo consenso a non riattivare il rapporto di lavoro in fatti incompatibili con la volontà di mantenerlo in vita, come la prolungata inerzia del lavoratore dopo la scadenza del termine, la percezione del Tfr senza riserva nonché il reperimento di una nuova stabile occupazione. La Cassazione, rigettando il ricorso ha infatti confermato che nel rapporto di lavoro a tempo determinato, la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è di per sé insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso in quanto “affinché possa configurarsi una tale risoluzione, è necessario che sia accertata sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo” (Cass. N. 23057/2010) e che inoltre “grava sul datore di lavoro che eccepisca la risoluzione per mutuo consenso l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di voler porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro” (Cass. N. 9583/2011). Nel caso concreto, la Cassazione ha quindi confermato, ritenendola giuridicamente corretta e immune dai vizi logici, l’affermazione dei giudici di merito secondo cui la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto, anche se protratta per due o tre anni o più, non fosse sufficiente, in mancanza di ulteriori elementi di valutazione, a far ritenere la sussistenza dei presupposti della risoluzione del rapporto per tacito mutuo consenso. Infatti afferma la Cassazione che “l’azione diretta a far valere la illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, per violazione delle disposizioni che individuano le ipotesi in cui è consentita l’assunzione a tempo indeterminato, si configura come azione di nullità parziale del contratto per contrasto con norme imperative ex art. 1418 c. C. E art. 1419 c. C. , comma 2. Essa, pertanto, ai sensi dell’art. 1422 c. C. , è imprescrittibile, pur essendo soggetti a prescrizione i diritti che discendono dal rapporto a tempo indeterminato risultante dalla conversione ex lege per illegittimità del termine apposto. Ne consegue che il mero decorso del tempo tra la scadenza del contratto e la proposizione di siffatta azione giudiziale non può, di per sé solo, costituire elemento idoneo ad esprimere in maniera inequivocabile la volontà delle parti di risolvere il rapporto a tempo indeterminato risultante dalla conversione ovvero, in un ottica che svaluti il ruolo e la rilevanza della volontà delle parti intesa in senso

psicologico, elemento obiettivo, socialmente e giuridicamente valutabile come risoluzione per tacito mutuo consenso. Comunque, consentendo l’ordinamento di esercitare il diritto entro limiti di tempo predeterminati, o l’azione di nullità senza limiti, il tempo stesso non può contestualmente e contraddittoriamente produrre, da solo e di per sé, anche un effetto di contenuto opposto, cioè l’estinzione del diritto ovvero una presunzione in tal senso, atteso che siffatta conclusione sostanzialmente finirebbe per vanificare il principio dell’imprescrittibilità dell’azione di nullità e/o la disciplina della prescrizione, la cui maturazione verrebbe contra legem anticipata secondo contingenti e discrezionali apprezzamenti. Per tali ragioni appare necessario per la configurabilità di una risoluzione per mutuo consenso, manifestatasi in pendenza del termine per l’esercizio del diritto o dell’azione, che il decorso del tempo sia accompagnato da ulteriori circostanze oggettive le quali, per le loro caratteristiche di incompatibilità con la prosecuzione del rapporto, possano essere complessivamente interpretate nel senso di denotare “una volontà chiara e certa delle parti di volere, d’accordo tra loro, porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo”” (Cass. N. 23501/2010).

Articoli più letti

Iscriviti

Iscriviti alla nostra newsletter per rimanere aggiornato sul mondo delle normative e legge per il fisco e tributi!

No grazie!