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Rimborso Spese: aspetti fiscali e procedurali in capo al datore di lavoro ed al dipendente

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Le  modalità  con  cui  le somme percepite dai dipendenti, a titolo  di  rimborso  per le  spese sostenute nell’espletamento del lavoro durante trasferte  e  missioni,   concorrono   a  formare   il   reddito   di   lavoro   dipendente  sono disciplinate dal comma 5, dell’art. 51 del D. P. R. 917/86. Il quale prevede  un   trattamento   fiscale   diverso   in   relazione   all’ambito territoriale in cui la trasferta ha luogo. A tale riguardo occorre operare preliminarmente una distinzione tra le trasferte effettuate nell’ambito del territorio o  al di fuori dal territorio comunale sede di lavoro.

Rimborso Spese: aspetti fiscali e procedurali in capo al datore di lavoro ed al dipendente

Le  modalità  con  cui  le somme percepite dai dipendenti, a titolo  di  rimborso  per le  spese sostenute nell’espletamento del lavoro durante trasferte  e  missioni,   concorrono   a  formare   il   reddito   di   lavoro   dipendente  sono disciplinate dal comma 5, dell’art. 51 del D. P. R. 917/86[1].

Il quale prevede  un   trattamento   fiscale   diverso   in   relazione   all’ambito territoriale in cui la trasferta ha luogo.

A tale riguardo occorre operare preliminarmente una distinzione tra le trasferte effettuate nell’ambito del territorio o  al di fuori dal territorio comunale sede di lavoro.

Per quanto riguarda invece il diritto alla deducibilità dal reddito di impresa, dei rimborsi  in oggetto, in capo al datore di lavoro,  la norma a cui fare riferimento è l’art. 95, comma 3 dello stesso D. P. R. 917/86[2].

Trasferte effettuate nell’ambito del comune sede di lavoro

Regola generale è quella secondo cui i rimborsi e le indennità percepite dal dipendente in relazione  alle  trasferte  effettuate  nell’ambito  del  territorio  comunale  (sede  di  lavoro) concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente.

Trasferte effettuate fuori del comune sede di lavoro

In  caso  di  trasferte  effettuate  fuori  del  territorio  comunale  sede  di  lavoro,  ai  fini  della determinazione del reddito di lavoro dipendente assume rilievo la modalità tecnica con cui il rimborso della spesa (erogazione dell’indennità) viene effettuato.

Procedure amministrative per i rimborsi

Esistono tre procedure per la determinazione del rimborso spese delle trasferte effettuate dai lavoratori dipendenti fuori dal Comune sede di lavoro: il metodo forfetario,  metodo analitico o a piè di lista,  metodo misto. Per il tipo di impianto contabile adottato e le caratteristiche aziendali, si presenta ottimale la scelta del metodo analitico.

Rimborso analitico o piè di lista

Con   il   “rimborso   analitico”[3]   tutte   le   spese   sostenute   dal   dipendente,   debitamente documentate  e  riassunte  in nota  spese,  sono    rimborsate  dal datore di lavoro e pertanto in capo a questi sorge legittimamente il diritto alla deduzione delle stesse dal reddito di impresa secondo le modalità di  seguito indicate.

Il metodo analitico è  consigliato per i seguenti motivi:

a) allo scopo di adottare una procedura trasparente e funzionale per il   datore di lavoro che sposi le esigenze di una corretta tenuta della contabilità ordinaria;

b) evitare la corresponsione  di una indennità   di   trasferta  che  concorrerebbe ad incrementare il reddito imponibile in capo al dipendente;

c) meglio si sposa con l’adozione e compilazione del modello di nota spese dal nostro Studio elaborato e personalizzato sulle   esigenze del cliente.

Aspetti fiscali del datore di lavoro

Il datore di lavoro deve autorizzare solo il rimborso delle spese fiscalmente documentate, attraverso fatture, ricevute ed ogni altro atto equipollente.

Nell’ipotesi  in cui, la volontà preminente delle stesso datore di lavoro sia di  detrarre l’IVA,  sarà necessario che i dipendenti i richiedano l’emissione della fattura (con esposizione separata dell’Iva), intestata direttamente alla società, con indicazione della natura e del fruitore del servizio (l’indicazione del fruitore può essere riportata anche in una nota allegata).

Come indicato nel disposto dell’art. 95 comma terzo del D. P. R. 917/86, i rimborsi “analitici” per trasferte documentate ed effettuate dal dipendente al di fuori dal territorio comunale, sono deducibili nel limite giornaliero di €. 180,76 per le trasferte in Italia, ed €. 258,23 per quelle all’estero[4].

Eventuali rimborsi spese per “trasferte” effettuate dal dipendente nel territorio comunale, sono interamente deducibili per il datore di lavoro,  ma lo scrivente, fa notare come anticipato, che tali spese sono però  incrementative della base imponibile irpef del dipendente stesso.

Aspetti fiscali del lavoratore dipendente

In merito alla posizione del lavoratore, sono  non  imponibili,  per  le  trasferte  fuori  dal  comune  sede  di  lavoro,  tutte  le  spese documentate relative a vitto, alloggio, viaggio (anche sotto forma di indennità chilometrica) e trasporto[5].

Per le spese che non possono essere comprovate dai richiamati documenti, è consentito entro certi limiti, adottare rimborso forfetario.

Infatti, col  metodo  del “rimborso analitico” , i rimborsi  percepiti per le spese sostenute  per trasferte fuori dal territorio comunale dove si trova la sede di lavoro, non concorrono alla formazione del reddito in capo al dipendente,  fino  ad  un importo massimo giornaliero di € 15,49, elevato a € 25,82 per le trasferte all’estero (le spese telefoniche, la lavanderia, le mance ed i parcheggi, etc. )[6].

Per qualsiasi informazione e/o chiarimento lo Studio resta a disposizione tramite assistenza telefonica, ticket on line o email.

In allegato prospetto e file in formato excel del modello di nota spese

Un cordiale saluto

Dott. Alessio Ferretti

 

[1] “Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente lire 90. 000 al giorno, elevate a lire 150. 000 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto; in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all’importo massimo giornaliero di lire 30. 000, elevate a lire 50. 000 per le trasferte all’estero. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito”:

[2] “Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore ad euro 180,76; il predetto limite è elevato ad euro 258,23 per le trasferte all’estero. Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel”.

[3] Circolare 326 E del Ministero delle Finanze del 23. 12. 1997

[4] In merito ai rimborso delle spese inerenti l’uso di autoveicoli, sono deducibili in base ai costi calcolati tramite le tariffe ACI (o a quelle di noleggio) nei limiti del costo di percorrenza di un autoveicolo di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali se a benzina (20 se diesel).

[5] Il ministero delle finanze nella circolare n. 188/E del 1998 ha sottolineato che non è più imposta una preventiva autorizzazione alla trasferta e che le spese ad essa collegate possono risultare dalla normale documentazione conservata dal datore di lavoro.

[6] Circolare 326 E del Ministero delle Finanze del 23. 12. 1997

Circolare numero 48 del 27/03/2012

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Premessa

Con il D. L. N. 78 del 31 maggio 2010, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica”, all’art. 38 comma 5, sono stati previsti l’estensione e il potenziamento dei servizi telematici dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali, per la presentazione di denunce, istanze, atti, versamenti, mediante l’utilizzo dei sistemi telematici ovvero della posta elettronica certificata.

Con la circolare n. 169 del 31 dicembre 2010, applicativa della determinazione del Presidente dell’Istituto n. 75 del 30 giugno 2010 “Estensione e potenziamento dei servizi telematici offerti dall’INPS ai cittadini”, è stato dato avvio a tale processo.

Con la determinazione presidenziale n. 277 del 24 giugno 2011 “Istanze e servizi Inps – Presentazione telematica in via esclusiva – Decorrenze”, cui si è data attuazione con circolare n. 110 del 30 agosto 2011, sono stati definiti i tempi della trasmissione telematica in via esclusiva in luogo delle tradizionali modalità di presentazione delle domande all’Istituto.

Ad integrazione dei servizi già resi disponibili con la circolare n. 169 del 30/12/2011, con la presente circolare si rende noto che è già disponibile, dal 21 marzo 2012, il servizio per la presentazione in via telematica delle domande di Dilazione amministrativa e Riduzione delle Sanzioni civili per le aziende con dipendenti che operano con il sistema UniEmens e delle richieste di provvedimenti su Avviso di Addebito e Cartella di Pagamento per la generalità dei contribuenti tenuti all’assolvimento degli obblighi contributivi nelle gestioni previdenziali dell’Istituto.

Circolare numero 48 del 27/03/2012

Telematizzazione delle domande di Dilazione e Riduzione delle Sanzioni, delle richieste di provvedimenti su Cartelle di Pagamento e Avvisi di Addebito e delle comunicazioni delle Cessioni dei Crediti degli Enti Morali.

Premessa

Con il D. L. N. 78 del 31 maggio 2010, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica”, all’art. 38 comma 5, sono stati previsti l’estensione e il potenziamento dei servizi telematici dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali, per la presentazione di denunce, istanze, atti, versamenti, mediante l’utilizzo dei sistemi telematici ovvero della posta elettronica certificata.

Con la circolare n. 169 del 31 dicembre 2010, applicativa della determinazione del Presidente dell’Istituto n. 75 del 30 giugno 2010 “Estensione e potenziamento dei servizi telematici offerti dall’INPS ai cittadini”, è stato dato avvio a tale processo.

Con la determinazione presidenziale n. 277 del 24 giugno 2011 “Istanze e servizi Inps – Presentazione telematica in via esclusiva – Decorrenze”, cui si è data attuazione con circolare n. 110 del 30 agosto 2011, sono stati definiti i tempi della trasmissione telematica in via esclusiva in luogo delle tradizionali modalità di presentazione delle domande all’Istituto.

Ad integrazione dei servizi già resi disponibili con la circolare n. 169 del 30/12/2011, con la presente circolare si rende noto che è già disponibile, dal 21 marzo 2012, il servizio per la presentazione in via telematica delle domande di Dilazione amministrativa e Riduzione delle Sanzioni civili per le aziende con dipendenti che operano con il sistema UniEmens e delle richieste di provvedimenti su Avviso di Addebito e Cartella di Pagamento per la generalità dei contribuenti tenuti all’assolvimento degli obblighi contributivi nelle gestioni previdenziali dell’Istituto.

1. Domande di dilazione. Domande di riduzione delle sanzioni civili

A decorrere dal 21 marzo 2012 le domande di dilazione e riduzione delle sanzioni civili delle aziende con dipendenti che operano con il sistema UniEmens devono essere trasmesse con modalità telematica.

La domanda di dilazione potrà essere trasmessa dalle aziende, dai consulenti e dai professionisti che accedono mediante PIN al sito Internet dell’Istituto attraverso la sezione “Servizi on-line” secondo il seguente percorso:

Tipologia di utente : Aziende, consulenti e professionisti

Servizi per le aziende e consulenti

Cassetto previdenziale Aziende > Istanze on-line > Invio nuova istanza > nella lista moduli selezionare la voce Dilazioni.

Nella colonna identificata con l’intestazione “Manuale”, cliccando sull’immagine viene visualizzato il manuale per gli utenti, che contiene un percorso guidato per la compilazione e l’invio della domanda.

Le istanze inviate potranno essere visualizzate attivando il pannello di ricerca “Lista istanze inviate”, in cui è possibile verificare lo stato della domanda, l’esito e le eventuali note inserite dalla sede competente.

La domanda di riduzione delle sanzioni civili potrà essere trasmessa dai medesimi soggetti abilitati all’invio della domanda di dilazione attraverso la sezione “ Servizi on line” secondo il seguente percorso:

Tipologia di utente: Aziende, consulenti e professionisti

Servizi per le aziende e consulenti

“Aziende Uniemens: domanda di riduzione sanzioni Civili “ > Inserimento domanda.

Il manuale utente è immediatamente disponibile per consentire una guida per la compilazione e l’invio delle domande.

La funzione di “consultazione domande” prevede la possibilità di verificare lo stato della domanda e l’esito che consente la visualizzazione delle note inserite dalla sede competente.

2. Provvedimenti su Avviso di Addebito e Cartella di Pagamento 
A decorrere dal 21 marzo 2012, le aziende con dipendenti che operano con il sistema UniEmens, gli iscritti alla gestione degli artigiani e commercianti, le aziende assuntrici di manodopera e i lavoratori autonomi agricoli, committenti e liberi professionisti dovranno trasmettere in via telematica le seguenti istanze:

– domanda di sospensione cartella di pagamento,

– domanda di sgravio cartella di pagamento,

– domanda di sospensione avviso di addebito,

– domanda di annullamento avviso di addebito,

– comunicazione di avvenuto pagamento su avviso di addebito.

Il servizio è raggiungibile dal sito internet dell’Istituto tramite appositi link posti all’interno della sezione “Servizi On-Line” -> “Per Tipologia di Utente” differenziati in base alla tipologia di utente. Gli appartenenti alle tipologie che accedono mediante codice fiscale e PIN, sono: aziende, consulenti e professionisti, cittadino e associazione di categoria.

Le domande presentate potranno essere consultate tramite visualizzazione dello stato della domanda e delle eventuali comunicazioni inserite dalla Sede competente.

Le istruzioni operative per la compilazione e l’invio delle domande sono disponibili nel Manuale presente nell’applicazione web.

3.  Cessione dei Crediti Enti Morali da parte delle aziende con dipendenti che operano con il sistema UniEmens 

Unitamente ai predetti modelli, nell’ambito delle iniziative volte a semplificare le modalità di trasmissione delle istanze all’Istituto, si è proceduto anche alla telematizzazione della comunicazione degli atti di Cessione dei Crediti degli Enti Morali disciplinati dall’art. 4, comma 12, della legge 30 dicembre 1991, n. 412.

Il modello è stato creato per consentire la comunicazione della cessione del credito vantato nei confronti dell’Amministrazione ceduta (nel caso più ricorrente le ASL) da parte di enti e istituzioni, non aventi fini di lucro, che erogano prestazioni di natura sanitaria direttamente o in regime di convenzione.

Il modello può essere utilizzato dalle aziende con dipendenti che operano con il sistema UniEmens e prevede la trasmissione di tutte le informazioni che consentono una più efficace gestione del procedimento amministrativo.

Il servizio è raggiungibile dal sito Internet dell’Istituto attraverso la sezione “Servizi on-line” > Servizi per le aziende e i consulenti (Menu Aziende), selezionando nel menu “Domanda Cessione Crediti Enti Morali”.

Il servizio consente, inoltre, la visualizzazione dei dati inseriti e la ricevuta di protocollo delle comunicazioni trasmesse.

Le istruzioni operative per la compilazione e l’invio del modello sono disponibili nel Manuale presente nell’applicazione web.

MediazioneTributaria: Sanzioni ridotte del 60% per liti inferiori a 20.000

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MediazioneTributaria: Sanzioni ridotte del 60% per liti inferiori a 20.000

Per i contenziosi  tributari  “minori”, ossia quelle liti di importo inferiore ad €. 20. 000, dal 1° aprile 2012 il contribuente non può presentare ricorso diretto alla commissione tributaria provinciale (ex primo grado) ma deve attenersi a quanto stabilito per il nuovo istituto della mediazione tributaria dall’articolo 39 comma nono della Legge 98/2011 con la previsione/introduzione  del nuovo articolo 17 – bis del D. Lgs 564/1992, Il quale prevede a seguito della notifica dell’atto da parte dell’amministrazione finanziaria della presentazione di una istanza di reclamo – mediazione.

Se la mediazione ha esito positivo il contribuente ottiene riduzione della sanzione del sessanta per cento.

Mediazione Tributaria: Sanzioni ridotte del 60% per liti di importo inferiore a 20. 000 euro

Per i contenziosi  tributari  “minori”, ossia quelle liti di importo inferiore ad €. 20. 000, dal 1° aprile 2012 il contribuente non può presentare ricorso diretto alla commissione tributaria provinciale (ex primo grado) ma deve attenersi a quanto stabilito per il nuovo istituto della mediazione tributaria dall’articolo 39 comma nono della Legge 98/2011 con la previsione/introduzione  del nuovo articolo 17 – bis del D. Lgs 564/1992, Il quale prevede a seguito della notifica dell’atto da parte dell’amministrazione finanziaria della presentazione di una istanza di reclamo – mediazione.

Se la mediazione ha esito positivo il contribuente ottiene riduzione della sanzione del sessanta per cento.

Il nuovo istituto – nella presente circolare convenzionalmente denominato mediazione tributaria – non determina, dunque, un più gravoso esercizio dell’azione in giudizio per il contribuente, dal momento che, come meglio si specificherà in seguito, in caso di mancata conclusione positiva della fase amministrativa della  mediazione, la  norma  considera l’azione giudiziaria già esercitata, richiedendo al contribuente, per l’attivazione  del   contenzioso, si tratta di uno strumento deflativo del contenzioso, con il quale si prevede la presentazione obbligatoria di un’istanza 1  che anticipa il contenuto del ricorso, nel senso che con essa il contribuente chiede l’annullamento totale o parziale dell’atto sulla base degli stessi motivi di fatto e di diritto che intenderebbe portare all’attenzione della Commissione tributaria provinciale nella eventuale fase giurisdizionale.

E’ in facoltà del contribuente inserire nell’istanza anche una proposta di mediazione.

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Circolare numero 42 del 21/03/2012

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Premessa

Con circolare n. 169 del 31. 12. 2010 sono state fornite le disposizioni attuative della determinazione del Presidente dell’Istituto n. 75 del 30 luglio 2010 “Estensione e potenziamento dei servizi telematici offerti dall’INPS ai cittadini” che prevede, a decorrere dal 1 gennaio 2011, l’utilizzo graduale del canale telematico per la presentazione delle principali domande di prestazioni/servizi.
Le decorrenze per la presentazione telematica in via esclusiva sono state successivamente stabilite con la determinazione n. 277 del 24 giugno 2011 “Istanze e Servizi INPS – Presentazione telematica in via esclusiva – Decorrenza”. Le relative disposizioni applicative sono state impartite con circolare n. 110 del 30 agosto 2011.
In relazione a quanto sopra, è stata attivata la modalità di presentazione telematica delle domande di trattamento per il rimpatrio dei lavoratori provenienti da paesi extracomunitari; tale modalità, entrerà 

Circolare numero 42 del 21/03/2012

D. L. N. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Determinazione presidenziale n. 75 del 30 luglio 2010 “Estensione e potenziamento dei servizi telematici offerti dall’INPS ai cittadini” e n. 277 del 24 giugno 2011 “Istanze e servizi – Presentazione telematica in via esclusiva – decorrenze”. Modalità di presentazione telematica della domanda di trattamento per il rimpatrio dei lavoratori provenienti da paesi extracomunitari.

Premessa

Con circolare n. 169 del 31. 12. 2010 sono state fornite le disposizioni attuative della determinazione del Presidente dell’Istituto n. 75 del 30 luglio 2010 “Estensione e potenziamento dei servizi telematici offerti dall’INPS ai cittadini” che prevede, a decorrere dal 1 gennaio 2011, l’utilizzo graduale del canale telematico per la presentazione delle principali domande di prestazioni/servizi.
Le decorrenze per la presentazione telematica in via esclusiva sono state successivamente stabilite con la determinazione n. 277 del 24 giugno 2011 “Istanze e Servizi INPS – Presentazione telematica in via esclusiva – Decorrenza”. Le relative disposizioni applicative sono state impartite con circolare n. 110 del 30 agosto 2011.
In relazione a quanto sopra, è stata attivata la modalità di presentazione telematica delle domande di trattamento per il rimpatrio dei lavoratori provenienti da paesi extracomunitari; tale modalità, entrerà in vigore in via esclusiva dal 1° maggio 2012, così come indicato al punto 5 della presente circolare e prevede l’utilizzo di uno dei seguenti canali:
•    WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN di autenticazione di tipo Dispositivo attraverso il portale dell’Istituto – servizi On-line –Servizi per il cittadino – Invio domande di prestazione a sostegno del reddito – Rimpatrio lavoratore extracomunitario;
•    Contact Center – attraverso il numero verde 803164;
•    Patronati – attraverso il servizio telematico offerto dagli stessi.
Al fine di informare i cittadini in ordine all’innovazione in discorso è previsto un periodo transitorio, di cui al comma 5, della presente circolare, durante il quale saranno comunque garantite le tradizionali modalità di presentazione della domanda.
Si forniscono di seguito istruzioni dettagliate inerenti l’invio telematico delle domande in oggetto, secondo le diverse modalità evidenziate in premessa.

1.            Presentazione della domanda tramite Web direttamente dal cittadino

La presentazione telematica delle domande di prestazione tramite WEB è consentita al Cittadino richiedente in possesso di Pin di autenticazione.
Per l’accesso al servizio è sempre richiesta l’autenticazione tramite PIN dispositivo (circolare n. 50 del 15 marzo 2011) rilasciato dall’Istituto, CNS (Carta Nazionale dei Servizi) rilasciata da una Pubblica Amministrazione ai sensi del DPR 117/04 o mediante altro dispositivo (smart card, chiavetta USB) contenente “certificato digitale di autenticazione personale” rilasciato da apposito ente certificatore rispondente agli standard definiti per la CNS.
Il servizio è disponibile sul sito internet dell’Istituto (www. Inps. It), nella sezione SERVIZI ONLINE dedicati al Cittadino, in particolare, bisogna selezionare la voce “Servizi per il cittadino”, quindi “Invio domande di prestazione a sostegno del reddito” e infine “Rimpatrio lavoratore extracomunitario”.
Dalla pagina informativa iniziale è possibile scaricare anche il manuale operativo per l’utilizzodel servizio.
All’interno del servizio, sono disponibili le seguenti funzionalità:
Informazioni: scheda informativa sulla prestazione (a chi spetta, requisiti, durata, adempimenti del lavoratore);
Inserimento domanda: servizio di compilazione della domanda ed invio telematico;
Consultazione domande: lista domande di Rimpatrio lavoratori extracomunitari, inviate dal Cittadino collegato.

1. 1        Acquisizione della domanda

Per l’acquisizione della domanda il richiedente dovrà compilare una serie di pannelli nei quali dovranno essere riportate le informazioni necessarie alla presentazione della domanda.
L’attività di compilazione della domanda è facilitata mediante la visualizzazione dei dati anagrafici del Cittadino richiedente, reperiti in automatico dagli archivi centrali.
Si precisa che eventuali variazioni dei suddetti dati inseriti dal cittadino, non vanno ad aggiornare le informazioni presenti nei suddetti archivi, ma sono legate alla sola domanda in esame.
Altri dati devono essere, invece, inseriti direttamente dal richiedente e confermati dallo stesso al temine dell’inserimento, al fine di fornire all’Istituto tutti gli elementi necessari per poter procedere all’istruttoria da parte delle Sedi.
L’iter di compilazione delle domande è descritto in modo dettagliato nei manuali accessibili dalle funzionalità del servizio.
La compilazione avviene in modalità guidata mediante l’utilizzo di menu a cascata che si popolano in base alla selezione precedente.
Una volta completata e confermata l’acquisizione, la domanda protocollata viene inviata in automatico alla sede competente per la lavorazione; in questa fase è possibile scaricare e stampare la ricevuta di presentazione.
La stessa viene, comunque, inviata in automatico dal servizio all’indirizzo e-mail inserito durante la fase di acquisizione della domanda.
Si precisa che il richiedente ha la possibilità di acquisire la domanda in modo parziale – completandone la compilazione in tempi successivi – ed inviarla all’INPS solo al momento della conferma finale; fino a detta conferma, infatti, la domanda è considerata ‘in bozza’. Si fa presente inoltre che ogni bozza sarà mantenuta dal sistema per 3 giorni.
     Sezione Inserimento domanda – Dettaglio Dati Anagrafici
Al momento dell’inserimento della domanda, all’utente in possesso di un PIN di tipo “online”, viene immediatamente chiesta l’attivazione di un PIN di tipo “dispositivo” attraverso un’apposita procedura di richiesta, richiamabile dal pulsante “Converti il tuo PIN”, seguendo le istruzioni in essa riportate.
Avviene la visualizzazione dei dati anagrafici del cittadino richiedente reperiti in automatico dagli archivi centrali.
     Sezione Indirizzo domanda/ Recapiti
Consente l’inserimento di un nuovo indirizzo.
L’utente può decidere se utilizzare l’indirizzo presente o inserirne un altro al quale poter ricevere informazioni in merito alla domanda che si sta compilando.
Prevede la comunicazione obbligatoria dell’indirizzo di posta elettronica e almeno un recapito telefonico.
Questi recapiti potranno essere utilizzati, da parte degli Operatori INPS che lavorano la domanda, per poter inviare delle eventuali comunicazioni al Cittadino richiedente.
La Sede competente alla trattazione della pratica è determinata dal sistema sulla base del Comune e del CAP definiti nell’indirizzo del Cittadino che può essere quello presente nell’archivio oppure quello digitato al momento della richiesta.
     Sezione Individuazione del soggetto da rimpatriare
Si tratta della funzione che consente la definizione della persona per la quale si sta inserendo la domanda (cioè il soggetto da rimpatriare):
   – Se stesso
   – Altra persona deceduta.
A seconda del check che viene selezionato si procede all’inserimento dei dati necessari.
Nel caso venga selezionata la seconda opzione (Altra persona deceduta) si accede alla ricerca sugli archivi centrali del lavoratore deceduto per il quale si chiede il rimpatrio.
Si accede quindi, per ognuna delle due scelte, alla funzione “Documenti del lavoratore rimpatriato” dove è necessario indicare le informazioni relative al passaporto ed al permesso di soggiorno del soggetto da rimpatriare.
     Sezione Dati Azienda
In questa sezione, attraverso l’inserimento della matricola dell’azienda, viene consentita la definizione dei dati lavorativi del soggetto per il quale si chiede il rimpatrio con la ricerca sull’archivio anagrafico delle aziende dell’Istituto.
Qualora non risultino i dati del datore di lavoro sugli archivi centrali, le relative informazioni dovranno essere imputate a mano.
     Sezione Dichiarazioni
In questa sezione è obbligatorio inserire le specifiche relative all’evento di rimpatrio (Paese di rimpatrio e mezzo di trasporto prescelto) e alcune dichiarazioni:
  a. Il conseguimento, nell’anno della richiesta del trattamento di rimpatrio, di un    reddito inferiore a quello necessario per l’ottenimento dell’assegno sociale;
 b. La dichiarazione della consapevolezza che le amministrazioni sono tenute a controllare la veridicità delle autocertificazioni incluse nella domanda;
 c. La dichiarazione che le notizie fornite corrispondono a verità;
d. La consapevolezza che le domande verranno accolte nei limiti della residua capienza del Fondo istituito presso l’NPS, con lo scopo di assicurare i mezzi economici necessari per il rimpatrio del lavoratore extracomunitario che ne sia privo, dall’art. 13 della legge n. 943 del 30 dicembre 1986, il cui contributo è stato soppresso dall’art. 45, comma 3 del decreto legislativo n. 286/98.
     Sezione Allegati alla domanda
In questa sezione sarà possibile inserire documentazione necessaria ai fini della liquidazione della prestazione richiesta.
     Sezione Informativa sul trattamento dei dati personali
In questa sezione l’utente è informato sul trattamento dei dati personali di cui all’art. 13 del d. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 recante “Codice in materia di protezione dei dati personali”.
     Sezione Riepilogo dei dati inseriti
Viene esposto un riepilogo delle informazioni acquisite nei pannelli precedenti, con evidenza dei dati anagrafici del richiedente, i dati del rimpatriato (se il rimpatriato è diverso dal richiedente) e i dati inerenti la situazione lavorativa del rimpatriato.
Il richiedente può quindi, abbandonare/eliminare la domanda con tutte le informazioni inserite, oppure scegliere l’opzione salvataggio della domanda “in bozza” (per poterla completare in un secondo momento) senza inviarla alla sede per la lavorazione oppure confermare la domanda che viene automaticamente protocollata ed inviata alla sede per la lavorazione.
Come già indicato nel punto 1. 1, dopo la conferma è possibile scaricare la ricevuta di presentazione della domanda protocollata, che viene anche inviata in automatico dal servizio all’indirizzo e-mail inserito durante la fase di acquisizione della domanda stessa.
     Sezione Consultazione Domanda – Lista
Evidenzia la lista delle domande di trattamento per il rimpatrio dei lavoratori provenienti da paesi extracomunitari presentate in precedenza dal cittadino richiedente, con evidenza delle informazioni principali. E’ possibile accedere al relativo dettaglio.
     Sezione Consultazione Domanda – Dettaglio domanda
Contiene il dettaglio delle informazioni (anagrafiche, lavorative, etc. ) legate alla domanda inoltrata dal richiedente.

2.            Presentazione della domanda tramite Contact Center

Il servizio di acquisizione delle domande di trattamento per il rimpatrio dei lavoratori provenienti da paesi extracomunitari è disponibile, telefonando al Numero Verde 803. 164, solo per gli utenti dotati di Pin.

3.            Presentazione della domanda tramite Patronati

Il cittadino può rivolgersi al Patronato che provvederà in modalità telematica all’invio delle domande di trattamento per il rimpatrio dei lavoratori provenienti da paesi extracomunitari secondo le modalità già in uso.

4.            Istruzioni per gli operatori di Sede

Per quanto riguarda le istruzioni procedurali, che devono seguire gli operatori di sede per la gestione delle pratiche pervenute tramite canale telematico, si rinvia a specifiche istruzioni che saranno comunicate tramite gli usuali canali di messaggistica interna all’Istituto.

5.            Periodo transitorio ed esclusività della presentazione telematica

Nella prima fase di attuazione del processo telematizzato è previsto un periodo transitorio, fino al 30 aprile 2012, durante il quale saranno garantite le consuete modalità di presentazione delle suddette richieste.

A decorrere dal 1° maggio 2012, tutte le richieste di “trattamento per il rimpatrio dei lavoratori provenienti da paesi extracomunitari” dovranno essere inoltrate esclusivamente attraverso i canali Web o Contact-Center o Patronato.

A tal fine si rende noto che il modulo Rimp1 – SR87, per il trattamento per il rimpatrio dei lavoratori provenienti da paesi, è pubblicato sul sito dell’Istituto nella versione sia compilabile che scaricabile.

Cass. sez. lav. 7 marzo 2012, n. 3547

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Cassazione sezione lavoro del 7 marzo 2012, n. 3547: La incapacità/capacità di rendere la prestazione lavorativa del dirigente deve essere valutata rispetto al grado di impegno decisionale richiesto per le specifiche elevate responsabilità affidatagli. Pertanto, deve ragionevolmente opinarsi, avuto riguardo alle funzioni del dirigente, che, in assenza di specifiche prospettazioni contrarie da parte del datore di lavoro, lo stato ansioso depressivo reattivo diagnosticato a quest’ultimo lo ponga effettivamente in condizione di non poter rendere la sua prestazione, essendo questa incompatibile con la terapia di riposo psichico coerente con la specifica affezione.  

Cass. Sez. Lav. 7 marzo 2012, n. 3547   La incapacità/capacità di rendere la prestazione lavorativa del dirigente deve essere valutata rispetto al grado di impegno decisionale richiesto per le specifiche elevate responsabilità affidatagli. Pertanto, deve ragionevolmente opinarsi, avuto riguardo alle funzioni del dirigente, che, in assenza di specifiche prospettazioni contrarie da parte del datore di lavoro, lo stato ansioso depressivo reattivo diagnosticato a quest’ultimo lo ponga effettivamente in condizione di non poter rendere la sua prestazione, essendo questa incompatibile con la terapia di riposo psichico coerente con la specifica affezione.

  Il fatto    Un dirigente veniva licenziato per giustificato motivo oggettivo connesso ad una riorganizzazione  interna all’impresa, che aveva comportato la soppressione dell’area di sua responsabilità.      Il dirigente contestando l’esistenza del giustificato motivo oggettivo addotto dalla società e sostenendo di essere stato licenziato in costanza dello stato di malattia adiva il Tribunale di Roma per richiedere la nullità del licenziamento, in quanto discriminatorio, la conseguente reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno.  Il datore di lavoro si costitutiva in giudizio, contestando tutte le domande del ricorrente, oltre a depositare opposizione a due decreti ingiuntivi relativi al pagamento delle retribuzioni del periodo dedotto in malattia e decorrente dal giorno anteriore alla consegna della comunicazione di licenziamento, che il dirigente medio tempore aveva ottenuto.
 Il Tribunale di Roma se, da un lato, confermava la debenza delle retribuzioni maturate nel corso della malattia, dall’altro dichiarava la legittimità del licenziamento in quanto «giustificato da precise scelte organizzative e non già dettato da intenti ritorsivi o discriminatori».   Avverso tale decisione, il dirigente adiva la Corte d’Appello di Roma richiedendo l’integrale accoglimento delle domande formulate nel giudizio di primo grado.    Anche la società interveniva con un autonomo appello instando, in parziale riforma della sentenza, per la restituzione delle somme medio tempore pagate al dirigente.    La Corte d’Appello di Roma rigettava il ricorso del dirigente, confermando la liceità del licenziamento, mentre accoglieva il ricorso proposto dalla datrice di lavoro, condannando il dirigente alla restituzioni degli importi percepiti.

 Avverso tale pronuncia ricorreva il dirigente con due motivazioni e resisteva il datore di lavoro con controricorso, proponendo ricorso incidentale fondato su due motivazioni.   I motivi della decisione   Con riguardo al primo motivo di censura del ricorso, ed inerente alla legittimità della riorganizzazione attuata e del conseguente provvedimento espulsivo, la Suprema Corte aderiva alla decisione della Corte d’Appello, confermando la legittimità del licenziamento intimato. In particolare, osservava che, già in primo grado, l’istruttoria condotta dal Tribunale di Roma aveva consentito di accertare l’effettiva riorganizzazione aziendale in atto e, nello specifico, lo scorporo dell’area di responsabilità del dirigente.

 Con il secondo motivo del ricorso principale, il dirigente, muovendo dal presupposto che la motivazione a sostegno del licenziamento fosse insussistente, ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse erroneamente concluso per la debenza dell’indennità supplementare solo nell’ipotesi in cui non venisse addotta alcuna giustificazione al licenziamento e non anche nell’ipotesi in cui la giustificazione fornita dal datore di lavoro fosse infondata.
    La Cassazione ha ritenuto inammissibile il quesito, in quanto posto in violazione del principio di inerenza alla motivazione della sentenza impugnata. Infatti, così formulata, la domanda presupporrebbe che la Corte territoriale avesse riscontrato l’insussistenza della motivazione del licenziamento, cosa che, al contrario, non è avvenuta, avendo il Giudice del gravame non solo accertato l’esistenza della motivazione del recesso, ma altresì la sua legittimità. Quanto ai due motivi del ricorso incidentale, il primo riguardante il momento di efficacia del licenziamento, atteso il rifiuto del dirigente di firmare e ricevere la lettera di recesso ed il secondo concernente la veridicità dello stato di malattia, considerata la loro stretta relazione, venivano trattati congiuntamente.      La Suprema Corte, ribadito il proprio granitico orientamento sull’obbligo del lavoratore di ricevere le comunicazioni sul posto di lavoro (Cass. 5 giugno 2001, n. 7620 e Cass. 12 novembre 1999, n. 12571), ha osservato come il comportamento del dirigente, piuttosto che costituire un vero e proprio rifiuto di ricevere la lettera di licenziamento, manifestasse la sua proposta di formalizzare un possibile accordo per una risoluzione consensuale ed incentivata il giorno successivo, come alternativa alla ricezione del recesso.   Secondo la Suprema Corte, qualora la Società avesse voluto dimostrare che il licenziamento si fosse perfezionato nel momento di consegna della lettera, avrebbe dovuto: i) dimostrare l’articolato raggiro sotteso al presunto stato di malattia del dirigente, ii) dedurre prova circa l’inesistenza e la falsità dello stato di malattia o perlomeno, iii) contestare le certificazioni mediche prodotte dal dirigente, che attestavano come il dirigente fosse affetto da uno stato ansioso depressivo reattivo con necessità di riposo e cure. Niente di tutto questo è avvenuto. Invero, la pronuncia in questione sottolinea come la società non abbia mai neppure allegato fatti che, anche indirettamente, potessero far ritenere la inesistenza della malattia del dirigente. Peraltro, sottolinea la Cassazione, lo stato ansioso depressivo reattivo con necessità di riposo e cure diagnosticato al dirigente e risultante dalla certificazione medica prodotta, ha quali cause scatenanti tipiche, appunto, la perdita dellavoro e il pensionamento e, pertanto, appare assolutamente compatibile con la notizia del licenziamento.
   A ciò si aggiunga che gli Ermellini hanno evidenziato, proprio sulla base della peculiare posizione dirigenziale al vertice dell’impresa e del suo obbligo rafforzato di bene operare nell’interesse obiettivo della medesima, come lo stato ansioso depressivo, sia tale da porre il dirigente in condizione di non poter rendere le prestazioni richieste e di non poter sostenere il grado di responsabilità insito nella sua posizione apicale. Difatti la pronuncia in commento chiarisce come la valutazione della incapacità/capacità di rendere la prestazione deve essere correlata all’elevato grado di impegno decisionale richiesto ad un dirigente per le specifiche responsabilità che gli competono e per l’importante grado di autonomia riconosciutogli, risultando chiaramente incompatibile con questo elevato impegno lo stato di salute ansioso depressivo del dirigente e il riposo psichico prescritto.     I precedenti giurisprudenziali   La valutazione circa la giustificatezza del licenziamento del dirigente deve essere operata, come noto, sulla base di criteri non completamente corrispondenti con quelli previsti per le altre categorie di lavoratori. La ratio legis, che giustifica l’esclusione dei dirigenti dall’area di applicabilità della legge 15 luglio 1966, n. 604 risulta già dai lavori preparatori, secondo cui «l’esclusione dei dirigenti dal campo di applicazione della nuova normativa si fonda sulla considerazione che il rapporto di lavoro di tale categoria abbia garanzie e caratteristiche tali da renderlo essenzialmente diverso dai normali contratti in materia di lavoro. Il concetto di «giustificatezza» del licenziamento del dirigente non coincide con quello di giusta causa o giustificato motivo, potendo ricomprendere qualsiasi motivo, apprezzabile sul piano del diritto, fino alla «semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante, o una importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro, o un comportamento extralavorativo incidente sull’immagine aziendale possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura del rapporto fiduciario e quindi giustificarne il licenziamento » (Cass. 11 giugno 2008, n. 15496). Tanto più se si considera che il dirigente «gode di uno status particolare; ha un’autonomia ed una discrezionalità nelle decisioni, ha un potere decisionale e rappresentativo idoneo ad influenzare l’andamento e la vita dell’azienda o del settore cui è preposto, tanto al suo interno quanto nei rapporti con i terzi, il che ne fa un vero e proprio alter ego dell’imprenditore di cui, inoltre, deve godere sempre la piena fiducia» (Corte Cost. 1° luglio 1992, n. 309), non deve stupire se la giustificatezza ricomprenda nel suo alveo come movente del recesso datoriale persino una «mancanza» del dirigente, incentrata su circostanze o accadimenti, che alcun peso assumerebbero, se addotti quali motivi a sostegno di un eventuale recesso datoriale per le altre categorie di lavoratori. Detto ciò, risulta chiaro che il licenziamento del dirigente, quando è sostenuto da una motivazione lecita e obiettivamente verificabile, deve ritenersi giustificato anche ai sensi del contratto collettivo, risultando ingiustificato, solo nell’ipotesi in cui il datore di lavoro eserciti il diritto di recesso in maniera del tutto arbitraria, per motivi pretestuosi o non corrispondenti alla realtà, violando il principio fondamentale di buona fede che presiede all’esecuzione dei contratti ex art. 1375 c. C. (Trib. Milano 22. 11. 07) e con il fine ultimo (lungi dal perseguire il legittimo esercizio di un potere riservato al datore di lavoro) di liberarsi della persona del dirigente (Cass. 22 ottobre 2010, n. 21748 e Cass. 26. 7. 06, n. 17013).

   Considerazioni conclusive  La Suprema Corte con la sentenza 7 marzo 2012, n. 3547 in commento, oltre a confermare la decisione dei primi due gradi di giudizio nel senso della legittimità del licenziamento, partendo dalla analisi dei connotati propri del ruolo dirigenziale, ha anche statuito che la sindrome ansioso depressiva patita del dirigente, nonché il periodo di riposo prescritto dai medici, risultano del tutto incompatibili con la posizione verticistica ricoperta vero e proprio alter ego dell’imprenditore caratterizzata dall’ampiezza del potere gestorio, dalla posizione di sostanziale autonomia e tale da influenzare l’andamento dell’attività aziendale e pertanto giustifica l’astensione dal lavoro.   

Pasqua a Porto Ercole – Toscana

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L’albergo a 5 stelle a Porto Ercole è circondato da boschi di sugheri e ulivi centenari della Maremma Toscana, dimora di lepri, daini, scoiattoli, cinghiali e una varietà di specie di uccelli. Per chi ama lo sport all’aperto, il resort offre tre campi da tennis, un campo da calcetto e percorsi di jogging.

Pasqua a Porto Ercole – Toscana

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La filosofia dell’Argentario 5* Golf Resort & Spa, membro del gruppo Design Hotels™,  è nata dalla ricerca del benessere nel rispetto dell’ambiente: tutto si sviluppa intorno a questi concetti.  

Il resort di lusso include 73 sistemazioni con un’incredibile vista sul campo da golf, sul paesaggio del Monte Argentario o sulla Laguna di Orbetello. Ogni camera di design è dotata di una terrazza e delle ultime tecnologie, ed è frutto di una meticolosa ricerca di materiali ed arredi.

L’albergo a 5 stelle a Porto Ercole è circondato da boschi di sugheri e ulivi centenari della Maremma Toscana, dimora di lepri, daini, scoiattoli, cinghiali e una varietà di specie di uccelli. Per chi ama lo sport all’aperto, il resort offre tre campi da tennis, un campo da calcetto e percorsi di jogging.

La location panoramica e l’eleganza della struttura di lusso creano il luogo ideale non solo per un matrimonio da favola, ma anche per condurrebusiness meeting e conferenze in un ambiente rilassante.

  Il pacchetto di Pasqua include:

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– Colazione a buffet con prodotti tipici toscani

– 1 buffet lunch per 2 persone (bevande escluse)

– Sorpresa di Pasqua all’arrivo

– Ingresso giornaliero al centro benessere Espace che include: sauna finlandese e biosauna con cromoterapia, bagno turco aromatico, docce emozionali, vasca salata con talassoterapia, percorso kneipp, fitness center, piscine interne ed esterne, campi di tennis, campo calcetto, campo pratica di golf, corsi fitness (acquagym, yoga, bosu, spinning)

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10% di sconto sui trattamenti
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Coiffeur su richiesta

– Caccia alle uova nel parco per i bambini

– Internet Wi-Fi 

– Parcheggio coperto e scoperto

Tariffe:
€ 1050 – 3 notti in camera doppia uso singolo (per 1 persona)
€ 1200 – 3 notti in camera doppia (per 2 persone)
Ogni notte aggiuntiva € 280,00 a notte a camera

Validità: soggiorno minimo di 3 notti per arrivi dal 5 al 7 aprile

Supplemento 3° persona per 3 notti:
– bambini da 0 a 2 anni compiuti in camera con i genitori € 90,00
– bambini da 3 a 11 anni compiuti in camera con  i genitori € 150,00 (1 lunch incluso)
– da 12 anni e adulti € 210,00  (1 lunch incluso)

Condizioni:
– le tariffe includono l’iva
– questa offerta speciale è riservata ad un numero limitato di camere, secondo la disponibilità del resort e non è applicabile a prenotazioni già esistenti

Informazioni e prenotazioni info@atmospheraitalia. Aitmitaliaservices. Com

Rimanze di magazzino, differenze di valore dovute a cause non imputabili al contribuente

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Rimanze di magazzino, differenze di valore dovute a cause non imputabili al contribuente

Con la circolare n. 31/E del 2/10/2006, l’Agenzia delle entrate è intervenuta sulla questione delle differenze inventariali. La circolare evidenzia che tali differenze “non necessariamente sono riconducibili a fenomeni di evasione di imposta, ma si generano anche in modo fisiologico in relazione alla ordinaria dinamica gestionale di un magazzino”. Ciò detto, in sede di verifica fiscale, è necessaria un’attenta valutazione, in particolare quando ci si trovi di fronte a “differenze inventariali” rilevate dallo stesso contribuente

Circolare N. 31/E

Direzione Centrale Normativa e Contenzioso Roma, 02 ottobre 2006  Direzione Centrale Accertamento

Oggetto

Presunzioni di cessione e acquisto a seguito della rilevazione di differenze inventariali delle aziende di grande distribuzione.

Premessa

A seguito dell’attività di accertamento posta in essere nei confronti di operatori commerciali soprattutto del settore della grande distribuzione, sono state  evidenziate  alcune  problematiche  in  ordine  alla  corretta  interpretazione delle disposizioni del d. P. R. 10 novembre 1997, n. 441, recante norme per il riordino della disciplina delle presunzioni di cessione e di acquisto.

La presente circolare è finalizzata all’individuazione delle corrette soluzioni interpretative alle menzionate questioni oltre che alla predisposizione di indirizzi operativi per gli organi verificatori.

Presunzioni di cessione e di acquisto

Ai sensi delle disposizioni del d. P. R. N. 441 del 1997, si presumono ceduti (articolo 1) i beni “acquistati, importati o prodotti” non rinvenuti presso i locali in cui il contribuente “svolge le proprie operazioni” o presso quelli dei suoi rappresentanti, mentre si presumono acquistati (articolo 3), all’opposto, i suddetti beni rinvenuti nei medesimi locali.

L’operatività delle presunzioni di cessione e di acquisto, conseguenti alla rilevazione fisica dei beni, è limitata al periodo d’imposta in corso al momento dell’accesso (art. 4, comma 1).   Ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del medesimo d. P. R. , le eventuali differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le consistenze delle rimanenze registrate e le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino di cui all’art. 14, primo comma, lettera d), del d. P. R. 29 settembre 1973, n. 600, o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta (c. D. Differenze inventariali), costituiscono presunzione di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo.

Le citate disposizioni operano come presunzioni nel senso che, in deroga al principio fissato dall’art. 2697 del codice civile secondo cui chi vuol far valere un diritto deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, l’amministrazione in sede di accertamento deve solo provare il fatto indicato dalla norma (gli ammanchi di beni a seguito di riscontro fisico ovvero le “differenze quantitative” tra consistenza delle rimanenze registrate e scritture obbligatorie di magazzino o documentazione obbligatoria). Dal canto suo il contribuente, per superare dette presunzioni, dovrà provare, secondo le modalità stabilite dagli articoli 2 e 3 del d. P. R. N. 441 del 1997, che la giacenza o la mancata giacenza dipende dal verificarsi di fatti diversi dall’acquisto e/o dalla cessione.

Problematica inerente alle differenze inventariali rilevate presso gli operatori tenuti alla contabilità di magazzino.

L’art. 14, primo comma, lettera d), del d. P. R. N. 600 del 1973, prevede l’obbligo di tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino “dirette a seguire le variazioni intervenute tra le consistenze negli inventari annuali”. Nelle predette scritture sono “registrate le quantità entrate ed uscite delle merci (…)”.   Inoltre, il citato art. 14, primo comma, lettera d) e l’art. 39, secondo comma lett. D), del medesimo d. P. R. Prevedono, rispettivamente:  –    la possibilità di annotare “anche alla fine del periodo d’imposta, i cali e le altre  variazioni  di  quantità  che  determinano  scostamenti  tra  le  giacenze fisiche effettive e quelle desumibili dalle scritture di carico e scarico”;  –    la regolarità delle scritture ausiliarie di magazzino nel caso in cui “gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantità annotate nel carico o nello scarico ai sensi della lettera d) del primo comma dell’art. 14”.

Nella prassi operativa delle imprese vengono effettuate – con cadenza solitamente annuale, ma talvolta anche semestrale o trimestrale – operazioni di “rettifica” del magazzino, finalizzate all’adeguamento del magazzino contabile a quello effettivo.

Le stesse imprese individuano più di una causa da cui scaturiscono le differenze inventariali che portano a tali rettifiche:

–    cali fisici o di lavorazione delle merci

–    erroneo utilizzo dei codici identificativi nel carico/scarico delle merci;

–    furti;

–    distruzioni accidentali.

è di tutta evidenza che le differenze inventariali non necessariamente sono riconducibili a fenomeni di evasione di imposta, ma si generano anche in modo fisiologico in relazione alla ordinaria dinamica gestionale di un magazzino.

Alla luce di quanto appena evidenziato, quindi, in sede di verifica fiscale appare necessaria un’attenta valutazione del richiamo dell’art. 4, comma 2, del d. P. R. N. 441 del 1997, in ordine alla presunzione di acquisti non documentati (differenze positive) o vendite non fatturate (differenze negative) allorquando ci si trovi di fronte a “differenze inventariali” rilevate dallo stesso contribuente nella contabilità obbligatoria di magazzino.

In tali casi, il verificatore è sempre chiamato ad una analisi complessiva della posizione economica, patrimoniale e gestionale dell’azienda controllata.

Conseguentemente, se nel corso del controllo dovessero riscontrarsi le rettifiche contabili sopra descritte, sarà cura del verificatore non limitarsi alla ripresa a tassazione sic et simpliciter degli importi corrispondenti al valore delle predette differenze, ma esaminare il processo di formazione delle stesse e la loro natura fisiologica o patologica in relazione all’attività in concreto svolta dall’impresa  e  in  relazione  agli  elementi ed  alle  informazioni  eventualmente forniti dal contribuente.

A titolo di esempio, potranno assumere rilievo ai fini di cui sopra:

–  le caratteristiche gestionali e le peculiarità del processo produttivo e/o commerciale;  –    il trend delle differenze inventariali rilevate nell’arco dell’ultimo triennio;

–    il trend degli investimenti effettuati dall’azienda, finalizzati all’adozione di misure organizzative e strumenti per il contenimento e la prevenzione delle cause di formazione delle differenze inventariali;

–    il rapporto costi/benefici nell’adozione di misure atte a eliminare totalmente le differenze inventariali;  –    la rilevazione di differenze inventariali – per lo stesso periodo d’imposta ovvero di rilevazione delle giacenze – sia di segno negativo che positivo, ipoteticamente compensabili a livello di categoria merceologica di prodotti;

–    la  scarsa  plausibilità  della  vendita  “al  nero”  delle  merci  costituenti  le differenze inventariali riscontrate (in particolare se le differenze si riferiscono a materie prime utilizzate nel processo produttivo o a beni merce di scarso valore unitario e di elevata consistenza numerica);

–    valori  delle  differenze  inventariali  percentualmente  non  significativi  in rapporto al volume d’affari o alla consistenza media del magazzino, da valutare sempre in stretta connessione con la tipologia di attività svolta e la localizzazione territoriale dell’azienda.

Da quanto sopra esposto discende che, nel redigere il processo verbale di constatazione ed i conseguenti avvisi d’accertamento, il verificatore e il funzionario dell’Ufficio dovranno tenere conto delle valutazioni appena descritte.

Non operatività della presunzione di cessione

L’art. 2 del d. P. R. N. 441 del 1997 prevede al comma 3 che la perdita di beni dovuta ad eventi fortuiti, accidentali o comunque indipendenti dalla volontà del contribuente è provata da idonea documentazione fornita da un organo della Pubblica Amministrazione (ad esempio, provvedimento di sequestro amministrativo/giudiziario o anche un verbale di accertamento della distruzione dei  beni  redatto  da  parte  dei  Vigili  del  fuoco)  o,  in  mancanza,  da  una dichiarazione sostitutiva di atto notorio – da rendersi entro trenta giorni dal verificarsi dell’evento o dalla data in cui se ne ha conoscenza – dalle quali risulti il valore complessivo dei beni mancanti, salvo l’obbligo di fornire, a richiesta dell’Amministrazione finanziaria, i criteri e gli elementi in base ai quali detto valore è stato determinato.

In particolare, al fine di garantire maggiore trasparenza circa le modalità di  determinazione  delle  differenze  inventariali,  alla  dichiarazione  sostitutiva dovrà essere tempestivamente associata una relazione che specifichi il calcolo delle differenze medesime e la loro distribuzione distinta per tipologia fenomenologica (es. Furto, cali, deperimento, distruzione accidentale, mancata rettifica delle distinte base delle materie prime nel corso della fase di produzione di un bene, errore nella conta fisica delle materie prime di piccolissime dimensioni, ecc. ).

La menzionata dichiarazione sostitutiva potrà essere ulteriormente documentata quindi attraverso l’allegazione di:

1.   verbali di ricognizione con i quali si procede ad un riscontro continuo e periodico delle differenze inventariali;

2.   elementi in merito alle misure di sicurezza adottate per il contenimento di furti che comportino una perdita involontaria dei beni;

3.   elementi che attestino la propensione e la tendenza dell’azienda a migliorare i propri processi interni al fine di ridurre e limitare il più possibile i fenomeni che portano alla formazione di differenze inventariali, le quali non hanno una rilevanza solo fiscale, ma anche e significativamente un impatto importante sulla gestione economica e finanziaria della stessa azienda.

Infine per essere valida ai fini della norma in esame, la dichiarazione sostitutiva dovrà essere redatta in conformità alla disciplina del d. P. R. 28 dicembre 2000, n 445, (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa).   Al riguardo si richiama il contenuto della circolare n. 6 del 25 gennaio 2002,  paragrafo   18,  laddove   è   specificato  che   “La   norma   dispone   che l’autocertificazione sia resa entro trenta giorni dal momento in cui si è verificato l’evento, ovvero da quello in cui il contribuente ne ha avuto conoscenza. Ciò non significa  che  entro  tale  termine  la  dichiarazione  in  questione  debba  essere prodotta all’Ufficio locale dell’Agenzia delle entrate, essendo a tal fine sufficiente che la stessa sia resa, ossia sottoscritta, – con le modalità previste dall’art. 38 del citato d. P. R. N. 445 del 2000 – entro il termine prescritto e, se richiesta, esibita agli organi di controllo dell’Amministrazione finanziaria”.

Il contribuente è comunque tenuto a predisporre il documento entro il termine prescritto (30 giorni), in modo da renderlo immediatamente disponibile ai verificatori al momento del controllo.

 Problematica inerente alle differenze inventariali rilevate presso gli operatori della grande distribuzione

L’art. 14, primo comma, lettera d), del d. P. R. N. 600 del 1973, prevede che per le attività elencate ai numeri 1 e 2 dell’art. 22, primo comma, del d. P. R. 26 ottobre 1972, n. 633 – tra cui le attività di cessione di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico – la tenuta della contabilità di magazzino è obbligatoria solo per i movimenti di carico e scarico dei magazzini interni centralizzati che forniscono due o più negozi o altre unità periferiche, escludendo, quindi, da tale obbligo tutti gli altri depositi.   Le aziende della grande distribuzione, quindi, non sono obbligate alla tenuta della contabilità di magazzino per i depositi dei singoli punti vendita che non fungono anche da “magazzini interni centralizzati”.

Per quanto attiene la rilevazione delle “differenze inventariali” relative all’attività di commercio al dettaglio, le aziende della grande distribuzione utilizzano per finalità gestionali, con riguardo alle movimentazioni di merce nei magazzini dei punti vendita, scritture interne comunemente denominate “schede conto consegnatario” che, generalmente, si basano sul cosiddetto “metodo del dettaglio”.

Tale metodo si fonda su specifiche rilevazioni dei movimenti delle merci, operate dalla sede centrale e dalle filiali: le merci vengono raggruppate in base alla categoria merceologica ed alla percentuale di ricarico sul prezzo di vendita (mark-up); i movimenti di magazzino vengono, in genere, rilevati per valore e non per quantità.

Il metodo si basa sul prezzo di acquisto e di vendita dei beni e funziona indipendentemente dall’inventario fisico delle scorte. Infatti, le differenze inventariali che vengono rilevate rappresentano, in genere, lo scostamento tra il valore dell’incasso teorico e quello dell’incasso effettivo, e non lo scostamento tra quantità entrate, da una parte, e quantità uscite, più consistenze, dall’altra.

Le c. D. “schede conto consegnatario” tenute dalle aziende della grande distribuzione in relazione ai depositi relativi ai singoli punti vendita non sono assimilabili, ai fini dell’operatività delle disposizioni del d. P. R. N. 441 del 1997, alle scritture obbligatorie di magazzino di cui al primo comma, lettera d), dell’art. 14 d. P. R. 600 del 1973, atteso che si tratta di rilevazioni effettuate per finalità gestionali – e non per obbligo di legge – e che non riguardano necessariamente le quantità entrate ed uscite delle merci.

Alla stregua di quanto specificato in precedenza, anche e soprattutto in sede di verifica fiscale nei confronti di soggetti non obbligati alla tenuta della contabilità di magazzino, appare necessaria un’attenta valutazione delle “differenze inventariali” rilevate dallo stesso contribuente.

A maggior ragione in tali casi, in cui – si ribadisce – non si può ritenere operante la presunzione di cessione disposta dall’art. 4, comma 2, del d. P. R. N. 441 del 1997, trattandosi di differenze non evidenziate nelle scritture obbligatorie di magazzino, il verificatore è sempre chiamato ad una analisi complessiva della posizione economica, patrimoniale e gestionale dell’azienda controllata, come sopra specificato.

Se nel corso del controllo, quindi, dovessero riscontrarsi le rettifiche contabili sopra descritte, sarà cura del verificatore non limitarsi alla ripresa a tassazione sic et simpliciter degli importi corrispondenti al valore delle predette differenze, ma esaminare il processo di formazione delle stesse e la loro natura fisiologica o patologica in relazione all’attività in concreto svolta dall’impresa e in relazione agli elementi ed alle informazioni forniti dal contribuente.

Ciò non significa, ovviamente, che detta contabilità (non obbligatoria) non possa essere oggetto di ispezione ai fini fiscali e che sulle sue rilevazioni possa essere basato un accertamento, sia ai fini dell’I. V. A. Che delle imposte dirette, allorquando i verificatori riescano a desumere – avvalendosi anche di ulteriori riscontri documentali (si citano, a titolo esemplificativo, le risultanze dei controlli incrociati e/o di questionari) e/o presunzioni (si pensi, ad esempio, all’eventualità in cui, all’atto dell’accesso, vengano rilevati esuberi di cassa rispetto alle risultanze delle scritture contabili obbligatorie) – l’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati.

Le conclusioni raggiunte sul piano dell’analisi normativa, in definitiva, comportano importanti conseguenze anche sul piano del modus operandi da seguire in fase di controllo nel caso in cui siano riscontrate differenze inventariali rilevate dallo stesso contribuente.

In particolare:

a.   occorre escludere l’operatività delle presunzioni di cessione di cui all’art. 4, comma 2, del d. P. R. N. 441 del 1997, ed in particolare l’automatismo dell’inversione dell’onere della prova. La rilevazione delle suddette discrasie inventariali non potrà, quindi, fondare l’accertamento tutte le volte in cui, sulla base delle concrete circostanze del caso, risulti più probabile che le differenze stesse siano imputabili a fattori diversi rispetto alla vendita “in nero” della merce mancante.

A questo proposito, si deve notare che di norma le aziende della grande distribuzione, stante il sistema di certificazione dei corrispettivi realizzato attraverso l’emissione di scontrini fiscali o con la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dell’ammontare complessivo dei corrispettivi, adottano procedure amministrative ed organizzative rigorose, nel rispetto delle quali appare poco probabile l’effettuazione di vendite “in nero”. Soprattutto in questi casi, quindi, la dimostrazione che alle differenze inventariali corrisponde effettivamente una cessione dei beni in evasione d’imposta dovrà essere suffragata da ulteriori elementi probatori;

b.   la prova contraria rispetto alla vendita “in nero” da parte del contribuente non è vincolata alle procedure previste dal d. P. R. N. 441/97, ma potrà essere costituita da qualunque dato (anche di ordine presuntivo) idoneo a contrastare l’iter argomentativo dei verificatori.

La prova dovrà comunque essere significativa in relazione alla presunzione da vincere, per cui, mentre non vi sono limiti oggettivi per quella relativa ai fatti materiali (quali sono quelli che qui interessano), la prova relativa all’esistenza di contratti deve essere data nelle idonee forme documentali.

Conclusioni

Si richiama l’attenzione delle Direzioni regionali e degli Uffici locali sugli indirizzi contenuti nella presente circolare in particolare nell’ambito dell’attività di controllo.

Tali indirizzi possono così essere sintetizzati:

a.   è conforme alle disposizioni del d. P. R. N. 441 del 1997 l’elevazione di rilievi fondati  sulla  presunzione  di  cessione  o  di  acquisto  di  beni  dei  quali  sia emersa, in sede di inventario fisico, rispettivamente, l’assenza o la presenza in misura difforme da quella emergente dalla contabilità dell’impresa;

b.   nei casi in cui gli ammanchi o gli esuberi di merce risultino dal confronto tra contabilità di magazzino obbligatoria ai fini fiscali (art. 14, primo comma, lett. D), del d. P. R. N. 600 del 1973) e le giacenze di magazzino, le differenze inventariali  costituiscono  presunzione  di  cessione  o  di  acquisto  ai  sensi dell’art. 4, comma 2, del d. P. R. N. 441 del 1997.

In tal caso, le dichiarazioni sostitutive di atto notorio di cui al comma 3 dell’art. 2, prodotte dal contribuente per vincere le medesime presunzioni, dovranno essere tempestivamente associate – nel caso di richiesta da parte degli organi verificatori – da relazioni che specifichino il calcolo delle differenze inventariali e la loro distribuzione distintamente per tipologia fenomenologica (es. Furto, cali, deperimento, distruzione accidentale, mancata rettifica delle distinte base delle materie prime nel corso della fase di produzione di un bene, ecc. ).

c.   nei casi in cui gli ammanchi o gli esuberi risultino da contabilità di magazzino non obbligatoria ai fini fiscali (ad esempio dalle c. D. “schede conto consegnatario”), il contribuente – trattandosi di fattispecie non riconducibile all’ambito di applicazione del d. P. R. N. 441 del 1997 – non è vincolato alle procedure ivi previste (denuncia, dichiarazione sostitutiva di atto notorio) per superare  le  presunzioni  dei  verificatori,  ma  può  fornire  qualunque  altro elemento  (anche  di  ordine  presuntivo)  idoneo  a  vincere  gli  esiti  della ricostruzione delle cessioni e/o degli acquisti;

d.   in  entrambi  i  casi  predetti  –  ma  in particolar  modo  nel  caso  sub  c)  –  i verificatori non dovranno limitarsi al recupero a tassazione sic et simpliciter delle differenze inventariali rilevate dal contribuente e riscontrabili dalla documentazione, obbligatoria o meno, da esso tenuta, ma dovranno valutare tali incongruenze contabili nell’ambito di una analisi generale dell’intera posizione del soggetto, della credibilità degli elementi comunque forniti da quest’ultimo a giustificazione delle differenze inventariali rilevate, delle caratteristiche gestionali e delle peculiarità del processo produttivo e/o commerciale dell’impresa controllata;

e.   in un contesto operativo così strutturato, i rilievi dei verificatori, anche ove fondati sulle presunzioni disciplinate dalle norme del d. P. R. N. 441 del 1997, specificamente preordinate all’esercizio dell’attività di controllo e di accertamento  dell’imposta  sul  valore  aggiunto,  si  rifletteranno necessariamente  ai  fini  dell’accertamento  delle  imposte  dirette  ai  sensi dell’art. 39, primo comma, lettera d), del d. P. R. N. 600 del 1973.

Al riguardo, si ricorda che la portata applicativa del d. P. R. N. 441 del 1997 è stata chiarita con la circolare n. 193/E del 23 luglio 1998.

In particolare, in tale documento di prassi è chiarito che “le presunzioni in argomento, specificamente preordinate all’esercizio dell’attività di controllo e di accertamento dell’imposta sul valore aggiunto, e più precisamente quelle di cessione, non possono non riflettersi, quanto ai loro effetti, anche nel campo dell’imposizione diretta, quantomeno nella forma di presunzioni semplici”.

Nuove compensazioni IVA con tetto euro 5.000 dal primo aprile 2012

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Nuove compensazioni IVA con tetto euro 5.000 dal primo aprile 2012

L’articolo 8, commi 18 e 19, del D. L. N. 16/2012 (c. D. “Decreto semplificazioni fiscali”) nell’ottica di combattere l’evasione fiscale, ha abbassato ulteriormente da euro 10. 000 ad euro  5. 000 annui la soglia di credito Iva a partire dalla quale è necessario presentare la dichiarazione Iva prima di poter procedere alla compensazione del credito. Contemporaneamente, ha adeguato a tale soglia anche la modalità per effettuare la compensazione del credito. Se, infatti, il credito è superiore ad euro 5. 000, la compensazione deve avvenire esclusivamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate.

L’Agenzia delle Entrate con un comunicato stampa del 13 marzo ha reso noto che le nuove regole sull’utilizzo dei crediti Iva introdotte dal richiamato Decreto semplificazioni si applicano dal 1° aprile 2012.

Fino al 31 marzo 2012, i contribuenti potranno continuare a compensare il credito Iva, fino al limite di 10 mila euro annui, senza aver necessariamente già presentato la dichiarazione o l’istanza da cui il credito emerge.

Prot. 2012/40186      Modalità  e  termini  di  attuazione  delle  disposizioni  di  cui  all’articolo  8, commi 18 e 19, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16

Il direttore dell’Agenzia

In base alle attribuzioni conferitegli dalle norme riportate nel seguito del presente provvedimento

DISPONE

1. A decorrere dal 1° aprile 2012, la compensazione del credito Iva annuale o infrannuale, per importi superiori a 5. 000 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge.

2. A decorrere dalla medesima data di cui al punto 1, i soggetti che intendono effettuare la compensazione del credito Iva annuale o infrannuale, per importi superiori a 5. 000 euro annui, sono tenuti ad utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate.

3. Al raggiungimento della soglia di 5. 000 euro, per ciascun anno di riferimento, concorrono anche le compensazioni effettuate precedentemente al 1° aprile 2012.

4. Per le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai punti 1 e 2 si rinvia a quanto stabilito con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. 185430 del 21 dicembre 2009.

Motivazioni

L’articolo 10 del  decreto  legge  1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha introdotto disposizioni finalizzate al contrasto degli abusi compiuti in sede di compensazione dei crediti Iva.

Le disposizioni introdotte prevedono, tra l’altro, che:

–   la compensazione del credito Iva annuale o infrannuale per importi superiori a 10. 000  euro  annui può  essere effettuata a  partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge (articolo 17, comma 1, terzo periodo, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241);

–   i soggetti che intendono effettuare la compensazione del credito Iva annuale o infrannuale per importi superiori a 10. 000 euro annui, sono tenuti ad utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate (articolo 37, comma 49-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223);

–   i  contribuenti  che  intendono  utilizzare  in  compensazione  crediti  Iva  per importi superiori a 15. 000 euro annui, hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni dalle quali emerge il credito.

In alternativa, per i contribuenti sottoposti a controllo contabile, la dichiarazione  può  essere  sottoscritta  dai  soggetti  che  hanno  eseguito  il controllo (articolo 10, comma 1, lettera a), numero 7, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78).

Successivamente l’articolo 8, commi 18 e 19, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, ha stabilito la riduzione, da 10. 000 euro a 5. 000 euro annui, del limite di compensabilità individuato dalle prime due disposizioni sopra richiamate.

Resta fermo il limite di 15. 000 euro annui, operante in assenza di visto di conformità o di attestazione dei controlli sulla dichiarazione.

Con il presente provvedimento, emanato ai sensi dell’articolo 8, comma 20, del medesimo decreto-legge n. 16 del 2012, è individuata la decorrenza delle disposizioni di cui ai precedenti commi 18 e 19. Per le relative modalità attuative si rimanda a quanto già disposto dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. 185430 del 21 dicembre 2009.

Riferimenti normativi

Attribuzioni del Direttore dell’Agenzia delle entrate  Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (artt. 57, 62, 66, 67, 68, 71, 73).

Statuto dell’Agenzia delle entrate (artt. 5 e 6).

Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate (artt. 2 e 5).

Disciplina normativa di riferimento

Decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

Decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica,  nonché  interventi  in  materia  di  entrate  e  di  contrasto  all’evasione fiscale.

Decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali.

Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. 185430 del 21 dicembre 2009, recante modalità e termini di effettuazione della compensazione del credito relativo all’imposta sul valore aggiunto di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ai sensi dell’articolo 10 del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.

Decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento.

La pubblicazione del presente provvedimento sul sito internet dell’Agenzia delle entrate tiene luogo della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’articolo 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Roma, 16 marzo 2012

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA

ACE (Aiuti Crescita Economica) le Disposizioni Attuative del MEF

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ACE (Aiuti Crescita Economica) le Disposizioni Attuative del MEF

Pubblicate in    Gazzetta Ufficiale    n.    66    del   19 marzo 2012 le disposizioni attuative ACE ex articolo 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 concernente l’Aiuto alla crescita economica alle imprese, chiamaci per calcolare la convenienza delle tue patrimonializzazioni.

Decreto del 14 marzo 2012 – Ministero Economia e Finanze(MEF)

Disposizioni attuative ACE ex articolo 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 concernente l’Aiuto alla crescita economica.   Pubblicato in    Gazzetta Ufficiale    n.    66    del   19 marzo 2012.

 

Preambolo Articolo

Art. 1 Aiuto alla crescita economica (Ace)

Art. 2 Soggetti IRES

Art. 3 Rendimento nozionale  Articolo

Art. 4 Patrimonio netto

Art. 5 Variazioni del capitale proprio

Art. 6 Soggetti aderenti al regime di consolidamento fiscale

Art. 7 Trasparenza fiscale

Art. 8 Soggetti Irpef

Art. 9 Soggetti esclusi

Art. 10 Disposizioni antielusive

Art. 11 Limite del patrimonio netto Preambolo –

In vigore dal 19 marzo 2012

 

Ministero Dell’Economia e Delle Finanze

Visto il  decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla  legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214 e, in particolare, l’articolo 1 con il quale e’ stato introdotto l’Aiuto alla crescita economica (Ace);

Visto il  comma 8 dell’articolo  1 del citato decreto-legge  n. 201 del 2011 che demanda ad un decreto del Ministro dell’economia  e delle finanze la determinazione  delle disposizioni di attuazione nonche’ delle eventuali disposizioni aventi finalita’ antielusiva specifica;

Visto il  testo unico delle imposte sui redditi, approvato con  decreto del Presidente della Repubblica  22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

Visto il  decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi;

Visto l’articolo 54 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 concernente la procedura di amministrazione straordinaria sulla base del programma di cessione dei complessi aziendali;

Visti gli  articoli 2 e  23 del  decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, concernenti l’istituzione del Ministero dell’economia e delle finanze ed il relativo trasferimento di funzioni gia’ attribuite al Ministero delle finanze;

Visto l’articolo 57 del medesimo decreto legislativo n. 300 del 1999, e successive modificazioni che ha istituito le Agenzie fiscali;

Articolo 1

Aiuto alla crescita economica (Ace)  In vigore dal 19 marzo 2012

1. Il presente decreto reca le disposizioni di attuazione dell’articolo 1 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 , convertito, con modificazioni, dalla  legge 22 dicembre 2011, n. 214, concernente l’aiuto alla crescita economica disposto per le imprese che rafforzano la propria struttura patrimoniale.

 

Articolo 2

Soggetti IRES  In vigore dal 19 marzo 2012

1. Per le societa’ e gli enti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi  (di seguito: tuir), di cui al  decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e’ ammesso in deduzione  dal reddito  complessivo  netto dichiarato,  determinato  ai sensi dell’articolo  75 del tuir, l’importo corrispondente al rendimento nozionale della variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Se il periodo di imposta e’ superiore o inferiore a un anno, la variazione in aumento va ragguagliata alla durata del periodo stesso.

2. Per le societa’ e gli enti commerciali non residenti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), del tuir, le disposizioni del presente decreto si applicano alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato con riguardo alla variazione in aumento del fondo di dotazione rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010.

Articolo 3

Rendimento nozionale  In vigore dal 19 marzo 2012

1.   Il  rendimento  nozionale  del  nuovo  capitale  proprio  e’  determinato  mediante  applicazione  dell’aliquota percentuale individuata annualmente con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al  comma 3 dell’articolo 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 da emanare entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento.

2. Per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011 e per i due successivi l’aliquota di cui al comma 1 e’ fissata al 3 per cento.

3. L’importo del rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato puo’ essere computato in aumento dell’importo deducibile, ai fini del presente decreto, dal reddito complessivo netto dei periodi d’imposta successivi.

 

Articolo 4

Patrimonio netto

In vigore dal 19 marzo 2012

1. Il capitale proprio esistente alla data di chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 e’ costituito dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tener conto dell’utile del medesimo esercizio.

 

Articolo 5

Variazioni del capitale proprio  In vigore dal 19 marzo 2012

1. La variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 e’ costituita dalla somma algebrica, se positiva, tra gli elementi indicati ai successivi commi 2 e 3.

2. Rilevano come elementi positivi della variazione del capitale proprio di cui al comma 1:  a) i conferimenti in denaro versati dai soci o partecipanti nonche’ quelli versati per acquisire la qualificazione di soci o partecipanti; si considera conferimento in denaro la rinuncia incondizionata dei soci al diritto alla restituzione dei crediti verso la societa’ nonche’ la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti del capitale. I conferimenti di cui alla presente lettera eseguiti in attuazione di una delibera di aumento di capitale rilevano se tale delibera e’ assunta successivamente all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010;  b) gli utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili.

3. Rilevano  come  elementi  negativi  della  variazione  del capitale  proprio  di cui al comma  1 le riduzioni  del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti. Per i soggetti che applicano i principi contabili internazionali la riduzione del patrimonio netto conseguente all’acquisto di azioni proprie rileva nei limiti della variazione in aumento formata dagli utili di cui alla lettera b) del comma 2. Negli stessi limiti rilevano gli incrementi del patrimonio netto a seguito di cessione di tali azioni.

4. Gli incrementi derivanti da conferimenti in denaro rilevano a partire dalla data del versamento; quelli derivanti dalla rinuncia ai crediti dalla data dell’atto di rinuncia; quelli derivanti dalla compensazione  dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti del capitale sociale dalla data in cui assume effetto la compensazione;  quelli derivanti dall’accantonamento di utili a partire dall’inizio dell’esercizio in cui le relative riserve sono formate. Per i soggetti che applicano i principi contabili internazionali, l’incremento di patrimonio derivante dall’emissione di diritti di opzione (warrant) e di obbligazioni convertibili rileva dall’esercizio in cui viene esercitata l’opzione. I decrementi rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificati.

5. Ai fini del comma 2 si considerano riserve di utili non disponibili le riserve formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’art. 2433 del codice civile in quanto derivanti da processi di valutazione nonche’ quelle formate con utili realmente conseguiti che, per disposizioni di legge, sono o divengono non distribuibili ne’ utilizzabili ad aumento del capitale sociale ne’ a copertura di perdite; nell’esercizio in cui viene meno la condizione dell’indisponibilità,  assumono rilevanza anche le riserve non disponibili formate successivamente  all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010.

6. Per le imprese e le stabili organizzazioni di imprese non residenti costituite successivamente al 31 dicembre 2010 si assume come incremento  anche il patrimonio  di costituzione  o il fondo di dotazione,  per l’ammontare derivante da conferimenti in denaro.

 

Articolo 6

Soggetti aderenti al regime di consolidamento fiscale

In vigore dal 19 marzo 2012

1. Per le societa’ e per gli enti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), del tuir, che partecipano al consolidato nazionale di cui agli  articoli da 117 a  129 del tuir, l’importo corrispondente al rendimento nozionale determinato ai sensi dell’articolo 3 che supera il reddito complessivo netto dichiarato e’ ammesso in deduzione dal reddito complessivo globale netto di gruppo dichiarato fino a concorrenza dello stesso. L’eccedenza che non trova capienza e’ computata in aumento del rendimento nozionale dell’esercizio successivo da ciascuna societa’ o ente ed e’ ammessa in deduzione ai sensi del presente comma. Le eccedenze  di rendimento  nozionale generatesi anteriormente all’opzione per il consolidato non sono attribuibili al consolidato e sono ammesse in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato delle singole societa’.

2. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche all’importo del rendimento nozionale delle societa’ e degli enti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del tuir che esercitano l’opzione per il consolidato mondiale di cui agli  articoli da 130 a  142 del tuir.

 

Articolo 7

Trasparenza fiscale  In vigore dal 19 marzo 2012

1. In caso  di opzione  per  la trasparenza  fiscale  di cui all’articolo  115  del  tuir l’importo  corrispondente  al rendimento nozionale della societa’ partecipata determinato ai sensi dell’articolo 3 che supera il reddito complessivo netto dichiarato e’ attribuito a ciascun socio in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili. La quota attribuita a ciascun socio concorre a formare il rendimento nozionale del socio stesso ammesso in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato ai sensi dell’articolo

2. Le eccedenze di rendimento nozionale generatesi presso la partecipata anteriormente all’opzione per la trasparenza non sono attribuibili ai soci e sono ammesse in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato dalla stessa.   2. In caso  di opzione  per  la trasparenza  fiscale  di cui all’articolo  116  del  tuir l’importo  corrispondente  al rendimento nozionale della societa’ partecipata determinato ai sensi dell’articolo 3 che supera il reddito complessivo netto dichiarato e’ attribuito a ciascun socio in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili.

La quota attribuita a ciascun socio concorre a formare il rendimento nozionale del socio stesso ammesso in deduzione dal  reddito  d’impresa.   Le  eccedenze  di rendimento  nozionale  generatesi  presso  la partecipata  anteriormente all’opzione per la trasparenza non sono attribuibili ai soci e sono ammesse in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato dalla stessa.

 

Articolo 8

Soggetti Irpef  In vigore dal 19 marzo 2012

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano, in quanto compatibili, e secondo i criteri indicati nel presente articolo,  anche  alle persone  fisiche  e alle societa’  in nome collettivo  e in accomandita  semplice  in regime  di contabilita’  ordinaria,  assumendo,  in luogo della variazione  in aumento  del capitale proprio, il patrimonio  netto risultante dal bilancio al termine di ciascun esercizio.

2. Per le persone fisiche, l’importo del rendimento nozionale che supera il reddito d’impresa, al netto delle perdite, puo’ essere computato in aumento dell’importo deducibile determinato, ai fini del presente decreto, per i periodi d’imposta  successivi.   Per  le  imprese  familiari  e  le  aziende  coniugali  l’importo  corrispondente  al  rendimento nozionale che supera il reddito d’impresa e’ attribuito all’imprenditore e ai collaboratori familiari ovvero al coniuge dell’azienda  coniugale  in proporzione  alle rispettive  quote di partecipazione  al reddito. Per le societa’ in nome collettivo e in accomandita semplice si applicano le disposizioni di cui all’articolo 7, comma 2.

3. Ai fini della determinazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 11 del tuir nonche’ delle detrazioni spettanti ai sensi dei successivi articoli 12, 13, 15 e 16, la quota dedotta dal reddito d’impresa concorre alla formazione del reddito complessivo delle persone fisiche e dei soci delle societa’ partecipate beneficiarie della deduzione.

 

Articolo 9

Soggetti esclusi  In vigore dal 19 marzo 2012

1. Il beneficio di cui al presente decreto non si applica alle societa’:  a) assoggettate alle procedure di fallimento dall’inizio dell’esercizio in cui interviene la dichiarazione di fallimento;  b) assoggettate alle procedure di liquidazione coatta dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il provvedimento che ordina la liquidazione;  c) assoggettate alle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi dall’inizio dell’esercizio in cui interviene il decreto motivato che dichiara l’apertura della procedura di amministrazione  straordinaria sulla base del programma di cessione dei complessi aziendali di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270;  d) che svolgono come attività prevalente quelle attività per le quali hanno esercitato l’opzione di cui all’articolo 155 del tuir; per attività  prevalente  si intende l’attività  dalla quale deriva, nel corso del periodo d’imposta,  il maggiore ammontare di ricavi.

 

Articolo 10

Disposizioni antielusive

In vigore dal 19 marzo 2012

1. Ai soggetti di cui agli articoli 2 e 8, che nel corso del periodo di imposta potevano considerarsi controllanti in base all’articolo 2359 del codice civile, di soggetti di cui ai medesimi articoli 2 e 8 o che sono controllati, anche insieme ad altri soggetti, dallo stesso controllante si applicano le disposizioni del presente articolo.

2. La variazione in aumento di cui all’articolo 5 e’ ridotta di un importo pari ai conferimenti in denaro effettuati, successivamente  alla chiusura  dell’esercizio  in corso  al 31 dicembre  2010,  a favore  di soggetti  controllati,  o sottoposti  al controllo  del medesimo  controllante,  ovvero divenuti tali a seguito del conferimento.   La riduzione prescinde dalla persistenza del rapporto di controllo alla data di chiusura dell’esercizio.

3. La variazione in aumento che residua non ha altresi’ effetto fino a concorrenza:  a) dei corrispettivi per l’acquisizione  o l’incremento  di partecipazioni  in societa’ controllate gia’ appartenenti  ai soggetti di cui al comma 1;  b) dei corrispettivi per l’acquisizione di aziende o di rami di aziende gia’ appartenenti ai soggetti di cui al comma 1;  c) dei conferimenti in denaro provenienti da soggetti non residenti, se controllati da soggetti residenti. La riduzione prescinde dalla persistenza del rapporto di controllo alla data di chiusura dell’esercizio;  d) dei conferimenti in denaro provenienti da soggetti domiciliati in Stati o territori diversi da quelli individuati nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del tuir;  e) dell’incremento,  rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, dei crediti di finanziamento nei confronti dei soggetti di cui al comma 1.

 

Articolo 11

Art. 11 Limite del patrimonio netto

In vigore dal 19 marzo 2012

1. In ciascun esercizio la variazione in aumento non puo’ comunque eccedere il patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, ad esclusione delle riserve per acquisto di azioni proprie.

Il presente decreto sara’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.   Torna al sommario

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