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LEGGE DI STABILITÀ 2012

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Testo del Decreto Legge crescita, sviluppo 18 ottobre 2012 n. 179 Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 ottobre 2012.

 

   ü  Indice

ü  Preambolo

ü  Articolo 1
Attuazione dell’Agenda digitale italiana e documento digitale unificato e finanziamento dell’ISTAT

ü  Articolo 2
Anagrafe nazionale della popolazione residente

ü  Articolo 3
Censimento continuo della popolazione e delle abitazioni e Archivio nazionale delle strade e dei numeri civici

ü  Articolo 4
Domicilio digitale del cittadino

ü  Articolo 5
Posta elettronica certificata – indice nazionale degli indirizzi delle imprese e dei professionisti

ü  Articolo 6
Trasmissione di documenti per via telematica, contratti della pubblica amministrazione e conservazione degli atti notarili

ü  Articolo 7
Trasmissione telematica delle certificazioni di malattia nel settore pubblico

ü  Articolo 8
Misure per l’innovazione dei sistemi di trasporto

ü  Articolo 9
Dati di tipo aperto e inclusione digitale

ü  Articolo 10
Anagrafe nazionale degli studenti e altre misure in materia scolastica

ü  Articolo 11
Libri e centri scolastici digitali

ü  Articolo 12
Fascicolo sanitario elettronico e sistemi di sorveglianza nel settore sanitario

ü  Articolo 13
Prescrizione medica e cartella clinica digitale

ü  Articolo 14
Interventi per la diffusione delle tecnologie digitali

ü  Articolo 15
Pagamenti elettronici

ü  Articolo 16
Biglietti di cancelleria, comunicazioni e notificazioni per via telematica

ü  Articolo 17
Modifiche alla legge fallimentare e al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270

ü  Articolo 18
Modificazioni alla legge 27 gennaio 2012, n. 3

ü  Articolo 19
Grandi progetti di ricerca e innovazione e appalti precommerciali

ü  Articolo 20
Comunita’ intelligenti

ü  Articolo 21
Misure per l’individuazione ed il contrasto delle frodi assicurative

ü  Articolo 22
Misure a favore della concorrenza e della tutela del consumatore nel mercato assicurativo

ü  Articolo 23
Misure per le societa’ cooperative e di mutuo soccorso

ü  Articolo 24
Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 236/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2012

ü  Articolo 25
Start-up innovativa e incubatore certificato: finalita’, definizione e pubblicita’

ü  Articolo 26
Deroga al diritto societario e riduzione degli oneri per l’avvio

ü  Articolo 27
Remunerazione con strumenti finanziari della start-up innovativa e dell’incubatore certificato

ü  Articolo 28
Disposizioni in materia di rapporto di lavoro subordinato in start-up innovative

ü  Articolo 29
Incentivi all’investimento in start-up innovative

ü  Articolo 30
Raccolta di capitali di rischio tramite portali on line e altri interventi di sostegno per le start-up innovative

ü  Articolo 31
Composizione e gestione della crisi nell’impresa start-up innovativa, decadenza dei requisiti e attivita’ di controllo

ü  Articolo 32
Pubblicita’ e valutazione dell’impatto delle misure

ü  Articolo 33
Disposizioni per incentivare la realizzazione di nuove infrastrutture

ü  Articolo 34
Misure urgenti per le attivita’ produttive, le infrastrutture e i trasporti, i servizi pubblici locali, la valorizzazione dei beni culturali ed i comuni

ü  Articolo 35
Desk Italia – Sportello unico attrazione investimenti esteri

ü  Articolo 36
Misure in materia di confidi, strumenti di finanziamento e reti d’impresa

ü  Articolo 37
Finanziamento delle agevolazioni in favore delle imprese delle Zone Urbane ricadenti nell’Obiettivo Convergenza

ü  Articolo 38
Disposizioni finanziarie

ü  Articolo 39
Entrata in vigore

ACCEDI AL TESTO IN PDF DELLA LEGGE DI STABILITà 2012

REDDITOMETRO: LA FIDEIUSSIONE BANCARIA

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la prestazione di fideiussioni, esclusa, nella decisione impugnata, come indice di maggiore redditivita’ in quanto “non necessariamente corrispondente ad alcuna reale disponibilita’ di danaro”, in realta’ presupporrebbe il possesso di beni sufficienti a garantire l’obbligazione

SENTENZA Cassazione Civile Sent. N. 6753 del 19-03-2010

 

Svolgimento del processo

1. 1 – M. A. Proponeva ricorso avverso gli avvisi di accertamento con i quali l’ufficio Distrettuale delle Imposte di Cesena aveva rettificato, ai sensi del D. P. R. N. 600 del 1973, art.  38, comma 4 le dichiarazioni dei redditi relative agli anni compresi fra il 1989 ed il 1993. Venivano principalmente dedotte delle giustificazioni in merito alle disponibilita’ finanziarie poste alla base degli avvisi suddetti e si contestava, in ogni caso, la retroattivita’ delle tabelle di cui ai D. M. 10 settembre 1992 e D. M. 19 novembre 1992, applicate anche agli anni 1989/91.

1. 2 – La Commissione tributaria provinciale di Forli’, con sentenza depositata il 22 giugno 1998, accoglieva interamente, previa riunione, i ricorsi relativi alle annualita’ 1989, 1990 e 1991;

quanto a quelli concernente gli anni 1992 e 1993, li accoglieva solo in parte, ovvero in relazione alla capacita’ reddituale ritenuta sulla base del rilascio di fideiussioni.

1. 3 – La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettata preliminarmente l’istanza di rinvio avanzata dal difensore del M. , in quanto impedito – dovendo partecipare (in qualita’ di imputato) a un’udienza relativa a un procedimento penale -, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’amministrazione finanziaria, dichiarava la legittimita’ degli avvisi di accertamento relativi alle annualita’ 1989, 1990 e 1991. Rigettava nel resto sia l’impugnazione principale, sia quella proposta dal contribuente, in via incidentale, in relazione agli anni 1992 e 1993.

1. 4 – Ha proposto ricorso per Cassazione il M. , sorretto da tre motivi. Si sono costituiti il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, proponendo ricorso incidentale, cui il M. Ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

2. 1 – Deve procedersi alla riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c. P. C. , in quanto proposti avverso la medesima decisione.

Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art.  33 nonche’, in generale, del diritto di difesa, per aver la Commissione tributaria regionale disatteso la motivata istanza di rinvio dell’udienza pubblica di discussione, avanzata dal difensore del contribuente, in quanto legittimamente impedito.

La censura, cosi’ come proposta, e’ inammissibile. Vale bene premettere, che, nella misura in cui l’art. 115 disp. Att. C. P. C.  (da intendersi richiamato nel procedimento tributario per effetto del D. P. R. N. 546 del 1992, art. 1, comma 2) sancisce il potere discrezionale del giudice di rinviare la discussione della causa “per grave impedimento del tribunale o delle parti”, non puo’ essere dedotta la violazione di norme ai sensi dell’art. 360 c. P. C. , n. 3 dovendosi eventualmente – denunciare il vizio di motivazione inerente alla giustificazione dell’utilizzo di tale potere. A tacere di tale profilo di inammissibilita’ del motivo (cfr. , in motivazione, Cass. , 16 settembre 2009, n. 19981), non puo’ omettersi di considerare che l’impedimento di natura personale addotto dal difensore non risulta corredato da alcun riferimento all’impossibilita’ di farsi sostituire, come richiesto, secondo la prevalente interpretazione dell’art. 420 ter c. P. P. (Cass. Pen. , Sez. Un. , 25 giugno 2009, n. 29529), nello stesso procedimento penale, nel quale la natura degli interessi in gioco ha suggerito al legislatore di dettare per il difensore dell’imputato una rigorosa previsione del diritto al differimento dell’udienza (v. Anche Cort. Cost. , 14 luglio 2009, n. 217, sulla legittimita’ della scelta di non estendere al difensore della parte civile tale diritto). Appare quindi evidente, in relazione al profilo teste’ evidenziato, il profilarsi di un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore, che non puo’ rilevare ai fini del differimento dell’udienza (Cass. , 28 luglio 2007, n. 17202).

2. 2 – Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D. P. R. N. 600 del 1973, art.  38 sostenendosi che l’applicazione retroattiva di tale norma (e delle tabelle contenute nei D. M. 10 settembre 1992 e D. M. 19 novembre 1992, oltre a violare il principio di normale irretroattivita’ delle leggi, confliggerebbe con principi costituzionalmente garantiti, quali il diritto alla difesa e al contraddittorio, all’eguaglianza e alla certezza della pretesa impositiva.

Il motivo e’ infondato. Giova in proposito richiamare l’orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla rettifica, con metodo sintetico, del reddito complessivo sulla scorta di elementi e circostanze di fatto certi, utilizzabili anche dal Ministero delle finanze per la fissazione dei coefficienti presuntivi ai sensi del D. P. R. N. 600 del 1973, art.  38, comma 4 consente il riferimento a redditometri contenuti in decreti ministeriali emanati successivamente ai periodi d’imposta da verificare, senza porre problemi di retroattivita’, poiche’ il potere in concreto disciplinato e’ quello di accertamento, sul quale non viene ad incidere il momento della elaborazione. Le medesime considerazioni si attagliano ai redditometri successivi alla L. N. 413 del 1991 – che ha introdotto modifiche al citato art. 38, non risultando in particolare ipotizzabile la violazione della riserva di legge in materia impositiva di cui all’art. 23 Cost.  ne’ il principio di irretroattivita’ della legge di cui all’art. 11 preleggi.  Ne’, in contrario, depone al riguardo la disposizione di cui al D. M. 10 settembre 1992, art.  5, comma 3 (la quale, nel fare salvi gli effetti degli accertamenti eseguiti in applicazione del precedente redditometro- D. M. 21 luglio 1983 – stabilisce che “il contribuente puo’, tuttavia, chiedere, qualora l’accertamento non sia divenuto definitivo, che il reddito venga rideterminato sulla base dei criteri adottati nell’art. 3 del presente decreto”), avendo essa palese finalita’ transitoria e, salva la definitivita’ dell’accertamento, consentendo al contribuente di chiedere all’ufficio l’applicazione dei nuovi criteri (i quali, per gli accertamenti ancora da compiere sono invece destinati senz’altro a regolare l’azione amministrativa), a tale stregua pertanto esclusa proprio l'(automatica) applicabilita’ delredditometroprecedente (Cass. , 30 agosto 2002, n. 12731; Cass. , 11 settembre 2001, n. 11607).

2. 3 Parimenti infondato, ed in parte inammissibile, laddove attiene a una diversa valutazione del merito, e’ il terzo motivo di ricorso, con il quale si denuncia, in termini assolutamente generici, “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa elementi decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio”.

A tacere del fatto che una motivazione “omessa” non puo’ essere, al contempo, “insufficiente o contraddittoria”, va rilevato, invero, che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza conferisce al giudice di legittimita’ la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, e non anche il potere di riesaminare il merito della vicenda. Ritiene questa Corte come nella specie debba escludersi la ricorrenza del vizio denunciato, avendo la CTR esplicitato chiaramente, sia pure in termini sintetici, le ragioni della pronunzia con una motivazione assolutamente idonea a tal fine. In particolare, per quanto attiene all’elemento fondamentale su cui si imperniano le critiche del M. , vale a dire la distribuzione e l’assolvimento dell’onere della prova in relazione al caso di specie, la Commissione tributaria regionale ha rilevato che, “a fronte delle precise e indagini esperite dall’Ufficio, cha ha ricostruito una serie di operazioni di carattere finanziario assolutamente incongruenti con le dichiarazioni dei redditi presentate, il contribuente non ha indicato concreti elementi probatori contrari, idonei a superare la determinazione dei redditi effettuata dall’Ufficio sulla base dell’applicazione del c. D.  redditometro”.

Del resto, per potersi configurare il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, e’ necessario un rapporto di causalita’ fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza, (cfr. Cass. N. 9368/06). Nel caso di specie, le censure svolte sono assolutamente generiche e prive delle necessarie indicazioni, cosi’ rivelando l’intrinseca inammissibilita’ del motivo in esame.

3 – Parimenti infondato e’ il ricorso incidentale, con il quale si denuncia, con unico motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 1936 e 1943 c. C. In relazione all’art. 360 c. P. C. , comma 1, n. 3, in quanto la prestazione di fideiussioni, esclusa, nella decisione impugnata, come indice di maggiore redditivita’ in quanto “non necessariamente corrispondente ad alcuna reale disponibilita’ di danaro”, in realta’ presupporrebbe il possesso di beni sufficienti a garantire l’obbligazione”.

Tale affermazione, a ben vedere, confonde quanto astrattamente prevedibile in capo a un soggetto che rilascia una garanzia personale con una presunzione di possesso della relativa disponibilita’, che non solo non trova riscontro nel quadro normativo, ma implica una inammissibile moltiplicazione delle capacita’ reddituali del garante, laddove ipotizza che, a prescindere dalla consistenza patrimoniale effettiva ed aliunde accertata, il rilascio di fideiussioni sia indice di una ulteriore ed autonoma disponibilita’ patrimoniale.

4. La reciproca soccombenza, correlata al rigetto di entrambi i ricorsi, impone la compensazione integrale delle spese processuali.

P. Q. M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi e li rigetta. Dichiara interamente compensate fra le parti le spese processuali relative al presente giudizio di legittimita’.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, in data 26 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2010

 

BANCAROTTA FRAUDOLENTA: IL DELITTO DI BANCAROTTA È CONFIGURABILE ANCHE PER GLI ATTI DI DISTRAZIONE SUCCESSIVI ALLA SENTENZA DI OMOLOGA DEL CONCORDATO FALLIMENTARE

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Il delitto di bancarotta fraudolenta si configura anche nel caso in cui gli atti di distrazione siano successivi alla sentenza di omologa, ancorché provvisoriamente esecutiva, del concordato fallimentare – che non incide, di per sé sul procedimento pendente nei confronti del fallimento né determina la decadenza degli organi fallimentari.

bancarotta fraudolenta: Il delitto di bancarotta è configurabile anche per gli atti di distrazione successivi alla sentenza di omologa del concordato fallimentare

Il delitto di bancarotta fraudolenta si configura anche nel caso in cui gli atti di distrazione siano successivi alla sentenza di omologa, ancorché provvisoriamente esecutiva, del concordato fallimentare – che non incide, di per sé sul procedimento pendente nei confronti del fallimento né determina la decadenza degli organi fallimentari, i quali rimangono in carica in relazione al perdurante interesse dei creditori alla conservazione del patrimonio del fallito – in quanto fino alla chiusura del fallimento gli atti di disposizione patrimoniale sono preordinati alla conservazione del patrimonio fallimentare, a garanzia di tutti i creditori; né il sopravvenuto passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato fallimentare, che chiude il fallimento, esclude la configurazione dei fatti verificatisi in costanza di fallimento come reato.

Cassazione Penale, Sezione V, Sentenza  del 19/02/2008 n. 13514

 

Il delitto di bancarotta fraudolenta si configura anche nel caso in cui gli atti di distrazione siano successivi alla sentenza di omologa, ancorché provvisoriamente esecutiva, del concordato fallimentare – che non incide, di per sé sul procedimento pendente nei confronti del fallimento né determina la decadenza degli organi fallimentari, i quali rimangono in carica in relazione al perdurante interesse dei creditori alla conservazione del patrimonio del fallito – in quanto fino alla chiusura del fallimento gli atti di disposizione patrimoniale sono preordinati alla conservazione del patrimonio fallimentare, a garanzia di tutti i creditori; né il sopravvenuto passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato fallimentare, che chiude il fallimento, esclude la configurazione dei fatti verificatisi in costanza di fallimento come reato.

 

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

 

1 – Il Tribunale di Palermo, richiesto di riesame ai sensi dell’art. 309 c. P. P. , (senza motivi e con deposito di documenti in udienza), ha sostituito la misura di custodia in carcere, disposta dal GIP nei confronti di XXXXXX, con gli arresti domiciliari. Sono anzitutto imputati fatti di bancarotta fraudolenta commessi durante la procedura fallimentare, con danno patrimoniale di rilevante gravità, quale socio ed amministratore di fatto in concorso con YYYYYYY Mariano, amministratore di diritto e con FFFFFFF Filippo, curatore della FINASI spa, dichiarata fallita con sentenza del 16. 3. 84. La fallita era ammessa a concordato fallimentare con sentenza di omologa del 26. 3. 97, divenuta irrevocabile (T. U. ) maggio 2002, con assunzione da parte de La Risanatrice s. R. L, dell’impegno di soddisfazione integrale dei crediti privilegiati ed il pagamento del 30% dei chirografari. Il primo reato (A) consiste nella distrazione dei ricavi (L. 4. 896. 200. 000, equivalenti ad Euro 2. 258. 676) di vendite di 19 unità immobiliari tra aprile “98 e giugno 2000 e, quindi (B) nella fusione per incorporazione in data 6. 6. 01 della FINASI ne La Risanatrice, trasformata poi in ELLE ELLE PI spa, cui finivano 9 unità immobiliari della fallita, prima della integrale soddisfazione dei creditori privilegiati e quindi in violazione del concordato. Gli è poi imputato (C) il concorso, quale socio e procuratore speciale, con l’amministratore YYYYYYY Mariano nella distrazione delle 9 unità menzionate vendute dalla ELLE ELLE PI sri, dichiarata fallita dal Tribunale di S. Maria C. V. Il 23. 5. 07.
Infine (E) gli è contestata, quale socio concorrente esterno con lo stesso amministratore YYYYYYY, la distrazione di beni mobili (arredi ed attrezzature) e risorse finanziarie (ricavato di vendita di biglietti aerei) della EASYISLANDS srl, dichiarata fallita dal Tribunale di Palermo il 17. 5. 04 (a YYYYYYY è imputata anche bancarotta documentale – D).

 

1. 1. – Il Tribunale premette che l’indagato era titolare di quote per il 99% (il restante 1% era intestato alla sorella) FINASI, e quindi del 95% de La Risanatrice poi trasformata in ELLE ELLE PI. Ed è intervenuto in ciascun momento significativo delle operazioni incriminate (come specifica capo per capo). Quanto al capo A spiega che è stato lo stesso De Lorenzo, tramite i concorrenti muniti di poteri formali, ad operare in concreto i movimenti patrimoniali prima che il concordato avesse attuazione. La dismissione degli immobili sarebbe dovuta avvenire entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di omologa, mentre dalle operazioni, volte a sottrarre il patrimonio al fallimento, è derivata insoddisfazione di parte dei creditori.
La fusione incorporazione societaria ha influito sull’inadempimento del concordato, e determinato l’estinzione della FINASI durante il fallimento. Il dirottamento di quanto rimaneva del suo attivo verso altro soggetto ha impedito l’attivazione del meccanismo previsto dalla L. Fall. Art. 137, (risoluzione del concordato). Il reato di cui al capo C ha poi svuotato il patrimonio della ELLE ELLE PI, la società cui è pervenuto il patrimonio residuo della fallita, con la vendita delle 9 unita immobiliari (alcune peraltro a parenti di YYYYYYY).
Il fatto di cui al capo E concerne altra società facente capo analogamente a XXXXXXed a YYYYYYY, strettamente collegata alla ELLE ELLE PI, con passaggio di dipendenti dall’una all’altra, e per l’uso del marchio “EASY ISLANDS” appartenente alla prima. XXXXXXaveva la materiale disponibilità dei beni indicati in imputazione di quest’ultima società, richiesti dal curatore il 21. 6. 04, e non consegnati.

 

Ravvisa le esigenze cautelari di natura probatoria e di prevenzione specifica.
1. 2 – Il ricorso deduce: 1^ – violazione della L. Fall. Art. 216, comma 2, art. 130 u. C. , e art. 131 u. C. , e art. 124, (nelle formulazioni vigenti al momento dei fatti), in relazione ai capi A, B, C – vizio di motivazione, perché il concordato fallimentare produce i suoi effetti già dal giorno della pubblicazione della sentenza di omologa e non dal suo passaggio in giudicato. Essa, come riconosciuto in dottrina, giusto l’art. 130 u. C. , è provvisoriamente esecutiva e gli organi fallimentari sorvegliano l’adempimento (art. 136) secondo le modalità stabilite nella sentenza, e non mantengono le stesse attribuzioni, cosicché il curatore non amministra il patrimonio fallimentare sotto la sorveglianza del giudice delegato. Con il passaggio in giudicato la procedura è chiusa (L. Fall. Art. 131), ed il curatore deve (art. 134) rendere il conto (art. 116). Viceversa la L. Fall. Art. 137, contempla la risoluzione del concordato, qualora il fallito non adempia agli obblighi derivanti dal concordato e dalla sentenza di omologazione.
Pertanto, non è possibile dopo il passaggio in giudicato della sentenza di omologa e dunque il consolidamento, ipotizzare sussistenza di reati di bancarotta post – fallimentare. Meno ancor lo è, se il concordato è assunto da un terzo, con cessione, come nella specie, di tutte le attività acquisite al fallimento (L. Fall. Art. 124), e quindi l’immediata liberazione della società rispetto a tutti i creditori;

 

2^ – vizio di motivazione rispetto ai fatti sub E, perché non vi è riscontro che la nota del Curatore sia stata mai ricevuta dal ricorrente: risulta indirizzata in luogo ove egli non risiede ed è una mera velina nemmeno sottoscritta;

 

3^ – vizio di motivazione in punto di esigenze cautelari, per l’argomentazione di pericolo d’inquinamento con riferimento a fatti diversi da quelli contestati, e per l’insufficiente riferimento alle modalità di commissione dei fatti circa il pericolo di reiterazione specifica.

 

Con motivi aggiunti si denuncia:

 

1^ – violazione L. Fall. Art. 130, u. C. – artt.  131 e 124, – vizio di motivazione circa i capi A, B, C. E si argomenta (1 mot. ) a) la necessità di vendere gl’immobili ai fini dell’esecuzione del concordato (è, irrilevante l’adduzione di falsa certificazione al notaio di chiusura del fallimento, in effetti concernente la cancellazione della trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento, con trasferimento immediato dei beni all’assuntrice: si riporta il tenore della sentenza della Corte di Appello); b) l’inconferenza, ai fini di bancarotta post – fallimentare della FINASI, del fallimento della ELLE ELLE PI (nel quale nessuna ipotesi di reato è stata mai contestata, e sul punto il motivo si sofferma circa le deduzioni del l’Avv. SANGIORGI G. , per contrastarne logicità ed inferenza); c) il vizio di motivazione in merito al pregiudizio dei creditori, per l’effetto liberatorio del concordato nei loro confronti, e perché quelli indicati in effetti sono stati soddisfatti, già nella misura del 90%; d) il rilievo che XXXXXXnon è amministratore della società (il motivo prosegue con l’illustrazione delle posizioni, sino a sostenere che non potrebbe ipotizzarsi un reale pregiudizio dei creditori, analizzando le posizioni SERIT, Banco di Sicilia, Banco di Roma, Credito Fondiario SPA, INAIL, rimarcando tra l’altro il numero ridotto da i creditori che si dichiarano insoddisfatti e l’estinzione di taluni crediti per prescrizione, etc);
3^ – vizio di motivazione in punto di riferibilità dei fatti al ricorrente (gli si contesta di aver condotto trattative precontrattuali e di esser stato fisicamente presente agli atti di compravendita, dunque non un comportamento illecito, men che significativo di atti di gestione; ne’ si può ritenerlo implicato quale procuratore speciale – capo C – dovendo attribuirsi ogni effetto al mandante; e nulla di sospetto vi è nella stretta collaborazione tra Easy Island ed Elle Elle Pi, che si fonda su un contratto di associazione in partecipazione, stipulato il 23. 5. 03, nè prova dell’ingerenza del ricorrente nelle ipotesi di mala gestio, che sono mere illazioni).
2 – Il ricorso è infondato.

 

2. 1 – Il 1^ motivo offre una premessa maggiore di diritto erronea. La L. Fall. Art. 131, afferma che il fallimento è chiuso solo con il passaggio in giudicato della sentenza che omologa il concordato. Pertanto questa Corte ritiene che l’omologazione del concordato fallimentare, ancorché comporti l’assunzione dei relativi obblighi da parte di un terzo, non incide per sè sul procedimento pendente nei confronti del fallimento, ne’ determina la decadenza degli organi fallimentari, i quali rimangono in carica in relazione al perdurante interesse dei creditori alla conservazione del patrimonio del fallito, per il buon fine del concordato (come puntualizzato da Cass. Civ. Sez. 1^, n. 3052/1983, Tedeschi; e n. 20565/86, Missiroli). Difatti il concordato fissa solo le modalità esecutive della soddisfazione dei creditori, secondo le disponibilità del patrimonio fallimentare e gl’impegni assunti per soddisfarle, in maniera da portare a conclusione incontroversa la procedura.

 

Ne segue che, fino a quando non vi sia la chiusura del fallimento, le disposizioni patrimoniali devono rispondere al fine di conservazione del patrimonio fallimentare, a garanzia dei creditori tutti, nessuno escluso. Diversamente possono ben ravvisarsi le ipotesi di bancarotta fallimentare previste dalla L. Fall. Art. 216 comma 3. E la configurazione dei fatti verificatisi in costanza di fallimento come reato è esclusa men che dall’esecutività provvisoria della sentenza di omologa, dal sopravvenuto giudicato della stessa sentenza. La questione dunque residua solo sotto il profilo motivazionale, cioè della premessa minore, della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
2. 2 – Il ragionamento svolto in proposito dal Tribunale, ancorché provvisorio come è ovvio in materia cautelare, è compiuto e logicamente corretto.

 

Esso si fonda implicitamente sul principio di distinzione del patrimonio della società fallita da quello di altre società, pur facenti capo alla stessa persone o allo stesso gruppo. La soggettività di ciascuna è metro incontroverso di diritto vivente per ritenere il passaggio ingiustificato di quanto appartiene al primo patrimonio ad altro, e dunque la bancarotta.
La motivazione quindi s’incentra su due rilievi. L’assuntore dissimulato del concordato è, in realtà, lo stesso DE LORENZO, cui faceva capo la fallita ed hanno fatto capo sia l’assuntrice formale, La Risanatrice in cui FINASI è confluita, che la ELLEELLE PI in cui è poi confluita l’assuntrice. L’amministratore formale all’uopo nominato è la stessa persona in ciascun caso, ed il curatore del fallimento risulta coinvolto nei fatti. Ne segue l’induzione ineccepibile di un’anomalia rilevante sul piano degli estremi di reato nella sparizione giuridica e perciò patrimoniale della fallita, prima della chiusura del fallimento, per l’assorbimento nell’assuntrice. E risulta risolutivo che questa diversa società scompaia anch’essa in costanza di fallimento, dimostrandosi in effetti incapace di assolvere l’impegno concordatario, perché risulta un mero contenitore del patrimonio fallimentare.

 

è in questo contesto che, ben prima della definitività della sentenza di omologazione, e proprio facendo leva sull’esecutività provvisoria del concordato, con lo schermo della successione tra i soggetti giuridici, sono stati operati gli atti di gestione incriminati, all’evidenza sottrattivi di garanzie dal patrimonio fallimentare. Questo è il senso dell’ordinanza.

 

E risulta per sè incontestato, posto che il ricorso e i motivi nuovi, premessa la non ravvisabilità dei reati, si premurano di dimostrare in fatto, in questa sede, l’adempimento del concordato, senza soffermarsi sulla valenza intrinseca dei movimenti e nel contesto.

 

Al riguardo il Tribunale ritiene inconsistente la giustificazione del destino dato ai cespiti scomparsi dal patrimonio fallimentare, osservando che di essi si è anzitutto disposto attraverso la rappresentazione di dati non rispondenti al vero al notaio (che è impossibile qui verificare se abbia frainteso, men che se ne sia stata fraintesa la deposizione).

 

L’inferenza che i passaggi formali si rapportano intrinsecamente ad un’attività connessa a sottrarre le garanzie patrimoniali della fallita, risulta dunque corretta. Ed è gratuita in particolare la censura dei motivi nuovi che l’ordinanza ritenga estremo dei reati in discorso il fallimento della ELLE ELLE PI(con la conseguente polemica su quel versante, circa la valenza delle opinioni in proposito). Tale fallimento, difatti, ha solo valenza sintomatica conclusiva per quanto interessa la sorte dei valori ricavati dai beni FINASI venduti.

 

E rileva altresì la presenza di DE LORENZO, in una con
l’amministratore formale, in quel fallimento come nei momenti chiave delle operazioni incriminate. L’ordinanza induce in maniera logica il suo contributo, in più dall’apprestamento dei presupposti degli atti incriminati, nelle vicende relative al patrimonio della FINASI.

 

Analogamente risulta incensurabile la motivazione per come resa, con riferimento all’ultimo reato. XXXXXXrisulta dimostrato gestore, al di la dell’incarico formale peraltro significativo, visto che aveva disposizione di beni sociali non trovati al momento del fallimento. Sotto questo profilo, prima che inverificabile in questa sede l’asserto dei motivi nuovi che egli non avrebbe ricevuto la richiesta di consegna del curatore fallimentare, risulta manifestamente irrilevante.

 

Non si tratta di mero inadempimento ad una richiesta formale di alcunché interessi il fallimento, ma proprio dell’assenza di beni del patrimonio, a stregua dell’imputazione formale, cioè di bancarotta fraudolenta (L. Fall. Art. 216).

 

Oltre i motivi di ricorso, e soprattutto quelli nuovi surriferiti, pongono questioni inverificabili oltre il tenore dell’ordinanza, posto che non risultano proposti motivi al Tribunale, e che è impossibile intendere il controllo di legittimità quale verifica suppletiva di fatto. Sembra che il ricorso lo confonda con l’alternativa possibilità di revoca della misura ai sensi dell’art. 299 c. P. P. , quando non con le vertenze in sede civile. 2. 3 – Quanto alle esigenze cautelari, sono ravvisate entrambe alla luce dei comportamenti, in se stessi incontroversi di XXXXXXe pertinenti ai reati incriminati, di cui taluno è sottolineato particolarmente significativo del pericolo di inquinamento. L’ordinanza rapporta infine il pericolo di reiterazione specifica ad ulteriori indici concreti. Ed il dettaglio della motivazione dimostra scrupolosa verifica secondo dettato.

 

Insomma per questo capo l’argomentazione del ricorso, pur dialetticamente assai curata, risulta manifestamente infondata.

 

P. Q. M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

 

ASSOCIAZIONI E SOCIETA’ SPORTIVO DILETTANTISTICHE: ISCRIZIONE AL CONI

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Per ottenere il riconoscimento dello status di “associazione o società sportiva” e, soprattutto, per poter usufruire delle agevolazioni fiscali, è necessaria l’iscrizione nell’apposito Registro nazionale tenuto dal CONI.

L’ISCRIZIONE  AL CONI    

Per ottenere il riconoscimento dello status di “associazione o società sportiva” e, soprattutto, per poter usufruire delle agevolazioni fiscali, è necessaria l’iscrizione nell’apposito Registro nazionale tenuto dal CONI.

Il CONI rappresenta l’organismo cui sono state affidate l’organizzazione e il potenziamento dello sport nazionale, la promozione e la massima diffusione della pratica sportiva.  

 Il Registro è suddiviso in tre sezioni:    

1.  associazioni sportive dilettantistiche senza personalità giuridica (che rappresentano la maggior parte delle associazioni oggi in attività);  

2.  associazioni sportive dilettantistiche con personalità giuridica;  

3.  società sportive dilettantistiche costituite nella forma di società di capitali e di società cooperative.  

Ogni anno il CONI è tenuto a trasmettere all’Agenzia delle Entrate un elenco delle associazioni e delle società iscritte. Sul sito internet  del CONI è possibile  consultare  il Registro nazionale per vedere quali associazioni e società sportive hanno effettuato la registrazione.   

START-UP INNOVATIVA

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Le società tra professionisti sono state previste dalla Legge 183/2011, Legge di stabilità 2012. La disciplina è stata modificata dalla Legge Liberalizzazioni 27/2012, e recentemente dal  nuovo decreto sviluppo (Dl 179/12) pubblicato il 6 novembre 2012 in Gazzetta Ufficiale, che di fatto ha dato avvio alla nuova era delle start-up innovative.  

Start-up innovativa

Le società tra professionisti sono state previste dalla Legge 183/2011, Legge di stabilità 2012. La disciplina è stata modificata dalla Legge Liberalizzazioni 27/2012, e recentemente dal  nuovo decreto sviluppo (Dl 179/12) pubblicato il 6 novembre 2012 in Gazzetta Ufficiale, che di fatto ha dato avvio alla nuova era delle start-up innovative.

Queste società, caratterizzate dall’alto valore tecnologico, possono cominciare a misurarsi con le novità normative destinate a produrre effetti per prime che riguardano il lavoro dei dipendenti e il reddito dei soci.

Le agevolazioni si applicano alle nuove imprese ma anche alle aziende già esistenti, che, però, devono prima (entro 60 giorni dalla conversione del Dl) depositare al Registro imprese una dichiarazione in cui attestano di avere i requisiti per essere considerate start-up innovative. Per gli incentivi fiscali, attualmente inquadrati come detrazione Irpef per chi investe nel capitale sociale, si dovrà attendere un Dm dell’Economia per una disciplina attuativa.

Molto attesa, e operativa praticamente da subito, è la possibilità di assumere personale con contratti a tempo determinato tra sei mesi e quattro anni a partire dalla costituzione della start-up, rinnovabili più volte anche senza soluzione di continuità.  La possibilità di raccolta di capitale diffuso attraverso portali online dovrà, invece, essere regolata dalla Consob entro 90 giorni.  

RETI DI IMPRESA ED IL PIANO INDUSTRIA 2015

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Le Reti di Impresa rappresentano forme di coordinamento di natura contrattuale tra imprese, particolarmente destinate alle PMI che vogliono aumentare la loro massa critica e avere maggiore forza sul mercato, senza doversi fondere o unirsi sotto il controllo di un unico soggetto.

Le Reti di Impresa ed il Piano Industria 2015

Le Reti di Impresa rappresentano forme di coordinamento di natura contrattuale tra imprese, particolarmente destinate alle PMI che vogliono aumentare la loro massa critica e avere maggiore forza sul mercato, senza doversi fondere o unirsi sotto il controllo di un unico soggetto.
Il piano di sviluppo “Industria 2015” prevede che il Governo, su proposta del Ministro dello Sviluppo Economico, insieme ai Ministri dell’Economia e della Giustizia, debba adottare decreti legislativi per:

·        Definire le forme di coordinamento stabile di natura contrattuale tra imprese (che abbiano centri di imputazione soggettiva distinti), idonee a costituire una rete di imprese in forma di gruppo paritetico o gerarchico;

·        Definire i requisiti di stabilità, coordinamento e direzione necessari a riconoscere la rete di imprese;

·        Definire gli effetti giuridici della rete di imprese, anche con riguardo alle conseguenze di natura contabile e impositiva, eventualmente coordinando e modificando le normative vigenti in materia di gruppi e consorzi di imprese;

·        Con riferimento alle reti che comprendono imprese con sede legale in diversi paesi, prevedere una disciplina delle reti transnazionali, eventualmente distinguendo tra reti europee e reti internazionali;

·        Prevedere che ai contratti possano aderire anche imprese sociali ed enti senza scopo di lucro che non esercitino attività d’impresa.

Il Disegno di legge “Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali…”, all’articolo 24 delega il governo ad adottare, nell’arco temporale di dodici mesi, misure adeguate per definire la configurazione giuridica e agevolare la creazione di reti o aggregazioni d’impresa, così come indicato in “Industria 2015”,  che è il Disegno di legge sulla nuova politica industriale varato dal governo italiano il 22 settembre 2006, le cui previsioni sono state recepite dalla Legge Finanziaria 2007.

Industria 2015 stabilisce le linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano del futuro, fondato su:

·        Un concetto di industria esteso alle nuove filiere produttive che integrano manifattura, servizi avanzati e nuove tecnologie;

·        Un’analisi degli scenari economico-produttivi futuri che attendono il nostro Paese, in una prospettiva di medio-lungo periodo (il 2015).  

Sicurezza sul lavoro e responsabilità del datore

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Cassazione, sezione lavoro del 27 settembre 2012  n. 16474: Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore…….

Sicurezza sul lavoro e responsabilità del datore

Cass. , sez. Lav. , 27 settembre 2012, n. 16474

Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento, essendo necessaria, a tal fine, una rigorosa dimostrazione dell’indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, e, con essa, dell’estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere.

(Nella specie, la S. C. Ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso che la condotta del lavoratore – deceduto a seguito di caduta dal tetto a seguito del cedimento dei lucernari in plexiglass mentre eseguiva lavori di “pulitura delle canaline” – avesse i caratteri dell’abnormità o dell’imprevedibilità atteso che, l’ampiezza dell’ordine impartito dal datore di lavoro e l’assenza di specificazioni non poteva non comportare una verifica diretta sul tetto del magazzino).

Nota – La fattispecie riguarda il caso di infortunio mortale di un lavoratore cui era stato affidato il compito di “pulitura delle canaline” sul tetto del magazzino. L’Inail ricorreva avverso il datore per ottenere la condanna dello stesso a corrispondere quanto complessivamente erogato, ex art. 10, Dpr n. 1124/1964. Il giudice di primo grado respingeva la domanda dell’ente assicuratore ritenendo che la condotta del lavoratore fosse stata anomala ed esorbitante rispetto all’attività affidatagli. La Corte d’appello di Torino, invece, accoglieva la richiesta dell’Inail, riformando la sentenza del Tribunale. E ciò in base al fatto che l’ampiezza dell’ordine impartito dal datore di lavoro -“organizzare la pulitura delle canaline”- e l’assenza di specificazioni non poteva non comportare una verifica diretta sul tetto del magazzino da parte del lavoratore. La Corte riteneva, dunque, dovesse escludersi la sussistenza di una condotta imprevedibile ed abnorme da parte del lavoratore rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, tale da giustificare l’esonero del datore da qualsiasi responsabilità in relazione all’infortunio occorso. Infine affermava la responsabilità datoriale in relazione a diversi profili, tra cui la mancanza di direttive quanto all’organizzazione del lavoro richiesto e omessa fornitura di strumenti di protezione individuale. La società ha proposto ricorso in Cassazione deducendo, inter alia, che la colpa del lavoratore -il quale si era recato sul tetto nonostante il programma dei lavori prevedesse che egli restasse a terra e nessuno avesse disposto che egli dovesse salirvi- dovesse valere quale scriminante a favore dell’azienda, ovvero rilevare ai fini della riduzione proporzionale del quantum richiesto dall’Inail tramite azione di regresso.

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso e, richiamando la precedente giurisprudenza sul punto (Cass. N. 4656/2011 e Cass. N. 1994/2012), ha affermato che non può attribuirsi alcun effetto esimente al concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l’esonero totale del datore di lavoro da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva -e non anche concausa- dell’evento. La Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha sostenuto la fondatezza dell’iter logico argomentativo attraverso il quale il giudice di secondo grado aveva attribuito rilievo prevalente all’esistenza di una disposizione dell’amministratore della società che, in quanto ampia e priva di specificazioni (posto che al lavoratore era stato ordinato di organizzare l’esecuzione del lavoro nonostante l’obiettiva situazione di pericolosità, senza la predisposizione di cautele e sicure direttive), oltre a non essere idonea ad integrare un preciso programma dei lavori rispetto al quale valutare un’eventuale abnorme violazione, era tale da rendere alla stessa ricollegabile l’iniziativa del lavoratore di salire sul tetto.

 

CONTRIBUTI ALLE IMPRESE DALLA REGIONE LAZIO

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Con scadenza  il 30 giugno 2013 e  Contributo massimo per singola iniziativa pari ad €. 300. 000,00. La Regione Lazio sostiene progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale condotti in collaborazione tra imprese e/o con eventuale ausilio di Organismi di Ricerca, al fine di promuovere l’aggregazione nel mondo produttivo e la sua integrazione con il mondo della ricerca.   

Contributi alle  imprese dalla Regione Lazio 

Con scadenza  il 30 giugno 2013 e  Contributo massimo per singola iniziativa pari ad €. 300. 000,00. La Regione Lazio sostiene progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale condotti in collaborazione tra imprese e/o con eventuale ausilio di Organismi di Ricerca, al fine di promuovere l’aggregazione nel mondo produttivo e la sua integrazione con il mondo della ricerca.  

Avviso Pubblico

Co-Research 20 milioni di euro per la ricerca e lo sviluppo sperimentale in collaborazione  Unione europea            

Obiettivo

sostenere progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale condotti in collaborazione tra imprese e/o con eventuale ausilio di Organismi di Ricerca, al fine di promuovere l’aggregazione nel mondo produttivo e la sua integrazione con il mondo della ricerca.        

Co-Research  Finanziamento totale 20 milioni di Euro

Contributo massimo: 300. 000,00 Euro

Presentazione domande: entro il 30 giugno 2013

Durata massima: 24 mesi

Ente attuatore Filas spa

Requisito di accesso Media ponderata imponibile IRAP degli ultimi 3 anni: 40. 000,00 Euro

Possono partecipare i seguenti soggetti:

• piccole e medie imprese (PMI) di produzione e di servizi alla produzione in forma singola (necessariamente con il coinvolgimento di un Organismo di Ricerca) o in forma aggregata (tramite ATI, ATS o CONTRATTO  DI RETE anche senza il coinvolgimento dell’Organismo di Ricerca);

• piccole imprese (PI) classificabili come “nuove imprese innovative”, di produzione e di servizi alla produzione, esclusivamente in forma aggregata (tramite ATI, ATS o CONTRATTO  DI RETE anche senza il coinvolgimento dell’Organismo di Ricerca);

• consorzi, formalmente costituiti, tra i soggetti destinatari di cui ai precedenti punti e necessariamente con il coinvolgimento di un Organismo di Ricerca.    Sono finanziabili progetti di sviluppo sperimentale e, eventualmente per una quota massima del 30%, di ricerca industriale. I costi del progetto considerati ammissibili, al netto dell’IVA, sono i seguenti:

• personale dipendente;

• acquisizione di nuove strumentazioni e attrezzature, per le quote di ammortamento calcolate sulla base delle buone pratiche contabili;

• servizi di consulenza e di servizi equivalenti;

• commesse di servizio per attività svolta dagli Organismi di Ricerca;

• acquisto di materiali di consumo funzionali al progetto;

• spese generali derivanti direttamente dalle attività relative allo svolgimento del progetto di R&S. L’ammontare complessivo dei costi presentati non potrà essere inferiore a 300. 000,00 Euro.

Si può richiedere un contributo massimo pari al (Regolamento CE n. 800/2008):

• 45% per le PI e 35% per le Medie Imprese (MI) che presentano progetti di sviluppo sperimentale;

• 60% per le PI e 50% per le MI che presentano progetti di sviluppo sperimentale in collaborazione*.

Per la quota del progetto riguardante la ricerca industriale:

• 70% per le PI e 60% per le MI;

• 80% per le PI e 75% per le MI se in collaborazione*; Tetto massimo in valore assoluto, per ciascun progetto, pari complessivamente a 300. 000,00 Euro.

è possibile richiedere un’erogazione in conto anticipo fino al 50% del contributo concesso, a fronte di idonea fidejussione.

*collaborazione effettiva tra almeno due imprese indipendenti l’una dall’altra (cfr. Art. 31 c. 4 del Regolamento CE 800/08), costituite sottoforma di ATI, ATS, Contratti di Rete.    Le domande si presentano esclusivamente per via telematica.

 

CARBURANTE: PER CHI ACQUISTA CARBURANTE O COMBUSTIBILE ESCLUSIVAMENTE CON CARTA DI CREDITO È ABOLITA LA SCHEDA CARBURANTE , RESTA SALVO IL DIRITTO PER LA DETRAZIONE IVA E DEDUCIBILITÀ DEL COSTO.

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i soggetti all’imposta sul valore aggiunto che effettuano gli acquisti di carburante esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente     della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, non sono soggetti all’obbligo di tenuta della scheda carburante previsto dal presente regolamento”.   

CARBURANTE: Per chi acquista carburante o combustibile esclusivamente  con carta di credito è abolita  la Scheda Carburante , resta salvo il diritto per  la detrazione Iva e deducibilità del Costo.   Le  novità  introdotte  dal  decreto  legge  13 maggio 2011, n. 70 (cd “decreto sviluppo”)      

La documentazione delle operazioni di acquisto di carburanti per autotrazione presso impianti stradali di distribuzione effettuati da parte di soggetti IVA nell’esercizio d’impresa, arte o professione è soggetta ad una specifica disciplina, derogatoria delle ordinarie regole previste dal D. P. R. 26 ottobre 1972, n. 633 in materia di certificazione delle operazioni.   In particolare, con l’articolo 2 della legge 21 febbraio 1977, n. 31, è stato disposto che “con decreti del Ministro delle Finanze saranno stabilite norme dirette a   disciplinare   la   documentazione   relativa   agli   acquisti   di   carburanti   per     autotrazione, effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte di soggetti all’I. V. A. Tale documentazione sostitutiva della fattura di cui all’art. 22 del D. P. R.   26  ottobre  1972,  n.   633,  potrà  essere  stabilita  nella  forma  di  scheda, registro, bollettario od altro e dovrà contenere tutti gli elementi atti ad identificare l’operazione.    Con   gli   stessi   decreti   saranno   stabilite   le   modalità   per   la compilazione, la tenuta e la conservazione della suddetta documentazione”.   La disciplina attuativa della c. D. “scheda carburante” è stata prevista con il D. M. 7 giugno 1977; successivamente il D. P. R. 10 novembre 1997, n. 444 (attuativo della delega contenuta nell’art. 3, comma 137, lett. D), della legge 23 dicembre 1996, n. 662) ha dettato specifiche norme regolamentari che hanno modificato le regole di redazione   della   scheda   predetta,   anche   al   fine   di   semplificare   il   relativo adempimento.  

L’istituzione e la tenuta della scheda carburante rileva sia ai fini IVA – in quanto dalla sua regolare tenuta discende l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto – sia ai fini della deduzione del costo di acquisto in relazione all’imposizione diretta. Tale previsione si collega al divieto per i gestori di impianti stradali di distribuzione di carburanti per autotrazione, contenuto nella medesima disposizione, di emettere fattura per la cessione di tali prodotti, salvo che per le cessioni effettuate nei confronti dello Stato, di taluni enti e degli autotrasportatori di cose per conto terzi.

L’articolo  7, comma  2, lettera  p),  del  D. L.   13  maggio  2011,  n. 70 (c. D. Decreto sviluppo) – convertito con legge del 12 luglio 2011, n. 106 – ha aggiunto il comma 3-bis all’articolo 1 del richiamato D. P. R. N. 444 del 1997, prevedendo che “In deroga a quanto stabilito al comma 1,

i soggetti all’imposta sul valore aggiunto che effettuano gli acquisti di carburante esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente     della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, non sono soggetti all’obbligo di tenuta della scheda carburante previsto dal presente regolamento”.  

In via preliminare occorre precisare che le disposizioni introdotte dal Decreto sviluppo non interessano il sistema delle “carte fedeltà” associate al contratto di “netting”, in forza del quale il gestore dell’impianto di distribuzione  si obbliga verso la società petrolifera ad effettuare cessioni periodiche o continuative in favore dell’utente  il  quale  utilizza,  per il pagamento,  un sistema  di tessere  magnetiche rilasciate direttamente dalla società petrolifera.  

Come  già chiarito  con  la  circolare  n. 205  del  12  agosto  1998, infatti,  il rapporto che si instaura per effetto del richiamato contratto di “netting”, è riconducibile alla somministrazione di beni di cui all’articolo 1559 del Codice civile, “contratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose”. Non è, pertanto, assimilabile alle cessioni di beni disciplinate dalle disposizioni del citato D. P. R. N. 444 del 1997, che delimitano l’ambito applicativo della disciplina concernente la scheda carburante e delle nuove disposizioni introdotte dal decreto sviluppo.  

Forniamo alcuni chiarimenti in merito agli effetti delle disposizioni normative introdotte dal Decreto sviluppo relative alla soppressione  della  scheda  carburante  per  i  soggetti  che  effettuano  l’acquisto mediante carte di credito, carte di debito o carte  prepagate emesse da operatori finanziari  soggetti  all’obbligo  di  comunicazione  previsto  dall’articolo  7,  sesto comma, del D. P. R. N. 605 del 1973.    

1. Ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della nuova disciplina.

Le modifiche normative introdotte dal decreto sviluppo in materia di scheda carburante rappresentano un sistema documentale alternativo rispetto alla disciplina prevista dal D. P. R. N. 444 del 1997 che, dunque, continua ad operare per quanti, non intendendo provvedere all’acquisto di carburante mediante strumenti di pagamento elettronico, vogliano comunque procedere alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti e alla deduzione del costo di acquisto ai fini delle imposte sui redditi.   La norma esonera dall’obbligo della scheda carburante solo coloro che effettuano gli acquisti di carburante esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate.   Ne consegue che i soggetti che effettuano i pagamenti anche mediante mezzi diversi (es. Contanti) sono tenuti all’adozione della scheda carburante per tutti gli acquisti di carburante effettuati nel periodo d’imposta.   I due sistemi di certificazione risultano tra loro alternativi: anche alla luce delle finalità di semplificazione che il legislatore ha inteso perseguire, deve ritenersi che la scelta dell’uno o dell’altro sistema di documentazione possa essere riferita al soggetto d’imposta – esercente attività imprenditoriale, artistica o professionale – in modo unitario.

In altri termini, la modalità di documentazione delle operazioni di acquisto di carburanti per autotrazione riferite ad un medesimo soggetto d’imposta deve essere unica, essendo a tale fine irrilevante l’eventuale presenza di più veicoli utilizzati nello svolgimento dell’attività.  

Non è necessario che la carta elettronica sia utilizzata esclusivamente per l’acquisto di carburante, potendo il medesimo mezzo di pagamento essere utilizzato anche per effettuare altri acquisti.   Naturalmente,   se   contestualmente   all’acquisto   di   carburante   vengono effettuati anche acquisti di beni/servizi di diverso genere, è necessario che l’acquisto     di carburante avvenga mediante una transazione distinta, al fine di consentirne la separata individuazione.  

Inoltre, considerato che le persone fisiche esercenti arti e professioni e gli imprenditori individuali non sono obbligati,  in via generale, alla  tenuta di conti correnti  bancari  o  postali  “dedicati”  all’attività  svolta,  la  carta  utilizzata  per l’acquisto di carburante non è necessario che sia utilizzata esclusivamente per gli acquisti relativi all’attività d’impresa o artistica o professionale.  

L’articolo 1, comma 3-bis, del D. P. R. N. 444 del 1997 dispone, infine, che le carte di credito, le carte di debito e le carte prepagate devono essere emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.   Si tratta, in particolare, delle banche, della società Poste italiane Spa, degli intermediari   finanziari,   delle   imprese   di   investimento,   degli   organismi   di investimento collettivo del risparmio, delle società di gestione del risparmio, nonché di ogni altro operatore finanziario, tenuti a “rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1. 500 euro”. Tali soggetti sono, inoltre, tenuti a comunicare all’anagrafe tributaria l’esistenza dei rapporti e di qualsiasi operazione, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché  la  natura  degli  stessi,  e  tali  comunicazioni  sono  archiviate  in  apposita sezione, “con l’indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale”.      Il richiamato obbligo di comunicazione, per espressa previsione dell’articolo  7, comma 6, non opera con riferimento ai soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui la normativa nazionale non risulta applicabile. Da ciò discende che, stante l’espresso richiamo operato dall’articolo 1, comma 3-bis, all’obbligo di comunicazione previsto dal D. P. R. N. 605 del 1972, le carte di credito, le carte di debito e le carte prepagate devono essere emesse da soggetti residenti nel territorio dello Stato ovvero dotati di una stabile organizzazione in Italia.   

2. Documentazione delle operazioni 

Le modifiche apportate dal decreto legge n. 70 del 2011, adottate in un’ottica di semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti, non possono far venire meno, in toto, l’esigenza di disporre di una serie di elementi, necessari a consentire   la  verifica   dell’esistenza   del  diritto  alla  detrazione   IVA  e  della deducibilità del costo nella misura spettante, in capo al soggetto acquirente. Detti elementi, in particolare, sono indispensabili per ricollegare l’acquisto effettuato al soggetto, persona fisica o giuridica, che esercita un’attività d’impresa o un’arte o una professione.

Si ritiene, pertanto, necessario che il mezzo di pagamento sia intestato al soggetto che esercita l’attività economica, l’arte o la professione e che dall’estratto conto rilasciato dall’emittente della carta emergano tutti gli elementi necessari per l’individuazione dell’acquisto, quali, ad esempio, la data ed il soggetto presso il quale è effettuato il rifornimento, nonché l’ammontare del relativo corrispettivo. Le richiamate indicazioni si riferiscono, evidentemente, ad un contenuto “minimo” che deve risultare dalla documentazione dell’acquisto di carburante per consentire sia la detrazione ai fini IVA sia la deduzione del relativo costo. Va da sé che  la  documentazione  dalla  quale  risultino  ulteriori  dettagli  che  valgano  ad associare ogni singola transazione ad uno specifico veicolo, consentirebbe un più     agevole esercizio del potere di controllo. Ad esempio, gli strumenti di pagamento dedicati alle aziende emessi da diversi operatori del settore – dai quali emerge la rendicontazione distinta per ciascun autoveicolo utilizzato dal dipendente anche ai fini del controllo interno di gestione – possono considerarsi idonei a garantire tale più ampia e dettagliata certificazione degli acquisti di carburante per autotrazione.    

REGIME DEI NUOVI MINIMI: GUIDA E VADEMECUM

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Guida al Nuovo regime dei minimi e Modalità di applicazione del regime contabile agevolato di cui all’articolo 27, comma 3, del D. L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111).    

Nuovi Minimi:    Modalità di applicazione del regime contabile agevolato di cui all’articolo 27, comma 3, del D. L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111).    

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA 

In base alle attribuzioni conferitegli dalle norme indicate nei riferimenti normativi   

Dispone   

1. Soggetti ammessi al regime contabile agevolato 

1. 1. Dal 1° gennaio 2012, le persone fisiche che, pur avendo le caratteristiche di cui ai commi 96 e 99, dell’articolo 1, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ossia che:

a) nell’anno solare precedente: 

1.  hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30. 000 euro;

2.  non hanno effettuato cessioni all’esportazione; 

3.  non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, programma di lavoro o fase di esso, ai sensi degli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, né erogato somme sotto forma di utili da partecipazione agli associati di cui all’articolo 53, comma 2, lettera c), dello stesso testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986;

b) nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15. 000 euro;

c) non si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;

d) sono soggetti residenti; 

e) non effettuano in via esclusiva o prevalente cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto- legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

f) non partecipano a società di persone o associazioni di cui all’articolo 5 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all’articolo 116 del medesimo testo unico;

accedono al regime contabile agevolato di cui all’articolo 27, comma 3, del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98 convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, in quanto: 

a.  non possono beneficiare del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità perché non possiedono gli ulteriori requisiti previsti dall’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98; 

b.  fuoriescono dal regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità per decorrenza dei termini di applicazione stabiliti dall’articolo 27, comma 1, del 6 luglio 2011 n. 98.

1. 2. Possono, altresì, accedere al regime contabile agevolato: 

a) I soggetti che, pur avendo le caratteristiche di cui ai commi 96 e 99, dell’articolo 1, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, hanno optato per il regime ordinario ovvero per il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo di cui all’articolo 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

b) I soggetti che, pur avendo le caratteristiche di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, hanno optato per il regime ordinario ovvero per il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo di cui all’articolo 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

Resta fermo il vincolo triennale conseguente all’opzione per il regime ordinario.  1. 3 Nel caso in cui i soggetti che si avvalgono del regime contabile agevolato esercitino contemporaneamente più attività, ai fini dell’individuazione del limite dei compensi o dei ricavi, nonché del limite relativo all’acquisto di beni strumentali, stabiliti dall’articolo 1, comma 96, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, si fa riferimento alle attività complessivamente esercitate.   

2. Soggetti esclusi 

2. 1. Sono esclusi dal regime contabile agevolato i soggetti di cui all’articolo 3 del decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze 2 gennaio 2008, ossia coloro che si avvalgono delle seguenti disposizioni:

a) articoli 34, 34-bis, 74, primo, secondo e sesto comma e 74-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633; 

b) articolo 5, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413; 

c) articolo 25-bis, comma 6, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; 

d) articoli 36 e 40-bis del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85.

2. 2. La causa di esclusione di cui al precedente punto 2. 1. Lettera a) non ricorre per i produttori agricoli che esercitano l’attività nei limiti dell’articolo 32 del testo unico delle imposte sul reddito approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.   

3. Determinazione del reddito 

3. 1. I contribuenti di cui al punto 1. 1 determinano il reddito di lavoro autonomo o d’impresa rispettivamente ai sensi degli articoli 54 e 66 del testo unico delle imposte sul reddito approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.    

4. Opzione per il regime ordinario 

4. 1. I contribuenti di cui al punto 1. 1 possono optare per l’applicazione del regime contabile ordinario di cui agli articoli 14, 18 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 600.

4. 2 L’opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata.

4. 3 Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime contabile ordinario, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.  

5. Semplificazioni 

5. 1 I contribuenti che si avvalgono del regime contabile agevolato sono esonerati dai seguenti obblighi:

a) registrazione e tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto;

b) tenuta del registro dei beni ammortizzabili qualora, a seguito di  richiesta dell’Amministrazione finanziaria, forniscano, ordinati in forma sistematica, gli stessi dati previsti dall’articolo 16 del predetto decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;

c) liquidazioni e versamenti periodici dell’imposta sul valore aggiunto; 

d) versamento dell’acconto annuale dell’imposta sul valore aggiunto; 

e) presentazione della dichiarazione ai fini dell’imposta sulle attività produttive, di cui all’articolo 19 dal d. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, e versamento della relativa imposta.

5. 2. Restano fermi i seguenti adempimenti: 

a) conservazione dei documenti ricevuti ed emessi, ai sensi dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;

b) fatturazione e certificazione dei corrispettivi, qualora non ricorrano le condizioni di esonero previste per le attività di cui all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696;

c) comunicazione annuale dei dati IVA di cui all’articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, qualora il volume d’affari sia uguale o superiore a euro 25. 822,84;

d) presentazione delle dichiarazioni annuali ai fini delle imposte dirette e dell’imposta sul valore aggiunto;

e) versamento annuale dell’imposta sul valore aggiunto; 

f) versamento dell’acconto e del saldo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche;

g) versamento dell’acconto e del saldo delle addizionali comunali e regionali all’’imposta sul reddito delle persone fisiche;

h)  adempimenti dei sostituti d’imposta previsti dall’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dall’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

i)   comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto prevista all’articolo 21, comma 1, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78; 

j)   comunicazione all’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, dei dati relativi alle operazioni effettuate nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi a fiscalità privilegiata di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, e dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001.   

6. Studi di settore 

6. 1. I contribuenti che applicano il regime contabile agevolato sono soggetti agli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 ed ai parametri di cui alla legge 28 dicembre 195, n. 549, nonché alla compilazione del modello per la comunicazione dei relativi dati, come disposto dall’articolo 7 comma 2, lett. B) del decreto ministeriale 2 gennaio 2008; 6. 2 Ai fini dell’individuazione del limite relativo all’ammontare dei ricavi conseguiti e dei compensi percepiti, di cui all’articolo 1, comma 96 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, non rileva l’adeguamento ai ricavi o compensi determinati sulla base degli studi di settore o dei parametri.   

7. Passaggi tra regimi 

7. 1 Il regime contabile agevolato cessa di avere applicazione: 

a) dall’anno successivo a quello in cui viene meno una delle condizioni di cui al punto 1. 1. O si verifica una causa di esclusione di cui al punto 2. 1 del presente Provvedimento;

b) a seguito di opzione per il regime contabile ordinario.  

7. 2 I soggetti di cui al punto precedente applicano il regime contabile agevolato dal periodo di imposta successivo a quello in cui riacquistano le caratteristiche di cui ai commi 96 e 99, dell’articolo 1, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ovvero a seguito di revoca del regime contabile ordinario.   

Motivazioni 

Con il presente provvedimento sono stabilite le disposizioni necessarie per l’attuazione delle norme recate dal citato dall’articolo 27, commi 3, 4 e 5, del decreto legge del 6 luglio 2011, n. 98, concernente il regime contabile agevolato previsto per i soggetti che posseggono i requisiti di cui all’articolo 1, commi 96 e 99 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. In particolare sono dettate le disposizioni concernenti i requisiti di accesso e fuoriuscita dal regime contabile agevolato, le semplificazioni e gli obblighi connessi a tale regime, nonché sono stabiliti i criteri di determinazione del reddito.   

Si riportano i riferimenti normativi dell’atto.      

Attribuzioni del Direttore dell’Agenzia delle entrate.    

Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (articolo 66, articolo 67, comma 1, articolo 68, comma 1, articolo 71, comma 3, lettera a).  Statuto dell’Agenzia delle entrate (articolo 5, comma 1, e articolo 6, comma 1). Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate (articolo 2,comma 1 e articolo 5, comma 4).    Disciplina normativa di riferimento.     Decreto legge del 6 luglio 2011, n. 98 – Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria (articolo 27, comma 3); Legge 24 dicembre 2007, n. 244 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008) (Articolo 1, commi da 96 a 117); decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.  633 – Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto; Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 – Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi; Testo unico delle imposte sul reddito approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni (articolo 32); Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696 – Regolamento recante norme per la semplificazione degli obblighi di certificazione dei corrispettivi; Decreto del Presidente della Repubblica   10 novembre 1997, n. 442 – Regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte dirette; Decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 – Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; Decreto legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito dalla legge 22 maggio 2010, n. 73 – Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l’altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori (articolo 1); Decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze 2 gennaio 2008 – Modalità applicative per il regime dei contribuenti minimi in attuazione dell’articolo 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008).    

La pubblicazione del presente provvedimento sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate tiene luogo della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’articolo 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.   

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