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LAVORATORI AGRICOLI: RIDUZIONE CONTRIBUTIVA DEI CONTRIBUTI ASSICURATIVI INAIL

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Lavoratori  agricoli: riduzione  contributiva  in  misura  non  superiore  al  venti  per cento dei contributi dovuti per l’assicurazione inail dei lavoratori agricoli dipendenti.

Direzione Centrale Entrate    Roma, 13/11/2012         

Circolare n. 130

OGGETTO: Legge 24 dicembre 2007, n. 247 – art. 1, comma 60 Applicazione riduzione  contributiva  per  l’assicurazione   dei  lavoratori  agricoli. Nuovo servizio telematico in via esclusiva.     

Quadro Normativo   

d. P. R. N. 1124 del 30 giugno 1965: “Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria  contro  gli  infortuni  sul  lavoro  e  le  malattie  professionali”  e  successive modifiche ed integrazioni.   Artt. 1, 4 (nn. 1 e 5), 29, 30 (commi 1 e 4), 41, 42 e 116 (comma 3);

d. M. 8 agosto 1996 e s. M. I. : “Rivalutazione delle prestazioni economiche dell’Inail dal 1° gennaio 1996 per il settore agricoltura”;

d. M. 12 dicembre 2000: “ Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali delle gestioni industria, artigianato, terziario, altre attività e relative modalità di applicazione”;

d. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 “Codice dell’amministrazione  digitale”, come modificato e integrato dal decreto legislativo30 dicembre 2010, n. 235. Art. 5-bis: “Comunicazioni tra imprese e amministrazioni pubbliche”;

legge 3 agosto 2007, n. 123: “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”

legge  24  dicembre  2007,  n. 247 “Norme  di attuazione  del Protocollo  del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”;

d. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81: “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” e s. M. I.

d. M. 3 dicembre  2010: Approvazione della delibera n. 79 del Presidente-Commissario straordinario  dell’Inail  del 21 aprile 2010, concernente  la “Riscrittura  a tariffa vigente dell’art. 24 del decreto ministeriale 12 dicembre2010”

d. P. C. M.   22  luglio  2011:  “Comunicazioni  con  strumenti  informatici  tra  imprese e amministrazioni  pubbliche,  ai  sensi  dell’articolo  5-bis  del  Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo7 marzo 2005, n. 82 e successive modificazioni”.    

Premessa   

Tra le altre disposizioni  il c. D. Protocollo sul Welfare[1], prevede[2] che, con effetto dal 1° gennaio  2008,  Inail  applica  una  riduzione  in  misura  non  superiore  al  venti  per cento dei contributi dovuti per l’assicurazione dei lavoratori agricoli dipendenti, entro il limite annuo di venti milioni di euro.

La riduzione si applica esclusivamente sulla percentuale di contribuzione versata ad Inps ai fini dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali e solo in presenza delle condizioni di seguito individuate.  

Ambito soggettivo di applicazione 

La riduzione è concessa alle imprese: 

a. In regola con tutti gli obblighi in tema di sicurezza e igiene del lavoro previsti dal decreto legislativo  19  settembre  1994,  n.   626  e  successive  modificazioni  e  dalle specifiche normative di settore, nonché con gli adempimenti contributivi e assicurativi;

b. Che  abbiano  adottato,  nell’ambito  di  piani  pluriennali  di  prevenzione,  misure  per l’eliminazione delle fonti di rischio e per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro;

c. Che non abbiano   registrato infortuni nel biennio precedente  alla data della richiesta di ammissione al beneficio o siano state destinatarie dei provvedimenti sanzionatori di cui all’articolo 5 della legge 3 agosto 2007, n. 123[3].   

Al beneficio sono ammesse, dunque, solo le aziende, in regola con gli adempimenti contributivi ed assicurativi, che: 

·        sono  attive  da almeno  un biennio,  intendendosi  per tali le aziende  che, nelle due annualità  precedenti,  hanno  instaurato  almeno  un  rapporto  di  lavoro  (sia  a tempo indeterminato  che determinato)  regolarmente  denunciato all’Istituto attraverso la dichiarazione trimestrale della manodopera occupata (modello DMAG/Unico);

·        hanno adottato, nell’ambito di piani pluriennali di prevenzione, misure per l’eliminazione  delle  fonti  di rischio  e per il miglioramento  delle  condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro. Il requisito è soddisfatto allorché le aziende abbiano specificamente indicato nel documento di valutazione del rischio “il programma delle misure  ritenute  opportune  per garantire  il miglioramento  nel tempo dei livelli di sicurezza” ovvero abbiano provveduto ai sensi dell’art. 29 comma 5 del d. Lgs. 81/2008 ad  autocertificare   l’effettuazione   della   valutazione   dei   rischi,   disponendo   anche l’indicazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza[4];

·        non hanno registrato infortuni nel biennio precedente alla data della richiesta di ammissione  al  beneficio.   Il  biennio  di  riferimento  è  quello  che immediatamente precede l’annualità cui si riferisce lo sconto[5]. Sono, pertanto, escluse le aziende con data inizio attività successiva al primo gennaio del biennio di osservazione. Nel biennio non devono essere presenti infortuni “denunciati” sia a seguito di certificato medico che di denuncia del datore di lavoro. Non è esclusa l’applicabilità della riduzione dalla presenza di infortuni in itinere od infortuni in franchigia, ovvero di infortuni definiti negativamente nel biennio  di attività e non  successivamente  (in questo secondo caso configurandosi, infatti, nel biennio   l’ipotesi dell’infortunio  denunciato). Allo stesso modo la presenza di malattia  professionale,  stante  le  particolari  caratteristiche  che  ne  tipizzano  tempi di emersione ed accertamento, non esclude l’applicabilità dello sconto.  

d.     non sono state destinatarie  di provvedimenti  sanzionatori  di cui all’art. 5 della legge  3  agosto  2007,  n. 123.   Tale  requisito,  dichiarato  dall’azienda  al  momento  della presentazione dell’istanza, sarà oggetto di successive verifiche da parte di Inail, d’intesa con le Direzioni territoriali del lavoro.  

Modalità e termini per la presentazione dell’istanza.

Nuovo servizio telematico in via esclusiva.   L’applicazione   del   beneficio   è  subordinata   alla   presentazione   di  apposita   richiesta di ammissione come da modello allegato.

Per  l’attuazione  della  previsione  normativa  è stato  realizzato  da  Inail  un apposto servizio telematico, da utilizzare come modalità esclusiva[6], in tutto analogo a quello previsto per lo sconto ex art. 24, del d. M. 12. 12. 2000 e s. M. I.

A regime l’istanza dovrà essere presentata nel periodo intercorrente tra il 1° giugno e il 30 giugno di ogni anno. Per il corrente anno le istanze devono essere presentate a partire dal 12 novembre e fino al 30 novembre 2012, considerato termine ultimo.

Al fine della presentazione della domanda, il titolare non presente nella Banca dati in quanto non  assicurato  Inail  – deve  effettuare  la registrazione  sul sito dell’Istituto  come di seguito specificato:

1. Collegarsi al sito inail. It;

2. Selezionare Registrazione;

3. Accedere alla sezione Registrazione utente generico;

4.    compilare  con i suoi dati la maschera  “Registrazione  utente generico”  avendo  cura di scegliere  il  gruppo  “Azienda  non  soggetta  all’assicurazione  INAIL  “  e,  infine, cliccare su “SALVA”. L’utente  che  si  è  registrato  riceverà  all’indirizzo  e-mail  che  ha  indicato nella maschera “Registrazione utente generico” un messaggio con l’indicazione di una password. Con  il proprio codice  fiscale  e la password, 

l’utente entrerà  sul sito www. Inail. It, sportello virtuale “Punto Cliente”, dove selezionerà la funzione “Ditte non Inail” – “Anagrafica” (Nuova ditta) compilerà una maschera con tutti i dati anagrafici della Ditta. A questo punto, verrà attribuito alla Ditta il numero di “Codice Cliente” ed un numero di pin (4 cifre).

Dopo aver effettuato il primo accesso ai Servizi di Punto Cliente, ed aver personalizzato la password, la ditta potrà accedere all’applicazione “Modulo riduzione agricoli”, presente nella citata sezione “Punto Cliente”. Le  aziende  già  registrate,   effettuando   l’accesso  ai  Servizi  di  Punto  Cliente, potranno visualizzare la procedura “Modulo riduzione agricoli”. Nel  caso  in  cui  il  datore  di  lavoro  decida  di  avvalersi  di  un intermediario già autorizzato all’accesso  su  “Punto  Cliente”,  questi  avrà  la  possibilità  di  procedere  alla  presentazione dell’istanza di riduzione per i clienti in delega, senza effettuare altre operazioni; se la ditta non è ancora inserita nelle deleghe  del consulente  del lavoro,  perché non  soggetta  ad Inail, il consulente medesimo potrà effettuare le operazioni di registrazione per conto della ditta come sopra descritto.

La procedura rilascia all’utente ricevuta della presentazione dell’istanza attraverso l’invio di un messaggio di posta elettronica. In caso di difficoltà  ad eseguire le sopraindicate  operazioni  è possibile  ricevere assistenza contattando il Contact Center Integrato Inps/Inail al numero 803164.    

Successivo iter istruttorio    

a)Inail  A seguito della presentazione dell’istanza la procedura provvederà in automatico a scartare le ditte che presentano infortuni denunciati nel biennio precedente, ammettendo al beneficio solo le altre. I provvedimenti  di reiezione  verranno  generati  in automatico  dalla medesima  procedura a firma del dirigente della Sede Inail competente per territorio. La lista delle domande ammesse, prodotta in automatico da procedura, verrà trasferita ad Inps che dovrà provvedere al controllo di regolarità contributiva.  

b) Inps L’Istituto ritrasferirà ad Inail la lista definitiva delle aziende da ammettere allo sconto entro il 31 dicembre dell’anno successivo  (31. 12. 2013 per le istanze presentate nel 2012). La tempistica è collegata sia ai termini di pagamento dei contributi agricoli unificati che, com’è noto,  devono  essere  pagati  entro  il  giorno  16  del  quinto  mese  successivo  a quello di presentazione  del  modello  DMAG/Unico  trimestrale,  sia  alla  circostanza  che  il controllo di regolarità contributiva può essere effettuato solo successivamente alla scadenza del termine di pagamento dei contributi relativi all’ultimo trimestre dell’anno oggetto di verifica[7].  

Calcolo percentuale di sconto

Sulla base  delle istanze  presentate  e dei controlli  effettuati  da Inps ed Inail sarà possibile individuare le aziende beneficiarie dello sconto e calcolare la relativa percentuale di riduzione spettante per il 2012 – che sarà   fissata con successiva determina del Presidente dell’Inail – dandone comunicazione ad Inps che ammetterà a sgravio le aziende in questione, computando la  percentuale   comunicata   da  Inail  nella  contribuzione   dovuta  per  il  primo trimestre dell’annualità  successiva a quella in cui scade il termine di pagamento dei contributi relativi all’anno oggetto dello sconto[8]. La riduzione contributiva verrà applicata in aggiunta ad altre riduzioni dovute alle aziende di riferimento.

Applicazione della riduzione per le annualità  pregresse (2008-2009-2010-2011) 

Per  tali  annualità,  tenuto  conto  dell’impossibilità,  trattandosi  di  annualità  già trascorse, di operare in base a previa istanza di ammissione al beneficio, secondo quanto previsto dalla norma, si è deciso d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali[9] di applicare la riduzione d’ufficio alle aziende, attive da almeno un biennio[10],  che non hanno denunciato infortuni nel medesimo periodo, riservandosi gli Istituti la possibilità di effettuare verifiche sul possesso degli ulteriori requisiti previsti. Allo stato si procederà  al calcolo  della percentuale  di riduzione  per la sola annualità 2011, annualità  per  la  quale  il  computo  è possibile  in  quanto  Inail  è in  possesso  di tutti i dati necessari  ed ha già avviato le attività per la determinazione  della aliquota  di riduzione in questione, che sarà fissata sempre con provvedimento del presidente dell’Inail.  

Allegato: Modello per la presentazione on line dell’istanza di riduzione.   

[1] Legge 24 dicembre 2007, n. 247 “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007).

[2] Art. 1, comma 60.

[3] Ad oggi art. 14, Decreto Legislativo 9 aprile 1981 come modificato dall’art. 11, Decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106

[4] Nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 24. 05. 2011 n. 9314.

[5] Le annualità fanno riferimento all’anno solare. Esempio: per il 2012 il biennio di riferimento è 1° gennaio 2010 – 31 dicembre 2010  / 1° gennaio 2011 – 31 dicembre 2011.

[6]   La   realizzazione   del   nuovo   servizio   telematico   è  prevista   nel   “Programma di informatizzazione   delle   comunicazioni   con  le   imprese”,   approvato   con  determina  del Commissario straordinario n 216 del 5 luglio 2012.

[7] Es. IV trimestre 2012, scadenza 16 giugno 2013.

[8] Esempio  annualità  2012: il versamento  dei contributi  agricoli  ad Inps si completa  nel giugno 2013. Inail riceve da Inps le liste definitive nel dicembre 2013. Lo sgravio è attribuito nel 2014.

[9] Note del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 24. 05. 2011, n. 9314 e del 20. 09. 2012, n. 13330.

[10] Le annualità fanno riferimento all’anno solare. Esempio: per il 2011 il biennio di riferimento è 1° gennaio 2009 – 31 dicembre 2009/1° gennaio 2010 – 31 dicembre 2010. Sono presenti i seguenti 

IVA PER CASSA (cash accounting): CIRCOLARE 44E 26 NOVEMBRE 2012

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L’articolo 32-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (di seguito articolo 32-bis), ha introdotto nel nostro ordinamento il regime di IVA per cassa, cd. “cash accounting”,    di  cui  all’articolo  167  bis  della  Direttiva  2006/112/CE  del Consiglio del 28 novembre 2006, come modificata dalla Direttiva 2010/45/UE del 13 luglio 2010.  

IVA PER CASSA: CIRCOLARE 44E 26 NOVEMBRE 2012

CIRCOLARE N. 44/E     Direzione Centrale Normativa  Roma, 26 novembre 2012          OGGETTO:  Liquidazione dell’IVA secondo la contabilità di cassa, cd. Cash accounting –  Articolo 32-bis del d. L. 22  giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134

INDICE 

PREMESSA

CARATTERISTICHE DEL CASH ACCOUNTING

LIMITE DI VOLUME DI AFFARI

DIFFERIMENTO DELL’ESIGIBILITà

DIFFERIMENTO DELLA DETRAZIONE

OPERAZIONI ESCLUSE DAL CASH ACCOUNTING

ADEMPIMENTI

ESERCIZIO DELL’OPZIONE

ALTRI ADEMPIMENTI

ADEMPIMENTI DEL CESSIONARIO O COMMITTENTE

ENTRATA IN VIGORE E REGIME TRANSITORIO

 

Premessa 

L’articolo 32-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (di seguito articolo 32-bis), ha introdotto nel nostro ordinamento il regime di IVA per cassa, cd. “cash accounting”,    di  cui  all’articolo  167  bis  della  Direttiva  2006/112/CE  del Consiglio del 28 novembre 2006, come modificata dalla Direttiva 2010/45/UE del 13 luglio 2010.

 

Tale regime prevede che “. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi  effettuate da  soggetti  passivi  con  volume d’affari  non  superiore a  2 milioni di euro, nei confronti di cessionari o di committenti che agiscono nell’esercizio  di  impresa,  arte  o  professione,  l’imposta  sul  valore  aggiunto diviene  esigibile  al  momento del  pagamento dei  relativi  corrispettivi. Per  i medesimi soggetti l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta relativa agli acquisti dei beni o dei servizi sorge al momento del pagamento dei relativi corrispettivi.

In  ogni  caso, il  diritto alla detrazione dell’imposta in  capo al cessionario o al committente sorge al momento di effettuazione dell’operazione, ancorché il corrispettivo non sia stato ancora pagato. ”

Il differimento della esigibilità ed il differimento della detrazione relativa agli acquisti effettuati dal soggetto che opta per l’IVA per cassa è limitato nel tempo in quanto l’imposta diviene, comunque, esigibile e detraibile dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, a meno che, prima del decorso di tale termine, il cessionario o committente sia stato assoggettato a procedure concorsuali Il “cash accounting”   di cui all’articolo 32-bis entra in vigore, come previsto dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, il 1° dicembre 2012 e sostituisce il regime IVA per cassa  previsto dall’articolo 7 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 che, pertanto, è abrogato a decorrere da tale data.

Il  regime di  IVA  per  cassa  previsto da  quest’ultima disposizione si differenzia da quello introdotto dall’articolo 32- bis per alcuni aspetti essenziali  e,  in  particolare,  per  il  fatto  di  essere  applicato  in  relazione  alla  singola operazione ed in quanto comporta per il cessionario/committente il differimento della detrazione a partire dal momento in cui effettua il pagamento del prezzo dei beni e servizi acquistati. L’articolo 32-bis ha stabilito per i soggetti che optano per il regime del “cash accounting” una  soglia massima di volume di affari di due milioni di euro. Trattandosi di un importo superiore ad euro cinquecentomila, è stata avviata la preventiva consultazione del Comitato IVA, come richiesto dall’articolo 167-bis della Direttiva 112 del 2006. La disciplina attuativa del regime in esame è dettata, secondo quanto previsto  dall’articolo  32-bis,  dal  decreto  del  Ministro  dell’economia e  delle finanze dell’11 ottobre 2012 (di seguito Decreto) mentre le modalità per l’esercizio e la revoca dell’opzione per applicare il regime sono disciplinate dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del  21 novembre 2012 (di seguito Provvedimento).   

Caratteristiche del cash accounting 

Il regime del cash accounting consente di differire l’esigibilità dell’IVA per coloro che, operando nell’esercizio di impresa, arti o professioni – a norma degli articoli 4 e 5 del D. P. R. N. 633 del 1972 – e avendo realizzato nell’anno precedente un volume d’affari non superiore a due milioni di euro, effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili nel territorio dello Stato nei confronti di cessionari o committenti che, a loro volta, agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni.

Anche gli enti non commerciali, relativamente alla attività commerciale eventualmente svolta, possono avvalersi dell’IVA per cassa, nel rispetto di tutte le condizioni previste dalla disciplina in esame.

I soggetti che adottano tale regime liquidano l’IVA secondo un criterio di cassa  sia in riferimento alle operazioni attive che in riferimento alle operazioni passive.  

In particolare:  –    l’imposta  relativa  alle  cessioni  di  beni  ed  alle  prestazioni  di  servizi effettuate nei confronti di cessionari o committenti soggetti passivi di imposta diviene esigibile all’atto del pagamento dei relativi corrispettivi e, comunque, decorso un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, salvo che il cessionario o committente, prima del decorso di detto termine, sia stato assoggettato a procedure concorsuali. –    L’imposta relativa agli  acquisti effettuati è  detraibile al  momento del pagamento dei  relativi  corrispettivi e  comunque decorso  un  anno  dal momento in cui l’operazione si considera effettuata ai sensi dell’articolo 6 del DPR n. 633 del 1972.

 Come accennato in premessa, l’adozione del cash accounting da parte del cedente/prestatore non ha effetti sul cessionario/committente, il quale può esercitare il diritto alla detrazione dal momento in cui l’operazione deve ritenersi effettuata ai sensi dello stesso articolo 6 del DPR n. 633 del 1972. Resta fermo che laddove il cessionario o committente dell’operazione abbia, a sua volta, esercitato l’opzione per la liquidazione dell’IVA per cassa, il suo diritto alla detrazione sorgerà secondo le regole di tale regime. In sostanza il nuovo regime deroga al criterio ordinario in base al quale il diritto alla detrazione del cessionario/committente è correlato al momento in cui l’imposta diviene esigibile per il cedente prestatore.

Tale deroga opera sia per il soggetto che adotta il cash accounting, il quale può detrarre l’imposta addebitatagli dal proprio fornitore non quando l’imposta diventa per quest’ultimo esigibile ma solo dopo aver effettuato il pagamento del corrispettivo, sia per il cessionario/committente che  effettua  acquisti  presso  un  cedente/prestatore in regime di cash accounting. In questo caso, infatti, il cessionario/committente può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta addebitatagli senza attendere che l’imposta diventi esigibile per il proprio cedente/prestatore.

Limite di volume di affari 

Possono  entrare nel regime in esame solo i soggetti che nell’anno solare precedente hanno realizzato, o in caso di inizio di attività prevedono di realizzare nell’anno in corso, un volume d’affari non superiore a due milioni di euro. Tale importo, in caso di inizio dell’attività in corso d’anno, non deve essere ragguagliato all’anno.

Nel calcolo del limite di volume d’affari richiesto per l’applicabilità della contabilità per  cassa,  vanno  considerate cumulativamente tutte  le  operazioni attive, sia quelle che vengono assoggettate all’IVA per cassa sia quelle escluse da tale regime, secondo le ordinarie regole del volume d’affari.

Come stabilito dall’articolo 7 del Decreto, il superamento del limite di due milioni di euro di volume d’affari comporta la cessazione automatica del regime dell’IVA per cassa a partire dal mese o trimestre successivo a quello in cui  il  limite  è  stato  superato.   Nella  liquidazione relativa  all’ultimo  mese  o trimestre in cui è stata applicata l’IVA per cassa è computato a debito l’ammontare dell’imposta non ancora versata in applicazione del regime IVA per cassa non più spettante. A partire dalla stessa liquidazione può essere esercitato, ai sensi dell’articolo 19 e seguenti del DPR n. 633 del 1972, il  diritto alla detrazione dell’imposta non ancora detratta relativa agli acquisti effettuati e non ancora pagati.  

Differimento dell’esigibilità 

Come espressamente previsto dall’articolo 32-bis del decreto legge n. 83 e dall’articolo 1 del decreto attuativo, “l’imposta diviene, comunque, esigibile dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione”. Il predetto termine di un anno decorre dal “momento di effettuazione dell’operazione”, da determinare secondo le regole generali previste dall’articolo 6 del D. P. R. N. 633 del 1972.   Nelle ipotesi di fatturazione differita, ad esempio per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulti da documento di trasporto,   rileva in ogni  caso  il  momento di  effettuazione dell’operazione (consegna o  spedizione) a prescindere dalla data di fatturazione dell’operazione. Il limite annuale in esame non si applica con riguardo alle operazioni effettuate nei confronti di cessionari o committenti che, prima del decorso di un anno, siano stati assoggettati a procedure concorsuali.

A tal fine è necessario che la procedura sia sta avviata prima del decorso di un anno. In particolare, le procedure concorsuali si considerano avviate nel momento in cui l’organo competente emette il provvedimento di apertura della procedura (ad esempio, per il fallimento, la data della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata dal tribunale). Se il cessionario o committente è assoggettato a una procedura concorsuale (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), si ritiene che l’esigibilità dell’imposta sia sospesa a beneficio di tutti i cedenti o prestatori  che  abbiano  emesso  fatture  con  IVA  per  cassa,  fino  all’effettivo incasso   del   corrispettivo,   momento   in   cui   l’imposta   diviene   esigibile limitatamente all’ammontare di quest’ultimo.

In caso di revoca della procedura concorsuale, l’IVA diviene comunque esigibile e deve essere computata nella prima liquidazione successiva alla data di revoca, a meno che non sia ancora decorso un anno dalla data di effettuazione dell’operazione (in questo caso, infatti rimane fermo il termine annuale). Qualora in pendenza del predetto termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione venga emessa nota di variazione in aumento ai sensi del primo comma dell’articolo 26  citato, si  ritiene che  anche per  il  nuovo ammontare dell’imponibile o dell’imposta l’anno decorra dalla effettuazione della originaria operazione. Le variazioni in diminuzione che intervengono   prima che l’imposta diventi esigibile  rettificano direttamente quest’ultima. Diversamente, quelle che intervengono successivamente, possono essere sono computate nella prima liquidazione utile.  

Differimento della detrazione 

Il Decreto dispone, per i soggetti che esercitano l’opzione per applicare il sistema IVA di cassa, che il diritto alla detrazione relativa agli acquisti effettuati sorge al momento del pagamento dei relativi corrispettivi (art. 1, comma 3); stabilisce, inoltre, che il diritto alla detrazione è esercitato, ai sensi dell’art. 19 e seguenti del  DPR  n.   633  del  1972,  a  partire  dal  momento in  cui  i  relativi corrispettivi sono pagati, o  comunque decorso un anno dal  momento in cui l’imposta diviene esigibile secondo le regole ordinarie ed alle condizioni esistenti in tale momento (art. 5 comma 1).

In sostanza, il diritto alla detrazione deve essere esercitato alle condizioni esistenti al momento in cui l’imposta diviene esigibile per il fornitore del contribuente in regime IVA per cassa – momento nel quale ordinariamente sorge il  diritto alla  detrazione e,  conseguentemente, sono fissate le  condizioni per l’esercizio del diritto stesso – anche se l’esercizio del diritto, nel caso del cash accounting, è differito  al momento di pagamento del relativo corrispettivo o al decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione di acquisto. Attraverso tale previsione si è inteso evitare che la percentuale di detraibilità spettante possa essere determinata   in ragione del momento in cui il prezzo è corrisposto e, quindi, rimessa alla determinazione del cessionario/committente  in regime IVA per cassa.

La detrazione ai sensi dell’articolo 19 del DPR n. 633 può essere esercitata al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto. Nel caso di adozione del regime IVA per cassa,  pertanto,  la  detrazione  può  essere  esercitata  al  più  tardi  con  la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è stato pagato il corrispettivo o a quello in cui è decorso un anno dalla effettuazione dell’acquisto (ad esempio in caso di acquisto effettuato a gennaio 2013, con pagamento del corrispettivo a giugno 2013, la detrazione può essere esercitata al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno 2015. In caso di acquisto effettuato a gennaio 2013 il cui corrispettivo non sia pagato entro gennaio 2014, la detrazione potrà  essere effettuata al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno 2016).   

Operazioni escluse dal cash accounting 

Il regime di IVA per cassa, in quanto regime speciale, non è applicabile in relazione alle operazioni per le quali l’imposta è applicata secondo regole peculiari, nonché per le operazioni effettuate nei confronti di privati o di soggetti che non agiscono nell’esercizio d’imprese, arti o professioni, sia se residenti in Italia  sia  se  residenti  all’estero. Devono  ritenersi esclusi  dalla  categoria dei soggetti privati gli enti  non commerciali che agiscono nell’esercizio di impresa (vedi circolare n. 8 del 13 marzo 2009, paragrafo 6. 8), anche nell’eventualità che i beni o servizi acquistati siano parzialmente destinati dall’ente all’attività istituzionale. Come espressamente previsto dagli articoli 2 e 3 del Decreto, il regime dell’IVA per cassa non è consentito, in particolare, per le seguenti operazioni. Operazioni attive a)  operazioni effettuate applicando i regimi speciali di determinazione dell’imposta. Tra queste, si ricordano le operazioni effettuate nell’ambito: del regime “monofase” (articolo 74, primo comma, del D. P. R. 633 del  1972);  del regime per l’agricoltura e attività connesse (articoli 34 e 34-bis del  D. P. R. N. 633 del 1972);  del regime del margine per beni usati (articolo 36 del decreto legge  n.   41 del 1995);  del regime delle agenzie di viaggi e turismo (articolo 74-ter, del D. P. R. N. 633 del 1972); dell’agriturismo (articolo 5, comma 2, della legge n. 413 del 1991).  

La relazione tecnica al decreto ministeriale chiarisce che, previa separazione dell’attività ai sensi dell’articolo 36 del d. P. R. N. 633/1972, il regime dell’IVA  per   cassa   può   essere   adottato   per   le   operazioni   effettuate  in  applicazione delle regole ordinarie dell’IVA, da soggetti che applicano sia regimi speciali IVA sia il regime ordinario. Come già anticipato, nel calcolo del limite del volume d’affari richiesto per l’applicabilità dell’IVA  per cassa vanno considerate cumulativamente tutte le operazioni attive:   sia quelle che vengono assoggettate a tale regime sia quelle che ne sono escluse. Pertanto, non si può applicare   quanto precisato nella circolare  22 maggio 1981, n. 18/331568 a proposito di separazione delle attività obbligatoria per legge. L’applicabilità del regime in esame non è preclusa per le operazioni per le quali è già previsto   un differimento del termine di registrazione e/o fatturazione in quanto tale differimento non deriva dalla applicazione di un regime speciale ma dall’applicazione di disposizioni che attengono alla tempistica degli adempimenti (vedi, ad esempio, il differimento della registrazione delle fatture previsto   per gli autotrasportatori   dall’articolo 74, quarto comma, del DPR n. 633 del 1972). B) operazioni di cui all’articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del D. P. R. N. 633 del 1972 per le quali è disposta in via ordinaria – e senza limite annuale – il differimento dell’esigibilità al momento del pagamento del corrispettivo, vale a dire: le cessioni dei prodotti farmaceutici indicati nel numero 114) della terza parte dell’allegata tabella A effettuate dai farmacisti; le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti, di cui al quarto comma dell’articolo 4; le cessioni o prestazioni fatte allo Stato, agli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, agli enti pubblici territoriali e ai consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’articolo 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142, alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, agli istituti universitari, alle unità sanitarie locali, agli enti ospedalieri, agli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, agli enti pubblici di assistenza e beneficenza e a  quelli di previdenza.   Per  le  operazioni previste dall’articolo 6,  quinto  comma,  secondo periodo, del DPR n. 633 del 1972, infatti, l’esigibilità differita rappresenta il regime ordinario e trova applicazione senza limiti temporali e senza che occorra alcuna annotazione in fattura; al contrario, qualora il cedente o prestatore intenda applicare il regime dell’esigibilità immediata, è necessario esercitare espressa opzione, apponendo sulla fattura l’annotazione “Iva ad esigibilità immediata” così come chiarito con circolare del 24 dicembre 1997, n. 328, paragrafo 2. 2. 3. C)  operazioni effettuate nei  confronti di  cessionari o  committenti che assolvono l’imposta con il meccanismo dell’inversione contabile. Infatti,  in  relazione  alle  operazioni  soggette  al  reverse  charge,  il cedente o prestatore non può oggettivamente applicare il differimento dell’esigibilità dell’imposta, in quanto il soggetto tenuto al versamento dell’imposta a debito è colui che ha ricevuto il bene o il servizio. D) cessioni intracomunitarie o operazioni di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 del D. P. R. N. 633 del 1972 (cessioni all’esportazione, operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione e servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali), per le quali il cedente o prestatore nazionale non indica l’IVA in fattura e non è debitore della relativa imposta. Operazioni passive  a)  gli  acquisti  di  beni  o  servizi  soggetti  all’imposta  sul  valore aggiunto con il metodo dell’inversione contabile; b) gli acquisti intracomunitari di beni  c) le importazioni di beni;  d) le estrazioni di beni dai depositi IVA.   Fermi restando i casi di esclusione da ultimo elencati, l’adozione del sistema IVA di cassa, riguardando non le singole operazioni ma l’insieme delle  operazioni attive e passive poste in essere dal contribuente, comporta il differimento della detrazione dell’IVA al momento del pagamento del prezzo relativamente a tutti gli acquisti, anche in presenza di operazioni attive che non possono usufruire dell’IVA per cassa, qualora quest’ultime e i relativi acquisti non siano oggetto di contabilità separata ai sensi dell’articolo 36 del DPR n. 633 del 1972.   

Adempimenti 

Esercizio dell’opzione 

L’articolo  32-bis  dispone  che  la  liquidazione  dell’IVA  per  cassa  è adottata in base ad opzione. Come stabilito dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia l’opzione o la  revoca  per  la  liquidazione  dell’IVA  secondo  la  contabilità  di  cassa  si desumono dal comportamento concludente del contribuente e, ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442, dovranno essere comunicate nella prima dichiarazione IVA successiva all’esercizio dell’opzione, da intendersi, ordinariamente, come quella relativa all’anno  in  cui  è  esercitata  l’opzione  mediante  comportamento concludente. Coloro che intendono avvalersi del regime sin dall’inizio dell’attività, comunicheranno tale scelta in sede di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno di inizio attività. A seguito della scelta operata dovrà essere riportata sulle fatture emesse l’annotazione  che  si  tratta  di  operazione  con  “IVA  per  cassa”  ai  sensi dell’articolo 32-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83. Tale annotazione sulle fatture non costituisce, tuttavia, un adempimento funzionale al differimento del diritto alla detrazione in capo al soggetto che riceve la fattura, come avveniva nel sistema dell’IVA per cassa di cui al DL n. 185/2008, ma risponde all’esigenza della regolare tenuta della contabilità per il cedente o prestatore che assoggetti all’IVA  per  cassa  solo  alcune  operazioni,  escludendo  ad  esempio  quelle  effettuate nell’ambito di regimi speciali. L’annotazione, inoltre, esprime, attraverso un chiaro comportamento concludente, l’opzione per  la  scelta per l’IVA per cassa dal momento che, come precisato dal decreto, detto regime ha effetto a partire dal 1° gennaio ovvero, in caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, dalla data di inizio dell’attività e l’opzione è formalmente espressa in un momento successivo. L’omessa  indicazione  di  tale  dicitura  non  inficia  l’applicazione  del regime  per  cassa  nel  presupposto  che  il  comportamento  concludente  sia altrimenti riscontrabile. Il sistema dell’IVA per cassa è opzionale, ma una volta espressa l’opzione, il soggetto passivo  (con volume d’affari non superiore a due milioni di euro) non può scegliere con riguardo a ciascuna operazione se assoggettarla ad esigibilità immediata o differita – anche perché, come già chiarito, l’esercizio di tale opzione ha effetti anche sul diritto alla detrazione dei suoi acquisti – ma è obbligato ad applicare il regime a tutte le operazioni attive e passive effettuate, (fatte salve le eccezioni elencate al paragrafo 5). L’opzione, inoltre, vincola il contribuente all’applicazione dell’ “IVA per cassa” almeno per un triennio, salvi i casi di superamento della soglia dei due milioni di euro di volume d’affari, che comportano la cessazione del regime, come si dirà in seguito. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime prescelto, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, salva la possibilità di revoca, da esercitarsi con le stesse modalità di esercizio dell’opzione. Ai fini del computo del triennio, se l’opzione è esercitata a partire dal 1° dicembre  2012,  l’anno  2012  è  considerato  primo  anno  di  applicazione  del regime. Allo stesso modo l’anno di inizio dell’attività è computato per intero.   

Altri adempimenti  

Il regime dell’IVA per cassa incide sul momento in cui l’imposta diviene esigibile  ma  non  riguarda  gli  altri  adempimenti  procedurali.   Resta  fermo,  pertanto, l’obbligo di emettere fattura secondo le modalità e nei termini disciplinati dall’articolo 21  del  D. P. R.   n.   633  del  1972  e  di  procedere alla registrazione della medesima, avendo presente che l’imponibile indicato nelle fatture emesse, ancorché l’IVA non sia immediatamente esigibile, rileva anche ai fini della determinazione del volume di affari nell’anno di effettuazione dell’operazione.

In base all’articolo 4 del Decreto le medesime operazioni partecipano alla determinazione della percentuale di detrazione di cui all’articolo 19-bis del D. P. R. N. 633 del 1972, nell’anno di effettuazione dell’operazione. Il cedente o prestatore deve computare l’imposta, relativa alle operazioni per le quali ha esercitato l’opzione, nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre nel corso del quale è incassato il corrispettivo ovvero nel corso del quale scade il termine di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, salvo il caso in cui, come già chiarito, il cessionario o committente sia stato precedentemente assoggettato a procedure concorsuali. Nel caso in cui sia effettuato un incasso parziale del corrispettivo, l’imposta diventa esigibile ed è computata nella liquidazione periodica limitatamente al corrispettivo incassato. Resto inteso che per individuare il momento del pagamento non effettuato per contanti, al  verificarsi del quale l’imposta diventa esigibile, il cedente o prestatore farà riferimento alle risultanze dei propri conti dai quali risulta l’accreditamento del corrispettivo (es. Assegni bancari, RI. BA, RID, bonifico bancario).   

Adempimenti del cessionario o committente 

Il cessionario o committente che riceve la fattura con IVA per cassa deve numerarla e, ai fini della detrazione, annotarla nell’apposito registro ai sensi dell’articolo 25 del D. P. R. N. 633 del 1972.

Come espressamente previsto dall’articolo 1 del decreto attuativo, per i cessionari o committenti delle operazioni effettuate dal soggetto optante, il diritto alla detrazione sorge in ogni caso al momento di effettuazione dell’operazione.   Resta fermo che, laddove il cessionario o committente dell’operazione abbia, a sua volta, esercitato l’opzione per la liquidazione dell’IVA per cassa, il suo diritto alla detrazione spetterà solo all’atto del pagamento del relativo corrispettivo.     

Entrata in vigore e regime transitorio 

Secondo quanto stabilito dal Decreto, l’opzione per l’IVA di cassa di cui all’articolo 32-bis del decreto legge n. 83 del 2012 può essere esercitata, al ricorrere di tutte le condizioni in precedenza esaminate, con riguardo alle operazioni effettuate a partire dal 1° dicembre 2012. Possono accedere al regime di cassa a partire da tale data anche i contribuenti che effettuano le liquidazioni periodiche con cadenza trimestrale, con esclusivo riferimento, naturalmente, alle operazioni effettuate nel mese di dicembre. Contestualmente all’entrata in vigore delle nuove disposizioni, il comma  5 dell’articolo 32 bis dispone l’abrogazione delle norme sull’esigibilità differita dell’IVA di  cui  all’articolo 7  del  dl  185/2008.

Ciò  comporta che  il  regime previsto dal richiamato articolo 7 non può essere applicato alle operazioni effettuate a partire dal 1° dicembre 2012, ma resta valido per le operazioni effettuate prima di tale data e per le quali era stata espressa la relativa opzione.

Come già anticipato in premessa l’articolo 167-bis, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112/CE, come modificato dalla direttiva 2010/45/UE, prevede che gli Stati membri possono applicare il regime di contabilità per cassa alle imprese con una soglia di fatturato superiore a 500 mila euro, e fino a 2 milioni di euro, previa consultazione del Comitato IVA.

Al riguardo si rappresenta che il procedimento di consultazione è ancora in corso e ne è prevista la definizione dopo il 1° dicembre 2012. Qualora tale procedimento  non   dovesse   dare   esito   positivo,   si   dovrà   procedere   alla liquidazione  con  le  modalità  ordinarie  dell’IVA  per  cassa  eventualmente  applicata senza corresponsione di sanzioni e interessi.

 

APS – ASD ED SSD: COME ESERCITARE L’OPZIONE PER ADERIRE ALLA LEGGE 398 DEL 1991

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L’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili. In sostanza, la scelta di un regime, piuttosto che di un altro, dipende esclusivamente dalla sua attuazione concreta sin dall’inizio dell’anno o dell’attività.

COME  FARE LA SCELTA  

L’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili. In sostanza, la scelta di un regime, piuttosto che di un altro, dipende esclusivamente dalla sua attuazione concreta sin dall’inizio dell’anno o dell’attività.  

Questo principio si applica anche con riferimento all’opzione per la determinazione  forfetaria dell’Iva e del reddito delle associazioni sportive dilettantistiche.    Per comportamento  concludente si intende l’effettuazione  da parte del contribuente di una serie di adempimenti che presuppongono chiaramente la scelta di un determinato regime opzionale. Le disposizioni tributarie lo ammettono, sempre che vi siano i presupposti soggettivi ed oggettivi per avvalersi del regime scelto.

Un esempio di comportamento concludente è quello di un contribuente che, pur non avendolo comunicato, decide di versare l’Iva trimestralmente  anziché mensilmente. Ebbene, i pagamenti effettuati con le regole e alle scadenze stabilite per coloro che versano con tale periodicità rappresentano il comportamento concludente.   

L’opzione ha valore fino a quando non viene revocata ma, una volta fatta, è vincolante per un periodo di cinque anni. Se nel periodo d’imposta si supera il limite di 250. 000 euro, il regime agevolato cessa automaticamente e, dal mese successivo a quello in cui è venuto meno il requisito oggettivo, si passerà al regime ordinario.  

In sostanza, quando si verifica questa ipotesi, si dovranno considerare, sia per l’Iva che per le imposte sui redditi, due differenti periodi soggetti a diversi regimi tributari:

■ nel primo (dall’inizio del periodo d’imposta fino al mese in cui è avvenuto il superamento del limite), si applicherà il regime agevolato;

■ nel secondo (dal mese successivo all’avvenuto superamento del limite fino alla fine del periodo d’imposta), si applicherà il regime tributario ordinario sia per determinare il reddito che per l’assolvimento dell’Iva e degli adempimenti contabili.  

I soggetti esonerati dall’obbligo di presentazione  della dichiarazione  Iva, se intendono  effettuare l’opzione, devono comunicarla  all’Ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate, con le modalità e i termini previsti per la presentazione della dichiarazione  dei redditi e quindi, utilizzando  la specifica  modulistica  relativa alla  dichiarazione  annuale  Iva (quadro VO della dichiarazione Iva).   L’opzione è comunicata,  inoltre, alla SIAE prima dell’inizio dell’anno solare nel quale si intende fruire del regime agevolato.       

CEDOLARE SECCA SINTESI CIRCOLARE 20E AGENZIA ENTRATE 4 GIUGNO 2012

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Sintesi sulla Circolare 20E del 4 giugno 2012 emessa dalla Agenzia delle Entrate in merito a quesiti specifichi sottoposti dai contribuenti.

CEDOLARE SECCA  SINTESI CIRCOLARE N. 20/E  4 GIUGNO 2012      

1. REVOCA DELL’OPZIONE

2. PERIODO     TRANSITORIO     2011     –     COMUNICAZIONE     AL CONDUTTORE – ACCONTI E RAVVEDIMENTO OPEROSO

3. ACCONTO 2012

4. VALIDITà DELLA COMUNICAZIONE AL CONDUTTORE INVIATA NEL 2011

5. TRASFERIMENTO DI IMMOBILE LOCATO

6.   COMPROPRIETARIO  NON  RISULTANTE  DAL  CONTRATTO  DI LOCAZIONE

7. FONDO PATRIMONIALE

8. COMUNICAZIONE AL CONDUTTORE – CONTRATTO INFERIORE A 30 GIORNI IN UN ANNO

9.    COMUNICAZIONE   AL   CONDUTTORE   –   CONTRATTI   CON CLAUSOLA DI RINUNCIA AGLI AGGIORNAMENTI DEL CANONE

1. REVOCA DELL’OPZIONE   

D. Il punto 2. 2 del provvedimento del 7 aprile 2011 stabilisce che il locatore ha la facoltà  di  revocare  l’opzione  in  ciascuna  annualità  contrattuale  successiva  a quella in cui questa è stata esercitata, demandando a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione delle relative modalità. Nelle more dell’adozione del provvedimento si chiede di conoscere le modalità di revoca dell’opzione per la cedolare secca già esercitata.

R. Nelle more dell’adozione del provvedimento di definizione delle modalità di revoca dell’opzione della cedolare secca precedentemente esercitata, l’Ufficio può   considerare   valida   la   revoca   effettuata   in   carta   libera,   debitamente sottoscritta e contenente i dati necessari all’identificazione del contratto e delle parti, o quella effettuata con il modello 69 utilizzato come schema di richiesta della revoca. L’art. 3, comma 11, del decreto legislativo n. 23 del 2011 prevede che l’opzione per la cedolare secca non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione  al  conduttore.   Pur  non  essendo  formalmente  prevista  alcuna forma di comunicazione della revoca dell’opzione già esercitata, è comunque opportuno   che   il   locatore   comunichi   la   revoca   esercitata   al   conduttore,  responsabile solidale del pagamento dell’imposta di registro. Detta comunicazione, peraltro, corrisponde anche a un interesse del locatore perché a decorrere dall’annualità della revoca viene meno la rinuncia agli aggiornamenti del canone di locazione.   

2. PERIODO TRANSITORIO 2011 – COMUNICAZIONE AL CONDUTTORE – ACCONTI E RAVVEDIMENTO OPEROSO  

D. Tenuto conto che l’anno 2011 rappresenta il primo anno di applicazione della “cedolare secca” e che, ai fini della scelta della modalità di tassazione dei redditi derivanti dagli immobili ad uso abitativo relativi a contratti già registrati o prorogati al 7 aprile 2011, il provvedimento prevede che il locatore può applicare la cedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi da presentare nell’anno 2012 per i redditi 2011, si chiede se sia comunque possibile inviare la comunicazione al conduttore entro la presentazione della dichiarazione dei redditi.

R. In base all’art. 3, comma 11, del decreto legislativo n. 23 del 2011 l’opzione per la cedolare secca non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Al riguardo, considerato il particolare regime transitorio previsto dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011 con riguardo  ai  casi  in  cui  il  locatore  può  avvalersi  della  cedolare  secca  per l’annualità decorrente dal 2011 direttamente in sede di dichiarazione dei redditi da presentare nel 2012 (contratti di locazione in corso alla data del 7 aprile 2011, per i quali è già stata eseguita la registrazione e per i contratti prorogati per i quali è già stato effettuato il relativo pagamento – cfr. Circolare n. 26/E del 2011, par. 8. 1. 1), la lettera raccomandata con cui il locatore comunica al conduttore la rinuncia all’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo deve ritenersi tempestiva se inviata entro il 1° ottobre 2012, termine di presentazione della dichiarazione  dei redditi 2011 (da osservare anche nell’ipotesi in cui il locatore presenti il modello 730). Rimangono comunque fermi gli altri presupposti di applicazione della cedolare secca e i conseguenti obblighi dichiarativi e di versamento, anche dell’acconto. Ciò presuppone, in particolare, che per le annualità interessate (che terminano nel 2011 e/o che decorrono dal 2011) il locatore non abbia applicato l’aggiornamento del canone e abbia versato l’acconto se dovuto. Qualora l’aggiornamento del canone sia stato applicato, si ricorda che – per quanto già precisato con circolare n. 26 del 2011 – sulla base della comunicazione di rinuncia il locatore non può percepire dal conduttore gli aggiornamenti dei canoni e questi, se già percepiti, devono essere restituiti.

Per quanto riguarda l’acconto, si ritiene che l’omesso versamento dell’acconto della cedolare secca per l’anno 2011 alle date previste non precluda la possibilità di assoggettare i canoni di locazione ad imposta sostitutiva. Il contribuente interessato può avvalersi a tal fine dell’istituto del ravvedimento c. D. Operoso di cui all’articolo 13 del d. Lgs. N. 472 del 1997, applicabile alla cedolare secca per effetto del rinvio operato dall’articolo 3 del d. Lgs. N. 23 del 2011 alle disposizioni in materia di imposte sui redditi per regolarizzare gli omessi versamenti, effettuando il pagamento delle imposte dovute, unitamente agli interessi e la sanzione nella misura ridotta stabilita dal citato articolo 13 del d. Lgs. N. 472 del 1997. A tal fine devono essere utilizzati i codici tributo “1992”, denominato “Interessi sul ravvedimento – Imposte sostitutive”, e “8913”, denominato “Sanzioni pecuniarie imposte sostitutive delle imposte sui redditi”. Si ricorda che l’imposta di registro versata non può essere restituita, stante il disposto dell’art. 3, comma 4, del d. Lgs. N. 23 del 2011 secondo cui, in caso di opzione “non si fa luogo al rimborso delle imposte di bollo e di registro eventualmente già pagate”. Nell’ipotesi in cui il contribuente abbia tenuto conto del reddito derivante dalla locazione  dell’immobile  abitativo  ai  fini  del  versamento  dell’acconto  IRPEF 2011, non è altresì preclusa la possibilità di assoggettare i canoni di locazione ad  imposta sostitutiva, sempreché ne ricorrano tutte le condizioni previste, qualora il contribuente presenti istanza per la correzione del codice tributo indicando l’importo versato a titolo di acconto IRPEF da considerare versato a titolo di acconto per la cedolare secca per il 2011.

Il maggior versamento dell’acconto IRPEF sarà indicato come acconto della cedolare secca nel modello UNICO 2012.   La medesima soluzione può essere adottata anche nelle ipotesi in cui l’acconto IRPEF sia stato trattenuto e versato nell’ambito dell’assistenza fiscale. In questo caso, il maggior versamento dell’acconto IRPEF sarà indicato come acconto della cedolare secca nel modello 730/2012. Rimane ferma l’applicazione delle sanzioni e degli interessi in caso di carente versamento  degli  acconti.   Al  riguardo,  si  rinvia  ai  chiarimenti  forniti  con circolare n. 26 del 2011, al par. 8. 2, in merito al versamento dell’acconto IRPEF e della cedolare secca per il 2011.   

3. ACCONTO 2012   

D.   Per  il  2011,  primo  periodo  d’imposta  di  applicazione  del  regime  della cedolare secca, il provvedimento del 7 aprile 2011 prevede, al punto 7. 1, particolari regole per il relativo versamento in acconto. Dato che una situazione analoga  a  quella  del  2011  si  può  determinare ogni qualvolta il contribuente applichi per la prima volta la cedolare secca, in quanto il reddito dell’immobile locato è stato precedentemente assoggettato ad IRPEF, si chiede se la citata previsione del provvedimento trovi comunque applicazione solo in riferimento al periodo d’imposta 2011.

R. Il Provvedimento del 7 aprile 2011, al punto 7. 2, nel prevedere le regole applicabili al versamento in acconto della cedolare secca a partire dal periodo di imposta 2012, stabilisce – tra l’altro – che l’acconto è pari al 95 per cento dell’imposta dovuta a titolo di cedolare secca per l’anno precedente. Si ricorda che per effetto del differimento di 3 punti percentuali previsto dal comma 2  dell’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 novembre 2011, la misura dell’acconto per il periodo di imposta 2012 è ridotta dal 95 per cento al 92 per cento dell’imposta dovuta a titolo di cedolare secca per l’anno precedente (cfr. Il comunicato stampa dell’Agenzia delle entrate del 25 novembre 2011). Pertanto, se nell’anno 2011 un contribuente ha assoggettato all’IRPEF il reddito dell’immobile locato e intende esercitare dal 2012 l’opzione per la cedolare secca per le residue annualità di durata del contratto non è tenuto al versamento dell’acconto della cedolare secca per l’anno 2012. Ulteriori chiarimenti  sul  versamento  dell’acconto  per  la  cedolare  secca  a  partire  dal periodo d’imposta 2012 sono stati forniti al par. 7 della circolare n. 26 del 2011, cui si rinvia.   

4. VALIDITà DELLA COMUNICAZIONE AL CONDUTTORE INVIATA NEL 2011  

D. Si ha il caso di contratti di locazione in corso al 7 aprile 2011 e già registrati a tale data, per i quali l’opzione per l’applicazione della cedolare secca viene esercitata in sede di dichiarazione dei redditi UNICO 2012. La comunicazione dell’opzione al conduttore è stata già inviata entro il termine di versamento del primo acconto per il 2011 e contiene una formula in cui la stessa si ritiene valida “fino a revoca”. Il locatore può omettere di inviare una nuova comunicazione al conduttore per le annualità successive (dal 2012 in poi), essendo valida “fino a revoca” la comunicazione già inviata? R. Non è necessario inviare una nuova comunicazione al conduttore. In base all’articolo 3, comma 11, del decreto legislativo n. 23 del 2011, la preventiva comunicazione al conduttore con cui il locatore rinuncia ad esercitare la facoltà di richiedere l’aggiornamento del canone a qualunque titolo costituisce una condizione a cui è subordinata l’efficacia dell’opzione. Il provvedimento del 7 aprile 2011 stabilisce che l’opzione vincola il locatore all’applicazione del regime della cedolare secca per l’intero periodo di durata del  contratto o della proroga ovvero per il residuo periodo di durata del contratto nel caso di opzione esercitata nelle annualità successive alla prima (punto 2. 1), con facoltà  di  revocare  l’opzione  in  ciascuna  annualità  contrattuale  successiva  a quella in cui questa è stata esercitata (punto 2. 2). Pertanto, la comunicazione inviata al conduttore in sede di opzione per il 2011 esplica i suoi effetti per tutta la residua durata del contratto, ovvero fino a revoca, e non deve essere nuovamente comunicata al conduttore.   

5. TRASFERIMENTO DI IMMOBILE LOCATO   

D. Si chiede se in caso di trasferimento mortis causa, donazione o cessione di un fabbricato già locato il nuovo titolare (erede, donatario, acquirente) possa, al momento dell’acquisizione del fabbricato, esercitare l’opzione per la cedolare secca  o  revocare  l’opzione  formulata  dal precedente  proprietario.   Qualora  la risposta fosse affermativa si chiede di conoscere i tempi e le modalità per l’esercizio dell’opzione o della revoca.

R. è opportuno premettere che la cedolare secca è un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle  imposte  di  registro  e  di  bollo sul  contratto  di  locazione  (nonché  delle imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione). L’opzione per la cedolare secca esercitata dal dante causa in ipotesi di trasferimento mortis causa o per atto tra vivi di un immobile locato cessa di avere efficacia con il trasferimento stesso per quanto riguarda l’imposta sul reddito,   mentre   continua   ad   avere   effetto   fino   al   termine   dell’annualità contrattuale per l’imposta di registro e di bollo. Per queste ultime, infatti, vale la sussistenza del presupposto di applicazione della cedolare secca al momento della registrazione del contratto, della proroga o del versamento dell’imposta per le annualità successive, prima del trasferimento dell’immobile. Inoltre, il trasferimento mortis causa o per atto tra vivi della proprietà di un immobile locato ad uso abitativo comporta, in linea generale, la successione o il  subentro nella titolarità del contratto di locazione senza soluzione dello stesso, dato che la legge tutela la posizione del conduttore nelle locazioni ad uso abitativo. Non  sussistendo  l’obbligo  di  stipulare  un  nuovo  contratto,  i  nuovi  titolari potranno optare per la cedolare secca mediante presentazione del modello 69 entro l’ordinario termine di trenta giorni decorrente dalla data del subentro. Rimane  fermo  che  il  contribuente  subentrante  può  applicare  direttamente  la cedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi nei casi in cui è consentito: – per il periodo transitorio, per i contratti in corso nel 2011, scaduti ovvero oggetto di risoluzione volontaria alla data del 7 aprile 2011, nonché per i contratti in corso alla stessa data del 7 aprile 2011, per i quali è già stata eseguita la registrazione e per i contratti prorogati per i quali è già stato effettuato il relativo pagamento; – per i contratti di locazione di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autentica, di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell’anno.          

6. COMPROPRIETARIO NON RISULTANTE DAL CONTRATTO DI LOCAZIONE  

D. Un contribuente, comproprietario di un immobile, ha stipulato solo a proprio nome un contratto di locazione, senza indicare in atti il nominativo dell’altro comproprietario. Quest’ultimo, comunque, ha sempre indicato nel modello di dichiarazione il reddito di fabbricato in ragione della sua quota di proprietà. Si chiede se il regime della c. D. Cedolare secca possa essere applicato da tutti i comproprietari di un immobile, anche qualora il contratto di locazione sia stato stipulato solo da alcuni di loro.

R. Nel caso di un immobile in comproprietà, il contratto di locazione stipulato da  uno   solo   dei   comproprietari   esplica   effetti   anche   nei   confronti   del comproprietario non presente in atti che, pertanto, è tenuto a dichiarare, ai fini fiscali, il relativo reddito fondiario per la quota a lui imputabile. A decorrere dall’anno 2011, l’art. 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011 ha introdotto la possibilità per i possessori di immobili abitativi locati ad uso abitativo (persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate, che non agiscono nell’esercizio di un’attività di impresa, o di arti e professioni) di optare per l’applicazione della c. D. Cedolare secca sugli affitti. Secondo tale regime di tassazione, il canone di locazione di detti immobili può essere assoggettato ad un’imposta sostitutiva dell’IRPEF   e   delle   relative   addizionali   sul   reddito   fondiario   prodotto dall’immobile  locato,  nonché delle  imposte  di  registro  e  di  bollo  dovute  sul contratto di locazione. Ne consegue che anche il comproprietario non indicato nel contratto di locazione ha la possibilità di optare, in sostituzione dell’IRPEF, per la cedolare secca. Al di fuori delle ipotesi in cui è consentito applicare direttamente la cedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale è prodotto il reddito (cfr. Circolare n. 26 del 2011), i comproprietari dovranno esercitare l’opzione utilizzando i modelli previsti. Se l’altro comproprietario ha già esercitato  l’opzione,  il  comproprietario  non  risultante  in  atti  che  intende optare   per   la   cedolare   secca   dovrà   produrre   all’Ufficio   territorialmente competente  il  modello  69,  selezionando  l’opzione  per  la  cedolare  secca, allegando documentazione attestante il titolo di comproprietario. Resta fermo che anche il locatore non indicato in atti è tenuto, tra l’altro, a comunicare preventivamente al conduttore, tramite lettera raccomandata, la scelta per il regime della cedolare secca con la conseguente rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo.  

7. FONDO PATRIMONIALE   

D. Un contribuente fa presente di aver costituito, in data 16 marzo 1999, insieme al coniuge, un fondo patrimoniale ai sensi degli articoli 167 e seguenti del codice civile, destinando allo specifico scopo alcune unità immobiliari di esclusiva proprietà del coniuge (civili abitazioni e pertinenze), attualmente in parte locate. L’amministrazione dei beni è regolata conformemente all’art. 180 del codice civile. Chiede di conoscere se il coniuge non proprietario possa optare per il regime fiscale della cedolare secca per la metà dei canoni di locazione che gli vengono attribuiti, derivanti dagli immobili conferiti nel fondo patrimoniale. Il contribuente non possiede i requisiti soggettivi previsti dal comma 1 dell’art. 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, ossia non è proprietario o titolare di alcun diritto reale di godimento sull’immobile locato, conferito a suo tempo nel fondo patrimoniale.

R. Ai sensi dell’art. 167, primo comma, del codice civile ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia. In base al successivo art. 168, la proprietà dei beni conferiti spetta ai coniugi, salvo diversa statuizione nell’atto costitutivo (primo comma); i frutti dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia (secondo comma); l’amministrazione dei beni è regolata dalle norme relative alla amministrazione della comunione legale di cui all’art. 180 del c. C. (terzo comma). Nel caso prospettato, l’amministrazione dei beni è regolata conformemente a quanto previsto dall’art. 180 del c. C. , secondo cui l’amministrazione dei beni e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essi relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi (primo comma) e il compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi (secondo comma).   Generalmente il fondo patrimoniale è considerato un’ipotesi di “patrimonio di destinazione” in quanto è vincolato alla funzione di adempimento e garanzia delle obbligazioni contratte per fronteggiare i bisogni della famiglia che è assicurata da alcune disposizioni che impongono limitazioni e divieti all’alienazione discrezionale dei beni che lo compongono da parte dei coniugi (art. 169 c. C. ) e alla espropriabilità da parte dei creditori (art. 170 c. C. ). Per quanto riguarda il profilo dell’imposizione sui redditi, l’art. 4, comma 1, lett. B) del TUIR prevede che “i redditi dei beni che formano oggetto del fondo patrimoniale di cui agli artt. 167 e seguenti del codice civile sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascuno dei coniugi”. La disposizione in questione, tenendo conto delle particolari regole dettate dal codice civile per la gestione dei beni facenti parte del fondo patrimoniale e per l’imputazione dei relativi frutti, stabilisce una disciplina specifica di imputazione dei redditi dei beni oggetto del fondo patrimoniale: in luogo della imputazione secondo le regole ordinarie, è previsto che il reddito sia attribuito ex lege in misura pari ad entrambi i coniugi, indipendentemente dalla circostanza che la costituzione del fondo sia avvenuta con il trasferimento del diritto di proprietà ovvero con la riserva di proprietà in capo all’originario proprietario, e quindi a prescindere dalla circostanza che ciascun coniuge sia titolare o meno di un diritto reale sul bene e dalla misura cui spetta detto diritto.

Detta disposizione, per il suo carattere generale, è applicabile anche per l’imputazione dei redditi derivanti dalla locazione degli immobili ad uso abitativo, come nel caso in questione, che altrimenti concorrerebbero quali redditi fondiari, in base all’art. 26 del TUIR, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale. In detto contesto, il regime della c. D. Cedolare secca, introdotto dall’art. 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, si pone come alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario di tassazione del reddito fondiario ai fini IRPEF cui può accedere, su opzione, il proprietario o il titolare di diritto reale di godimento che sia locatore di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo per assoggettare  a imposizione il relativo canone di locazione.   Stante le particolari disposizioni del codice civile in tema di fondo patrimoniale, si ritiene che il principio di imputazione del reddito disposto in via generale dall’art. 4 del TUIR possa valere anche in sede di applicazione della cedolare secca, in considerazione del comune presupposto impositivo e del carattere alternativo della cedolare secca rispetto all’IRPEF, risultando assorbente del requisito soggettivo previsto dall’art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 23 del 2011 concernente la proprietà dell’immobile. Conseguentemente, si ritiene che il coniuge non proprietario possa optare autonomamente per l’applicazione del regime della cedolare secca sui canoni di locazione di immobili ad uso abitativo. Rimane fermo il rispetto delle altre condizioni previste dall’art. 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, oggetto di chiarimenti nella circolare n. 26 del 2011.   

8. COMUNICAZIONE AL CONDUTTORE – CONTRATTO INFERIORE A 30 GIORNI IN UN ANNO  

D. Un contribuente è titolare del diritto di usufrutto su due unità immobiliari appartenenti, rispettivamente, alla categoria catastale A8 e C2 (pertinenza dell’immobile A8) che concede in locazione ad uso abitativo nel periodo estivo (case per vacanze). Gli immobili sono locati congiuntamente per periodi settimanali a soggetti non residenti in Italia. Il periodo di locazione non eccede le tre settimane consecutive con il medesimo locatario. Si chiede di conoscere se, ai fini dell’applicazione della cedolare secca, sia obbligatorio inviare una apposita raccomandata  a  tutti  i  conduttori  con  la  quale  comunicare  l’intenzione  di avvalersi del nuovo regime e la rinuncia all’aggiornamento del canone. R. L’articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, istitutivo del regime della cedolare secca, stabilisce al comma 2 che “. La cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione”. Si tratta dei contratti di locazione di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autentica, di durata non superiore a trenta giorni  complessivi nell’anno. Con circolare n. 26 del 2011 è stato chiarito che il limite di durata dei trenta giorni deve essere determinato computando tutti i rapporti di locazione di durata anche inferiore a trenta giorni intercorsi nell’anno con il medesimo locatario. Se la durata della locazione, in tal modo determinata, è inferiore a 30 giorni nell’anno, è previsto l’obbligo della registrazione solo in caso d’uso, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 5 del TUR e dell’articolo 2-bis della tariffa, parte seconda, allegata allo stesso TUR. Per tali contratti, per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione in termine fisso, il locatore può applicare la cedolare secca in sede dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale è prodotto il reddito. L’opzione esercitata in sede di dichiarazione dei redditi, in tal  caso,  esplica  effetti  anche  ai  fini dell’imposta   di   registro   nell’ipotesi   in   cui   il   contribuente   proceda   alla registrazione volontaria o in caso d’uso del contratto. Per poter beneficiare del regime della cedolare secca, in base al comma 11 dell’art. 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, il locatore deve comunicare preventivamente al conduttore tramite lettera raccomandata la scelta del regime alternativo e la conseguente rinuncia per il corrispondente periodo di durata dell’opzione ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. L’obbligo di inviare la comunicazione di rinuncia agli aggiornamenti del canone può essere escluso nell’ipotesi di contratti di locazione di durata complessiva nell’anno inferiore a trenta giorni. In relazione a tali contratti di breve durata, per i quali non vige l’obbligo della registrazione in termine fisso, non opera il meccanismo di aggiornamento del canone.   

9. COMUNICAZIONE AL CONDUTTORE – CONTRATTI CON CLAUSOLA DI RINUNCIA AGLI AGGIORNAMENTI DEL CANONE  

D.   Un  contribuente  titolare  del  diritto  di  proprietà  di  un  immobile  abitativo intende  stipulare  un  contratto  di  locazione  per  uso  abitativo  della  durata  di  quattro anni in cui è previsto in apposita clausola la rinuncia all’aggiornamento del canone. Si chiede di conoscere se, ai fini dell’applicazione della cedolare secca, sia comunque necessario inviare l’apposita raccomandata al conduttore con la quale comunicare l’intenzione di avvalersi del nuovo regime e la rinuncia all’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. R. Come già specificato, in base al comma 11 dell’art. 3 del decreto legislativo n.   23 del 2011, il locatore deve comunicare preventivamente al conduttore tramite lettera raccomandata la scelta del regime alternativo e la conseguente rinuncia per il corrispondente periodo di durata dell’opzione ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Con la circolare n. 26 del 2011, è stato precisato, con particolare riferimento all’applicazione del regime della  cedolare  secca  per  l’anno  2011,  che  per  i  contratti  di  locazione  che prevedono espressamente la rinuncia agli aggiornamenti del canone non è necessario inviare al conduttore la comunicazione in questione. Si ritiene che la medesima conclusione può essere estesa anche ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo che non rientrano nel regime transitorio del 2011, qualora nel contratto di locazione sia espressamente prevista la rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo.   

PUNTI PREMIO DI CONCORSI FEDELTÀ TRA SOCIETÀ PARTNER: ESENTE DA IVA LE RELATIVE CESSIONI

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ALFA S. P. A. Rappresenta che, nell’ambito della propria attività X, ha posto in essere un’operazione a premio denominata “Y”. Secondo  quanto  stabilito  dal  relativo  Regolamento,  il  programma  di fedeltà consiste nell’assegnazione ai clienti che partecipano all’iniziativa di punti maturati attraverso l’utilizzo di propri prodotti e servizi.  

punti premio di concorsi fedeltà tra società partner:  esente da IVA le relative cessioni

Con  istanza  d’interpello presentata  in  data  18  luglio  2012  da  ALFA S. P. A. , con sede in … , è stato esposto il seguente quesito.   

Quesito   

ALFA S. P. A. Rappresenta che, nell’ambito della propria attività X, ha posto in essere un’operazione a premio denominata “Y”. Secondo  quanto  stabilito  dal  relativo  Regolamento,  il  programma  di fedeltà consiste nell’assegnazione ai clienti che partecipano all’iniziativa di punti maturati attraverso l’utilizzo di propri prodotti e servizi.

I clienti, in virtù dei punti accumulati, possono scegliere un premio all’interno di un apposito catalogo, nel quale, oltre a premi immediatamente fruibili, sono presenti anche punti di altre manifestazioni a premio, analoghe a quella promossa dall’istante, indette da società partner della stessa.

In pratica, i punti della società istante e delle società partner potranno essere reciprocamente convertiti in base ad un preciso “rapporto di cambio” contrattualmente previsto.

Gli accordi tra le varie società prevedono, altresì, che, qualora il cliente di una società richieda come premio i punti di un altro concorso, detta società debba versare un corrispettivo per ciascun punto ricevuto.  

Il trasferimento dei punti tra le varie società partecipanti, per la successiva assegnazione ai clienti, avviene quindi a titolo oneroso. La società istante chiede quale sia il corretto trattamento, ai fini dell’IVA, del corrispettivo pattuito per il trasferimento dei punti e se, relativamente alle somme corrisposte per l’acquisto dei punti, occorra versare l’imposta sostitutiva del 20%, prevista per le manifestazioni a premio dall’articolo 19, comma 8, della legge 27 dicembre 1997 n. 449, o, in alternativa, rendere indetraibile l’IVA eventualmente dovuta per l’acquisto del premio.   

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente   

L’istante ritiene che i punti trasferibili tra un’iniziativa e l’altra costituiscano “premi” ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del DPR 26 ottobre 2001, n. 430.   La citata disposizione stabilisce che “I premi messi in palio consistono in beni, servizi, sconti di prezzo e documenti di legittimazione di cui all’articolo 2002  del  codice  civile,  suscettibili  di  valutazione  economica  (. )  escluso  il denaro, i titoli dei prestiti pubblici e privati, i titoli azionari, le quote di capitale societario e dei fondi comuni di investimento e le polizze di assicurazione sulla vita. ”.  

Ad avviso dell’istante, sebbene tali punti non possano essere qualificati come documenti di legittimazione, nel senso ad essi attribuito dall’articolo 2002 del codice civile (che li individua come quelli “. Che servono solo ad identificare l’avente diritto alla prestazione, o a consentire il trasferimento del diritto senza l’osservanza delle  forme  proprie  della  cessione”), e  la  cui  circolazione non assumerebbe rilevanza ai fini IVA (come confermato nella risoluzione n. 21/E del  22  febbraio  2011),  è  vero  anche  che  gli  stessi  non  sono  nemmeno riconducibili ad una delle ipotesi di esclusione citate nello stesso articolo 4.   Secondo l’istante, rileva, ai fini della qualificazione dei punti come “premi” la circostanza che gli stessi, conformemente al dato testuale della norma, sono suscettibili di valutazione economica. Infatti, per il trasferimento dei punti, ciascuna società riceve dall’altra società un corrispettivo unitario. Per tale ragione, in relazione al valore di acquisto dei punti dalle altre società  partner,  la  società  ritiene  di  essere  obbligata  a  versare  l’imposta sostitutiva del 20 per cento prevista dall’articolo 19, comma 8, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (così come chiarito con le circolari n. 335/E del 31 dicembre 1997, n. 89/E del 24 marzo 1998 e n. 32/E del 12 aprile 2002).

Per quanto concerne, invece, il corrispettivo percepito per il trasferimento dei propri punti, nel presupposto che i punti non possano essere considerati titoli rappresentativi di merci, l’istante ritiene che lo stesso sia esente da IVA ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 4), del DPR n. 633 del 1972.  

 Parere dell’Agenzia delle entrate   

Da quanto rappresentato nell’istanza, i punti che una società acquista da un’altra società partner al fine di poterli elargire ai propri clienti a seguito del raggiungimento di  un  certo  numero  di  punti  relativi  alla  propria  iniziativa, costituiscono un vero e proprio premio, presente nel catalogo. Ai  fini  dell’IVA, come  già  chiarito con  la  risoluzione n.   3/E  del  20 gennaio 2000, ove era stato esaminato un caso analogo a quello prospettato nell’istanza, il corrispettivo percepito dalla società che trasferisce i punti alla società partner, è esente da IVA, ai sensi dell’articolo 10, n. 4), del DPR n. 633 del 1972, in quanto trattasi di compenso concernente operazioni relative a titoli similari a quelli non rappresentativi di merci.

Ciò  nel  presupposto che  i  punti  ceduti  hanno  l’esclusiva funzione di attribuire ai destinatari la possibilità di partecipare alla manifestazione, e che non  tutti i partecipanti riescono a completare il programma di raccolta punti e ad ottenere il premio.

Preso atto che i punti trasferibili da un concorso ad un altro sono classificabili come premi, si osserva che l’articolo 19, comma 6, della legge n. 449 del 1997, prevede che i premi “possono consistere, soltanto in beni o servizi assoggettati ad IVA all’atto dell’acquisto o  dell’importazione”. Il  successivo comma  8  dispone,  altresì,  che    “a  premi  consistenti  in  beni  e  servizi  non imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, si applica una imposta sostitutiva del 20 per cento” (cfr. Circolare n. 335/E del 31 dicembre 1997). Con la circolare n. 89/E del 24 marzo 1998 è stato chiarito, altresì, che tra le  operazioni  non  imponibili, per  le  quali  deve  essere  corrisposta l’imposta sostitutiva ai sensi dell’art. 19, comma 8, della legge n. 449 del 1997, sono da comprendere “anche quelle operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizi) che per un qualunque motivo non sono state assoggettate all’imposta sul valore aggiunto e quindi anche quelle non rilevanti o esenti”. Ciò significa che essendo l’acquisto dei punti, come già chiarito, un’operazione esente da IVA, l’acquirente dovrà versare un’imposta sostitutiva pari al 20 per cento del valore dei premi stessi. Ovviamente, ai fini IVA, nessuna rilevanza assumerà l’assegnazione del premio ai clienti partecipanti all’iniziativa.

 

REDDITOMETRO: DISPONIBILITA’ FINANZIARIE DA DISINVESTIMENTO IMMOBILIARE – NUCLEO FAMILIARE – FAMIGLIA NATURALE

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In tema di accertamento delle imposte sui redditi, e con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali previsti dal D. P. R. 29 settembre 1973, n. 600, art.  38 (c. D. Redditometri), la prova contraria ammessa dal sesto comma di tale disposizione, richiedendo la dimostrazione documentale non solo della sussistenza di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche del possesso di tali redditi da parte del contribuente, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero nucleo familiare

REDDITOMETRO: DISPONIBILITA’ FINANZIARIE DA DISINVESTIMENTO IMMOBILIARE – NUCLEO FAMILIARE – FAMIGLIA NATURALE

Con due distinti ricorsi alla commissione tributaria provinciale di Bergamo i coniugi T. B. Ed B. O. Impugnavano gli avvisi di accertamento relativi a maggiorazione delle imposte Irpef ed Ilor per gli anni 1996 e 1997, fatti notificare ai medesimi dall’agenzia delle entrate, ufficio di quella città, e con i quali l’amministrazione comunicava di avere accertato un reddito complessivo di importo superiore, a fronte di quello dichiarato, sulla scorta dei parametri di aumento applicati, con un’imposta da pagare in misura maggiore, oltre alle sanzioni, per il possesso di un negozio e l’attività svolta dalla moglie e dai due figli. Essi facevano presente che tali avvisi erano da annullare, in quanto l’autovettura considerata costituiva bene strumentale; nel maggior reddito era stato erroneamente tenuto conto di un bene immobile disinvestito; la dichiarazione concerneva tutto il nucleo familiare e non solo i due contribuenti, sicchè andava valutata la relativa riduzione degli incrementi; la franchigia del 25% non consentiva di superare la c. D. “soglia di rilevanza” per almeno due anni consecutivi, come dimostrato attraverso la risposta al questionario restituito e la documentazione allegata; pertanto i ricorrenti chiedevano declaratoria di annullamento degli atti impositivi, per carenza dei presupposti.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio eccepiva di prendere atto del carattere strumentale dell’autovettura e del parziale disinvestimento di metà del negozio, ma insisteva nella fondatezza degli avvisi per il resto, previa detrazione di una quota forfettaria per il contributo apportato dai familiari, quest’ultimo ridotto per il 1997 di un terzo per mancanza del mod. 101 di uno dei figli; tutto ciò giacchè in sostanza gli altri coefficienti applicati dovevano ritenersi regolari ed efficaci, sicchè il reddito complessivo accertato col metodo sintetico era risultato parzialmente maggiore di quanto dichiarato in denunzia; e perciò chiedeva il rigetto dei ricorsi in parte.

Il giudice adito, in parziale accoglimento degli stessi, previa loro riunione, dichiarava parzialmente nulli gli atti impugnati con sentenza n. 14 del 2003.

Avverso la relativa decisione T. E B. Proponevano appello principale, cui l’amministrazione resisteva, svolgendo a sua volta quello incidentale, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. Stacc. Di Brescia, la quale, con sentenza n. 181 del 13. 12. 2004, in riforma di quella impugnata, ha annullato gli atti impositivi, osservando che l’ufficio doveva considerare gli incrementi reddituali costituiti dai vari componenti del nucleo familiare, con le relative detrazioni; l’immobile adibito ad abitazione aveva una superficie molto più ridotta rispetto a quella considerata ai fini dell’imponibilità, sicchè alcune pertinenze, come i balconi, la cantina, l’autorimessa e il giardino, non dovevano essere valutate; la franchigia del 25% del reddito accertato superava la “soglia di rilevanza” solamente per il reddito del 1996, e non anche per quello dell’anno seguente, e pertanto l’accertamento non poteva essere operato, posto che tale percentuale non riguardava almeno due annualità di imposta.

Contro questa decisione l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.

T. E B. Hanno resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1) Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dellaL. 27 luglio 1978, n. 392, art.  13 e D. M. 10 settembre 1992, con riferimento all’art. 360 c. P. C. , n. 3, in quanto la CTR non ha considerato che nella valutazione dell’immobile posseduto dai contribuenti, doveva tenersi conto anche delle pertinenze e non soltanto della superficie netta dell’abitazione, giusta il rinvio fatto dal DM. 10 settembre 1992, alla normativa sull’equo canone.

D’altronde era onere degli appellati fornire la prova del contrario rispetto alla determinazione del reddito effettuata con il redditometro, trattandosi di presunzione semplice, che consentiva quella contraria, con inversione del relativo onere a loro carico, e che però non avevano assolto.

Il motivo è fondato.

Appare opportuno premettere che il potere dell’ufficio impositore di determinare sinteticamente il reddito sulla scorta di elementi e circostanze di fatto certi, utilizzabili anche dal Ministero dell’economia per la fissazione di coefficienti presuntivi ai sensi del D. P. R. N. 600 del 1973, art.  38, comma 4, consentiva il riferimento ai redditometri contenuti nel decreto ministeriali del 1992, poichè il potere in concreto disciplinato era quello di accertamento, sul quale il momento della elaborazione non veniva ad incidere. Inoltre va rilevato in genere che, posto che, rimanendo sul piano dell’accertamento e delle prove, l’applicabilità dei cosiddetti redditometri contenuti in decreti ministeriali doveva ritenersi comunque insita nel D. P. R. 29 settembre 1973, n. 600, art.  38, allora gravava sui contribuenti, che contestavano l’applicazione di tali coefficienti, l’onere di dimostrare in concreto che il proprio reddito effettivo era diverso ed inferiore a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall’ufficio (V. Pure Cass. Sentenze n. 12731 del 2002, n. 11611 del 2001, n. 8372 del 2001).

Peraltro con riguardo all’accertamento in rettifica del reddito complessivo dichiarato da T. E B. , il D. P. R. 29 settembre 1973, n. 600, art.  38, pur stabilendo che le rettifiche vanno compiute distintamente (salvo il caso di accertamento così detto sintetico e globale) per le singole categorie di reddito che compongono quello complessivo, espressamente prevede la possibilità dell’ufficio di basarsi su presunzioni, il che da propriamente luogo ad un accertamento con metodo induttivo, non diverso da quello disciplinato dall’art. 39, relativamente a redditi di impresa o lavoro autonomo o professionale, ancorchè con più articolate previsioni, che si correlano alla maggiore o minore gravità delle omissioni del contribuente (Cfr. Anche Cass. Sentenze n. 4834 del 03/05/1991, Rv. 461988, Rv. 453424).

Peraltro nel sistema tributario, come è noto, le pertinenze non hanno una propria autonomia nè autonoma disciplina, ma seguono, secondo il generale principio civilistico posto dall’art. 817 cod. Civ. , il regime dei beni principali, come emerge chiaramente dalla normativa in materia di imposte sui redditi (D. P. R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 24, 29, 33 e 39; della L. 31 gennaio 1994, n. 97, art.  17) e di imposta di registro (D. P. R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 23) (fattispecie in tema di “ammortizzabilità”, ai sensi e per i fini di cui al D. P. R. N. 917 del 1986, art. 67, del terreno circostante un capannone) (Cfr. Anche Cass. Sentenze n. 3516 del 17/02/2006, n. 6501 del 2005, n. 215 del 2005).

Pertanto, alla luce di quanto più sopra enunciato, la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto su tale punto.

2) Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazionedell’art. 116 c. P. C. , in relazione all’art. 360 c. P. C. , n. 3, giacche il giudice di appello non poteva considerare uno dei figli produttore di reddito nel nucleo familiare per l’anno 1997, atteso che nessun documento al riguardo era stato prodotto, tanto che gli stessi contribuenti affermavano che il mod. 101 sarebbe andato smarrito.

La censura non ha pregio, dal momento che si appalesa piuttosto generica, non avendo la ricorrente riportato il passo e indicato il documento in cui la deduzione sarebbe stata enunciata, sicchè essa è inammissibile.

3) Col terzo motivo la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione delD. P. R. N. 600 del 1973, art.  38, con riferimento all’art. 360 c. P. C. , n. 3, poichè il giudice del gravame non poteva tenere conto dei redditi degli altri componenti della famiglia rispetto ai ricorrenti, atteso che essi servono le loro esigenze di vita.

Inoltre doveva riferirsi soltanto alla franchigia del 25% calcolata sul reddito dichiarato e non su quello accertato.

Le doglianze vanno condivise.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, e con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali previsti dal D. P. R. 29 settembre 1973, n. 600, art.  38 (c. D. Redditometri), la prova contraria ammessa dal sesto comma di tale disposizione, richiedendo la dimostrazione documentale non solo della sussistenza di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche del possesso di tali redditi da parte del contribuente, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero nucleo familiare, per tale intendendosi esclusivamente la famiglia naturale, costituita dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori. La presunzione del concorso di tali soggetti alla produzione del reddito, che può fornire giustificazione agli indici rivelatori di maggiore capacità contributiva concretamente adoperati dall’Ufficio ai fini dell’accertamento sintetico, trovando fondamento nel vincolo che lega le predette persone, e non già nel mero fatto della convivenza, esclude infatti la possibilità di desumere da quest’ultima il possesso di redditi prodotti da un parente diverso o da un affine, in quanto tale estraneo al nucleo familiare (V. Pure Cass. Sentenze n. 17202 del 28/07/2006, n. 20588 del 2005).

Circa la seconda censura va rilevato che il D. P. R. 29 settembre 1973, n. 600, art.  38, comma 4, prevede (al primo periodo) che gli uffici finanziari, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, possano determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando quello complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto dall’altro dichiarato. L’utilizzazione dei coefficienti di redditività, fissati con D. M. , prevista dallo stesso art. 38, comma 4 (al secondo periodo), è chiaramente strumentale allo svolgimento di una siffatta attività accertativa (“a tal fine sono stabilite le modalità in base alle quali l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con lo stesso decreto, quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi d’imposta”). Essa quindi non è cronologicamente successiva a questa, di talchè non è prospettabile un’interpretazione delle dette disposizioni in base alla quale l’ufficio prima dovrebbe dimostrare con valide presunzioni tratte da elementi e circostanze di fatto certi un maggior reddito che si discosti per almeno un quarto da quello dichiarato, e solo dopo tale dimostrazione potrebbe utilizzare le tabelle ministeriali per quantificare il reddito da accertare, tanto più ove si consideri che, secondo tale tesi, il ricorso alle tabelle dovrebbe servire a quantificare il reddito da accertare, che però dovrebbe essere stato già quantificato per calcolare la percentuale di “scostamento” dal reddito dichiarato (Cfr. Anche Cass. Sentenze n. 1909 del 30/01/2007, n. 15837 del 2006).

Su tali punti perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

4) Col quarto motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degliartt. 99, 101 e 112 c. P. C. , in relazione all’art. 360 c. P. C. , n. 3, atteso che la CTR non ha considerato che uno dei figli dei ricorrenti non era stato compreso nel nucleo familiare nel ricorso introduttivo, ed inoltre la superficie dell’immobile è stata calcolata inferiore a quella effettiva, considerando anche le pertinenze, nonostante i ricorrenti non avessero sollevato alcuna questione al riguardo dinanzi al giudice di prime cure, sicchè la sentenza impugnata appare affetta da vizio di extrapetizione sotto tale profilo.

Il motivo è fondato.

Il giudici di secondo grado non hanno considerato che ai fini della determinazione del reddito uno dei figli non era stato indicato, ed inoltre non hanno specificato come anche le pertinenze non potevano essere escluse ai fini della superficie imponibile per l’abitazione.

5) Col quinto motivo la ricorrente denunzia omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c. P. C. , n. 5, dal momento che il giudice di secondo grado sarebbe pervenuto alla determinazione del reddito in modo piuttosto apodittico, senza esplicitare il procedimento argomentativo, attraverso cui ha espresso il giudizio.

Anche tale censura va condivisa, atteso che la CTR non ha esplicitato il processo argomentativo attraverso il quale è pervenuta alla conclusione che l’accertamento mediante il redditometro fosse erroneo.

Ne deriva che il primo; il terzo; il quarto ed il quinto motivo di ricorso vanno accolti, e il secondo va dichiarato inammissibile, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, in relazione ai primi, e rinvio alla commissione tributaria regionale della Lombardia, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.

Quanto alle spese di questa fase, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P. Q. M.

LA CORTE Accoglie il primo; il terzo; il quarto ed il quinto motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Lombardia, altra sezione, per nuovo esame.

CONTRIBUTI ALLE IMPRESE PER PROGETTI DI COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL BUSINESS

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Il Bando vuole incentivare progetti di investimento in strategie di marketing innovation da parte di micro, piccole e medie imprese lombarde che intendono sfruttare tutte le nuove forme e tecnologie di comunicazione digitale per aumentare il proprio business, aggiungere valore ai propri prodotti e servizi e trovare nuovi mercati attraverso internet e gli strumenti web 2.

Bando per la presentazione di Progetti di Comunicazione Digitale per il business delle Micro Piccole Medie Imprese Lombarde

Bando per finanziare nuovi progetti di comunicazione digitale per il business e l’inserimento lavorativo di giovani professionisti del settore   

FINALITA’ 
Il Bando vuole incentivare progetti di investimento in strategie di marketing innovation da parte di micro, piccole e medie imprese lombarde che intendono sfruttare tutte le nuove forme e tecnologie di comunicazione digitale per aumentare il proprio business, aggiungere valore ai propri prodotti e servizi e trovare nuovi mercati attraverso internet e gli strumenti web 2. , sono previste 2 misure:

Misura a) progetti di comunicazione digitale volta a finanziare l’introduzione in azienda di progetti di comunicazione e marketing digitale finalizzati a sviluppare nuovi processi comunicativi e/o nuovi modelli di business;

Misura b) giovani per la creatività digitale per favorire l’inserimento professionale dei giovani e la stabilizzazione professionale di lavoratori già presenti in azienda per realizzare progetti di comunicazione digitale finalizzati ad innalzare la competitività delle aziende in ambito locale, nazionale e internazionale.

DOTAZIONE FINANZIARIA

risorse complessive € 1. 700. 000,00 così ripartite:

Misura a) progetti di comunicazione digitale: € 1. 150. 000,00: il contributo concesso a fondo perduto copre il 50%delle spese sostenute fino a un massimo di Euro 25. 000,00. L’investimento minimo previsto per ogni azienda è di Euro 20. 000,00, mentre per le micro imprese è di 12. 000,00. Misura b) giovani per la creatività digitale: € 500. 000,00: il contributo dipende dalla tipologia di assunzione e può variare tra Euro 5. 000,00 e Euro 3. 000,00.   Per le attività di comunicazione e promozione del bando, per la valutazione dei singoli progetti e del bando sono stanziate risorse pari a  50. 000,00. In caso di mancato o parziale utilizzo della dotazione finanziaria prevista per ciascuna misura è possibile effettuare eventuali compensazioni tra le misure stesse.

BENEFICIARI DEL CONTRIBUTO

Micro, piccole e medie imprese di tutti i settori, ad esclusione di quelli non ammessi dal Regolamento CE n. 1998/2006 (de minimis).  

DURATA
I progetti ammessi potranno essere avviati a partire della data di pubblicazione del Bando sul BURL e comunque non oltre entro 60 giorni solari e consecutivi dalla data del provvedimento di approvazione della graduatoria pubblicata sui siti della regione Lombardia e ultimati entro massimo 12 mesi dalla medesima data.  

MODALITA’ DI PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE 

Tutte le micro, piccole e medie imprese lombarde possono presentare domande on-line, seguendo la procedura su www. Bandimpreselombarde. It 
Ogni impresa può inoltrare richieste di contributo secondo le seguenti modalità:

·        una sola domanda per la Misura a)

·        fino ad un massimo di due domande per la Misura b); 

·        una domanda per la Misura a) e una per la Misura b);

·        una domanda per la Misura a) e due per la Misura b).

CONTRIBUTI ALLE IMPRESE: MICROINNOVAZIONE 30 MILIONI DI EURO PER L’INNOVAZIONE DELLE MICRO E PICCOLE IMPRESE

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Il bando Microinnovazione, dal valore di 30 milioni di euro, finanzia i progetti promossi dalle micro e piccole imprese con un minimo di complessità organizzativa, con attività ad alto contenuto innovativo.  

Avviso Pubblico Microinnovazione 30  milioni di euro per l’innovazione delle micro e piccole imprese Unione europea

Il bando Microinnovazione, dal valore di 30 milioni di euro, finanzia i progetti promossi dalle micro e piccole imprese con un minimo di complessità organizzativa, con attività ad alto contenuto innovativo.  

Obiettivo

sostenere progetti di Innovazione delle micro e piccole imprese che vogliano realizzare attività ad alto contenuto innovativo.

Possono partecipare

micro e piccole imprese di produzione e/o di servizi alla produzione con un minimo di complessità organizzativa, localizzate nell’intero territorio della Regione Lazio.

scheda:

Microinnovazione: Finanziamento totale 30 milioni di Euro

Contributo massimo: 200. 000,00 Euro

Presentazione domande: entro il 30 giugno 2013

Durata massima:12 mesi

Ente attuatore: Filas spa

Requisito di accesso: Media ponderata imponibile IRAP

degli ultimi 3 anni: 40. 000,00 Euro

Sono finanziabili

progetti relativi a:

a) Innovazione di prodotto intesa come introduzione sul mercato di un bene o di un servizio totalmente nuovo o significativamente migliorato rispetto alle sue caratteristiche o usi progettati;

b) Innovazione di processo intesa come esecuzione di un nuovo

o significativamente migliorato metodo di produzione e/o di consegna;

c) Innovazione organizzativa intesa come nuovo metodo organizzativo nelle pratiche di affari dell’impresa;

d) Innovazione di marketing intesa come esecuzione di un nuovo metodo

di vendita che coinvolge significativi cambiamenti nel design e packaging del prodotto, nella sua promozione ed estensione delle attività anche

a livello transazionale;

e) Investimenti materiali (acquisizione di innovativi impianti, macchinari e strumentazioni) funzionali all’attuazione di progetti di Innovazione;

f)  Investimenti immateriali (acquisizione di brevetti, software e licenze).

 

I costi ammissibili al netto dell’IVA per i progetti sub a), b), c) e d) sono:

• costi per l’acquisizione di brevetti e/o licenze;

• costi delle competenze tecniche;

• costi per consulenze specialistiche;

• costi per l’acquisto di materie prime, semilavorati, prodotti finiti e materiale di consumo;

• investimenti materiali in macchinari e attrezzature per la quota di ammortamento relativa al periodo di utilizzo nell’ambito progetto, nei limiti delle aliquote previste dalle normative fiscali vigenti;

• spese di personale dipendente o assunto con forme contrattuali equivalenti;

• spese generali.

I costi ammissibili al netto dell’IVA per i progetti sub e) sono quelli per l’acquisto di innovativi impianti, macchinari e strumentazioni.

I costi ammissibili al netto dell’IVA per i progetti sub f) sono quelli per l’acquisizione di brevetti, software e licenze.

Si può richiedere un contributo nel rispetto del regime di aiuto de minimis, con un tetto massimo secondo lo schema illustrato nel Bando:

• pari al 70% dell’investimento ritenuto congruo ed ammissibile relativamente ai progetti di Innovazione di prodotto, di processo, organizzativa di marketing e investimenti immateriali;

• pari al 50% dell’investimento ritenuto congruo ed ammissibile relativamente agli investimenti materiali.

Il 20% di tale contributo è erogato soltanto al raggiungimento degli obiettivi di crescita dell’impresa.

è possibile richiedere un’erogazione in conto anticipo fino al 50% del contributo concesso, a fronte di idonea fidejussione.

 

Le domande si presentano

esclusivamente per via telematica utilizzando il modulo predisposto e disponibile  sul sito internet filas, sezione “Bandi”.

L’inoltro on-line del formulario potrà avere luogo, secondo il sistema a sportello, a partire dal giorno successivo alla data di pubblicazione del formulario stesso sul BURL, fino al 30 giugno 2013, salvo esaurimento del fondo nel corso del periodo indicato.

RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE: COSA DEVE FARE CHI RISTRUTTURA PER FRUIRE DELLA DETRAZIONE

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Guida e Sintesi agli adempimenti previsti per richiedere la detrazione sulle  spese di ristrutturazione con gli aggiornamenti alle recenti  semplificazioni.

COSA DEVE FARE CHI RISTRUTTURA  PER FRUIRE DELLA DETRAZIONE

Guida e Sintesi agli adempimenti previsti per richiedere la detrazione sulle  spese  di ristrutturazione con gli aggiornamenti alle recenti  semplificazioni.

In particolare, dal 14 maggio  2011  è stato soppresso  l’obbligo  dell’invio  della  comunicazione  di inizio  lavori all’Agenzia delle  Entrate e quello  di indicare  il costo  della  manodopera, in maniera  distinta, nella fattura emessa  dall’impresa  che esegue  i lavori.

In luogo dell’invio della comunicazione di inizio lavori al Centro operativo  di Pescara, è sufficiente indicare  nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell’immobile e, se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti per il controllo  della detrazione.

Inoltre, occorre  conservare ed esibire, a richiesta degli uffici, i documenti indicati nel provvedimento del Direttore  dell’Agenzia  delle Entrate del 2 novembre 2011.

In particolare, oltre ai documenti indicati  più avanti (comunicazione all’Asl, fatture e ricevute comprovanti le spese  sostenute,  ricevute  dei  bonifici  di pagamento), il contribuente deve essere in possesso  di:

■   domanda di accatastamento (se l’immobile  non è ancora  censito)

■   ricevute  di pagamento dell’Ici, se dovuta

■   delibera  assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori (per gli interventi su par- ti comuni  di edifici residenziali)  e tabella  millesimale  di ripartizione delle spese

■   dichiarazione di consenso del possessore  dell’immobile all’esecuzione dei lavori, per gli interventi  effettuati dal detentore dell’immobile, se diverso dai familiari conviventi

■   abilitazioni amministrative richieste  dalla  vigente  legislazione edilizia  in relazione alla tipologia  di lavori da realizzare (concessioni, autorizzazioni, eccetera)  o, se la normati- va non  prevede  alcun  titolo abilitativo,  dichiarazione sostitutiva dell’atto  di notorietà  in cui indicare  la data di inizio dei lavori e attestare che gli interventi realizzati  rientrano  tra quelli agevolabili.

Comunicazione  all’Azienda sanitaria locale

Deve  essere  inviata  all’Azienda  sanitaria  locale  competente per territorio  una  comunicazione  con raccomandata A. R. Con le seguenti  informazioni:

■   generalità  del committente dei lavori e ubicazione degli stessi

■   natura  dell’intervento da realizzare

■   dati identificativi  dell’impresa  esecutrice dei lavori con esplicita assunzione di responsabilità,  da parte  della  medesima, in ordine  al rispetto  degli obblighi  posti dalla  vigente normativa  in materia  di sicurezza sul lavoro e contribuzione

■   data di inizio dell’intervento di recupero.

 

La comunicazione non deve essere effettuata in tutti i casi in cui i decreti legislativi relativi alle condizioni di sicurezza nei cantieri non prevedono l’obbligo della notifica preliminare alla Asl.

Pagamento mediante bonifico

Per fruire della detrazione è necessario che  i pagamenti siano  effettuati con bonifico  bancario o postale  da cui risultino:

■   causale  del versamento

■   codice  fiscale del soggetto che paga

■   codice  fiscale o numero  di partita Iva del beneficiario del pagamento.

Le spese  che  non  è possibile  pagare  con  bonifico  (per esempio,  oneri  di urbanizzazione, diritti pagati per concessioni, autorizzazioni e denunce di inizio lavori, ritenute  fiscali sugli onorari  dei professionisti,  imposte  di bollo) possono  essere pagate  con altre modalità.

Quando vi sono  più soggetti che  sostengono la spesa,  e tutti intendono fruire della  detrazione,  il bonifico  deve  riportare  il numero  di codice  fiscale  delle  persone  interessate  al beneficio  fiscale.

Se il bonifico contiene l’indicazione del codice  fiscale del solo soggetto che fino al 13 maggio 2011  era  obbligato  a presentare il modulo  di comunicazione al Centro  operativo  di Pescara,  gli altri aventi  diritto, per ottenere  la detrazione, devono  riportare  in un apposito spazio  della dichiarazione dei redditi il codice  fiscale indicato  sul bonifico.

Per gli interventi  realizzati  sulle parti comuni  condominiali, oltre al codice  fiscale del con- dominio  è necessario indicare  quello dell’amministratore o di altro condomino che effettua il pagamento.

Ritenuta sui bonifici

Al momento del pagamento del bonifico, banche e poste devono operare una ritenuta a titolo di acconto del- l’imposta dovuta dall’impresa che effettua i lavori. Dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto legge n. 98/2011) questa ritenuta è pari al 4%.

Con la Circolare n. 40 del 28 luglio 2010 l’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni operative in merito all’applicazione di questo adempimento.

Con riferimento  alle spese sostenute in favore dei Comuni, se il contribuente paga con bonifico, pur non essendo tenuto a tale forma di versamento, deve indicare nella motivazione del pagamento il Comune, come soggetto beneficiario e la causale del versamento (per esempio, oneri di urbanizzazione, Tosap, eccetera). In questo modo, la banca o Poste Spa non codificano il versamento come importo soggetto a ritenuta (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 3/E del 4 gennaio 2011).

Altri adempimenti

I contribuenti interessati  devono  conservare, oltre alla ricevuta  del bonifico,  le fatture o le ricevute  fiscali relative alle spese effettuate per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione.

Questi  documenti, che devono  essere intestati alle persone  che fruiscono  della detrazione, potrebbero essere  richiesti,  infatti, dagli uffici finanziari  che  controllano le loro  dichiarazioni dei redditi.

Per gli interventi  realizzati  sulle parti comuni  condominiali il contribuente, in luogo di tutta la documentazione prevista, può utilizzare  una certificazione rilasciata  dall’amministratore del condominio, in cui lo stesso attesti di avere adempiuto a tutti gli obblighi previsti e indichi  la somma  di cui il contribuente può tenere  conto  ai fini della detrazione.

 

IVA PER CASSA: DISPOSIZIONI ATTUATIVE CON PROVVEDIMENTO N. 165764/2012 AGENZIA DELLE ENTRATE

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Individuazione delle modalità di esercizio dell’opzione per il regime dell’IVA per cassa di cui all’articolo 32-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134

IVA PER CASSA PROVVEDIMENTO N. 165764/2012 AGENZIA DELLE ENTRATE

Individuazione delle modalità di esercizio dell’opzione per il regime dell’IVA per cassa di cui all’ articolo 32-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.  

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA

In base alle attribuzioni conferitegli dalle norme indicate nei riferimenti normativi

Dispone

1. Esercizio dell’opzione per l IVA per cassa

1. 1. I soggetti che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d affari non superiore a due milioni di euro, possono optare per la liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto secondo la contabilità di cassa, di seguito denominata “IVA per Cassa”, come disciplinata dall’’articolo  32-bis  del  decreto-legge  22  giugno  2012,  n.   83,  convertito,  con modificazioni, dall’a legge 7 agosto 2012, n. 134, e dalle disposizioni contenute nel D. M. 11 ottobre 2012.

1. 2.    L’opzione   per   la   liquidazione   dell’  IVA   per   cassa     si   desume   dal comportamento concludente del contribuente ed è comunicata, ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442, nella prima dichiarazione  annuale  ai  fini  dell’imposta  sul  valore  aggiunto  da  presentare successivamente all’a scelta effettuata.

1. 3.   A  seguito  della  scelta  operata  dovrà  essere  riportata  sulle  fatture  emesse l’annotazione e  l’indicazione dell’articolo 32-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83.

 

 

2. Efficacia dell’opzione

2. 1. L’opzione ha effetto a partire dal 1° gennaio dell’anno in cui è esercitata ovvero,  in  caso  di  inizio  dell’attività  nel  corso  dell’anno,  dalla  data  di  inizio dell’attività.

2. 2. Limitatamente all’ anno 2012, primo anno di applicazione del nuovo regime, l’opzione di  cui  all’ articolo 1,  comunicata con  la  dichiarazione annuale ai  fini dell’imposta  sul  valore  aggiunto  per  l’anno  2012,  ha  effetto  per  le  operazioni effettuate a partire dal 1° dicembre 2012.

2. 3. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo, sono considerate valide le comunicazioni effettuate con la dichiarazione annuale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto presentata entro il termine di cui all’ articolo 2, comma 7, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

2. 4. L’omessa indicazione sulle fatture emesse dell’annotazione di cui al punto 1. 3. Costituisce, ai fini sanzionatori, una violazione formale.

3. Durata dell’opzione e revoca

3. 1. L opzione di cui all’ articolo 1 vincola il contribuente all’ applicazione dell’IVA per cassa  almeno per un triennio, salvi i casi di superamento della soglia dei due milioni di euro di volume d’affari, che comportano la cessazione del regime.

3. 2. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime prescelto, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, salva la possibilità di revoca espressa, da esercitarsi, con le stesse modalità di esercizio dell’opzione, mediante comunicazione nella prima dichiarazione annuale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto presentata successivamente all’a scelta effettuata.

3. 3. Ai fini del computo del triennio, se l opzione è esercitata a partire dal 1°

dicembre 2012, l’anno 2012 è considerato primo anno di applicazione del regime.

Motivazioni

Con  il  presente  provvedimento  sono  stabilite  le  modalità  di  esercizio dell’opzione per il regime dell’IVA di cassa, di cui all’ articolo  32-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dall’a legge 7 agosto2012, n. 134.

Per  quanto  riguarda  la  modalità  di  comunicazione dell’opzione  e  della relativa revoca, viene previsto che le stesse sono effettuate, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442, con la prima dichiarazione annuale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto presentata successivamente all’a scelta operata. Pertanto, secondo quanto precisato nelle istruzioni al quadro VO del modello di dichiarazione IVA, l’opzione o la revoca per la liquidazione dell’IVA secondo la contabilità di cassa dovranno essere comunicate nella dichiarazione IVA annuale relativa all’ anno in cui è esercitata l’opzione e che il contribuente presenterà nel corso dell’anno successivo. Coloro che intenderanno avvalersi del regime sin dall’ inizio dell’attività, comunicheranno tale scelta in sede di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’ anno di inizio attività.

Ferma restando l applicazione della sanzioni per il ritardo, è stata fatta salva la comunicazione effettuata con la dichiarazione annuale tardiva, presentata entro i novanta giorni successivi al termine ordinario, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, primo periodo del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

Si riportano i riferimenti normativi dell’atto:

Attribuzioni del Direttore dell’Agenzia delle entrate;

Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (art. 66, art. 67, comma 1, art. 68, comma 1, art. 71, comma 3, lettera a);

Statuto dell’Agenzia delle entrate (art. 5, comma 1, e art. 6, comma 1);

Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate (art. 2,comma 1 e art. 5, comma 4);

Disciplina normativa di riferimento:

Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dall’a legge 7 agosto 2012, n. 134     articolo 32-bis     Disposizioni in materia di liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto secondo la contabilità di cassa;

decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633     Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto;

decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442    Regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte dirette;

decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322    articolo 2, comma 7;

Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’ imposta regionale sulle attività produttive e all’ imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze 11 ottobre 2012    Disposizioni attuative del regime IVA per cassa.

Roma, 21 novembre 2012

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