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AUTO AZIENDALI 2013: SINTESI DELLE NOVITÀ FISCALI

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Utile prospetto di riepilogo sulle novità fiscali introdotte dal Governo Monti, a decorrere dal 1° Gennaio 2013 in materia di Auto Aziendali.

 

Auto Aziendali  2013: Sintesi delle Novità Fiscali

Utile prospetto di riepilogo sulle novità fiscali introdotte dal Governo Monti, a decorrere dal 1° Gennaio 2013 in materia di  Auto Aziendali.

L’auto aziendale:

1)     Se utilizzata da un socio (né dipendente, né amministratore):

a.       per il socio costituisce fringe benefit ACI quale reddito diverso ex art. 67 h-ter;

b.      per l’azienda la deduzione è del 20% (costo di acq. 18. 076);

2)     Se utilizzata ad uso promiscuo, per la maggior parte dell’esercizio, da dipendente (anche socio):

a.       fringe benefit ACI nella busta paga;

b.      deduzione 70% (senza limiti costo di acquisto);

3)     Se utilizzata da socio amministratore (anche promiscuamente):

a.       fringe ACI nella paga;

b.      deducibilità 20%;

4)     Se utilizzata “esclusivamente ad uso personale” da dipendente o amministratore:

a.       fringe benefit ACI (valore normale);

b.      deducibilità pari al fringe (indeducibilità costo di acquisto);

ALTERNATIVA:

“Rimborso spese” mediante utilizzo di auto propria (con limitazioni ex art. 95 e 51-5°co. ).

Indennità di disoccupazione: Servizi telematici per la presentazione di domande di indennità di disoccupazione

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CON RIFERIMENTO ALL’ART. 2 DELLA LEGGE N. 92 DEL 28 GIUGNO 2012 CHE ISTITUISCE A DECORRERE DAL 1°GENNAIO 2013 L’ASSICURAZIONE SOCIALE PER L’IMPIEGO E FACENDO SEGUITO ALLA CIRCOLARE N. 142 DEL 18/12/2012 RELATIVA ALL’INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI E MINI-ASPI ED AL MESSAGGIO N.  20774 DEL 17/12/2012 RELATIVO ALL’INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE MINI-ASPI 2012, VENGONO RILASCIATI I SERVIZI TELEMATICI PER LA PRESENTAZIONE  DELLE DOMANDE DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI 2012.

1. PREMESSA
CON RIFERIMENTO ALL’ART. 2 DELLA LEGGE N. 92 DEL 28 GIUGNO 2012 CHE ISTITUISCE A DECORRERE DAL 1GENNAIO 2013 L’ASSICURAZIONE SOCIALE PER L’IMPIEGO E FACENDO SEGUITO ALLA CIRCOLARE N. 142 DEL 18/12/2012 RELATIVA ALL’INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI E MINI-ASPI ED AL MESSAGGIO N. 20774 DEL 17/12/2012 RELATIVO ALL’INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE MINI-ASPI 2012, VENGONO RILASCIATI I SERVIZI TELEMATICI PER LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE
ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI 2012.
IN BASE A QUANTO STABILITO DALLA SOPRACITATA LEGGE, LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI INDENNITà DOVRà AVVENIRE ESCLUSIVAMENTE PER VIA TELEMATICA. PERTANTO, CONSIDERATO ANCHE QUANTO DISPOSTO DALLE CIRCOLARI N. 169 DEL 31. 12. 2010 E N. 110 DEL 30 AGOSTO 2011 ATTUATIVE RISPETTIVAMENTE DELLE DETERMINAZIONI DEL PRESIDENTE DELL’ISTITUTO N° 75 DEL 30 LUGLIO 2010 E N° 277 DEL 24 GIUGNO 2011 CHE DISPONGONO L’ESTENSIONE E IL POTENZIAMENTO DEI SERVIZI TELEMATICI OFFERTI
DALL’INPS AI CITTADINI E CHE PREVEDONO  L’UTILIZZO ESCLUSIVO DEL CANALE TELEMATICO PER LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE  DI PRESTAZIONI E DI SERVIZI, LA PRESENTAZIONE DELLE SUDDETTE INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE DOVRà AVVENIRE IN MODO ESCLUSIVO ATTRAVERSO UNO DEI SEGUENTI CANALI:
WEB  –  SERVIZI TELEMATICI ACCESSIBILI DIRETTAMENTE DAL CITTADINO TRAMITE PIN ATTRAVERSO IL PORTALE DELL’ISTITUTO;
 CONTACT CENTER MULTICANALE ATTRAVERSO IL NUMERO TELEFONICO 803164 – CON IL SUPPORTODEI SERVIZI TELEMATICI MESSI A DISPOSIZIONE DALL’ISTITUTO;
PATRONATI/INTERMEDIARI DELL’ISTITUTO – ATTRAVERSO I SERVIZI TELEMATICI OFFERTI DAGLI   STESSI CON IL SUPPORTO DELL’ISTITUTO.
2. PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINIASPI E MINI-ASPI 2012 DA PARTE DEL CITTADINO VIA WEB 
IL SERVIZIO D’INVIO DELLE DOMANDE DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI 2012 è DISPONIBILE DAL PORTALE INTERNET DELL’ISTITUTO (WWW. INPS. IT) ATTRAVERSO IL SEGUENTE PERCORSO: AL SERVIZIO DEL CITTADINO – AUTENTICAZIONE CON PIN – INVIO DOMANDE DI PRESTAZIONI A SOSTEGNO DEL REDDITO – ASPI, DISOCCUPAZIONE, MOBILITà E TRATTAMENTI SPECIALI EDILI – INDENNITà ASPI.
IL PIN CON CUI VIENE EFFETTUATA L’AUTENTICAZIONE AL SERVIZIO DEVE ESSERE DI TIPO “DISPOSITIVO”. PER LE MODALITà DI RICHIESTA E RILASCIO DEL PIN “DISPOSITIVO” SI RINVIA ALLE DISPOSIZIONI CONTENUTE NELLA CIRCOLARE N. 50 DEL  15/03/2011.
LE RICHIESTE INVIATE CON PIN NON “DISPOSITIVO” SARANNO COMUNQUE TRASMESSE E PROTOCOLLATE, RISULTANDO UTILI AI FINI DEL RISPETTO DEL TERMINE DI PRESENTAZIONE MA NON POTRANNO ESSERE DEFINITE FINO A QUANDO IL PIN NON ASSUMERà CARATTERISTICHE “DISPOSITIVE”.
AI CITTADINI CHE INVIERANNO TELEMATICAMENTE UNA RICHIESTA CON PIN NON “DISPOSITIVO”, SIA IN FASE DI AVVIO DELLA COMPILAZIONE DELLA DOMANDA, SIA DOPO L’INVIO VERRà SEGNALATA LA NECESSITà DI RENDERE “DISPOSITIVO” IL PROPRIO PIN AFFINCHé LA RICHIESTA INOLTRATA POSSA ESSERE DEFINITA DALLA COMPETENTE SEDE INPS.
IL SERVIZIO PREVEDE IL PRELIEVO AUTOMATICO DELLE INFORMAZIONI ANAGRAFICHE DEL RICHIEDENTE, UTILIZZANDO I DATI GIà IN POSSESSO DELL’ISTITUTO, E IL COMPLETAMENTO DELLA DOMANDA DA PARTE DEL CITTADINO.
IL SERVIZIO è ARTICOLATO IN VARIE SEZIONI:
SEZIONE ANAGRAFICA: VISUALIZZAI DATI ANAGRAFICI REGISTRATI NEGLI ARCHIVI DELL’ISTITUTO CON LA POSSIBILITà PER IL CITTADINO DI VARIARE IL DOMICILIO;SEZIONE ALTRI RECAPITI: CONSENTE LA COMPILAZIONE DEI DATI RELATIVI AI RECAPITI TELEFONICI ED E-MAIL DEL LAVORATORE;
SEZIONE ULTIMA POSIZIONE LAVORATIVA: CONSENTE DI INSERIRE O MODIFICARE I DATI RELATIVI ALL’ULTIMO RAPPORTO DI LAVORO;
SEZIONE DATI DOMANDA: CONSENTE DI ACQUISIRE I DATI DELLA DOMANDA E CIOè L’EVENTO DA COMUNICARE ED IL PERIODO A CUI SI RIFERISCE (ULTIMO RAPPORTO DI LAVORO E DATA DI CESSAZIONE);
SEZIONE DICHIARAZIONI: CONSENTE DI EFFETTUARE IN MANIERA GUIDATA DICHIARAZIONI IN MERITO A SITUAZIONI RELATIVE ALL’ASSICURATO CHE HANNO RIFLESSI SULLA PRESTAZIONE;
SEZIONE RELATIVA ALL’ATTESTAZIONE DELLO STATUS DI DISOCCUPATO;
SEZIONE RIEPILOGO DATI E INVIO DELLA DOMANDA:  CONSENTE, UNA VOLTA COMPLETATA LA DOMANDA, DI SALVARLA ED INVIARLA TRAMITE IL PULSANTE CONFERMA. UNA VOLTA CHE LA
COMUNICAZIONE SIA STATA INVIATA, IL RICHIEDENTE POTRà STAMPARE SIA LA RICEVUTA DI PRESENTAZIONE, CHE LA DOMANDA STESSA PER VERIFICARE LA CORRETTEZZA DEI DATI  IMMESSI.
LE ISTRUZIONI DETTAGLIATE AL RIGUARDO SONO CONTENUTE NEL MANUALE ACCESSIBILE DIRETTAMENTE DALLA PROCEDURA E SCARICABILE TRAMITE APPOSITO PULSANTE COLLOCATO NELLA PARTE SUPERIORE DI OGNI SCHERMATA DELL’APPLICAZIONE.
3.      PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI 2012 DA PATRONATO IN MODALITà ONLINE E OFFLINE
ACQUISIZIONE IN MODALITà ONLINE
L’APPLICAZIONE DESCRITTA NELLA SEZIONE PRECEDENTE VIENE RESA DISPONIBILE ANCHE PER I PATRONATI SUL SITO INTERNET DELL’ISTITUTO (WWW. INPS. IT) ATTRAVERSO IL SEGUENTE PERCORSO: SERVIZI ON LINE à PER TIPOLOGIA DI UTENTE: PATRONATI àSERVIZI PER I PATRONATI à SERVIZI  à AUTENTICAZIONE CON PIN à “DISOCCUPAZIONE E MOBILITà”. PER L’INVIO DI UNA DOMANDA DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI 2012 IL PATRONATO DEVE ESSERE IN POSSESSO DELLA DELEGA DEL LAVORATORE
PATROCINATO OPPORTUNAMENTE REGISTRATA NEL MENù “GESTIONE” PRESENTE TRA I SERVIZI PER IL PATRONATO.
ACQUISIZIONE IN MODALITà OFFLINE
I PATRONATI DISPONGONO OLTRE CHE DELLA MODALITà ONLINE DI PRESENTAZIONE TELEMATICA DELLE DOMANDE, ANCHE DEI SERVIZI CHE PERMETTONO LA COMPILAZIONE OFFLINE DI DETTE RICHIESTE E IL SUCCESSIVO INVIO DEI LOTTI DI DOMANDE ALL’INPS.
PERTANTO ANCHE IL PROGRAMMA DI ACQUISIZIONE OFFLINE è STATO AGGIORNATO PER CONSENTIRE L’INVIO DELLE DOMANDE DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI 2012, DAL 1 GENNAIO 2013. GLI OPERATORI DEGLI ENTI DI PATRONATO, UNA VOLTA INSTALLATA L’APPLICAZIONE, POTRANNO:
ACQUISIRE E CONSULTARE LE DOMANDE DI  INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINIASPI 2012, ED EVENTUALMENTE LE RICHIESTE DI ANF_PREST CONTESTUALI E DI DETRAZIONI D’IMPOSTA; COLLEGARSI DAL PROPRIO BROWSER INTERNET AL SITO INPS PER INVIARE ALL’ISTITUTO IL MESSAGGIO TELEMATICO CONTENENTE LA DOMANDA, OTTENENDO IN RISPOSTA UNA RICEVUTA DI ACCETTAZIONE DELLA STESSA. LA DOMANDA SARà POI AUTOMATICAMENTE INOLTRATA ALLA SEDE INPS COMPETENTE; CONSULTARE IN QUALSIASI MOMENTO LA LISTA DELLE PRATICHE INVIATE ALL’ISTITUTO.
A DIFFERENZA DEL PROGRAMMA GIà IN USO DAGLI ENTI DI PATRONATO è PREVISTA L’ACQUISIZIONE ANCHE DEI SEGUENTI DATI:
INDIRIZZO E-MAIL DELL’ASSICURATO
INDICAZIONE DELLE NUOVE QUALIFICHE ‘SOCI LAVORATORI DI COOPERATIVE CON RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO (L)’ E ‘PERSONALE ARTISTICO CON RAPPORTO DI LAVORO  SUBORDINATO (T)’
DATA DI ‘AVVIO ATTIVITà AUTONOMA/PARASUBORDINATA’ CON INDICAZIONE DEL REDDITO PRESUNTO.
4.      PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI 2012 DA CONTACT CENTER
IL SERVIZIO DI ACQUISIZIONE DELLE DOMANDE DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI 2012DA CONTACT CENTER MULTICANALE INPS-INAIL è DISPONIBILE ANCHE PER I LAVORATORI IN POSSESSO DI PIN TELEFONANDO AL NUMERO VERDE 803 164.
PER LA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI PRESTAZIONE ATTRAVERSO QUESTA MODALITà è NECESSARIO CHE IL CITTADINO SIA MUNITO DI PIN DISPOSITIVO.
NEL CASO IN CUI IL CITTADINO NON SIA DOTATO DI PIN DISPOSITIVO LA DOMANDA SARà CONSIDERATA VALIDA AI FINI DEL RISPETTO DEL TERMINE DI PRESENTAZIONE. CONTESTUALMENTE IL CITTADINO VERRà INVITATO A CONVERTIRE IL PIN  IN DISPOSITIVO SECONDO LE INDICAZIONI FORNITE NELLA CIRC. N. 50 DEL 15 MARZO 2011.
NEL CASO IN CUI IL CITTADINO SIA TOTALMENTE SPROVVISTO DI PIN, L’OPERATORE DEL CONTACT CENTER FORNIRà TUTTE LE ISTRUZIONI NECESSARIE PER IL COMPLETAMENTO DELLA DOMANDA DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINIASPI O MINIASPI 2012
5.   GESTIONE E MONITORAGGIO DELLE DOMANDE DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI 2012 PERVENUTE.
L’ACQUISIZIONE DELLE DOMANDE TELEMATICHE DI INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E
MINI-ASPI 2012 DOVRà AVVENIRE ATTRAVERSO LE CONSUETE MODALITà, TRAMITE PROCEDURA DSWEBARCHIVI CENTRALI, DISPONIBILE ATTRAVERSO IL PERCORSO: PROCESSI -PRESTAZIONI A SOSTEGNO DEL REDDITO
– DISOCCUPAZIONE NON AGRICOLA E,  SELEZIONANDO IL MENù DOMANDE INTERNET.  
SELEZIONANDO IL LINK  DOMANDE ASPI,  MINIASPI E MINIASPI 2012 DA SPORTELLO VIRTUALE, SARà INOLTRE POSSIBILE CONSULTARE LE DOMANDE ACQUISITE IN MODALITà ONLINE DAL CITTADINO,  DAGLI OPERATORI DI CONTACT CENTER E DAI PATRONATI.
INVECE ATTRAVERSO IL LINK  DOMANDE ASPI,  MINIASPI E MINIASPI 2012 DA PATRONATO CON ACQUISIZIONE OFFLINE, SARà POSSIBILE CONSULTARE LE DOMANDE ACQUISITE IN MODALITà OFFLINE DAI PATRONATI. ACCEDENDO A QUESTI LINK SARà ANCHE POSSIBILE CONSULTARE E STAMPARE LA LISTA DELLE DOMANDE INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI 2012 PERVENUTE DA WEB; NONCHé CARICARE IN PROCEDURA LE DOMANDE DI  INDENNITà DI DISOCCUPAZIONE ASPI, MINI-ASPI E MINI-ASPI
2012 IN MODALITà ‘MANUALE’, OSSIA SELEZIONANDO LE DOMANDE DI INTERESSE, OPPURE ‘AUTOMATICA’.
IL DIRETTORE GENERALE
NORI

IVA: RESPONSABILITÀ SOLIDALE FISCALE TRA COMMITTENTE ED APPALTATORE E/O SUBAPPALTATORE COME TUTELARSI

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L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare N. 40/E del 8 ottobre 2012, si è pronunciata in  merito alle procedure applicative da adottare inerenti la responsabilità fiscale nel settore dei contratti d’appalto e di subappalto di opere e servizi come disciplinate dal D. L. 223/2006 e successivamente modificate dall’articolo 13-ter del D. L. 22/06/2012 n. 83 e seguenti (c. D. Decreto crescita). Sono escluse dalla responsabilità solidale le stazioni appaltanti dei contratti pubblici (ex D. Lgs 163/2006).

IVA: Responsabilità solidale fiscale tra committente ed appaltatore e/o subappaltatore Come Tutelarsi

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare N. 40/E del 8 ottobre 2012, si è pronunciata in  merito alle procedure applicative da adottare inerenti la responsabilità fiscale nel settore dei contratti d’appalto e di subappalto di opere e servizi come disciplinate dal D. L. 223/2006 e successivamente modificate dall’articolo 13-ter del D. L. 22/06/2012 n. 83 e seguenti (c. D. Decreto crescita). Sono escluse dalla responsabilità solidale le stazioni appaltanti dei contratti pubblici (ex D. Lgs 163/2006).

Decorrenza

L’Amministrazione ha stabilito che le nuove disposizioni trovano applicazione solo per i contratti di appalto e subappalto stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della norma, ovvero dal 12 agosto 2012, e con specifico riferimento agli adempimenti conseguenti, ha disposto che le certificazioni relative debbano essere richieste solamente in relazione ai pagamenti effettuati a partire dal 11 ottobre 2012.

Dichiarazione sostitutiva

In merito alla documentazione necessaria a comprovare il regolare versamento dell’IVA e delle ritenute fiscali, al fine di superare il vincolo di responsabilità solidale del committente/appaltatore nei confronti dell’appaltatore/subappaltatore, per L’Agenzia delle Entrate sono idonee sia le asseverazioni rilasciate dai CAF o da altri professionisti abilitati ai sensi di legge (a nostro avviso rare e nell’ipotesi di un consulente abilitato interno all’azienda anche prive dell’efficacia probatoria effettiva), nonché le dichiarazioni sostitutive ex art. 445/2000 con cui l’appaltatore/subappaltatore dichiari l’avvenuto adempimento degli obblighi richiesti dalla disposizione.

Obblighi del Committente

IL committente è tenuto prima di versare il corrispettivo/pagare fattura anche solo in acconto a verificare gli adempimenti fiscali (versamento dell’Iva e delle  ritenute sui redditi dei lavoratori dipendenti) eseguiti dall’appaltatori e da eventuali subappaltatori.

Obblighi dell’Appaltatore

L’appaltatore principale è tenuto prima di versare il corrispettivo/pagare fattura anche solo in acconto a verificare gli adempimenti fiscali (versamento dell’Iva e delle  ritenute sui redditi dei lavoratori dipendenti) eseguiti dal proprio subappaltatore.

Pagamenti

Possono essere sospesi fino alla produzione della documentazione richiesta.

Termini di accertamento

Variano a seconda del tributo evaso e dell’ammontare, un minimo di quattro anni ad un massimo di 10.

Sanzioni

In caso di mancata verifica in capo al committente (e all’appaltatore principale verso i subappaltatori) per “l’omissione della verifica della correttezza degli adempimenti” scatta la sanzione amministrativa da un minimo di €. 5. 000 ad una massimo di €. 200. 000.

IVA: COMPENSAZIONE CON LIMITE RIDOTTO AD €. 5.000

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Il Decreto Semplificazioni (D. L. 16/2012) ha ridotto a decorrere dal 1° gennaio 2013, il diritto di poter compensare il proprio credito Iva (ad esempio: ritenute, imposte e contributi in F24 entro il sede di ogni mese) dai precedenti  € 10. 000 agli attuali € 5. 000.

IVA: Compensazione con limite ridotto ad € 5. 000

 

Compensazione IVA e Visto di conformità

Il Decreto Semplificazioni (D. L. 16/2012) ha ridotto a decorrere dal 1° gennaio 2013, il diritto di poter compensare il proprio credito Iva (ad esempio: ritenute, imposte e contributi in F24 entro il sede di ogni mese) dai precedenti  €. 10. 000 agli attuali € 5. 000.

Pertanto il credito annuale IVA 2012 può essere portato a compensazione di contributi ed imposte  in F24 solo per importo inferiori ad €. 5. 000 (cfr Risoluzione 321/E Agenzia delle Entrate del 29 luglio 2008). Per somme comprese tra 5. 000 ed €. 15. 000sarà possibile usufruire della compensazione solo dal 16 del mese successivo a quello previsto per la presentazione del Modello IVA Annuale (N. B.  la quale può essere presentata solo successivamente al 31 gennaio 2013).

Visto di conformità

Per la compensazione del credito IVA per importi oltre €. 15. 000 e fino ad €. 516. 456,90 occorre il Visto di Conformità del proprio.

RIVALUTAZIONE QUOTE SOCIALI E PARTECIPAZIONI SOCIETARIE: RIAPERTI I TERMINI PER L’AFFRANCAMENTO FINO AL 1° LUGLIO 2013

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La legge di stabilità (228/2012), all’articolo a, comma 473, ha riaperto fino al 1° luglio 2013 i termini per l’affrancamento delle plusvalenze (artt 67-68 Tuir) relative alla cessione di partecipazioni societarie  (o quote sociali) non quotate purché siano possedute alla data del 1° gennaio 2013 da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività di impresa, oppure da società semplici ed enti non commerciali, anche non residenti.

Rivalutazione quote sociali e partecipazioni societarie: Riaperti i termini per l’affrancamento fino al 1°  luglio  2013

La legge di stabilità (228/2012), all’articolo a, comma 473, ha riaperto fino al 1° luglio 2013 i termini per l’affrancamento delle plusvalenze (artt 67-68 Tuir) relative alla cessione di partecipazioni societarie  (o quote sociali) non quotate purché siano possedute alla data del 1° gennaio 2013 da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività di impresa, oppure da società semplici ed enti non commerciali, anche non residenti.

La plusvalenza da cessione ed il risparmio di imposta conseguito

La facoltà di rivalutare il valore d’acquisto delle partecipazioni societarie non quotate è vantaggiosa ai fini della riduzione o dell’annullamento della plusvalenza tassabile ai sensi dell’articoli  67 e 68 del Tuir (DPR 917/86) in occasione di una cessione a titolo oneroso (in tal senso anche la permuta di partecipazioni o quote sociali) delle partecipazioni  in questione.

Pertanto in tal modo a fronte di un gettito di imposta sulla plusvalenza da cessione a tassazione ordinaria mediamente pari al 40% (ad eccezione delle partecipazioni non qualificate che scontano la ritenuta a titolo di imposta del 20% e pertanto il vantaggio della rivalutazione è presente ma ridotto), il cedente sconta un affrancamento secco del 4% (2%  caso di partecipazioni non qualificate), pagabile in tre comode rate annuali o in unica soluzione.  

L’Aliquota

L’affrancamento può essere effettuato dietro pagamento di una imposta sostitutiva che va calcolata applicando una aliquota del:

a)     4%  del valore rivalutato se trattasi di partecipazione  qualificata;

b)    2% del valore rivalutato se trattasi di partecipazione non qualificata;

tramite perizia asseverata in tribunale da tecnico (Tributarista, Commercialista, Ragioniere, etc. ) iscritto all’albo (requisito della certificazione) o dal notaio (maggiormente onerosa).

Si ricorda che il valore rivaluta tramite perizia costituisce il valore minimo accertabile ai fini fiscali.

Le rate

La norma prevede due ipotesi per il versamento dell’imposta da affrancamento:

1.       unica soluzione con F24 (codice 8056) entro il 30. 06. 2012;

2.       tre rate con quota capitale di pari importo con scadenze:

a.       30. 06. 2013;

b.      30. 06. 2014 maggiorata di interessi del 3% (codice unico 8056);

c.       30. 06. 2015 maggiorata di interessi del 3% (codice unico 8056).

Resta salvo il diritto in capo al contribuente (garantito da prassi, giurisprudenza e dottrina) che volesse avvalersi nuovamente della rivalutazione per partecipazioni già rivalutate in passato, di non versare il 4% per intero ma limitarsi alla differenza o qualora, il valore odierno fosse inferiore chiederne il rimborso e/o la compensazione.

Per info contattare lo Studio Associato Alessio Ferretti & Partners  o Network Fiscale S. R. L. Unipersonale

Numero Verde 800. 19. 27. 52  – a. Ferretti@networkfiscale. Com

FATTURAZIONE E PARCELLAZIONE PROGRESSIVA: PASSA LA TESI DI NETWORK FISCALE

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Il principio di unicità della fattura (e parcella)  già sancito a livello europeo trova legittimità nella legge 22/2012 ed applicazione con la risoluzione 1e del 2013 agenzia delle entrate. A decorrere dal 1° gennaio 2013, può essere adottata una numerazione progressiva che, partendo dal numero 1, prosegua ininterrottamente per tutti gli anni solari di attività del contribuente, fino alla cessazione dell’attività stessa.  

Fatturazione e Parcellazione Progressiva: passa la tesi di Network Fiscale, il principio di unicità della fattura (e Parcella)  già sancito a livello europeo trova legittimità nella Legge 22/2012 ed applicazione con la risoluzione 1E del 2013 Agenzia delle Entrate

A decorrere dal 1° gennaio 2013, può essere adottata una numerazione progressiva che, partendo dal numero 1, prosegua ininterrottamente per tutti gli anni solari di attività del contribuente, fino alla cessazione dell’attività stessa. Questa  tipologia  di  numerazione  progressiva  è,  di  per  sé,  idonea  ad identificare in modo univoco la fattura e la parcella (come sostenevamo da tempo ai fini di una corretta tenuta della contabilità in modo ordinato), in considerazione della irripetibilità del numero di volta in volta attribuito al documento fiscale. La numerazione progressiva dal 1° gennaio 2013 può anche iniziare dal numero successivo a quello dell’ultima fattura (Parcella) emessa nel 2012.

 

RISOLUZIONE N.    1/E Direzione Centrale Normativa   Roma, 10 gennaio 2013          

 

OGGETTO: Articolo 21, comma 2, lettera b), del D. P. R. N. 633 del 1972 – Chiarimenti in materia di numerazione delle fatture     

 

In base all’articolo 21, comma 2, lettera b), del D. P. R. 26 ottobre 1972, n. 633 – come modificato dall’articolo 1, comma 325, lettera d), della legge 24 dicembre 2012, n. 228  – per le operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2013,  la  fattura  deve  contenere  un  “numero  progressivo  che  la  identifichi  in modo univoco”.  

Posto  che,  nella  nuova  formulazione,  l’articolo  21  non  prevede  più  la numerazione  “in  ordine  progressivo  per  anno  solare”,  è  stato  chiesto  da  più parti di chiarire cosa si debba intendere per numero progressivo che identifichi la fattura in modo univoco.

La  modifica  normativa  in  questione  si  è  resa  necessaria  al  fine  di recepire nell’ordinamento nazionale la nuova disciplina comunitaria in materia di   fatturazione   recata   dalla   direttiva   2006/112/CE   del   Consiglio   del   28 novembre 2006, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio del 13  luglio  2010.  

La   Commissione  europea   aveva,  infatti,  rilevato  che  la normativa  italiana,  imponendo  ai  soggetti  passivi  di  ricominciare  ogni  anno una nuova serie di numeri sequenziali, introduceva un ulteriore adempimento a carico dei soggetti passivi non richiesto dall’articolo 226 della citata direttiva.

Tanto  premesso,  si  precisa  che  è  compatibile  con  l’identificazione univoca prevista dalla formulazione attuale della norma qualsiasi tipologia di numerazione progressiva che garantisca l’identificazione univoca della fattura, se del caso, anche mediante riferimento alla data della fattura stessa.

Conseguentemente, a decorrere dal 1° gennaio 2013, può essere adottata una numerazione    progressiva che, partendo dal numero 1, prosegua ininterrottamente per tutti gli anni solari di attività del contribuente, fino alla cessazione dell’attività stessa. Questa  tipologia  di  numerazione  progressiva  è,  di  per  sé,  idonea  ad identificare in modo univoco la fattura, in considerazione della irripetibilità del numero di volta in volta attribuito al documento fiscale.

La numerazione progressiva dal 1° gennaio 2013 può anche iniziare dal numero successivo a quello dell’ultima fattura emessa nel 2012.

Anche in tal caso la tipologia di numerazione progressiva adottata consente l’identificazione in modo univoco della fattura, ancorché la numerazione non inizi da 1. Peraltro,  qualora  risulti  più  agevole,  il  contribuente  può  continuare  ad adottare  il  sistema  di  numerazione  progressiva  per  anno  solare,  in  quanto l’identificazione univoca della fattura è, anche in tal caso, comunque garantita dalla contestuale presenza nel documento della data che, in base alla lettera a) del citato articolo 21, costituisce un elemento obbligatorio della fattura. Ad  esempio,  fermo  restando  l’obbligo  di  indicare  in  fattura  la  data,  si ritengono   ammissibili   le   seguenti   modalità   di   numerazione   progressiva all’interno di ciascun anno solare: Fatt. N. 1  Fatt. N. 2  …  Fatt. N. 1/2013 (oppure n. 2013/1) Fatt. N. 2/2013 (oppure n. 2013/2) …   

Effettua il Download della Risoluzione 1E 10 gennaio 2013 della Agenzia delle Entrate  

 

ASSEGNAZIONE DI BENI IMMOBILI AI SOCI: SU DIESAMINA DELLA NOVITÀ INTRODOTTE DALLA L. 138/2011 L’ASSEGNAZIONE NON SEMPRE È IMPONIBILE

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Nello studio n. 103/2012/T, pubblicato il 3 dicembre, il  Consiglio Nazionale del Notariato torna nuovamente sulle vicende connesse alla fiscalità delle assegnazioni di beni immobili a soci persone fisiche non esercenti attività di imprese, alla luce delle novità introdotte dalla L. N. 138/2011.

Assegnazione di beni immobili ai soci: su diesamina della novità  introdotte dalla L. 138/2011 l’assegnazione non sempre è  imponibile  

 

Nello studio n. 103/2012/T, pubblicato il 3 dicembre, il  Consiglio Nazionale del Notariato torna nuovamente sulle vicende connesse alla fiscalità delle assegnazioni di beni immobili a soci persone fisiche non esercenti attività di imprese, alla luce delle novità introdotte dalla L. N. 138/2011.

Nel documento sono approfonditi gli aspetti connessi al trattamento ai fini delle imposte dirette e indirette, sia dal lato dell’impresa assegnante sia dal lato del socio assegnatario.

La pubblicazione di un ulteriore approfondimento sul tema, osserva il Notariato nelle premesse, si rende necessaria alla luce dell’entrata in vigore della L. N. 138/2011 che, attraverso l’introduzione della lettera h-ter) nell’art. 67 del TUIR ha disciplinato un ulteriore tipologia di reddito diverso relativo alla differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell’impresa a soci o familiari dell’imprenditore.

Una delle soluzioni suggerite per non far sorgere tale presupposto impositivo consiste nell’assegnazione in proprietà al socio dei beni di cui lo stesso aveva il solo godimento.

Premettendo che l’assegnazione di beni ai soci è inquadrabile come un fenomeno traslativo inerente i beni sociali; ne consegue che la società attribuisce al socio valori espressi nell’attivo patrimoniale in contropartita della riduzione del patrimonio netto.

Per quanto concerne le modalità di assegnazione, il Notariato “sposa” la tesi che configura nell’assegnazione di beni una cessione a titolo oneroso, in quanto a essa si accompagna sempre l’estinzione di un diritto di credito del socio. Dopo una breve panoramica sulle diverse situazioni giuridiche che possono concretizzare assegnazioni di beni ai soci, lo Studio entra nel merito della disciplina fiscaledell’assegnazione di beni immobili in favore del socio persona fisica.

Per quanto concerne il trattamento fiscale ai fini delle imposte indirette, osserva il Notariato, l’assegnazione di beni ai soci subisce una differente imposizione a seconda della concorrenza di elementi soggettivi e oggettivi connotanti la fattispecie.

Ai fini IVA, l’assegnazione ex. Art. 2, comma 2, n. 6 del DPR n. 633/72, costituisce operazione imponibile regolata attraverso autofatturazione da parte della società. Ciò a prescindere dall’oggetto della società e dal titolo in relazione al quale l’assegnazione viene effettuata.

Nel dettaglio, potranno verificarsi diverse situazioni:

a) assegnazioni soggette a IVA (operazioni ricomprese all’art. 10, n. 8-bis e ter del DPR n. 633/72), nel qual caso la base imponibile corrisponderà al valore normale dei beni assegnati e l’aliquota sarà quella indicata nelle tabelle allegate al DPR n. 633/72 per ciascuna categoria di beni;

b) assegnazioni esenti da IVA e assoggettate a registro;

c) assegnazioni escluse da IVA e assoggettate a registro, ciò nell’ipotesi in cui la natura del bene assegnato non configuri un’operazione imponibile (ad esempio l’assegnazione di un terreno agricolo);

d) assegnazioni di beni rispetto ai quali la società non abbia detratto interamente o neanche parzialmente l’IVA all’atto di acquisto.

In quest’ultimo caso, a giudizio del Notariato, l’assimilazione delle assegnazioni ai soci di cui al n. 6 tra le operazioni imponibili dovrebbe operare a prescindere dalla circostanza che sia stata o meno esercitata la detrazione all’atto dell’acquisto.

Per quanto attiene il trattamento fiscale ai fini dell’imposta di registro, argomentando dall’art. 4, lettera a) della tariffa parte prima del TUR e in forza del rinvio operato dalla lettera d) n. 2 dello stesso articolo, nel caso in cui l’assegnazione di beni ai soci non sia soggetta ad IVA essa sarà assoggettata a registro nella misura ordinaria.

Con riferimento ai beni immobili di natura residenziale, pertanto, saranno applicabili, a seconda della qualifica del socio recedente/assegnatario: il prezzo valore; le eventuali agevolazioni prima casa; l’agevolazione dell’1% per le società di trading immobiliare.

Passando al trattamento fiscale ai fini delle imposte dirette, un ulteriore elemento da tenere in considerazione è connesso alla circostanza che l’assegnazione del bene risulta fiscalmente rilevante non solo per la società concedente ma altresì per il socio interessato.

In capo al soggetto IRES che assegna il bene viene evidenziato come la disciplina fiscale sia comune a tutte le ipotesi di assegnazione di beni ai soci, avendo il legislatore indicato la modalità impositiva in base al metodo di valorizzazione del valore normale per regolare la fuoriuscita dei beni dall’ambito del regime di impresa quando ne escono a fronte di atti diversi da quelli a titolo oneroso.

Conseguentemente, in caso di assegnazione di beni strumentali ai soci (a prescindere dalla causa) o di destinazione dei medesimi beni a finalità estranee all’esercizio di impresa ai fini della determinazione dell’eventuale plusvalenza fiscale occorrerà prendere in considerazione la differenza tra valore normale e il costo non ammortizzato dei beni in forza di quanto disposto dall’art 86 comma 3 del TUIR.

Nello specifico dovrà farsi riferimento alla classificazione dei beni assegnati. La rilevanza fiscale dell’assegnazione emergerà nel caso in cui vengano assegnati beni merce, generando ricavi che saranno pari al valore della contropartita patrimoniale conseguita o valore normale del bene assegnato. Qualora invece siano assegnati beni strumentali si genereranno plusvalenze commisurate nella differenza tra il valore normale del bene estromesso e il valore fiscalmente riconosciuto del bene stesso. Infine, per quanto concerne i profili fiscali relativi al socio assegnatario, questi dipenderanno dalle diverse fattispecie cui risulta collegata l’assegnazione.

Talune di queste, infatti, avranno rilevanza esclusivamente patrimoniale, non rilevando pertanto ai fini impositivi.

A tal proposito il Notariato individua tre casistiche:

a) assegnazione a seguito di distribuzione di utili in natura, nel qual caso si realizzerà un reddito tassabile in capo al socio persona fisica non imprenditore (con il valore imponibile determinato in relazione al valore normale dei beni assegnati alla data di stipula dell’atto di trasferimento o, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale);

b) assegnazione a seguito di ripartizione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale (nel qual caso non vi sarà concorrenza alla formazione del reddito della società, non costituendo per i soci reddito tassabile l’eventuale successiva distribuzione, trattandosi piuttosto di una semplice restituzione di capitale);

c) assegnazione a seguito di recesso e altre ipotesi ex. Art. 47, comma 7, TUIR (nel qual caso le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci costituirà utile tassabile esclusivamente per la parte eccedente il prezzo pagato per l’acquisto o per la sottoscrizione delle quote annullate) 

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IMU: PER LE RICHIESTE DI RIMBORSO IL COMUNE È L’UNICO INTERLOCUTORE

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Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) con la recente risoluzione n. 2/DF del 13 dicembre 2012 ha chiarito alcuni aspetti legati alla disciplina del rimborso dell’IMU (e del conguaglio),  sancendo che il Comune è l’interlocutore unico con il contribuente.

imu: Le richieste di rimborso vanno presentate ai Comuni

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) con la recente risoluzione n. 2/DF del 13 dicembre 2012 ha chiarito alcuni aspetti legati alla disciplina del rimborso dell’IMU (e del conguaglio),  sancendo che il Comune è l’interlocutore unico con il contribuente.

Il testo della Risoluzione 13 dicembre 2012, n. 2/DF

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Emanata dal Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale.

Imposta municipale propria (IMU).

Problematiche relative ai rimborsi e ai conguagli di somme versate al Comune o allo Stato. Quesito.

Sono state sollevate diverse problematiche concernenti le modalità di rimborso o di conguaglio dell’imposta municipale propria (IMU) che si esaminano di seguito.

         Al riguardo, occorre preliminarmente sottolineare che I’IMU è un tributo comunale, nonostante la destinazione di una quota del gettito del tributo allo Stato, ai sensi dell’art. 13, comma 11, del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e ciò si evince anche dalla circostanza che, per quanto concerne le problematiche in oggetto, lo stesso comma 11 prevede che «per l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta municipale propria. Le attività di accertamento e riscossione dell’imposta erariale sono svolte dal Comune al quale spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni». Si ricorda, inoltre, che l’art. 9, comma 7, del D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, dispone espressamente che «per l’accertamento, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano gli articoli 10, comma 6, 11, commi 3, 4 e 5, 12, 14 e 15 del citato decreto legislativo n. 504 del 1992 e l’ articolo 1, commi da 161 a 170», della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

In particolare, per i rimborsi, trova applicazione l’ art. 1, comma 164, della citata legge n. 296 del 2006, che individua nel Comune il soggetto che deve effettuare la restituzione dei tributi, entro 180 giorni dalla data di presentazione dell’istanza.

         Passando a esaminare le ulteriori disposizioni attinenti le fattispecie in esame, si ricorda che a norma dell’art. 13, comma 12-bis del D. L. N. 201 del 2011 «per l’anno 2012, il pagamento della prima rata dell’imposta municipale propria è effettuato, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in misura pari al 50 per cento dell’importo ottenuto applicando le aliquote di base e la detrazione previste dal presente articolo; la seconda rata è versata a saldo dell’imposta complessivamente dovuta per l’intero anno con conguaglio sulla prima rata». La stessa disposizione prevede che, per la medesima annualità, limitatamente all’abitazione principale e alle relative pertinenze, l’imposta dovuta è versata in tre rate di cui la prima e la seconda in misura ciascuna pari ad un terzo dell’imposta calcolata applicando l’aliquota di base e la detrazione previste dalla legge, da corrispondere rispettivamente entro il 16 giugno e il 16 settembre; la terza rata è versata, entro il 16 dicembre (rectius il 17 dicembre, poiché il 16 cade di domenica), a saldo dell’imposta complessivamente dovuta per l’intero anno con conguaglio sulle precedenti rate; in alternativa il contribuente può optare per il versamento in due rate. L’ultimo periodo del citato comma 12-bis dispone che gli enti locali possono approvare o modificare il regolamento e la deliberazione relativa alle aliquote e alla detrazione del tributo entro il 31 ottobre 2012.

         A decorrere dall’anno 2013, invece, sulla base delle disposizioni di cui all’art. 9, comma 3 del D. Lgs. N. 23 del 2011, il versamento dell’imposta è effettuato «in due rate di pari importo, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell’imposta dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno».

         Per completezza si richiama anche il comma 13-bis dell’art. 13 del D. L n. 201 del 2011, il quale prevede che «A decorrere dall’anno di imposta 2013, le deliberazioni approvazione delle aliquote e della detrazione dell’imposta municipale propria devono essere inviate esclusivamente per via telematica per la pubblicazione nel sito informatico di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360. L’efficacia delle deliberazioni decorre dalla data di pubblicazione nel predetto sito informatico e gli effetti delle deliberazioni stesse retroagiscono al 1° gennaio dell’anno di pubblicazione nel sito informatico, a condizione che detta pubblicazione avvenga entro il 30 aprile dell’anno a cui la delibera si riferisce. A tal fine, l’invio deve avvenire entro il termine del 23 aprile. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 30 aprile, le aliquote e la detrazione si intendono prorogate di anno in anno».

         Si ritiene, inoltre, opportuno richiamare anche il Provvedimento 12 aprile 2012 (n. 2012/53909) del Direttore dell’Agenzia delle entrate, con il quale sono state stabilite le “Modalità di versamento dell’imposta municipale propria di cui all’art. 13 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214“. L’ art. 2 del citato Provvedimento disciplina la ripartizione e l’accreditamento delle somme riscosse e, al comma 1, prevede espressamente che la struttura di gestione di cui all’art. 22, comma 3, del D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, accredita ai Comuni le somme ad essi spettanti, secondo i codici di riferimento indicati nei modelli F24. La struttura di gestione, quindi, riscuote le somme riservate sia ai Comuni che allo Stato e dispone anche di tutti i dati analitici relativi ai versamenti eseguiti dai contribuenti.
         Alla luce di quanto appena illustrato, si devono esaminare le ipotesi di erroneo versamento dell’imposta.

1. Versamento allo Stato e al Comune di un importo non dovuto.  

         In primo luogo, si può verificare il caso in cui sia stato versato allo Stato un importo non dovuto. è questa, ad esempio, l’ipotesi del fabbricato posseduto da un anziano che ha trasferito la residenza in una casa di riposo e per il quale il Comune, dopo la scadenza prevista per il versamento dell’acconto, ha stabilito l’assimilazione all’abitazione principale e ha elevato la relativa detrazione fino a concorrenza dell’imposta dovuta.
         In tale fattispecie, il contribuente, al momento del saldo, vale a dire entro il 17 dicembre 2012, vanta un credito sia nei confronti del Comune che nei confronti dello Stato. Ai fini di una migliore comprensione della fattispecie appena esposta, si riporta il seguente esempio:
– fabbricato non locato (base imponibile € 100. 000) dell’anziano che ha trasferito la propria residenza nella casa di riposo;
– versamento in acconto effettuato, entro il 18 giugno 2012, applicando l’aliquota di base (0,76%), pari a euro 100. 000 × 0,76% /2 = € 380 di cui:
– quota riservata al Comune = € 190;

-quota riservata allo Stato = € 190;

         – successiva assimilazione, con delibera comunale del 22 settembre 2012, dell’immobile in questione all’abitazione principale, con fissazione dell’aliquota allo 0,5% ed elevazione della detrazione fino a concorrenza dell’imposta.

         Conseguentemente l’IMU dovuta per l’intero anno è pari a 0 € [€ 100. 000 × 0,5% = € 500 – € 500 (detrazione) = € 0].

         Risulta, quindi, un credito del contribuente pari a € 380, di cui € 190 nei confronti del Comune e € 190 nei confronti dello Stato.

         A tale proposito, alla luce di quanto affermato in premessa e cioè che l’IMU resta un tributo comunale, e nell’ottica della semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, si precisa che il contribuente, al fine di ottenere il rimborso, deve presentare un’unica istanza all’ente locale il quale verifica il fondamento della richiesta.

         Non sembra possibile, infatti, anche in ossequio al principio di tutela dell’affidamento e della buona fede di cui all’art. 10, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, ai quali devono essere improntati i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria, costringere il contribuente medesimo a richiedere il rimborso a due soggetti diversi, pur avendo effettuato il versamento di un tributo comunale.

         Per quanto riguarda la liquidazione dell’eventuale rimborso della quota versata allo Stato saranno impartite successive istruzioni.

2. Versamento allo Stato di una quota dovuta al Comune.  
         Un’altra evenienza che deve essere esaminata è quella relativa al caso in cui l’ente locale, avendo proceduto, come nel caso di cui al punto 1, all’assimilazione con conseguente applicazione dell’aliquota e della detrazione previste per l’abitazione principale, non ha tuttavia elevato la detrazione fino a concorrenza dell’imposta dovuta. In tal caso, riprendendo il precedente esempio:

– il contribuente si trova ad avere versato a giugno in acconto un importo pari a € 380 suddiviso in una quota riservata al Comune di € 190 e una quota riservata allo Stato di € 190;

– il Comune, con successiva delibera del 18 ottobre 2012, ha assimilato gli immobili in questione all’abitazione principale, fissando l’aliquota allo 0,5%, confermando la detrazione di legge di € 200.
         Conseguentemente, l’IMU dovuta per l’intero anno è pari a € 300: [€ 100. 000 × 0,5% = € 500 – € 200 (detrazione) = € 300].

         Risulta, quindi, che il contribuente deve versare per l’intero anno € 300 al Comune, mentre nulla è dovuto nei confronti dello Stato e, pertanto, si troverebbe nella situazione di dovere versare € 110 al Comune [€ 300 – € 190 (versati in acconto)] e richiedere contestualmente il rimborso di € 190 allo Stato, già versati a giugno.

         Si ritiene, pertanto, che, come nell’esempio di cui al punto 1 e per le medesime motivazioni, il contribuente sia tenuto a presentare l’istanza di rimborso al Comune per l’importo di € 80 specificando che tale somma è pari alla differenza tra € 190, versati allo Stato, e € 110 dovuti al Comune. Spetta, poi, all’ente locale e allo Stato il compito di effettuare le relative regolazioni finanziarie concernenti la somma di € 110.

         In questo caso, il contribuente non dovrà, ovviamente, effettuare alcun versamento entro il 17 dicembre.

3. Versamento allo Stato di un importo non dovuto.  

         Un’altra fattispecie può riscontrarsi quando il contribuente ha erroneamente versato allo Stato una somma non dovuta e in occasione del pagamento della 2a rata sia tenuto, comunque, a versare una differenza al Comune, pur tenendo conto dell’importo versato allo Stato. Anche questa ipotesi deve essere risolta sulla base degli stessi principi sopra illustrati, per cui:
– abitazione principale: base imponibile = € 200. 000;

– aliquota standard 0,4%;

– la prima rata di giugno era pari a € 200. 000 × 0,4% = € 800 – 200 (detrazione) = € 600/2 = € 300.

         Il contribuente, nell’erronea supposizione che dovesse effettuare il versamento della quota dello Stato, a giugno ha versato € 150 al Comune e € 150 allo Stato.

         Il 30 ottobre 2012 il Comune ha elevato l’aliquota per l’abitazione principale a 0,5%. Pertanto l’IMU da versare entro il 17 dicembre 2012 è pari a: € 200. 000 × 0,5% = € 1000 – 200 (detrazione) = € 800 – € 300 (quota versata sia al Comune sia allo Stato a giugno) = € 500.

         Ovviamente anche in questo caso il contribuente inoltrerà al Comune un’istanza nella quale evidenzierà che il saldo è stato versato tenendo conto della somma erroneamente versata a giugno allo Stato.
         Spetta, poi, all’ente locale e allo Stato il compito di effettuare le relative regolazioni finanziarie concernenti la somma di € 150.

4. Versamento con erronea indicazione del codice tributo.  
         Nel caso in cui l’errata indicazione del codice tributo, ferma restando la correttezza dell’importo complessivamente versato, determini una diversa distribuzione dell’imposta tra Stato e Comune, analogamente ai casi precedenti, spetterà all’ente locale e allo Stato il compito di effettuare le relative regolazioni finanziarie. In linea generale, la correzione dei codici tributo non può essere richiesta all’Agenzia delle entrate, in quanto, come detto in precedenza, l’IMU è un tributo comunale.

5. Errata indicazione del codice catastale da parte dell’intermediario.  
         Può accadere che l’intermediario (banca, Poste, agente della riscossione), presso il quale è stato presentato il modello F24, riporti in maniera errata il codice catastale del Comune ove situato l’immobile, indicato dal contribuente nel modello F24.

         In questo caso, l’intermediario, su richiesta del contribuente, secondo le vigenti disposizioni, deve richiedere l’annullamento del modello F24 che contiene l’errore e rinviarlo con i dati corretti. In questo modo, la Struttura di gestione dell’Agenzia delle entrate è in grado di sistemare la base informativa, trasmettere ai Comuni interessati i dati degli annullamenti e delle operazioni corrette, nonché effettuare le relative regolazioni finanziarie.

         Il contribuente terrà informato il Comune interessato dell’avvenuta operazione, nelle forme ritenute più idonee.

 

START-UP: L’ASSUNZIONE A TERMINE

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Alle imprese start-up innovative, è consentito stipulare contratti a termine che non hanno bisogno di un motivo oggettivo per la stipula in quanto è la definizione di impresa start-up a costituirne la motivazione. Il contratto trova la causalità del termine nella natura dell’impresa e può arrivare a durare anche quattro anni.

START-UP: L’ASSUNZIONE A TERMINE

Alle imprese start-up innovative, è consentito stipulare contratti a termine che non hanno bisogno di un motivo oggettivo per la stipula in quanto è la definizione di impresa start-up a costituirne la motivazione. Il contratto trova la causalità del termine nella natura dell’impresa e può arrivare a durare anche quattro anni.

 

Il “Decreto Crescita bis” definisce l’impresa start-up innovativa in base ai requisiti che concernono il soggetto che detiene la maggioranza del capitale, il tempo trascorso dalla data di costituzione, il valore della produzione, il contenuto innovativo ad alto valore tecnologico, nonché la gestione degli utili. Secondo la norma citata, l’impresa start-up innovativa si costituisce nella forma di una società di capitali di diritto italiano ovvero di una Societas Europae, residente in Italia ai sensi dell’art. 73 del D. P. R. 22 dicembre 1986, n. 917, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione.

 

Le agevolazioni

Oltre ad agevolazioni fiscali e finanziarie, il decreto riconosce a queste società la possibilità di stipulare contratti di lavoro a termine in deroga sia al D. Lgs. N. 368/2001 sia al contratto a-causale di cui alla legge n. 92/2012. Le nuove disposizioni si applicano per il periodo di quattro anni dalla data di costituzione della star up o per il più limitato periodo previsto per le società già esistenti che, in possesso dei requisiti richiesti, possano essere ricondotte alla definizione di start-up. In quest’ultimo caso, è previsto che la nuova disciplina trovi applicazione per un periodo di quattro anni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, se la start-up innovativa è stata costituita entro i due anni precedenti, di tre anni, se è stata costituita entro i tre anni precedenti, e di due anni, se è stata costituita entro i quattro anni precedenti. Agevolazioni sono anche riconosciute relativamente ai rapporti di lavoro, con la possibilità di stipulare a particolati condizioni i contratti a tempo determinato, di derogare alle regole sull’equivalenza professionale delle mansioni a cui è adibito il lavoratore e di privilegiare la parte flessibile delle retribuzioni.

 

I contratti di lavoro a termine

Ciò premesso, interessa qui rilevare le previsioni in materia di rapporto di lavoro subordinato, in particolare per quanto attiene al contratto a tempo determinato che può fruire di un particolare regime agevolativo. Infatti, quando il contratto è stipulato da una start up, le ragioni di cui all’art. 1 del D. Lgs. N. 368/2001 che giustificano l’apposizione del termine si intendono verificate.

 

Apposizione di un termine al contratto (D. Lgs. N. 368/2001)

Il D. Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 consente, come regola, l’apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che devono essere specificate dal datore di lavoro. Dette ragioni sono, pertanto, riconducibili a condizioni oggettive quali ilraggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

Peraltro, l’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni che l’hanno consentita.

 

La riforma del mercato del lavoro

La legge 28 giugno 2012, n. 92, di riforma del mercato del lavoro ha introdotto una deroga ai principi di cui sopra consentendo un accesso facilitato ai contratti a termine di breve durata e non reiterabili. Viene infatti previsto che per la stipula del “primo” contratto a termine, intendendosi per tale quello stipulato fra un certo lavoratore ed una certa impresa per qualunque tipo di mansione, non è necessaria la specificazione delle causali di cui all’art. 1 del D. Lgs. N. 368/2001.

La durata del contratto privo di causale non può però superare i 12 mesi e non è prorogabile. In alternativa, i contratti collettivi possono prevedere casi in cui l’assunzione a termine o la somministrazione avvengano nell’ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui al comma 3 dell’articolo 5 del D. Lgs. N. 368/2001. Secondo il Ministero del Lavoro (circolare n. 18/2012) la formulazione si riferisce al “primo rapporto a tempo determinato” tra lavoratore e datore di lavoro/utilizzatore, per lo svolgimento “di qualunque tipo di mansione”. Parte non irrilevante della dottrina ritiene, però, che il rapporto di lavoro deve essere il primo in assoluto fra le parti interessate.

 

Le start-up

Le ragioni che giustificano l’apposizione del termine al contratto di lavoro, di cui all’art. 1, comma 1, del D. Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, si intendono sussistentiqualora il contratto a tempo determinato sia stipulato da una start up innovativa per lo svolgimento di attività inerenti all’oggetto sociale della stessa. Il contratto può essere stipulato per una durata minima di sei mesi ed una massima di trentasei mesi. Entro il limite di durata massima, successivi contratti a tempo determinato possono essere stipulati, per lo svolgimento delle attività di cui sopra, senza l’osservanza dei termini di cui all’art. 5, comma 3, del D. Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, o anche senza soluzione di continuità. Vale a dire che viene meno l’obbligo di rispettare l’intervallo di tempo previsto fra un contratto e l’altro, anche a seguito delle modifiche apportate al suddetto decreto legislativo dalla legge n. 92/2012 che ha portato, come regola, l’intervallo fra la cessazione di un contratto a successiva riassunzione a 60 o 90 giorni a seconda che il contratto cessato fosse di durata fino a sei mesi o superiore.

In deroga al limite di durata massimo di trentasei mesi, un ulteriore successivo contratto a tempo determinato tra gli stessi soggetti e sempre per lo svolgimento delle attività inerenti l’oggetto della società start-up, può essere stipulato per la durata residua massima di quattro anni prevista per questa tipologia innovativa. Occorre però che questo ulteriore contratto sia stipulato presso la Direzione territoriale del lavoro competente per territorio.

Qualora, per effetto di successione di contratti a termine stipulati a norma della disciplina in commento – o comunque a norma del D. Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 – il rapporto di lavoro tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi, comprensivi di proroghe o rinnovi, o la maggiore durata di cui sopra, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato.

Un particolare vincolo è introdotto in caso di permanenza del lavoratore in azienda trascorsi i limiti massimi di durata del contratto a termine: in questo caso è possibile esclusivamente stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e resta inibita la possibilità di stipulare altre tipologie di rapporti di lavoro, compresi quelli di natura autonoma.

Per quanto non disposto diversamente, ai contratti a tempo determinato delle start up si applicano le disposizioni del D. Lgs. 6 settembre 2001,n. 368.

Qualora sia stato stipulato un contratto a termine applicando le disposizioni del nuovo decreto da parte di una società che non risulti avere i requisiti di start up innovativa il contratto si considera stipulato a tempo indeterminato e trovano applicazione le disposizioni derogate dalla norma in commento.

 

La contribuzione

Vale ancora la pena di considerare che ai rapporti di lavoro instaurati dalle start up non si applica il contributo addizionale dell’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali previsto dall’art. 2, comma 28, della legge n. 92/2012 quale finanziamento addizionale dell’assicurazione sociale per l’impiego (ASpI).

 

Il demansionamento

Fra le misure in materia di lavoro subordinato volte a favorire le start-up, rientra indubbiamente la deroga al requisito codicistico dell’equivalenza professionale, di cui all’art. 2103 c. C. , che impone di adibire il lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto o a mansioni equivalenti a quelle da ultimo effettivamente svolte. Secondo la disciplina particolare in esame, questo principio si intende soddisfatto anche qualora al lavoratore vengano attribuiti, in modo non prevalente, mansioni inferiori o superiori all’inquadramento contrattuale.

 

La retribuzione

La retribuzione dei lavoratori assunti da una società nel periodo di start-up è costituita da una parte – paga base – che non può essere inferiore al minimo tabellare previsto, per il rispettivo livello di inquadramento, dal contratto collettivo applicabile, fermo restando che, alla quale va ad aggiungersi una parte variabile, consistente in trattamenti collegati all’efficienza o alla redditività dell’impresa, alla produttività del lavoratore o del gruppo di lavoro, o ad altri obiettivi o parametri di rendimento concordati tra le parti.

I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono definire anche con accordi interconfederali o avvisi comuni:

criteri per la determinazione di minimi tabellari specifici, funzionali alla promozione dell’avvio delle start up innovative, nonché criteri per la definizione della parte variabile della retribuzione;

disposizioni finalizzate all’adattamento delle regole di gestione del rapporto di lavoro alle esigenze delle start up innovative, nella prospettiva di rafforzarne lo sviluppo e stabilizzarne la presenza nella realtà produttiva.

La partecipazione dei lavoratori alla fase di innovazione e sviluppo può essere retribuita anche con l’assegnazione di opzioni per l’acquisto di quote o azioni della società e la cessione gratuita delle medesime quote o azioni.

 

RIVALUTAZIONE TERRENI, AREE E CUBATURA: RIAPERTI I TERMINI PER L’AFFRANCAMENTO FINO AL 30 GIUGNO 2013

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La legge di stabilità (228/2012), all’articolo a, comma 473, ha riaperto fino al 30 giugno 2013 i termini per l’affrancamento delle plusvalenze relative a terreni edificabili o agricoli (in tal senso anche la cessione di cubatura) purché siano posseduti alla data del 1° gennaio 2013 da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività di impresa, oppure da società semplici ed enti non commerciali, anche non residenti.

Rivalutazione terreni, aree e cubatura: Riaperti i termini per l’affrancamento fino al 30 giugno  2013

La legge di stabilità (228/2012), all’articolo a, comma 473, ha riaperto fino al 30 giugno 2013 i termini per l’affrancamento delle plusvalenze relative a terreni edificabili o agricoli (in tal senso anche la cessione di cubatura) purché siano posseduti alla data del 1° gennaio 2013 da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività di impresa, oppure da società semplici ed enti non commerciali, anche non residenti.

La plusvalenza da cessione ed il risparmio di imposta conseguito

La facoltà di rivalutare il valore d’acquisto delle aree edificabili è vantaggiosa ai fini della riduzione o dell’annullamento della plusvalenza tassabile ai sensi dell’articolo 67 del Tuir (DPR 917/86) in occasione di una cessione a titolo oneroso (in tal senso anche la permuta del terreno in cambio di immobili) delle aree in questione. Pertanto in tal modo a fronte di un gettito  medio di imposta sulla plusvalenza da cessione pari al 40% (ad eccezione della tassazione separata che può essere mediamente inferiore di un 5%), il cedente sconta un affrancamento secco del 4% (pagabile in tre comode rate o in unica soluzione).  Consigliato, tramite l’acconto incassato con preliminare di cessione antecedente al rogito (entro 30. 06. 2013), il cedente può pacificamente versare l’imposta sostitutiva in unica rata e chiudere la partita con il Fisco.

L’Aliquota

L’affrancamento può essere effettuato dietro pagamento di una imposta sostitutiva che va calcolata applicando una aliquota del 4% rispetto al valore attribuito all’area tramite perizia asseverata in tribunale da tecnico iscritto all’albo (requisito della certificazione) o dal notaio (maggiormente onerosa). Nell’ipotesi in cui il terreno fosse ceduto prima del 30 giugno 2013, la perizia dovrà essere esposta prima del rogito dal momento che il valore periziato costituisce il valore minimo di riferimento anche ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale dovute in occasione dell’atto di vendita.

Le rate

La norma prevede due ipotesi per il versamento dell’imposta da affrancamento:

1.       unica soluzione con F24 (codice 8056) entro il 30. 06. 2012;

2.       tre rate con quota capitale di pari importo con scadenze:

a.       30. 06. 2013;

b.      30. 06. 2014 maggiorata di interessi del 3% (codice unico 8056);

c.       30. 06. 2015 maggiorata di interessi del 3% (codice unico 8056).

Resta salvo il diritto in capo al contribuente (garantito da prassi, giurisprudenza e dottrina) che volesse avvalersi nuovamente della rivalutazione per un’area già rivalutata in passato, di non versare il 4% per intero ma limitarsi alla differenza.

Per info contattare lo Studio Associato Alessio Ferretti & Partners  o Network Fiscale S. R. L. Unipersonale

Numero Verde 800. 19. 27. 52  – a. Ferretti@networkfiscale. Com

 

 

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