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TRATTAMENTO FISCALE DEI CANONI DI LEASING NON ANCORA DEDOTTI ALLA SCADENZA DEL CONTRATTO

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In  costanza  del  previgente  comma  7  dell’articolo  102  del  TUIR,  il rispetto della condizione della durata minima del contratto di leasing comportava il pieno riconoscimento ai fini fiscali dei canoni imputati a conto economico.  

Trattamento  fiscale  dei  canoni  di  leasing  non  ancora  dedotti  alla scadenza del contratto   

In  costanza  del  previgente  comma  7  dell’articolo  102  del  TUIR,  il rispetto della condizione della durata minima del contratto di leasing comportava il pieno riconoscimento ai fini fiscali dei canoni imputati a conto economico.  

Di contro, il       mancato    rispetto     di      tale condizione         determinava

l’integrale indeducibilità degli stessi canoni. A seguito della modifica in esame, invece, venuta meno la necessaria coincidenza  tra  la  durata  contrattuale  e  quella  minima  fiscale,  si  possono verificare le seguenti ipotesi:

A.     la     durata       contrattuale coincide       con quella minima         individuata dall’articolo 102, comma 7, del TUIR: in questo caso, i canoni sono deducibili  con  lo  stesso  ritmo  con  cui  sono  imputati  a  conto economico;

B.     la durata contrattuale è superiore a quella minima individuata dall’articolo 102, comma 7, del TUIR: in tale ipotesi, i canoni sono deducibili sulla base dell’imputazione a conto economico, secondo il principio    della previa imputazione    al      conto economico  recato  all’articolo 109,  comma 4, del TUIR;

C.     la     durata       contrattuale    è         inferiore a quella minima         individuata dall’articolo 102, comma 7, del TUIR: in questo caso, i canoni sono deducibili in un arco temporale maggiore rispetto a quello di imputazione        a conto     economico.                  

Si       verifica,     dunque,    un  disallineamento tra i valori civili e fiscali delle quote di competenza di ciascun esercizio, con la necessità di effettuare le corrispondenti variazioni in aumento del reddito in sede di dichiarazione dei redditi. Nell’ipotesi sub c),  ossia quando la  durata contrattuale è  inferiore a quella  minima  prevista  dall’articolo  102,  comma  7,  del  TUIR,  si  pone  la questione del trattamento fiscale dei canoni di leasing non ancora dedotti al momento della scadenza del contratto.

In linea di principio, si ritiene che i canoni non dedotti alla scadenza contrattuale debbano trovare riconoscimento fiscale mediante variazioni in diminuzione, pari  all’importo annuale  del  canone  fiscalmente deducibile, da apportare fino al completo riassorbimento dei valori fiscali sospesi.

Tale assunto si fonda sulla considerazione che le modifiche in commento non mutano la ratio sottesa alla specifica disciplina di deducibilità fiscale dei canoni di locazione finanziaria, volta ad evitare manovre elusive da parte dell’impresa utilizzatrice mediante la deduzione dei canoni per l’acquisizione della disponibilità del bene in un arco temporale notevolmente più breve rispetto a quello occorrente per l’ammortamento dello stesso bene se acquistato a titolo di proprietà.

Al riguardo, giova ricordare che, alla scadenza del contratto di leasing, l’impresa utilizzatrice può scegliere tra le seguenti opzioni:

a)     esercitare il diritto di riscatto;

b)    non esercitare il diritto di riscatto;

c)     cedere a terzi il contratto di leasing.   

LA NUOVA DISCIPLINA FISCALE DEI CANONI DI LEASING

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La lettera a) del comma 1 dell’articolo 4-bis del decreto-legge n. 16 del 2012 ha modificato il comma 2 dell’articolo 54 del TUIR, prevedendo, in particolare, che “La deduzione dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali è ammessa per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento (…)”.  

La nuova disciplina fiscale dei canoni di leasing   

La lettera a) del comma 1 dell’articolo 4-bis del decreto-legge n. 16 del 2012 ha modificato il comma 2 dell’articolo 54 del TUIR, prevedendo, in particolare, che “La deduzione dei canoni di locazione finanziaria di beni strumentali è ammessa per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento (…)”.

La successiva lettera b) ha riscritto il comma 7 dell’articolo 102 del TUIR, stabilendo che “Per i beni concessi in locazione finanziaria l’impresa concedente che imputa a conto economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo  piano  di  ammortamento finanziario.   Per  l’impresa  utilizzatrice  che imputa a conto economico i canoni di locazione finanziaria, a prescindere dalla durata contrattuale prevista, la deduzione è ammessa per un periodo non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all’attività esercitata dall’impresa stessa; in caso di beni immobili, qualora l’applicazione della regola di cui al periodo  precedente  determini  un  risultato  inferiore  a  undici  anni  ovvero superiore  a diciotto anni, ladeduzione      è         ammessa     per    un     periodo, rispettivamente, non inferiore a undici anni ovvero pari almeno a diciotto anni. Per i beni di cui all’articolo 164, comma 1, lettera b), la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria è ammessa per un periodo non inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2. La quota di interessi impliciti desunta dal contratto è soggetta alle regole dell’articolo 96”.

 Come previsto dal  successivo comma 2  dell’articolo 4-bis, la  nuova disciplina trova applicazione per la deduzione di canoni di leasing relativi ai contratti di leasing stipulati “a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” e, quindi, per la deduzione di canoni relativi ai contratti di leasing stipulati dal 29 aprile 2012.

NOMINA RLS

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Il nominativo dell’RLS interno deve essere comunicato, a cura del Datore di lavoro ovvero tramite il professionista che ne detiene la gestione amministrativa/contabile, per via telematica all’Inail. L’obbligo riguarda anche gli RLS già eletti. La comunicazione non è più periodica ed andrà ripetuta solamente in fase di nuova designazione dell’RLS.

SALUTE E SICUREZZA: comunicazione del nominativo del RLS

come da D. Lgs. N° 106/09

 

Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza art. 47

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, designato internamente ed ESCLUSIVAMENTE dai lavoratori, attraverso atto formale:

_ Viene eletto in tutte le aziende, o unità produttive (art. 47, co. 2)

_ Nelle aziende o unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori di norma viene eletto direttamente dai lavoratori al loro interno;

_ Nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori viene designato dai lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali in azienda (se presenti) ovvero viene eletto dai lavoratori della azienda al loro interno;

 

NUMERO MINIMO

Il numero minimo dei rappresentanti è:

_ n. 1 rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 lavoratori;

_ n. 3 rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1. 000 lavoratori;

_ n. 6 rappresentanti in tutte le altre aziende o unità produttive oltre i 1. 000 lavoratori.

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può anche essere scelto a livello territoriale (RLS esterno) se non vi è accordo tra i lavoratori dipendenti all’interno dell’azienda, secondo modalità individuate da accordi collettivi nazionali tra associazioni dei datori di lavoro e quelle dei lavoratori più rappresentative a livello nazionale, partecipando al Fondo di cui all’art. 52 (Fondo di sostegno alla piccola e media impresa).

Saranno individuati attraverso accordi interconfederali stipulati a livello nazionale, settori ed attività, compreso quello edile, che, in presenza di adeguati sistemi di rappresentanza, NON saranno tenuti a partecipare al suddetto Fondo di sostegno. L’RLS esterno accede ai luoghi di lavoro, previo preavviso, che però non opera in caso di infortunio grave.

L’organismo paritetico, ove la scelta dell’RLS non sia avvenuta internamente alla maestranza aziendale, comunica a quest’ultima il nominativo dell’RLS territoriale.

 

Funzioni dell’RLS

Le funzioni ed i compiti dell’RLS sono sostanzialmente quelli di:

_ accesso ai luoghi di lavoro;

_ preventiva consultazione in ordine alla valutazione dei rischi e programmazione, individuazione, realizzazione e verifica delle misure di prevenzione aziendali nonché sulla designazione dell’RSPP, Medico Competente, Addetto Primo Soccorso ed Addetto alla Lotta Antincendi;

_ preventivo consulto in ordine all’organizzazione della formazione di cui all’art. 37;

_ ricezione delle informazioni e documentazione aziendale inerente alla valutazione  dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze e ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni e alle malattie professionali;

_ ricezione delle informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;

_ ricezione di formazione adeguata;

_ promozione di elaborazione, individuazione ed attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori;

_ formulare osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;

_ partecipare alla riunione periodica di cui all’art. 35 (se prevista);

_ fare proposte in merito alla attività di prevenzione;

_ avvertire il Responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;

_ fare, eventualmente, ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi, adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti ed i mezzi impiegati per attuarle, non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro;

_ disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico.

 

L’RLS interno deve frequentare apposito corso formativo di 32 ore, durante l’orario di lavoro, con le modalità di aggiornamento periodico elencate di seguito:

® 4 h annue per le imprese che occupano da 15 a 50 lavoratori;

® 8 h annue per quelle che occupano più di 50 lavoratori.

 

IMPORTANTE

Il nominativo dell’RLS interno deve essere comunicato, a cura del Datore di lavoro ovvero tramite il professionista che ne detiene la gestione amministrativa/contabile, per via telematica all’Inail. L’obbligo riguarda anche gli RLS già eletti. La comunicazione non è più periodica ed andrà ripetuta solamente in fase di nuova designazione dell’RLS. Nel caso in cui il Rappresentante dei lavoratori sia stato scelto a livello territoriale, l’Ente di riferimento provvederà alla comunicazione specifica di cui sopra, all’Inail territorialmente competente.

Con la Circolare n. 11 del 12 marzo 2009, la Direzione Generale – Direzione Centrale Prevenzione dell’INAIL, sentite la Direzione Generale dell’attività ispettiva e la Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, chiariscono il contenuto degli articoli 18, 47 e 55 del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 in ordine agli adempimenti posti a carico del datore di lavoro e dei dirigenti ai fini della comunicazione dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS).

Si precisa che l’argomento viene volutamente qui trattato in modo semplificato, LO SCRIVENTE STUDIO NON FA SICUREZZA SUL LAVORO, SEGUE SOLO LA PARTE NORMATIVA / INFORMATIVA – per gli adempimenti pratici si consiglia sempre di appoggiarsi a società o a professionisti specializzati.
per ulteriori informazioni contattare la dott. Ssa gatti: silvia. Gatti@yahoo. It

Documento Valutazione Rischi (DVR)

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Dal 01 GIUGNO 2013 non sarà più possibile la stesura di un’autocertificazione della valutazione dei Rischi.  A far data dal 31 MAGGIO avrà termine il periodo transitorio in base al quale era possibile l’attestazione dell’avvenuta procedura di valutazione dei rischi sul lavoro con la predisposizione di un semplice documento di autocertificazione, per le imprese con un organico inferiore a 10 lavoratori.

DOCUMENTO VALUTAZIONE DEI RISCHI (DVR)

 

Dal 01 GIUGNO 2013 non sarà più possibile la stesura di un’autocertificazione della valutazione dei Rischi.

A far data dal 31 MAGGIO avrà termine il periodo transitorio in base al quale era possibile l’attestazione dell’avvenuta procedura di valutazione dei rischi sul lavoro con la predisposizione di un semplice documento di autocertificazione, per le imprese con un organico inferiore a 10 lavoratori.

 

Entro il 30 GIUGNO 2013 si dovrà procedere alla trasformazione dell’autocertificazione precedente redatta, in un documento di valutazione vero e proprio.

 

Il documento DVR

 

La valutazione dei rischi e l’elaborazione del documento deve essere fatta dal datore di lavoro in collaborazione del

Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP) e del medico competente, (nei casi previsti dall’art. 41 T. U. 81/2008 così come modificato dall’art. 26 D. Lgs. 106/2009), e deve contenere:

a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, con indicazione dei criteri adottati per la valutazione stessa;

b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati;

c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;

d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;

e) l’indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;

f) l’individuazione delle eventuali mansioni che espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacita professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.

Il non adeguamento del DVR corrisponde ai fini sanzionatori ad una mancata valutazione dei rischi esistenti nell’ambiente di lavoro.

 

LE SANZIONI PREVISTE SONO ALTISSIME!

 

In caso di violazioni inerenti la stesura del DVR, (art. 55 del D. Lgs. 81/08 – D. Lgs. 106/09), sono previste le seguenti sanzioni:

1- Per omessa redazione del DVR, violazione art. 29, co. 1: arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2. 500 a 6. 400 euro;

2- Per incompleta redazione del DVR con omessa indicazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, misure di prevenzione, protezione e DPI, procedure sulle misure da

adottare e distribuzione dei compiti e delle responsabilità è prevista una ammenda da 2. 000 a 4. 000 euro;

3- Per incompleta redazione del DVR con omessa indicazione sulla relazione della valutazione di tutti i rischi, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa, l’individuazione delle mansioni che espongono i lavoratori a rischi specifici o richiedono riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento è prevista una ammenda da 1. 000 a 2. 000 euro.

La redazione e la presenza del DVR in azienda si configura altresì come obbligo per l’accesso ad agevolazioni e benefici contributivi nel caso di particolari tipologie di assunzione.

 

 

Nuovi obblighi degli incaricati del servizio di protezione e prevenzione (T. U. 81/2008):

 

         a) obblighi del datore di lavoro e/o del delegato “responsabile della sicurezza”:

           –    comunica all’Inail il nominativo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

           –    vigila affinché i lavoratori per i quali vige l’obbligo di sorveglianza sanitaria abbiano giudizio di idoneità alla mansione da parte del medico competente;

           –   comunica all’Inail, a fini statistici, gli infortuni che comportano assenza di 1 giorno escluso quello dell’evento.

           –   nelle aziende con un numero di dipendenti superiore a 15 indice almeno annualmente la riunione di sicurezza.

        b) medico competente:

           –    esprime giudizio di idoneità alla mansione in seguito a visita preventiva;

           –    visita l’azienda almeno una volta all’anno;

           –    collabora alla stesura del documento di valutazione e lo firma;

           –    partecipa alla riunione annuale ( per aziende con + di 15 dipendenti),

           –    trasmette relazione annuale a Asl.

   c) obblighi delle imprese familiari e lavoratori autonomi: sono obbligati all’uso di attrezzature di lavoro e di D. P. I. (Dispositivi di Protezione Individuale) a norma, nonché all’esposizione della tessera di riconoscimento nel regime di appalti e sub-appalti;

 

Formazione/aggiornamento:

 

–   Lavoratori e loro rappresentanti: diventa obbligatoria sia la verifica del livello di apprendimento sia l’aggiornamento periodico, da disciplinare con i contratti collettivi.  La formazione deve essere registrata sul “libretto formativo del cittadino”.

–   Addetti al servizio di prevenzione e protezione: obbligatorio l’aggiornamento periodico

–   Responsabile del servizio di prevenzione e protezione: il datore di lavoro che assume tali compiti deve frequentare un corso di formazione della durata di 16 o 32 o 48 ore in virtù della tipologia di attività, con aggiornamenti periodici.

Obbligatorio l’aggiornamento anche per coloro che hanno frequentato i corsi prima dell’entrata in vigore della presente normativa e per coloro che erano stati esonerati dalla frequenza dei corsi in fase di prima applicazione del D. Lgs. 626/94.

Nel caso il datore di lavoro optasse per un responsabile esterno, questi deve avere precisi requisiti ed è obbligato ad aggiornamento periodico.

 

Contrasto al lavoro irregolare:

 

gli organi di vigilanza possono adottare la sospensione dell’attività, in tutti i settori, in presenza di;

–   reiterate violazioni della disciplina sul superamento dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale;

–   gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;

–   utilizzo di personale non risultante da scritture o da altri documenti obbligatori, in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro.

Si precisa che l’argomento viene volutamente qui trattato in modo semplificato, LO SCRIVENTE STUDIO NON FA SICUREZZA SUL LAVORO, SEGUE SOLO LA PARTE NORMATIVA / INFORMATIVA – per gli adempimenti pratici si consiglia sempre di appoggiarsi a società o a professionisti specializzati.

per ulteriori informazioni contattare la dott. Ssa gatti al seguente indirizzo: silvia. Gatti@yahoo. It

UNICO 2013: PROROGATO DAL 17 GIUGNO ALL’8 LUGLIO 2013 PER COLORO CHE SONO SOGGETTI AGLI STUDI DI SETTORE

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 Il sottosegretario per i rapporti con il Parlamento Sabrina De Camillis ha annunciato laproroga del modello Unico dal 17 giugno all’8 luglio 2013  per il saldo e per il primo acconto.   Come lo scorso anno assisteremo al rinvio dei versamenti delle somme dovute a saldo e a titolo di primo acconto  dal 17 giugno all’8 luglio prossimo, senza alcuna maggiorazione e dal 9 luglio al 20 agosto 2013 con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo.   

 

Unico 2013: Prorogato dal 17 giugno all’8 luglio  2013 per coloro che sono soggetti agli studi di settore

 

Il sottosegretario per i rapporti con il Parlamento Sabrina De Camillis ha annunciato la proroga del modello Unico dal 17 giugno all’8 luglio 2013  per il saldo e per il primo acconto. Pertanto La proroga di Unico 2013 è evento certo anche se manca ancora l’ufficialità attesa nelle prossime ore.   Come lo scorso anno assisteremo al rinvio dei versamenti delle somme dovute a saldo e a titolo di primo acconto  dal 17 giugno all’8 luglio prossimo, senza alcuna maggiorazione e dal 9 luglio al 20 agosto 2013 con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo.

 

Dunque i ritardi accumulati dal software GE. RI. CO.  hanno inciso più del previsto generando questo ritardo.

La doppia proroga delle scadenze di pagamento non concerne tuttavia l’intera platea dei contribuenti obbligati alla presentazione del modello Unico 2013, ma solamente le persone fisiche e i soggetti diversi dalle persone fisiche che esercitano attività economiche per le quali risultano elaborati gli studi di settore. A rendere ufficiale il rinvio delle scadenze di versamento è stata la risposta data ieri in commissione Finanze della Camera dal sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, Sabrina De Camillis, all’interrogazione parlamentare di Maurizio Bernardo (Pdl).

“E’ all’esame dei competenti Uffici dell’Amministrazione Finanziaria uno schema di provvedimento, di contenuto analogo a quelli di proroga degli anni scorsi, in cui il termine di versamento delle imposte è prorogato al giorno 8 luglio 2013 (in luogo del 17 giugno), senza alcuna maggiorazione; per i versamenti effettuati dal 9 luglio 2013 al 20 agosto 2013 è prevista, invece, una maggiorazione delle somme da versare pari allo 0,40% a titolo di interesse corrispettivo” si legge nel testo di risposta”.

PRINCIPALI ADEMPIMENTI FISCALI 17 GIUGNO – 16 LUGLIO 2013

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In sintesi indichiamo principali scadenze fiscali e previdenziali nel range data 17 giugno – 16 luglio 2013, onde fare un focus sulla documentazione necessaria ancora da reperire o inviare.

PRINCIPALI ADEMPIMENTI FISCALI  17 GIUGNO – 16 LUGLIO 2013

In sintesi indichiamo principali scadenze fiscali e previdenziali nel range data 17 giugno – 16 luglio 2013, onde fare un focus sulla documentazione necessaria ancora da reperire o inviare.

 

Martedì 25 Giugno 2013

INTRA

Scade oggi per i soggetti interessati il termine per l’invio telematico dei modelli INTRA per il mese di maggio 2013 (soggetti con operazioni intracomunitarie nell’anno 2012 con vendite superiori a € 250. 000,00 e/o acquisti superiori a € 180. 000,00).

 

Domenica 16 Giugno 2013 (prorogato a lunedì 17 giugno)

IMPOSTE DIRETTE ED INDIRETTE

Scade oggi il termine per il versamento delle imposte emergenti da UNICO 2013  senza il pagamento di alcuna maggiorazione. Chi decidesse di rateizzare le imposte dovute o solo alcune di esse, nelle rate a scadere dovrà aggiungere gli interessi.

Le imposte in scadenza posso essere diverse, le principali:

ü saldo e I° acconto IRPEF

ü Addizionale Regionale ed Addizionale Comunale

ü saldo e I° acconto IRES

ü saldo e I° acconto IRAP

ü saldo e I° acconto contributi INPS IVS e gestione separata

ü IVA annuale con maggiorazione

ü imposte sostitutiva su determinati proventi

ü diritto annuale dovuto alle C. C. I. A. A.

ü le ritenute d’acconto sui compensi liquidati nel mese precedente;

ü Liquidazione Mensile IVA, Ritenute d’acconto e Contributi Previdenziali su compensi di dipendenti e collaboratori del mese precedente;

Di norma le imposte indicate si possono versare ENTRO il 16/07/2013 applicando una maggiorazione dello 0,40%

 

FOCUS IMU – IMPOSTA MUNICIPALE UNICA: Restiamo in attesa di ricevere indicazioni ministeriali a carattere nazionale e locali in materia di aliquote e

 le regole deliberate dai singoli comuni per l’anno 2013.

 

Per  informazioni  ed indicazioni non esitate a contattarci.

customer_care. JpgI clienti dello Studio possono inviare documenti a

NetworkFiscale@pec. It e Amministrazione@networkfiscale. Com

o contattare il   __NUMERO VERDE 800. 19. 27. 52__   

 

RISARCIBILITÀ DEL DANNO DA PERDITA DI CHANCE

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IN TEMA DI RISARCIMENTO DEL DANNO, IL CREDITORE CHE VOGLIA OTTENERE, OLTRE IL RIMBORSO DELLE SPESE SOSTENUTE, ANCHE I DANNI DERIVANTI DALLA PERDITA DI “CHANCE” – CHE, COME CONCRETA ED EFFETTIVA OCCASIONE FAVOREVOLE DI CONSEGUIRE UN DETERMINATO BENE, NON è UNA MERA ASPETTATIVA DI FATTO MA UN’ENTITà PATRIMONIALE A Sé STANTE, GIURIDICAMENTE ED ECONOMICAMENTE SUSCETTIBILE DI AUTONOMA VALUTAZIONE. RISARCIBILITà DEL DANNO DA PERDITA DI CHANCE

CASS. , SEZ. LAV. , 28 FEBBRAIO 2013, N. 5009 

IN TEMA DI RISARCIMENTO DEL DANNO, IL CREDITORE CHE VOGLIA OTTENERE, OLTRE IL RIMBORSO DELLE SPESE SOSTENUTE, ANCHE I DANNI DERIVANTI DALLA PERDITA DI “CHANCE” – CHE, COME CONCRETA ED EFFETTIVA OCCASIONE FAVOREVOLE DI CONSEGUIRE UN DETERMINATO BENE, NON è UNA MERA ASPETTATIVA DI FATTO MA UN’ENTITà PATRIMONIALE A Sé STANTE, GIURIDICAMENTE ED ECONOMICAMENTE SUSCETTIBILE DI AUTONOMA VALUTAZIONE – HA L’ONERE DI PROVARE, PUR SE SOLO IN MODO PRESUNTIVO O SECONDO UN CALCOLO DI PROBABILITà, LA REALIZZAZIONE IN CONCRETO DI ALCUNI DEI PRESUPPOSTI PER IL RAGGIUNGIMENTO DEL RISULTATO SPERATO E IMPEDITO DALLA CONDOTTA ILLECITA DELLA QUALE IL DANNO RISARCIBILE DEVE ESSERE CONSEGUENZA IMMEDIATA E DIRETTA. NOTA – UN DIPENDENTE CONVENIVA IN GIUDIZIO IL PROPRIO DATORE DI LAVORO AL FINE DI OTTENERE IL RISARCIMENTO DEL DANNO PER NON ESSERE STATO POSTO NELLA CONDIZIONE DI PARTECIPARE REGOLARMENTE ALLA PROCEDURA DI SELEZIONE DEL PERSONALE PER L’INQUADRAMENTO A QUADRO DI SECONDO LIVELLO, TENUTASI NEL NOVEMBRE 1995. IN PARTICOLARE, IL RICORRENTE CHIEDEVA, IN VIA PRINCIPALE, IL RISARCIMENTO DEL DANNO PARI ALLE DIFFERENZE RETRIBUTIVE CHE AVREBBE PERCEPITO SE AVESSE VINTO LA SELEZIONE E, IN VIA SUBORDINATA, IL RISARCIMENTO DEL DANNO PER LA PERDITA DI CHANCE. A SOSTEGNO DI TALI DOMANDE, IL LAVORATORE DEDUCEVA CHE NEL 2000, IL TRIBUNALE DI GROSSETO, IN UN ALTRO GIUDIZIO, AVEVA DICHIARATO LA NULLITà DI TALE PROCEDURA DI SELEZIONE DEL PERSONALE CON CONDANNA DELLA SOCIETà A RIPETERE LA PROVA NEL RISPETTO DELLA DISCIPLINA COLLETTIVA APPLICABILE. IL DATORE DI LAVORO DEDUCEVA DI AVER REGOLARMENTE (RI)CONVOCATO IL LAVORATORE, SUBITO DOPO IL DEPOSITO DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI GROSSETO, AL FINE DI CONSENTIRGLI DI RIPETERE LA PROVA SELETTIVA E CHE QUESTI SI ERA RIFIUTATO, IN QUANTO ORMAI PROSSIMO AL COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA ED IN QUANTO CONTESTAVA LA COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE ESAMINATRICE. CON SENTENZA DEL 2007, LA CORTE D’APPELLO DI FIRENZE, IN PARZIALE RIFORMA DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO, CONDANNAVA LA SOCIETà AL RISARCIMENTO DEL DANNO PER PERDITA DI CHANCE LIMITATAMENTE AL PERIODO INTERCORSO TRA LA PRIMA PROVA SELETTIVA (1995) E LA SUA SUCCESSIVA RIPETIZIONE (2000), PERIODO DURANTE IL QUALE AVREBBE POTUTO, TEORICAMENTE, PRESTARE ATTIVITà NELL’INQUADRAMENTO SUPERIORE. LA CORTE TERRITORIALE, IN PARTICOLARE, LIQUIDAVA IL RISARCIMENTO IN VIA EQUITATIVA NEL 20% DELLE MAGGIORI RETRIBUZIONI PERDUTE. AVVERSO TALE SENTENZA RICORREVA PER CASSAZIONE IL LAVORATORE. LA SOCIETà RESISTEVA CON CONTRORICORSO E CONTESTUALE RICORSO INCIDENTALE. IL LAVORATORE NEL PROPRIO RICORSO SI LAMENTAVA CHE LA CORTE D’APPELLO NON AVESSE DECISO SULLA DOMANDA PROPOSTA IN VIA PRINCIPALE DI RISARCIMENTO DEL DANNO PER LA MANCATA PROMOZIONE E CHE, SENZA ALCUNA MOTIVAZIONE, AVEVA PRESO IN CONSIDERAZIONE SOLO LA DOMANDA IN VIA SUBORDINATA. IL RICORRENTE PRINCIPALE CENSURAVA ALTRESì LA SENTENZA IMPUGNATA NELLA PARTE IN CUI LA CORTE D’APPELLO AVEVA LIMITATO IL RISARCIMENTO DEL DANNO, EX ART. 1227 COMMA 2 C. C. , TENENDO CONTO D’UFFICIO, PER L’ASSENZA DI VALIDE ALLEGAZIONI AVVERSARIE DEL SUO RIFIUTO DI RIPETERE LA PROVA SELETTIVA NEL 2000. LA SOCIETà CON IL PROPRIO RICORSO INCIDENTALE CENSURAVA INVECE LA PRONUNCIA DELLA CORTE TERRITORIALE PER AVER RICONOSCIUTO UN RISARCIMENTO DEL DANNO A FAVORE DEL LAVORATORE NONOSTANTE QUESTI NON AVESSE FORNITO ALCUNA PROVA DEL FATTO CHE, SE AVESSE PARTECIPATO ALLA SELEZIONE, AVREBBE AVUTO POSSIBILITà DI SUPERARLA. IL RICORRENTE INCIDENTALE DEDUCEVA INFATTI CHE IL LAVORATORE NON AVESSE OFFERTO ALCUNA PROVA CIRCA I REQUISITI NECESSARI PER OTTENERE LA QUALIFICA SUPERIORE CHE, NEL CASO DI SPECIE, CONSISTEVANO NELLA SEGNALAZIONE DELLA FILIALE NONCHé IN UN COLLOQUIO VOLTO AD ACCERTARE LE QUALITà MANAGERIALI. INOLTRE, SECONDO LA PROSPETTAZIONE DELLA SOCIETà, IL LAVORATORE NON AVEVA NEPPURE PROVATO CHE GLI ALTRI DIPENDENTI CHE AVEVANO SUPERATO LA PROVA FOSSERO PRIVI DI TITOLI DI STUDIO SUPERIORI AI SUOI O COMUNQUE IN POSSESSO DI ALTRE CONDIZIONI DI PRELAZIONE, ESSENDOSI LIMITATO A DEDURRE CHE LA PROVA ERA STATA SUPERATA DAL 90% DEI PARTECIPANTI. LA CORTE DI CASSAZIONE DECIDEVA PER IL RIGETTO DEL RICORSO PRINCIPALE PROMOSSO DAL LAVORATORE E, IN ACCOGLIMENTO DEL RICORSO INCIDENTALE DELLA SOCIETà, CASSAVA LA SENTENZA IMPUGNATA, RIGETTANDO LA DOMANDA DI RISARCIMENTO DEL DANNO SULLA BASE DEL PRINCIPIO DI DIRITTO, PIù VOLTE AFFERMATO DALLA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITà (V. CASS. N. 14820/2007, N. 1715/2009 E N. 22376/2012), SECONDO CUI: IL CREDITORE CHE VOGLIA OTTENERE IL RISARCIMENTO DEI DANNI DERIVANTI DALLA PERDITA DI “CHANCE” HA L’ONERE DI PROVARE, PUR SE SOLO IN MODO PRESUNTIVO O SECONDO UN CALCOLO DI PROBABILITà, LA REALIZZAZIONE IN CONCRETO DI ALCUNI DEI PRESUPPOSTI PER IL RAGGIUNGIMENTO DEL RISULTATO SPERATO E IMPEDITO DALLA CONDOTTA ILLECITA DELLA QUALE IL DANNO RISARCIBILE DEVE ESSERE CONSEGUENZA IMMEDIATA E DIRETTA. IN PARTICOLARE, LA SUPREMA CORTE OSSERVAVA CHE IL LAVORATORE NON AVESSE SVOLTO ALCUNA DEDUZIONE CIRCA IL CONTENUTO CHE AVREBBE DOVUTO AVERE IL COLLOQUIO, IL NUMERO DEI SOGGETTI DA SELEZIONARE E QUELLO DEI LAVORATORI CHE AVREBBE DOVUTO FORMARE OGGETTO DI SELEZIONE NONCHé L’ASSENZA, IN CAPO A QUESTI ULTIMI, DI TITOLI DI STUDIO SUPERIORI A SUOI

ASSEGNAZIONE DI BENI AI SOCI GUIDA E VADEMECUM FISCALE AI FINI IVA

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L’inquadramento fiscale della assegnazione dei beni ai soci risente del tipo di società interessata, della natura dei beni coinvolti e dei soggetti assegnatari. La diversa e complessa disciplina ha suggerito di limitare l’analisi alla sola assegnazione di beni immobili  in favore del socio persona fisica. Per facilità espositiva la materia verrà approfondita trattando separatamente i riflessi in materia di imposte indirette e di imposte dirette.

Guida e Vademecum fiscale alla Assegnazione di Beni ai Soci

 

L’inquadramento fiscale della assegnazione dei beni ai soci risente del tipo di società interessata, della natura dei beni coinvolti e dei soggetti assegnatari. La diversa e complessa disciplina ha suggerito di limitare l’analisi alla sola assegnazione di beni immobili  in favore del socio persona fisica.

Per facilità espositiva la materia verrà approfondita trattando separatamente i riflessi in materia di imposte indirette e di imposte dirette.

 

Assegnazione di Beni ai Soci : Imposte Indirette

 

L’assegnazione  di   beni  ai   soci  subisce  una  differente  imposizione  a   seconda  della concorrenza di elementi soggettivi e oggettivi connotanti la fattispecie.

 

Assegnazione di Beni ai Soci: Riflessi fiscali ai fini IVA

 

L’assegnazione dei beni ai sensi dell’art 2 comma 2 n 6 D. P. R. 633/1972 costituisce operazione imponibile iva regolata con emissione di una autofattura da parte della società. Il legislatore Iva considera dunque come una cessione a titolo oneroso  l’assegnazione di beni fatte ai soci  sia da società di persone sia da società di capitali qualunque sia l’oggetto della società e qualunque sia il titolo in relazione al quale l’assegnazione viene effettuata.

 

La norma trova la sua ratio nel voler impedire che mediante la costituzione di società si realizzino con successive assegnazioni ai soci trasferimenti simulati di beni, i quali giungerebbero

 

agli assegnatari completamente detassati nel caso in cui in relazione a tali beni sia stato detratto l’importo dell’imposta assolta all’atto dell’acquisto.

Il tenore della norma non sembrerebbe lasciare spazio a eccezioni fatte salve quelle elencate nell’art 2 – 3 comma del D. P. R. Iva, se non si voglia considerare tale anche l’assegnazione di beni per i quali si sia verificata la particolare situazione relativa alla mancata detrazione dell’Iva all’atto dell’acquisto e su cui ci si soffermerà in seguito.

 

Analizzando nello specifico si potranno avere le seguenti situazioni:

a) Assegnazioni soggette a Iva (operazioni di cui all’art 10 n 8-bis e n 8-ter) La base imponibile a norma dell’art 13 D. P. R. Iva lett. C) corrisponde al valore normale dei beni assegnati; l’aliquota è quella indicata nella Tariffa allegata al D. P. R. Iva per ciascuna categoria di beni.

b) Assegnazioni esenti da Iva e assoggettate a imposta di registro

Si hanno due ipotesi:

La prima è relativa alla assegnazione di beni acquistati o importati in regime di totale indetraibilità  dell’Iva  (art  10  comma  1  n  27-quinquies)   per  ragioni  soggettive  connesse all’attività del soggetto (perché fa operazioni esenti o perché ha un pro-rata pari a zero) oppure per ragioni oggettive (connesse alla natura del bene art 19-bis 1 comma 1 lett. I: abitazioni).

La  seconda è  relativa alla  assegnazione esente perché  non  ricorre  una  delle  ipotesi  di imponibilità ex art 10 n 8-bis e n 8-ter.

c) Assegnazioni escluse da Iva e assoggettate a imposta di registro

 

Ricorre tale ipotesi con riferimento alla natura del bene assegnato che non le fa rientrare tra le operazioni imponibili (es. Terreno agricolo). Art 2 comma 3 D. P. R. 633/1972.

d)  Assegnazioni di  beni  rispetto ai  quali  la  società non  abbia detratto interamente o neanche parzialmente l’iva all’atto di acquisto.

La soluzione del regime di imponibilità di tali fattispecie è oggetto di un orientamento non unitario basato sull’analisi del combinato disposto dei numeri 4,5 e 6 del comma 2 dell’art 2 decreto iva.

 

La posizione dell’Erario  muove dalla assimilazione della assegnazione dei beni ai soci ad un’ipotesi di autoconsumo esterno trovando sostegno nell’art 5 comma 6 della VI Direttiva CEE n. 77/388 del 17. 5. 1977 (ora articolo 16 della Direttiva 2006/112/Ce) e su un orientamento espresso dalla Corte di Giustizia Europea  che sostengono che il prelievo di un bene della propria impresa da un soggetto passivo e la destinazione al proprio uso privato costituisce un’ipotesi di cessione a titolo oneroso (rilevante ai fini iva) solo quando detto bene e gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell’iva.

 

L’intento del legislatore comunitario è quello di calibrare l’eventuale assoggettamento ad iva all’esercizio della detrazione.

 

L’amministrazione italiana  dunque muovendo proprio dalla assimilazione a un’ipotesi di destinazione a finalità estranee e a un’ipotesi di autoconsumo sostiene che l’assegnazione dei beni rientra (a differenza della vendita) tra le ipotesi di cui all’art 5 della direttiva Cee. L’operazione risulterà imponibile solo  nei  casi  in  cui  la  società assegnante abbia detratto interamente o parzialmente l’iva all’atto di acquisto e non anche nell’ipotesi opposta di assegnazioni di beni rispetto ai quali la società non abbia detratto interamente o neanche parzialmente l’iva all’atto di acquisto (come nel caso di acquisto da un privato).

 

Partendo da tali premesse la conclusione è che a differenza della vendita (rispetto alla quale, non essendo possibile ricomprenderla tra le ipotesi di cui all’art 5 della direttiva CEE, le ipotesi di indetraibilità sono solo quelle derivanti dalla natura soggettiva  e oggettiva   ma non anche quella per la quale la detrazione non è stata esercitata perché non si è subita la rivalsa  dell’imposta) non  sussiste  l’obbligo  di  assoggettare a  imposta l’autoconsumo di  beni immobili per i quali non è stata detratta l’iva all’atto del relativo acquisto. Va  tuttavia  sottolineato  che  da  tale  previsione  di  non  assoggettamento  resterebbe comunque escluso l’autoconsumo di beni immobili sui quali siano stati operati interventi di manutenzione o di recupero edilizio in relazione ai quali sia stata detratta la relativa imposta.

 Dottor Alessio Ferretti

Dott. Alessio Ferretti

 

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APS – ASD – SSD: VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI DEMOCRATICITÀ ED UGUAGLIANZA DEI DIRITTI DEGLI ASSOCIATI

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In sede di verifica, di accessi o ispezioni, viene spesso contestata la mancanza di democrazia interna all’ente (con conseguente disapplicazione dei benefici fiscali) sulla base di elementi quali, ad esempio, la non rituale convocazione dell’assemblea, l’assenza dei nomi dei partecipanti nei verbali di assemblea, il mancato inserimento dei nomi degli associati nel libro soci, etc.   Ciò posto, si chiede di sapere se tali violazioni di natura formale comportino la disapplicazione del regime fiscale di cui alla legge n. 398 del 1991.

APS – ASD – SSD: Violazione dei principi di democraticità ed uguaglianza dei diritti  degli Associati

Quesito: In base all’articolo 90, comma 18, della legge n. 289 del 2002  lo statuto delle associazioni sportive dilettantistiche deve contenere determinate clausole al fine di garantire l’assenza di scopo di lucro, la democraticità del sodalizio ed assicurare il rispetto degli altri principi indicati dalla stessa norma. Con circolare n. 21/E del 2003, paragrafo 1. 1, è stato chiarito che, in mancanza del formale recepimento nello statuto, nonché in caso di inosservanza di fatto delle clausole stabilite dal citato comma 18 dell’articolo 90 della legge n. 289 del 2002, gli enti sportivi dilettantistici non possono beneficiare del particolare regime agevolativo ad essi riservato.

In sede di verifica, di accessi o ispezioni, viene spesso contestata la mancanza di democrazia interna all’ente (con conseguente disapplicazione dei benefici fiscali) sulla base di elementi quali, ad esempio, la non rituale convocazione dell’assemblea, l’assenza dei nomi dei partecipanti nei verbali di assemblea, il mancato inserimento dei nomi degli associati nel libro soci, etc.   Ciò posto, si chiede di sapere se tali violazioni di natura formale comportino la disapplicazione del regime fiscale di cui alla legge n. 398 del 1991.

Risposta

Il regime fiscale introdotto dalla legge n. 398 del 1991 prevede modalità di determinazione forfetaria del reddito imponibile e dell’IVA nonché previsioni di favore in materia di adempimenti contabili e certificazione dei corrispettivi (ad esempio, esonero agli effetti dell’IVA dagli obblighi di registrazione e dichiarazione). Possono optare per l’applicazione di tale regime agevolativo le associazioni di promozione sociale (APS), le associazioni (ASD) e  le  società  sportive  dilettantistiche (SSD)  che,  nel  corso  del  periodo d’imposta precedente, abbiano conseguito proventi derivanti da attività commerciale per un importo non superiore a 250. 000 euro.

L’effettività del rapporto associativo costituisce presupposto essenziale per il riconoscimento alle associazioni sportive dilettantistiche dei benefici fiscali previsti dalla vigente normativa, al fine di evitare l’uso distorto dello strumento associazionistico, suscettibile di intralciare – tra l’altro – la libertà di concorrenza tra gli operatori commerciali. In particolare, si richiama la disposizione recata dall’articolo 90, comma 18, lettera e), della legge n. 289 del 2002, secondo cui nello statuto delle associazioni sportive dilettantistiche devono essere espressamente previste, fra l’altro, “le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali”.

Fermo restando che la sussistenza del requisito della democraticità richiede una valutazione, da effettuare caso per caso, della corrispondenza fra le previsioni statutarie e le concrete modalità operative della singola associazione sportiva dilettantistica, si evidenzia che elementi quali le modalità di convocazione e verbalizzazione delle assemblee dei soci costituiscono, in via generale, indici rilevanti al fine di desumere la reale natura associativa dell’ente e l’effettiva democraticità del sodalizio.

Tuttavia, si può ritenere che l’adozione di forme di convocazione dell’assemblea diverse da quelle tradizionali (ad esempio, invio di e-mail agli associati in luogo dell’apposizione in bacheca dell’avviso di convocazione) o l’occasionale mancato inserimento di un dettagliato elenco dei nomi dei partecipanti nei verbali di assemblea o degli associati nel libro soci non costituiscono, singolarmente considerati, elementi il cui riscontro comporti necessariamente la decadenza dai benefici recati dalla legge n. 398 del 1991 qualora, sulla base di una valutazione globale della operatività dell’associazione, risultino posti in essere comportamenti che garantiscano il raggiungimento delle medesime finalità.

La  clausola  della  democraticità prevista  dall’articolo 90,  comma 18, lettera e), della legge n. 289 del 2002 si intende violata quando la specifica azione od omissione da parte dell’associazione renda sistematicamente inapplicabile la predetta disposizione statutaria.

Ciò si verifica, ad esempio, qualora si riscontrino nell’associazione elementi quali:

·        la mancanza assoluta di forme di comunicazione idonee ad informare gli associati delle convocazioni assembleari e delle decisioni degli organi sociali;

·        la presenza di diverse quote associative alle quali corrisponda una differente  posizione  del  socio  in  termini  di  diritti  e  prerogative, rispetto alla reale fruizione e godimento di determinati beni e servizi;

·        l’esercizio limitato del diritto di voto – dovuto alla presenza, di fatto, di categorie di associati privilegiati – in relazione alle deliberazioni inerenti l’approvazione del bilancio, le modifiche statutarie, l’approvazione dei regolamenti, la nomina di cariche direttive, etc.

In tali ipotesi, infatti, ravvisandosi un nesso diretto fra la violazione posta in essere dall’associazione e la disposizione statutaria concernente la democraticità  dell’ente,  si  ritiene  che  l’associazione  sportiva  dilettantistica decada dai benefici recati dalla legge n. 398 del 1991 per mancata osservanza della clausola di cui al citato articolo 90, comma 18, lettera e), della legge n. 289 del 2002.

 

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APS – ASD – SSD IN REGIME L.398/91: EFFETTI DELLA MANCATA TENUTA DEL RENDICONTO ANNUALE

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Si chiede di sapere se la mancata redazione del predetto rendiconto comporti, per gli enti sportivi dilettantistici che hanno optato per le disposizioni della legge n. 398 del 1991, la disapplicazione della disposizione recata dall’articolo 25, comma 2, della legge n. 133 del 1999 ovvero – qualora sia comunque possibile risalire, attraverso altri dati desumibili dalla contabilità dell’ente, all’ammontare dei proventi detassati – se in luogo della disapplicazione di tale previsione sia applicabile una diversa misura sanzionatoria.

APS – ASD – SSD in regime L. 398/91: Effetti della mancata tenuta del Rendiconto Annuale (Bilancio Sociale) previsto dall’articolo 5, comma 5, del dm 26 novembre 1999, n. 473

 

Quesito: Le associazioni e le società sportive dilettantistiche possono optare per le disposizioni recate dalla legge n. 398 del 1991 a condizione, fra l’altro, che nel periodo d’imposta precedente abbiano conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi non superiori a 250. 000 euro. Per detti enti, inoltre, l’articolo 25, comma 2, della legge 13 maggio 1999, n. 133 prevede che non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore a 51. 645,69 euro:

a) i proventi realizzati dagli enti sportivi dilettantistici nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali;

b) i  proventi  realizzati  per  il  tramite  di  raccolte  pubbliche  di  fondi effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai  sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione in conformità all’articolo 143, comma 3, lettera a), del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

La disposizione agevolativa sopra richiamata è applicabile a condizione che,   entro   quattro   mesi   dalla   chiusura   dell’esercizio,   gli   enti   sportivi dilettantistici che hanno optato per le disposizioni della legge n. 398 del 1991 redigano “un apposito Rendiconto Annuale (Bilancio Sociale), tenuto e conservato ai sensi dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese relative a ciascuna manifestazione” nell’ambito della quale vengono realizzati i proventi di cui al citato articolo 25, comma 2, della legge n. 133 del 1999 (v. Articolo 5, comma 5, del decreto del Ministero delle finanze 26 novembre 1999, n. 473).

In proposito, si chiede di sapere se la mancata redazione del predetto rendiconto comporti, per gli enti sportivi dilettantistici che hanno optato per le disposizioni della legge n. 398 del 1991, la disapplicazione della disposizione recata dall’articolo 25, comma 2, della legge n. 133 del 1999 ovvero – qualora sia comunque possibile risalire, attraverso altri dati desumibili dalla contabilità dell’ente, all’ammontare dei proventi detassati – se in luogo della disapplicazione di tale previsione sia applicabile una diversa misura sanzionatoria.

 

Risposta

Il regime fiscale introdotto dalla legge n. 398 del 1991 prevede modalità di determinazione forfetaria del reddito imponibile e dell’IVA nonché previsioni di favore in materia di adempimenti contabili e certificazione dei corrispettivi (ad esempio, esonero agli effetti dell’IVA dagli obblighi di registrazione e dichiarazione).

Possono optare per l’applicazione di tale regime agevolativo le associazioni di promozione sociale (APS), le associazioni (ASD) e  le  società  sportive  dilettantistiche (SSD)  che,  nel  corso  del  periodo d’imposta precedente, abbiano conseguito proventi derivanti da attività commerciale per un importo non superiore a 250. 000 euro.

Il reddito imponibile delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche che, avendone i requisiti, hanno optato per il regime tributario di cui  alla  legge  n.   398  del  1991  è  determinato applicando all’ammontare dei proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività nella misura del 3 per cento e aggiungendo l’intero importo delle plusvalenze patrimoniali.

In sostanza, dal punto di vista reddituale, l’opzione per le disposizioni di favore recate dalla citata legge n. 398 del 1991 produce, per gli enti sportivi dilettantistici in possesso dei requisiti (cfr. Circolare n. 21/E del 22 aprile 2003), un duplice effetto:

·        l’applicazione del coefficiente di redditività del 3 per cento ai proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali;

·        la piena rilevanza delle plusvalenze patrimoniali, alle quali non si applica il predetto coefficiente di redditività.

Ciò premesso, si evidenzia che, ai fini dell’applicabilità degli specifici benefici recati dal citato articolo 25, comma 2, della legge n. 133 del 1999, l’ente sportivo dilettantistico che ha optato per le disposizioni recate dalla legge n. 398 del 1991 deve redigere un apposito rendiconto, tenuto e conservato ai sensi dell’articolo 22 del DPR n. 600 del 1973.

Si precisa, al riguardo, che tale adempimento si considera soddisfatto qualora i dati da inserire nell’anzidetto rendiconto (le entrate e le spese relative a ciascuna celebrazione, ricorrenza o campagna di sensibilizzazione) siano comunque desumibili attraverso le risultanze della contabilità generale dell’ente sportivo dilettantistico, fermi restando gli obblighi di redazione e conservazione, per ciascun manifestazione, della relazione illustrativa, ai sensi degli articoli 20 e 22 del DPR n. 600 del 1973.

In proposito, si ritiene utile far presente che è stato precisato, per gli enti non commerciali, che la tenuta di un unico impianto contabile e di un unico piano di  conti, strutturato in  modo da  poter individuare in  ogni  momento le  voci destinate all’attività istituzionale e quelle destinate all’attività commerciale, non è di ostacolo all’eventuale attività di controllo esercitata dagli organi competenti (cfr. Risoluzione n. 86/E del 13 marzo 2002).

In   particolare,   la   tenuta   della   contabilità   separata   non   prevede l’istituzione di un libro giornale e un piano dei conti separato per ogni attività, essendo  sufficiente  un  piano  dei  conti,  dettagliato  nelle  singole  voci,  che permetta di distinguere le diverse movimentazioni relative ad ogni attività.

Pertanto, conformemente al suddetto criterio interpretativo e considerata la particolare rilevanza riconosciuta agli enti sportivi dilettantistici, si ritiene che la  mancata redazione del rendiconto in argomento non determini, di per sé, l’inapplicabilità  della  disposizione  di  esclusione  dall’IRES  per  i  proventi realizzati (v. Articolo 25, comma 2, della legge n. 133 del 1999) e non rilevati nel più  volte citato rendiconto, sempre che, in  sede  di  controllo, sia  comunque possibile fornire una documentazione idonea ad attestare la realizzazione dei proventi esclusi dal reddito imponibile.

Resta ferma l’applicabilità delle sanzioni per la mancata osservanza degli obblighi  relativi  alla  tenuta  dei  documenti  contabili,  secondo  le  indicazioni fornite al paragrafo 1.

Diversamente, i proventi per i quali non si è provveduto alla redazione del rendiconto di cui al DM n. 473 del 1999 e in relazione ai quali l’associazione sportiva non sia in grado di produrre alcun documento attestante l’operazione devono essere assoggettati a tassazione – analogamente a quanto espressamente previsto per i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali dall’articolo 2, comma 5, della legge n. 398 del 1991 – con l’applicazione del coefficiente di redditività pari al 3 per cento. In tal caso, i proventi di cui trattasi, in quanto equiparati a quelli ai quali si applica il coefficiente di redditività del 3 per cento, concorrono alla determinazione dell’importo pari a 250. 000 euro, il cui superamento implica la decadenza  dai   benefici   fiscali   previsti   dalla   legge   n.    398   del   1991   e l’applicazione del regime tributario ordinario sia con riferimento alla determinazione delle imposte che agli adempimenti contabili.

 

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