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lunedì 13 Gennaio 2025
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Abuso del Diritto: compravendita immobiliare simulata in un conferimento

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Il conferimento da parte di un socio di un ramo d’azienda costituito da soli beni immobili, gravati da passività, e la successiva cessione della sua quota agli altri due soci della stessa società, deve essere riqualificato quale compravendita di immobili… 

Abuso del Diritto: compravendita immobiliare simulata in un conferimento

[INSERT_1]Il conferimento da parte di un socio di un ramo d’azienda costituito da soli beni immobili, gravati da passività, e la successiva cessione della sua quota agli altri due soci della stessa società, deve essere riqualificato quale compravendita di immobili, con conseguente applicazione delle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale dovute, ravvisata la natura sostanzialmente elusiva dell’operazione posta in essere.  

E’ quanto hanno deciso i giudici della Commissione tributaria regionale del Piemonte con la sentenza n. 45/38/10 del 2010, in merito a un avviso di liquidazione emesso dal competente ufficio delle Entrate relativo alla riqualificazione, ai sensi dell’ex articolo 20 del Dpr 131/1986, di una serie di atti posti in essere dalle parti ricorrenti.  

La riqualificazione operata dall’ufficio piemontese, riguardava una pianificazione di operazioni realizzate in un breve arco temporale. In sintesi la  costituzione di una società a responsabilità limitata con capitale sociale di 100mila euro da parte di tre soci, le cui quote venivano sottoscritte in misura minima (1,67% ciascuno) da due di loro, mentre la restante parte (96,66%) finiva sotto il controllo del terzo socio e liberata con il conferimento, da parte di quest’ultimo, della piena proprietà di un ramo d’azienda agricola per un valore patrimoniale netto di 96. 660 euro.  Il conferimento veniva tassato, ai fini del Registro, nella misura fissa di 168 euro, in applicazione dell’articolo 4, comma 1, lettera A), n. 3, della Tariffa, parte prima, del Dpr 131/1986. Misura fissa anche per le imposte ipotecaria e catastale. La cessione della propria quota da parte del socio maggioritario agli altri due al prezzo complessivo di 96. 660 euro, pari al valore nominale della stessa quota.  

L’ufficio, con avviso di liquidazione, evidenziava come il conferimento non avesse, in realtà, a oggetto un “ramo d’azienda agricola”, bensì esclusivamente beni immobili, e gli atti posti in essere, considerando il loro collegamento e l’unitarietà della “causa reale”, dovevano essere riqualificati quale compravendita di immobili, con conseguente applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, dovute in misura proporzionale[1].  

[1] Le parti proponevano ricorso in Ctp, che confermava la bontà dell’avviso di liquidazione.   La sentenza veniva, quindi, impugnata davanti alla Ctr del Piemonte, riproponendo i motivi del ricorso originario e contestando, in particolare, la qualificazione dell’oggetto del conferimento operata dall’ufficio, nonché l’applicazione dell’articolo 20 del Dpr 131/1986.   I giudici piemontesi, dopo aver rilevato come il reale oggetto del conferimento fossero degli immobili e non un’azienda, in ragione della mancanza di ulteriori beni strumentali, hanno condiviso la riqualificazione operata dall’ufficio, motivando che “… è palese la dinamica contrattuale data dall’insieme dei due atti, ossia la costituzione di società con conferimento di azienda e la successiva cessione di quote fra essi consequenziali che concretizzano un’effettiva cessione della stessa, essendo l’atto di conferimento e la cessione delle quote societarie negozi strutturalmente collegati per l’identità dei soggetti, dell’oggetto e funzionalmente connessi per il contributo parziale che ciascuno dei due negozi giuridici da alla formazione progressiva di un’unica fattispecie che si identifica nell’unico effetto giuridico finale, ovvero il trasferimento di azienda”.   I giudici di secondo grado si pongono dunque sul medesimo solco tracciato, ormai da tempo, dalla giurisprudenza di legittimità, ricordando in proposito come “la Suprema Corte di Cassazione, con il suo costante orientamento, insegna che l’art. 20 stabilisce che la natura intrinseca degli atti registrati ed i loro effetti giuridici debbono prevalere sulla forma e sul titolo attribuito, privilegiando la sostanza sulla forma e sugli effetti rispetto ai dati formalmente enunciati anche frazionatamente in più atti”.   La sentenza fonda, quindi, la correttezza dell’operato dell’Amministrazione fiscale nei confronti dei singoli atti analizzati sul sostanziale collegamento tra gli stessi, in ragione della causa reale che li sottende, senza che il frazionamento negoziale possa essere di ostacolo all’applicazione dell’articolo 20 del Dpr 131/1986. Chiaro il riferimento alla posizione della giurisprudenza di legittimità in merito alle “operazioni spezzatino” espressa nella sentenza 13580/2007    I giudici, inoltre, sottolineano come “nel caso in esame sono stati posti in essere formalmente due atti, ma che nella sostanza rappresentano un’unica operazione a carattere elusivo al fine di aggirare il pagamento della maggior imposta dovuta per il trasferimento di beni immobili”,ponendo così l’accento sulla finalità elusiva perseguita dalle parti nell’attuazione della complessa procedura.   Una lettura dell’articolo 20, volta a far prevalere la sostanza sulla forma, consente di contenere le eventuali finalità elusive. In questo senso, “le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 30055 del 23. 12. 2008, hanno sancito che il contribuente non possa trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con una specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa del risparmio fiscale”.   Né l’applicazione di tale principio può ritenersi esclusa in virtù della riformulazione dell’articolo 176 del Tuir, il cui terzo comma, a partire dal 2008, esclude l’applicazione dell’articolo 37-bis del Dpr 600/1973 nell’ipotesi di conferimento di azienda e successiva cessione della partecipazione. Secondo i giudici piemontesi, tale comma “non può trovare applicazione poiché il medesimo è riferito all’imposizione diretta del reddito delle società commerciali”.   La sentenza in esame consolida, anche nella giurisprudenza di merito (cfr Ctr Lombardia, sentenza n. 142/11/07 del 2007; Ctp di Milano, sentenza n. 26/7/10 del 2010; Ctp di Brescia, sentenze nn. 97/03/08 e 158/07/08, del 2008), l’applicazione del generale principio anti-abuso, sancito dalla Corte di cassazione (cfr sentenze nn. 8772 e 25374 del 2008), anche in materia di tributi non armonizzati che, nello specifico ambito delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, trova il proprio strumento attuativo nell’articolo 20 del Dpr 131/1986.  

Punti premio concorsi fedeltà: cessione tra aziende partner esente Iva

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I punti premio per i concordi fedeltà trasferiti da un’azienda all’altra, per essere successivamente assegnati ai clienti non si possono considerare, infatti, come titoli rappresentativi di merci, pertanto la relativa cessione non è assoggettata ad Iva ma all’imposta sostitutiva del 20%.   Con  la risoluzione 101/E del 26 novembre 2012 , l’Agenzia delle Entrate chiarisce il corretto trattamento fiscale da applicare al trasferimento dei “bollini”, nel caso in cui il cliente richieda come premio, non un  bene, ma i punti di un altro concorso.

Punti premio concorsi fedeltà: cessione tra aziende partner esente Iva

 

I punti premio per i concordi fedeltà trasferiti da un’azienda all’altra, per essere successivamente assegnati ai clienti non si possono considerare, infatti, come titoli rappresentativi di merci, pertanto la relativa cessione non è assoggettata ad Iva ma all’imposta sostitutiva del 20%.   Con  la risoluzione 101/E del 26 novembre 2012 , l’Agenzia delle Entrate chiarisce il corretto trattamento fiscale da applicare al trasferimento dei “bollini”, nel caso in cui il cliente richieda come premio, non un  bene, ma i punti di un altro concorso.

La questione, dunque, scaturisce dall’eventualità che il cliente, sulla base dei punti accumulati, opti per l’acquisizione dei bollini di altre manifestazioni a premio. Per tale ipotesi, le società prevedono, su base contrattuale, la possibilità di scambiarsi i punti a fronte di un corrispettivo. L’Agenzia ha chiarito che, in primo luogo, tali punti costituiscono un premio presente nel catalogo. Quindi, il corrispettivo percepito dal cedente è esente dall’Iva e l’acquirente è tenuto al versamento dell’imposta sostitutiva del 20%, ai sensi dell’articolo 19, comma 8, legge 449/1997.

Il chiarimento trova riscontro anche nella circolare 89/E del 24 marzo 1998, in cui veniva precisato che tra le operazioni non imponibili, che scontano l’imposta sostitutiva del 20%, devono essere comprese “anche quelle operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizi che per un qualunque motivo non sono state assoggettate all’imposta sul valore aggiunto e quindi anche quelle non rilevanti o esenti”.

Di conseguenza, essendo l’acquisto dei punti un’operazione esente da Iva, la società partner che acquista i punti dovrà corrispondere l’imposta sostitutiva del 20 per cento.  

 

RIMBORSO IVA: COME CHIEDERE IL RIMBORSO DEL CREDITO O UTILIZZARLO

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Il rimborso del credito Iva deve essere richiesto con la compilazione del modello VX (vecchio VX4) della dichiarazione Iva presentata autonomamente ovvero nel corrispondente rigo della sezione III del quadro RX di Unico per i soggetti che presentano la dichiarazione in forma unificata.

IVA: COME CHIEDERE  IL RIMBORSO DEL CREDITO O UTILIZZARLO  

Il rimborso del credito Iva deve essere richiesto con la compilazione del modello VX (vecchio VX4) della dichiarazione Iva presentata autonomamente ovvero nel corrispondente rigo della sezione III del quadro RX di Unico per i soggetti che presentano la dichiarazione in forma unificata. A seguito delle novità introdotte dal Dl 16/2012. I contribuenti che chiudono la dichiarazione a credito possono utilizzare il predetto credito:

a rimborso richiedendo direttamente l’eccedenza al fisco

in compensazione orizzontale: andando a compensare l’Iva eccedente da dichiarazione con altre imposte e contributi;

in compensazione verticale: vale dire Iva da Iva

Rimborso da dichiarazione 

Ultima modalità di utilizzo del credito Iva risultante dalla dichiarazione annuale è quello del rimborso. Da quest’anno non utilizziamo più il modello VR, ma presentiamo la richiesta di rimborso compilando il rigo VX4 ovvero il rigo corrispondente del quadro RX di Unico. In particolare, in riferimento al rigo VX4 bisogna evidenziare che sono stati introdotti ben 8 campi per indicare le diverse condizioni per le quali si richiede il rimborso. Sempre sul piano dichiarativo si ricorda che le altre forme di utilizzo del credito dichiarativo vanno indicate al rigo VX5.  

Compensazione orizzontale

In questo caso il contribuente, nei limiti assoluti di 516. 456 euro e con le regole dell’articolo 17 del Dlgs 241/97, può compensare l’Iva a credito con altri tributi, premi e contributi. In particolare, tale compensazione soffre di ulteriori limiti specifici. Infatti la compensazione “orizzontale” del credito Iva annuale o trimestrale per importi superiori a 5. 000 euro annui può essere effettuata esclusivamente attraverso i servizi telematici forniti dall’agenzia delle Entrate dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale o dell’istanza trimestrale. Al contrario, per poter compensare il credito Iva annuale per importi superiori a 15. 000 euro annui è necessario, oltre alla presentazione della dichiarazione annuale, anche richiedere a un soggetto abilitato il rilascio del visto di conformità.  

Compensazione verticale

Il credito in questo caso è portato in diminuzione dell’imposta dovuta all’atto delle liquidazioni periodiche e della dichiarazione annuale dell’anno successivo. Pertanto il credito Iva del 2013 può essere utilizzato per ridurre il debito Iva del 2014. Il contribuente può utilizzare il  credito, anche senza aspettare la dichiarazione annuale a partire dalla prima liquidazione periodica eseguita per il 2014, cioè quella relativa al mese di gennaio 2014 per i contribuenti mensili o al primo trimestre per i contribuenti trimestrali.  Se il contribuente decide di effettuare la compensazione prima di presentare la dichiarazione deve fare bene i calcoli perché se in sede di dichiarazione il credito dovesse risultare inferiore a quello compensato sarà costretto a ravvedersi per l’eccedenza compensata.   

Chi ha diritto a richiedere il rimborso IVA?

Affidaci l’incarico per verificare se sei un soggetto che può richiedere rimborso, IVA.

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Amministratori di Condominio: guida fiscale e previdenziale per aprire la partita iva

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Gli Amministratori di Condominio che volessero aprile la partita iva possono scegliere tra tre regimi fiscali: il vecchio articolo 13 della Legge 388 del 2000, quello ordinario ed il regime dei minimi. Ai fini previdenziali, poiché sono privi di cassa privata essi sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS.

Amministratori di Condominio: guida fiscale e previdenziale per aprire la partita iva

Gli Amministratori di Condominio che volessero aprile la partita iva possono scegliere tra tre regimi fiscali: il vecchio articolo 13 della Legge 388 del 2000,  quello ordinario ed il regime dei minimi. Ai fini previdenziali, poiché sono privi di cassa privata essi sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS.

Aspetti Previdenziali

La Gestione Separata, presenta una grande convenienza: si paga a percentuale sul reddito dichiarato e non prevede il versamento dei contributi fissi.

A titolo esemplificativo ma non esaustivo, ricordiamo che un commerciante o un artigiano versano circa 880 euro ogni tre mesi, 3600 annui: anche se hanno una perdita devono versare il minimale.

Con la Gestione Separata INPS, se il reddito è zero, i contributi non devono essere versati: si versano in percentuale al reddito (circa il 30%) e non prevedono un minimale.

Aspetti Fiscali

La quasi totalità dei consulenti consiglia di aprire partita iva in regime dei minimi: è un errore nella quasi totalità dei casi, un agguato finanziario.

Il governo Monti ha riformato il regime dei minimi, con decorrenza “reddituale” dal 1° gennaio 2012: penalizzandolo. Hanno creato lo specchietto per le allodole, riducendo l’aliquota di imposta sostitutiva dell’Irpef dal 20% al 5%.

Di fatto, prima in Unico i contribuenti minimi versavano solo il saldo, pertanto,  il 20% di cui sopra era effettivo. Dal giugno del 2013 (Unico PF 2013 Redditi 2012) i contribuenti minimi hanno versato il saldo e l’acconto, tradotto il 5% + il 5%, uguale il 10% di uscite finanziarie effettive.

Per capire perché parliamo di “specchietto per allodole” non basta però, andiamo avanti:  il governo Monti ha abrogato il diritto per i contribuenti minimi di appore la ritenuta di imposta in fattura, in capo ai clienti titolari di partita iva. Il professionista sveglio, contrattava sul netto, accollava la ritenuta al cliente soggetto passivo IVA,  portandosi in deduzione i costi inerenti alla propria attività, arrivava in dichiarazione dei redditi con un credito di imposta con cui compensava il debito contributivo da versare alla Gestione Separata dell’INPS, di fatto, il contribuente minimo prima del Governo Monti, a giugno (se era oculato e ben assistito) non tirava fuori un centesimo di euro, compensava. Oggi, versa il dieci per cento di imposta (5% di acconto e 5% di saldo) oltre ai contributi (circa il 30%  del reddito imponibile). A titolo esemplificativo ma non esaustivo: basta pensare che un istruttore con un reddito (inteso come ricavi al netto dei costi) di 18. 000, ha uscite finanziarie per euro 1. 800 a titolo di imposta sostitutiva (5% + 5%) oltre a 5. 400 euro di contributi, in totale 7. 200 euro da versare in dichiarazione dei redditi.

Se volete essere assistiti con professionalità e scegliere il regime fiscale che vi consente di risparmiare  contattateci.

Vi dimostriamo, numeri alla mano e prima di aprire la partita iva, con fogli excel, calcolando  in tempo reale la convenienza tra i vari regimi fiscali, quello per voi meno oneroso e maggiormente conveniente.

Nel 95% dei casi da noi esaminati il regime dei minimi, dopo la riforma Monti è un bagno di sangue finanziario: non buttate i vostri soldi.

Potete scegliere due pacchetti di assistenza:

a)     Finalizzato alla Scelta del regime

b)    Finalizzato alla scelta del regime e  ad avere assistenza contabile e tributaria annuale

c)     a + b

Per coloro che avessero già aperto la partita IVA in regime dei minimi, correte il rischio di aver perso già troppo tempo e denaro. Contattateci.

Sintesi e Vademecum

Apertura partita IVA

Come previsto dall’art. 35 DPR 633/72 ai fini IVA i soggetti che intraprendono nel territorio dello Stato l’esercizio di un’impresa, arte o professione hanno l’obbligo di presentare entro 30 giorni una dichiarazione di inizio attività (modello AA9/11).

Il modello AA9/11 deve essere presentato in duplice esemplare direttamente (o tramite persona delegata) a un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
Il modello può anche essere inviato in unico esemplare a mezzo servizio postale, mediante raccomandata, allegando copia fotostatica di un documento di identificazione del dichiarante (le dichiarazioni si considerano presentate nel giorno in cui risultano spedite). Infine la comunicazione di inizio attività può essere trasmessa in via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti incaricati alla trasmissione telematica.

Anche nell’ipotesi di un’eventuale variazione dei dati indicati nella dichiarazione iniziale o nel caso di cessazione dell’attività deve essere presentata, entro 30 giorni, un’apposita denuncia.
Il codice ATECO da indicare nel modello AA9/11 varia a seconda della qualifica se presente o temporanea, vi consigliamo di contattarci.

I liberi professionisti non devono essere iscritti alla CCIAA. 

Iscrizione Gestione Separata INPS

La L. 335/95 (art. 2 c. 26) ha previsto l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Inps dei liberi professionisti privi di una Cassa di previdenza.
L’iscrizione deve essere effettuata o tramite consegna diretta del modulo GS-COD SC04 presso gli sportelli INPS oppure tramite invio per posta raccomandata o con invio telematico attraverso il sito  inps.it.
La base imponibile previdenziale è pari all’imponibile fiscale, così come risulta dalla dichiarazione dei redditi è quindi definita per differenza fra i compensi percepiti e le spese sostenute.

Il contributo alla Gestione Separata è calcolato applicando alla base imponibile le aliquote vigenti nell’anno di riferimento (per il 2014: 20% per i soggetti assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie o titolari di pensione, 28,72% per i soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria).
Il contributo è interamente a carico del professionista, che tuttavia ha facoltà di addebitare al cliente in fattura, a titolo di rivalsa, un’aliquota pari al 4% dei compensi lordi. L’esercizio di tale facoltà ha rilevanza solo nei rapporti fra il professionista ed il cliente ed è del tutto ininfluente ai fini del versamento alla Gestione Separata, poiché a quest’ultimo dovrà provvedere sempre e comunque il professionista e per l’intero importo.

Il versamento del contributo avviene con lo stesso meccanismo di acconto e saldo e con le stesse scadenze previste dal fisco per i versamenti IRPEF.

Osteopati: come aprire la partita iva

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Osteopati: guida fiscale e previdenziale per aprire la partita iva

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Aspetti Previdenziali

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A titolo esemplificativo ma non esaustivo, ricordiamo che un commerciante o un artigiano versano circa 880 euro ogni tre mesi, 3600 annui: anche se hanno una perdita devono versare il minimale.

Con la Gestione Separata INPS, se il reddito è zero, i contributi non devono essere versati: si versano in percentuale al reddito (circa il 30%) e non prevedono un minimale.

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Di fatto, prima in Unico i contribuenti minimi versavano solo il saldo, pertanto,  il 20% di cui sopra era effettivo. Dal giugno del 2013 (Unico PF 2013 Redditi 2012) i contribuenti minimi hanno versato il saldo e l’acconto, tradotto il 5% + il 5%, uguale il 10% di uscite finanziarie effettive.

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Vi dimostriamo, numeri alla mano e prima di aprire la partita iva, con fogli excel, calcolando  in tempo reale la convenienza tra i vari regimi fiscali, quello per voi meno oneroso e maggiormente conveniente.

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Il modello AA9/11 deve essere presentato in duplice esemplare direttamente (o tramite persona delegata) a un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
Il modello può anche essere inviato in unico esemplare a mezzo servizio postale, mediante raccomandata, allegando copia fotostatica di un documento di identificazione del dichiarante (le dichiarazioni si considerano presentate nel giorno in cui risultano spedite). Infine la comunicazione di inizio attività può essere trasmessa in via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti incaricati alla trasmissione telematica.

Anche nell’ipotesi di un’eventuale variazione dei dati indicati nella dichiarazione iniziale o nel caso di cessazione dell’attività deve essere presentata, entro 30 giorni, un’apposita denuncia.
Il codice ATECO da indicare nel modello AA9/11 varia a seconda della qualifica se presente o temporanea, vi consigliamo di contattarci.

I liberi professionisti non devono essere iscritti alla CCIAA. 

Iscrizione Gestione Separata INPS

La L. 335/95 (art. 2 c. 26) ha previsto l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Inps dei liberi professionisti privi di una Cassa di previdenza.
L’iscrizione deve essere effettuata o tramite consegna diretta del modulo GS-COD SC04 presso gli sportelli INPS oppure tramite invio per posta raccomandata o con invio telematico attraverso il sito  inps.it.
La base imponibile previdenziale è pari all’imponibile fiscale, così come risulta dalla dichiarazione dei redditi è quindi definita per differenza fra i compensi percepiti e le spese sostenute.

Il contributo alla Gestione Separata è calcolato applicando alla base imponibile le aliquote vigenti nell’anno di riferimento (per il 2014: 20% per i soggetti assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie o titolari di pensione, 28,72% per i soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria).
Il contributo è interamente a carico del professionista, che tuttavia ha facoltà di addebitare al cliente in fattura, a titolo di rivalsa, un’aliquota pari al 4% dei compensi lordi. L’esercizio di tale facoltà ha rilevanza solo nei rapporti fra il professionista ed il cliente ed è del tutto ininfluente ai fini del versamento alla Gestione Separata, poiché a quest’ultimo dovrà provvedere sempre e comunque il professionista e per l’intero importo.

Il versamento del contributo avviene con lo stesso meccanismo di acconto e saldo e con le stesse scadenze previste dal fisco per i versamenti IRPEF.

Fisioterapisti: guida fiscale e previdenziale per aprire la partita iva

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I Fisioterapisti che volessero aprile la partita iva possono scegliere tra tre regimi fiscali: il vecchio articolo 13 della Legge 388 del 2000,  quello ordinario ed il regime dei minimi. Ai fini previdenziali, poiché sono privi di cassa privata essi sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS.

Fisioterapisti: guida fiscale e previdenziale per aprire la partita iva

I Fisioterapisti che volessero aprile la partita iva possono scegliere tra tre regimi fiscali: il vecchio articolo 13 della Legge 388 del 2000,  quello ordinario ed il regime dei minimi. Ai fini previdenziali, poiché sono privi di cassa privata essi sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS.

Aspetti Previdenziali

La Gestione Separata, presenta una grande convenienza: si paga a percentuale sul reddito dichiarato e non prevede il versamento dei contributi fissi.

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Con la Gestione Separata INPS, se il reddito è zero, i contributi non devono essere versati: si versano in percentuale al reddito (circa il 30%) e non prevedono un minimale.

Aspetti Fiscali

La quasi totalità dei consulenti consiglia di aprire partita iva in regime dei minimi: è un errore nella quasi totalità dei casi, un agguato finanziario.

Il governo Monti ha riformato il regime dei minimi, con decorrenza “reddituale” dal 1° gennaio 2012: penalizzandolo. Hanno creato lo specchietto per le allodole, riducendo l’aliquota di imposta sostitutiva dell’Irpef dal 20% al 5%.

Di fatto, prima in Unico i contribuenti minimi versavano solo il saldo, pertanto,  il 20% di cui sopra era effettivo. Dal giugno del 2013 (Unico PF 2013 Redditi 2012) i contribuenti minimi hanno versato il saldo e l’acconto, tradotto il 5% + il 5%, uguale il 10% di uscite finanziarie effettive.

Per capire perché parliamo di “specchietto per allodole” non basta però, andiamo avanti:  il governo Monti ha abrogato il diritto per i contribuenti minimi di appore la ritenuta di imposta in fattura, in capo ai clienti titolari di partita iva. Il professionista sveglio, contrattava sul netto, accollava la ritenuta al cliente soggetto passivo IVA,  portandosi in deduzione i costi inerenti alla propria attività, arrivava in dichiarazione dei redditi con un credito di imposta con cui compensava il debito contributivo da versare alla Gestione Separata dell’INPS, di fatto, il contribuente minimo prima del Governo Monti, a giugno (se era oculato e ben assistito) non tirava fuori un centesimo di euro, compensava. Oggi, versa il dieci per cento di imposta (5% di acconto e 5% di saldo) oltre ai contributi (circa il 30%  del reddito imponibile). A titolo esemplificativo ma non esaustivo: basta pensare che un istruttore con un reddito (inteso come ricavi al netto dei costi) di 18. 000, ha uscite finanziarie per euro 1. 800 a titolo di imposta sostitutiva (5% + 5%) oltre a 5. 400 euro di contributi, in totale 7. 200 euro da versare in dichiarazione dei redditi.

Vi dimostriamo, numeri alla mano e prima di aprire la partita iva, con fogli excel, calcolando  in tempo reale la convenienza tra i vari regimi fiscali, quello per voi meno oneroso e maggiormente conveniente.

Nel 95% dei casi da noi esaminati il regime dei minimi, dopo la riforma Monti è un bagno di sangue finanziario: non buttate i vostri soldi.

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a)     Finalizzato alla Scelta del regime

b)    Finalizzato alla scelta del regime e  ad avere assistenza contabile e tributaria annuale

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Apertura partita IVA

Come previsto dall’art. 35 DPR 633/72 ai fini IVA i soggetti che intraprendono nel territorio dello Stato l’esercizio di un’impresa, arte o professione hanno l’obbligo di presentare entro 30 giorni una dichiarazione di inizio attività (modello AA9/11).

Il modello AA9/11 deve essere presentato in duplice esemplare direttamente (o tramite persona delegata) a un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
Il modello può anche essere inviato in unico esemplare a mezzo servizio postale, mediante raccomandata, allegando copia fotostatica di un documento di identificazione del dichiarante (le dichiarazioni si considerano presentate nel giorno in cui risultano spedite). Infine la comunicazione di inizio attività può essere trasmessa in via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti incaricati alla trasmissione telematica.

Anche nell’ipotesi di un’eventuale variazione dei dati indicati nella dichiarazione iniziale o nel caso di cessazione dell’attività deve essere presentata, entro 30 giorni, un’apposita denuncia.
Il codice ATECO da indicare nel modello AA9/11 varia a seconda della qualifica se presente o temporanea, vi consigliamo di contattarci.

I liberi professionisti non devono essere iscritti alla CCIAA.

Iscrizione Gestione Separata INPS

La L. 335/95 (art. 2 c. 26) ha previsto l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Inps dei liberi professionisti privi di una Cassa di previdenza.
L’iscrizione deve essere effettuata o tramite consegna diretta del modulo GS-COD SC04 presso gli sportelli INPS oppure tramite invio per posta raccomandata o con invio telematico attraverso il sito  inps.it.
La base imponibile previdenziale è pari all’imponibile fiscale, così come risulta dalla dichiarazione dei redditi è quindi definita per differenza fra i compensi percepiti e le spese sostenute.

Il contributo alla Gestione Separata è calcolato applicando alla base imponibile le aliquote vigenti nell’anno di riferimento (per il 2014: 20% per i soggetti assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie o titolari di pensione, 28,72% per i soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria).
Il contributo è interamente a carico del professionista, che tuttavia ha facoltà di addebitare al cliente in fattura, a titolo di rivalsa, un’aliquota pari al 4% dei compensi lordi. L’esercizio di tale facoltà ha rilevanza solo nei rapporti fra il professionista ed il cliente ed è del tutto ininfluente ai fini del versamento alla Gestione Separata, poiché a quest’ultimo dovrà provvedere sempre e comunque il professionista e per l’intero importo.

Il versamento del contributo avviene con lo stesso meccanismo di acconto e saldo e con le stesse scadenze previste dal fisco per i versamenti IRPEF.

Spedizionieri e Doganalisti: Come aprire la partita IVA

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CASSA EDILE Oggetto: Interessi per ritardato pagamento, variazione della percentuale.

Gli spedizionieri ed i doganalisti che volessero aprile la partita iva possono scegliere tra tre regimi fiscali: il vecchio articolo 13 della Legge 388 del 2000,  quello ordinario ed il regime dei minimi. Ai fini previdenziali, poiché sono privi di cassa privata essi sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS.

Spedizionieri  & Doganalisti: guida fiscale e previdenziale per aprire la partita iva

Gli spedizionieri ed i dogananilisti che volessero aprile la partita iva possono scegliere tra tre regimi fiscali: il vecchio articolo 13 della Legge 388 del 2000,  quello ordinario ed il regime dei minimi. Ai fini previdenziali, poiché sono privi di cassa privata essi sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS.

Aspetti Previdenziali

La Gestione Separata, presenta una grande convenienza: si paga a percentuale sul reddito dichiarato e non prevede il versamento dei contributi fissi.

A titolo esemplificativo ma non esaustivo, ricordiamo che un commerciante o un artigiano versano circa 880 euro ogni tre mesi, 3600 annui: anche se hanno una perdita devono versare il minimale.

Con la Gestione Separata INPS, se il reddito è zero, i contributi non devono essere versati: si versano in percentuale al reddito (circa il 30%) e non prevedono un minimale.

Aspetti Fiscali

La quasi totalità dei consulenti consiglia di aprire partita iva in regime dei minimi: è un errore nella quasi totalità dei casi, un agguato finanziario.

Il governo Monti ha riformato il regime dei minimi, con decorrenza “reddituale” dal 1° gennaio 2012: penalizzandolo. Hanno creato lo specchietto per le allodole, riducendo l’aliquota di imposta sostitutiva dell’Irpef dal 20% al 5%.

Di fatto, prima in Unico i contribuenti minimi versavano solo il saldo, pertanto,  il 20% di cui sopra era effettivo. Dal giugno del 2013 (Unico PF 2013 Redditi 2012) i contribuenti minimi hanno versato il saldo e l’acconto, tradotto il 5% + il 5%, uguale il 10% di uscite finanziarie effettive.

Per capire perché parliamo di “specchietto per allodole” non basta però, andiamo avanti:  il governo Monti ha abrogato il diritto per i contribuenti minimi di appore la ritenuta di imposta in fattura, in capo ai clienti titolari di partita iva. Il professionista sveglio, contrattava sul netto, accollava la ritenuta al cliente soggetto passivo IVA,  portandosi in deduzione i costi inerenti alla propria attività, arrivava in dichiarazione dei redditi con un credito di imposta con cui compensava il debito contributivo da versare alla Gestione Separata dell’INPS, di fatto, il contribuente minimo prima del Governo Monti, a giugno (se era oculato e ben assistito) non tirava fuori un centesimo di euro, compensava. Oggi, versa il dieci per cento di imposta (5% di acconto e 5% di saldo) oltre ai contributi (circa il 30%  del reddito imponibile). A titolo esemplificativo ma non esaustivo: basta pensare che un istruttore con un reddito (inteso come ricavi al netto dei costi) di 18. 000, ha uscite finanziarie per euro 1. 800 a titolo di imposta sostitutiva (5% + 5%) oltre a 5. 400 euro di contributi, in totale 7. 200 euro da versare in dichiarazione dei redditi.

Vi dimostriamo, numeri alla mano e prima di aprire la partita iva, con fogli excel, calcolando  in tempo reale la convenienza tra i vari regimi fiscali, quello per voi meno oneroso e maggiormente conveniente.

Nel 95% dei casi da noi esaminati il regime dei minimi, dopo la riforma Monti è un bagno di sangue finanziario: non buttate i vostri soldi.

Potete scegliere due pacchetti di assistenza:

a)     Finalizzato alla Scelta del regime

b)    Finalizzato alla scelta del regime e  ad avere assistenza contabile e tributaria annuale

c)     a + b

Per coloro che avessero già aperto la partita IVA in regime dei minimi, correte il rischio di aver perso già troppo tempo e denaro. Contattateci.

Sintesi e Vademecum

Apertura partita IVA

Come previsto dall’art. 35 DPR 633/72 ai fini IVA i soggetti che intraprendono nel territorio dello Stato l’esercizio di un’impresa, arte o professione hanno l’obbligo di presentare entro 30 giorni una dichiarazione di inizio attività (modello AA9/11).

Il modello AA9/11 deve essere presentato in duplice esemplare direttamente (o tramite persona delegata) a un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
Il modello può anche essere inviato in unico esemplare a mezzo servizio postale, mediante raccomandata, allegando copia fotostatica di un documento di identificazione del dichiarante (le dichiarazioni si considerano presentate nel giorno in cui risultano spedite). Infine la comunicazione di inizio attività può essere trasmessa in via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti incaricati alla trasmissione telematica.

Anche nell’ipotesi di un’eventuale variazione dei dati indicati nella dichiarazione iniziale o nel caso di cessazione dell’attività deve essere presentata, entro 30 giorni, un’apposita denuncia.
Il codice ATECO da indicare nel modello AA9/11 varia a seconda della qualifica se presente o temporanea, vi consigliamo di contattarci.

I liberi professionisti non devono essere iscritti alla CCIAA.

Iscrizione Gestione Separata INPS

La L. 335/95 (art. 2 c. 26) ha previsto l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Inps dei liberi professionisti privi di una Cassa di previdenza.
L’iscrizione deve essere effettuata o tramite consegna diretta del modulo GS-COD SC04 presso gli sportelli INPS oppure tramite invio per posta raccomandata o con invio telematico attraverso il sito  inps.it.
La base imponibile previdenziale è pari all’imponibile fiscale, così come risulta dalla dichiarazione dei redditi è quindi definita per differenza fra i compensi percepiti e le spese sostenute.

Il contributo alla Gestione Separata è calcolato applicando alla base imponibile le aliquote vigenti nell’anno di riferimento (per il 2014: 20% per i soggetti assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie o titolari di pensione, 28,72% per i soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria).
Il contributo è interamente a carico del professionista, che tuttavia ha facoltà di addebitare al cliente in fattura, a titolo di rivalsa, un’aliquota pari al 4% dei compensi lordi. L’esercizio di tale facoltà ha rilevanza solo nei rapporti fra il professionista ed il cliente ed è del tutto ininfluente ai fini del versamento alla Gestione Separata, poiché a quest’ultimo dovrà provvedere sempre e comunque il professionista e per l’intero importo.

Il versamento del contributo avviene con lo stesso meccanismo di acconto e saldo e con le stesse scadenze previste dal fisco per i versamenti IRPEF.

Traduttori Interpreti: Come aprire la partita IVA

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I traduttori e gli interpreti che volessero aprire la partita iva possono scegliere tra tre regimi fiscali: il vecchio articolo 13 della Legge 388 del 2000,  quello ordinario ed il regime dei minimi. Ai fini previdenziali, poiché sono privi di cassa privata essi sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS.

Traduttori Interpreti: guida fiscale e previdenziale per aprire la partita iva

I traduttori e gli interpreti che volessero aprile la partita iva possono scegliere tra tre regimi fiscali: il vecchio articolo 13 della Legge 388 del 2000,  quello ordinario ed il regime dei minimi. Ai fini previdenziali, poiché sono privi di cassa privata essi sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS.

Aspetti Previdenziali

La Gestione Separata, presenta una grande convenienza: si paga a percentuale sul reddito dichiarato e non prevede il versamento dei contributi fissi.

A titolo esemplificativo ma non esaustivo, ricordiamo che un commerciante o un artigiano versano circa 880 euro ogni tre mesi, 3600 annui: anche se hanno una perdita devono versare il minimale.

Con la Gestione Separata INPS, se il reddito è zero, i contributi non devono essere versati: si versano in percentuale al reddito (circa il 30%) e non prevedono un minimale.

Aspetti Fiscali

La quasi totalità dei consulenti consiglia di aprire partita iva in regime dei minimi: è un errore nella quasi totalità dei casi, un agguato finanziario.

Il governo Monti ha riformato il regime dei minimi, con decorrenza “reddituale” dal 1° gennaio 2012: penalizzandolo. Hanno creato lo specchietto per le allodole, riducendo l’aliquota di imposta sostitutiva dell’Irpef dal 20% al 5%.

Di fatto, prima in Unico i contribuenti minimi versavano solo il saldo, pertanto,  il 20% di cui sopra era effettivo. Dal giugno del 2013 (Unico PF 2013 Redditi 2012) i contribuenti minimi hanno versato il saldo e l’acconto, tradotto il 5% + il 5%, uguale il 10% di uscite finanziarie effettive.

Per capire perché parliamo di “specchietto per allodole” non basta però, andiamo avanti:  il governo Monti ha abrogato il diritto per i contribuenti minimi di appore la ritenuta di imposta in fattura, in capo ai clienti titolari di partita iva. Il professionista sveglio, contrattava sul netto, accollava la ritenuta al cliente soggetto passivo IVA,  portandosi in deduzione i costi inerenti alla propria attività, arrivava in dichiarazione dei redditi con un credito di imposta con cui compensava il debito contributivo da versare alla Gestione Separata dell’INPS, di fatto, il contribuente minimo prima del Governo Monti, a giugno (se era oculato e ben assistito) non tirava fuori un centesimo di euro, compensava. Oggi, versa il dieci per cento di imposta (5% di acconto e 5% di saldo) oltre ai contributi (circa il 30%  del reddito imponibile). A titolo esemplificativo ma non esaustivo: basta pensare che un istruttore con un reddito (inteso come ricavi al netto dei costi) di 18. 000, ha uscite finanziarie per euro 1. 800 a titolo di imposta sostitutiva (5% + 5%) oltre a 5. 400 euro di contributi, in totale 7. 200 euro da versare in dichiarazione dei redditi.

Vi dimostriamo, numeri alla mano e prima di aprire la partita iva, con fogli excel, calcolando  in tempo reale la convenienza tra i vari regimi fiscali, quello per voi meno oneroso e maggiormente conveniente.

Nel 95% dei casi da noi esaminati il regime dei minimi, dopo la riforma Monti è un bagno di sangue finanziario: non buttate i vostri soldi.

Potete scegliere due pacchetti di assistenza:

a)     Finalizzato alla Scelta del regime

b)    Finalizzato alla scelta del regime e  ad avere assistenza contabile e tributaria annuale

c)     a + b

Per coloro che avessero già aperto la partita IVA in regime dei minimi, correte il rischio di aver perso già troppo tempo e denaro. Contattateci.

Sintesi e Vademecum

Apertura partita IVA

Come previsto dall’art. 35 DPR 633/72 ai fini IVA i soggetti che intraprendono nel territorio dello Stato l’esercizio di un’impresa, arte o professione hanno l’obbligo di presentare entro 30 giorni una dichiarazione di inizio attività.

Il modello AA9/11 deve essere presentato in duplice esemplare direttamente (o tramite persona delegata) a un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate.
Il modello può anche essere inviato in unico esemplare a mezzo servizio postale, mediante raccomandata, allegando copia fotostatica di un documento di identificazione del dichiarante (le dichiarazioni si considerano presentate nel giorno in cui risultano spedite). Infine la comunicazione di inizio attività può essere trasmessa in via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti incaricati alla trasmissione telematica.

Anche nell’ipotesi di un’eventuale variazione dei dati indicati nella dichiarazione iniziale o nel caso di cessazione dell’attività deve essere presentata, entro 30 giorni, un’apposita denuncia.
Il codice ATECO da indicare nel modello AA9/11 è il 743000 “traduzione e interpretariato”.

I liberi professionisti non devono essere iscritti alla CCIAA.

Iscrizione Gestione Separata INPS

La L. 335/95 (art. 2 c. 26) ha previsto l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Inps dei liberi professionisti privi di una Cassa di previdenza.
L’iscrizione deve essere effettuata o tramite consegna diretta del modulo GS-COD SC04 presso gli sportelli INPS oppure tramite invio per posta raccomandata o con invio telematico attraverso il sito  inps.it.
La base imponibile previdenziale è pari all’imponibile fiscale, così come risulta dalla dichiarazione dei redditi è quindi definita per differenza fra i compensi percepiti e le spese sostenute.

Il contributo alla Gestione Separata è calcolato applicando alla base imponibile le aliquote vigenti nell’anno di riferimento (per il 2014: 20% per i soggetti assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie o titolari di pensione, 28,72% per i soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria).
Il contributo è interamente a carico del professionista, che tuttavia ha facoltà di addebitare al cliente in fattura, a titolo di rivalsa, un’aliquota pari al 4% dei compensi lordi. L’esercizio di tale facoltà ha rilevanza solo nei rapporti fra il professionista ed il cliente ed è del tutto ininfluente ai fini del versamento alla Gestione Separata, poiché a quest’ultimo dovrà provvedere sempre e comunque il professionista e per l’intero importo.

Il versamento del contributo avviene con lo stesso meccanismo di acconto e saldo e con le stesse scadenze previste dal fisco per i versamenti IRPEF.

Società Cooperativa Agricola: aspetti giuridici e riflessi fiscali nel mondo vitivinicolo

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Un primo quadro di riferimento sul mondo delle cooperative agricole nel settore vitivinicolo, allo scopo di fare focus sul presupposto soggettivo, la mutualità prevalente, la riserva minima obbligatoria ed un assaggio della esenzione Ires…

Il Modello della “Società Cooperativa Agricola” aspetti giuridici e riflessi fiscali

Presupposto Soggettivo

L’articolo 2135 del codice civile[1] dispone che le cooperative sono considerate imprenditori agricoli se utilizzano per lo svolgimento di determinate attività[2] “prevalentemente prodotti dei soci”.

L’articolo 1 del D. Lgs nr. 99/2004 ha chiarito che le cooperative agricole possono assumere la qualifica di “Società Agricola” quando nel proprio oggetto sociale è previsto l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui al richiamato articolo 2135 del Codice Civile e la denominazione contiene l’indicazione di Società Agricola.

Mutualità Prevalente

Il carattere della mutualità prevalente è elemento base per usufruire dei benefici fiscali, ai sensi dell’articolo 2512 c. C. I requisiti per ottenerla sono i seguenti:

1.      la cooperativa deve svolgere prevalentemente la sua attività a favore dei soci;

2.      deve essere iscritta in un apposito albo presso il quale si deposita annualmente il bilancio;

3.      deve prevedere nello statuto e rispettare i requisiti mutualistici di cui all’articolo 2514[3] del c. C.

Nel dettaglio è poi l’articolo 2513 c. C. [4] che identifica e disciplina il carattere della prevalenza, in particolare alla lettera “C” dispone che:

“il costo dei beni o servizi conferiti dai soci deve superare il 50% del costo totale delle merci, materie prime, sussidiarie, riportato nella voce B6 del conto economico, ovvero dei servizi acquistati, il cui costo complessivo è riscontrabile nella voce B7”.

Non rilevano ai fini del criterio della prevalenza e quindi sono esclusi dal relativo computo, sia i proventi derivanti da contributi pubblici (classificati nella voce A5 del conto economico), sia l’eventuale incremento delle rimanenze.

Resta fermo che la condizione di prevalenza deve sempre essere documentata dagli amministratori e dai sindaci nella nota integrativa. Si fa notare che possono quantificare la prevalenza in base alla quantità, anziché il valore, dei prodotti conferiti dai soci.

Ires

Ai fini dell’imposizione diretta i redditi derivanti dalla manipolazione e/o trasformazione dei prodotti conferiti dai soci godono della esenzione da Ires[5].

Anche la mera rivendita dei prodotti conferiti, in tal caso l’uva et similia, gode della esenzione ai fini delle imposte dirette[6].

Misura dell’esenzione

L’articolo 12 della Legge n. 904/77 dispone che per le cooperative agricole l’esenzione ai fini Ires ammonta all’80% dell’utile netto annuale destinato alla riserva indivisibile, compresa quella legale.

Riserva Minima Obbligatoria

Le cooperative agricole devono destinare a riserva almeno il 30% dell’utile netto annuale[7]. Ai sensi del nuovo disposto del comma 1 dell’articolo 6 del D. L. 63/2002, è assoggettato a  tassazione in misura di un decimo l’importo accantonato a riserva minima obbligatoria. Pertanto, essendo la riserva pari al 30% degli utili netti annuali, la parte di fatto assoggettata ad Ires è pari al 3%.  

 

[1] Modificato dall’articolo 1 del D. Lgs n. 228/2001.

[2] 2135 Codice Civile –Regio Decreto nr. 262/1942 – Imprenditore Agricolo.

1. è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

2. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

3. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge

 

[3] Articolo 2514 c. C. “Requisiti delle Cooperative a Mutualità Prevalente”.

Le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti:

a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;

b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;

c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

d) l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

Le cooperative deliberano l’introduzione e la soppressione delle clausole di cui al comma precedente con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria.

 

[4] Articolo 2513 C. C. “Criteri per la Definizione delle Prevalenza”.

Gli amministratori e i sindaci documentano la condizione di prevalenza di cui al precedente articolo nella nota integrativa al bilancio, evidenziando contabilmente i seguenti parametri:

a) i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci sono superiori al cinquanta per cento del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, punto A1;

b) il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all’articolo 2425, primo comma, punto B9 computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico; (2)

c) il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi di cui all’articolo 2425, primo comma, punto B7, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, di cui all’articolo 2425, primo comma, punto B6.

Quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali delle lettere precedenti.

Nelle cooperative agricole la condizione di prevalenza sussiste quando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci è superiore al cinquanta per cento della quantità o del valore totale dei prodotti.

 

[5] Ai sensi dell’articolo 10 del D. P. R. 601/73.

[6] A seguito delle modifiche apportate dalla Legge n. 350/2003.

[7] Ai sensi dell’articolo 2545 – quater del Codice Civile.

Rivalutazione terreni edificabili: riaperti i termini per l’affrancamento

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La legge di stabilità ha riaperto fino al 30 giugno 2014  i termini per l’affrancamento delle plusvalenze relative a terreni edificabili o agricoli (in tal senso anche la cessione di cubatura) purché siano posseduti alla data del 1° gennaio 2014 da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività di impresa, oppure da società semplici ed enti non commerciali, anche non residenti.

Rivalutazione terreni edificabili: riaperti i termini per l’affrancamento

La legge di stabilità ha riaperto fino al 30 giugno 2014  i termini per l’affrancamento delle plusvalenze relative a terreni edificabili o agricoli (in tal senso anche la cessione di cubatura) purché siano posseduti alla data del 1° gennaio 2014 da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività di impresa, oppure da società semplici ed enti non commerciali, anche non residenti.

La plusvalenza da cessione ed il risparmio di imposta conseguito

La facoltà di rivalutare il valore d’acquisto delle aree edificabili è vantaggiosa ai fini della riduzione o dell’annullamento della plusvalenza tassabile ai sensi dell’articolo 67 del Tuir (DPR 917/86) in occasione di una cessione a titolo oneroso (in tal senso anche la permuta del terreno in cambio di immobili) delle aree in questione. Pertanto in tal modo a fronte di un gettito  medio di imposta sulla plusvalenza da cessione pari al 40% (ad eccezione della tassazione separata che può essere mediamente inferiore di un 5%), il cedente sconta un affrancamento secco del 4% (pagabile in tre comode rate o in unica soluzione).  Consigliato, tramite l’acconto incassato con preliminare di cessione antecedente al rogito (entro 30. 06. 2014), il cedente può pacificamente versare l’imposta sostitutiva in unica rata e chiudere la partita con il Fisco.

L’Aliquota

L’affrancamento può essere effettuato dietro pagamento di una imposta sostitutiva che va calcolata applicando una aliquota del 4% rispetto al valore attribuito all’area tramite perizia asseverata in tribunale da tecnico iscritto all’albo (requisito della certificazione) o dal notaio (maggiormente onerosa). Nell’ipotesi in cui il terreno fosse ceduto prima del 30 giugno 2014, la perizia dovrà essere esposta prima del rogito dal momento che il valore periziato costituisce il valore minimo di riferimento anche ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale dovute in occasione dell’atto di vendita.

Le rate

La norma prevede due ipotesi per il versamento dell’imposta da affrancamento:

1.       unica soluzione con F24 (codice 8056) entro il 30. 06. 2014;

2.       tre rate con quota capitale di pari importo con scadenze:

a.       30. 06. 2014;

b.      30. 06. 2015 maggiorata di interessi del 3% (codice unico 8056);

c.       30. 06. 2016 maggiorata di interessi del 3% (codice unico 8056).

Resta salvo il diritto in capo al contribuente (garantito da prassi, giurisprudenza e dottrina) che volesse avvalersi nuovamente della rivalutazione per un’area già rivalutata in passato, di non versare il 4% per intero ma limitarsi alla differenza.

Per info o assistenza professionale specializzata contattare lo Studio Associato Alessio Ferretti & Partners  o Network Fiscale S. R. L. Unipersonale chiamando al 

Numero Verde 800. 19. 27. 52  – a. Ferretti@networkfiscale. Com

 

 

 

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