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lunedì 13 Gennaio 2025
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Assegnazione di Immobili dalla Società al socio assegnatario: regime di tassazione

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Assegnazione di Immobili dalla Società al socio assegnatario: regime di tassazione

Assegnazione di Immobili dalla Società al socio assegnatario: regime di tassazione

l’assegnazione di beni immobili, operazione con cui la società se ne spoglia e trasferisce il diritto reale al socio assegnatario, se non pianificata, può rilevarsi assai onerosa in termini di imposte dirette (cfr articolo 47 DPR 917/1986).

 

Se l’assegnazione di un bene in natura:

·         ha come contropartita la distribuzione di utili, si produce un reddito imponibile in capo al socio assegnatario  pari  alla  eccedenza  rispetto  al  valore  del  bene  assegnato, con relativo assorbimento di liquidità per versamento delle imposte;

·         si  realizza mediante rimborso di capitale, oppure restituzione di riserve di capitale, non si genererà di norma alcun reddito da tassare in capo al socio, in quanto la suddetta eccedenza potrà emergerà solo parzialmente e in misura ridotta.

Nel caso di distribuzione di utili e/o riserve di utili detto presupposto di reddito va calcolato sull’immobile oggetto di assegnazione, confrontando il suo valore attuale rispetto a quello fiscale che l’immobile ha in capo alla società.

Nel  caso  invece  di  distribuzione  di  capitale  e/o  riserve  di  capitale  il  reddito  da tassare va calcolato prendendo come riferimento la quota, ovvero confrontando il valore attuale dell’immobile rispetto al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.

 

L’assegnazione di beni può assumere una diversa rilevanza fiscale per il socio di società di persone rispetto al socio di società di capitali e a seconda della tipologia di operazione effettuata per dar corso alla assegnazione:

a)     nelle società di persone  si deve distinguere se l’assegnazione avvenga a fronte della distribuzione di utili o di capitale:

1.       nel primo caso di distribuzione di utili, per i soci assegnatari non vi sarà ulteriore tassazione; il prelievo dell’8% (o del 10,5%) avrà carattere definitivo sia per la società che per il socio, perché gli utili risulteranno già tassati per trasparenza ex art. 5 tuir;

2.       nel caso invece in cui l’assegnazione segua il rimborso di capitale o di riserve di capitale in capo al socio non si maturerà alcun reddito imponibile.

b)    nelle società di capitali l’assegnazione può assumere rilevanza fiscale per il socio di società di capitali a seconda della tipologia di operazione posta in essere per dar corso all’operazione:

1.       a fronte della distribuzione di utili, l’eccedenza potrebbe costituire un reddito di capitale per il socio   (utile in natura o dividendo) qualora emergesse sottraendo al valore del bene (determinabile anche su base catastale) non solo il costo fiscale dell’immobile, ma anche l’importo assoggettato a imposta sostitutiva;

2.       a fronte di rimborso del capitale o di riserve di capitale, in capo al socio non si maturerà alcun reddito imponibile se il costo fiscale della partecipazione, benché ridotto di un ammontare pari  al  valore  (anche  catastale)  del  bene  assegnato,  non  si  annulli,  perché  risulterà  ancora maggiore del differenziale imponibile. In definitiva il costo fiscale darà ancora un saldo attivo nonostante sia stato ridotto nel suo ammontare.

N. B. Il socio non realizzerà una nuova ricchezza in quanto si vedrà restituire in natura meno di quanto (o esattamente quanto) aveva apportato/conferito in conto capitale.

Se invece all’esito del calcolo emergesse un differenziale imponibile (sottozero) si determinerà anche nel regime agevolato un reddito di capitale (dividendo imponibile) per il socio. L’eccedenza tassabile emergerà dalla differenza tra il valore normale del bene oggetto di assegnazione (che può essere sostituito dal valore catastale) (a cui andrà detratto il reddito assoggettato a imposta sostitutiva) e il costo fiscale della partecipazione. In tal caso il socio maturerà una nuova ricchezza tassabile in quanto si vedrà restituire in natura più di quanto aveva apportato/conferito in conto capitale.

A fronte della distribuzione di una pluralità di riserve di varia natura (di utili e di capitali) andrà effettuato un calcolo proporzionale per stabilire se l’eventuale eccedenza da tassare vada tassata come (utile) dividendo oppure come (capitale) un dividendo e/o una cessione di partecipazioni.

Rispetto  al  socio  persona  fisica  non  emergeranno  differenze  sia  che  si  proceda  con distribuzione  di  utili  che  mediante  rimborso  di  capitale:  l’eccedenza  in  entrambi  i  casi farà conseguire un reddito di capitali (dividendo).

FRUTTA: CESSIONE FRUTTA FRESCA A CUBETTI CON ALIQUOTA IVA AGEVOLATA

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La cessione di un prodotto a base di frutta liquida (o in polpa) e frutta fresca a cubetti, secondo l’Agenzia delle Entrate in merito al profilo merceologico rientra nella voce “Frutta   altrimenti   preparate  o conservate, anche con aggiunta di zuccheri” di cui al n. 74) della Tabella A, parte III, allegata al D. P. R. N. 633 del 1972 e come tale rientra nelle operazioni soggette ad aliquota IVA agevolata del 10%.  

La cessione di un prodotto a base di frutta liquida (o in polpa) e frutta fresca a cubetti, secondo l’Agenzia delle Entrate in merito al profilo merceologico rientra nella voce “Frutta   altrimenti   preparate  o conservate, anche con aggiunta di zuccheri” di cui al n. 74) della Tabella A, parte III, allegata al D. P. R. N. 633 del 1972 e come tale rientra nelle operazioni soggette ad aliquota IVA agevolata del 10%.  

Oggetto: Istanza    di    interpello    Aliquota IVA applicabile    alla commercializzazione di bevande a base  di  frutta  – Art. 16 del D. P. R 26 ottobre 1972, n. 63 -Alfa Italia Spa-   

Sintesi: La risoluzione  fornisce  chiarimenti   in  merito  al  trattamento  fiscale applicabile, ai fini IVA, alle vendite di prodotti a base di frutta liquida e frutta  fresca a cubetti senza aggiunta  di  zucchero  in  cristalli  o fruttosio, ai sensi dell’art. 16 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633. L’Agenzia delle Entrate, ritiene che il prodotto rientri nella voce ” frutta altrimenti preparate o conservate, anche con aggiunta di zuccheri” di cui al n. 74,  Tabella A,  Parte III, D. P. R. 633/1972, in quanto non contiene alcole etilico, ne’ più del 50% di frutta. Pertanto, alla commercializzazione di  tale  prodotto  si  rende applicabile l’aliquota Iva ridotta del 10%.      

Testo:  Con l’interpello  specificato  in  oggetto,   concernente   l’esatta applicazione dell’aliquota IVA, prevista  dall’art. 16 del D. P. R. 26 ottobre 1972, n. 633, e’ stato esposto il seguente:

QUESITO.   La Alfa   Italia   Spa,   societa’    attiva   nel   settore   della commercializzazione di  prodotti alimentari,  ha  espresso  l’intenzione  di lanciare sul mercato italiano un nuovo  prodotto,  già  presente in altri mercati europei, a  base di frutta  liquida e frutta fresca a cubetti senza aggiunta di zucchero in cristalli o fruttosio, denominato “. Frutta K “. Ciò posto,  si  chiede  di  conoscere  la corretta  aliquota  IVA applicabile alla vendita del prodotto sopradescritto.   

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA. L’interpellante ritiene che sia possibile  assoggettare  le cessioni del prodotto “frutta K” all’aliquota IVA ridotta del 10%, in considerazione del fatto che il medesimo ha proprieta’ nutrizionali tali da conferirgli la caratteristica essenziale di frutta. Pertanto, a parere dell’istante, la  bevanda  in  questione sarebbe riconducibile alla voce 2008 della  Tariffa  Doganale attualmente in vigore riferita a “Frutta  (. ), altrimenti  preparate  o  conservate, con o senza aggiunta di zuccheri o di altri dolcificanti o di alcole, non nominate ne’ comprese altrove” e, nello specifico,  alla  voce  2008  9274  relativa  ai miscugli di frutta.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE. La questione oggetto della presente istanza d’interpello concerne la corretta aliquota  IVA applicabile alle  vendite  del  prodotto  denominato “Frutta K”, composto da frutta fresca liquida e da frutta a cubetti, che la Alfa Italia Spa ha intenzione di commercializzare sul mercato italiano. Trattandosi di una problematica che  investe  valutazioni  di natura tecnica, e’ stato  necessario acquisire  il  parere  dei Laboratori Centrali dell’Agenzia delle Dogane, previo invio  di un campione del prodotto per le relative analisi.   Con nota  prot. N. L’Agenzia delle Dogane si e’ espressa nel senso di considerare classificabile il bene  in questione alla voce NC 2008 della Tariffa doganale integrata attualmente  vigente,  relativa a “Frutta e altre parti commestibili di piante, altrimenti preparate o conservate, con o senza  aggiunta di zuccheri o di altri dolcificanti o di alcole, non nominate ne’ comprese altrove”. Nello specifico, e’ stato precisato  che la presenza sia di frutta a cubetti sia di polpa, non finemente suddivisa, impedisce la classificazione del bene  alla voce 2009 riferita ai “Succhi di frutta (compresi i mosti di uva).   non fermentati, senza aggiunta  di  alcol,  anche addizionati di zuccheri o di altri dolcificanti”. E’ stato, pertanto, proposto  di  inquadrare  il prodotto in esame al codice NC   2008   9774,  della  vigente   Tariffa   Doganale,   posizione corrispondente alla voce 2006-A-III,  della Tariffa doganale in vigore al 31 dicembre 1987. La suddetta classificazione sarebbe,  peraltro,  supportata dal fatto che il prodotto: – non contiene alcole etilico; – e’  con aggiunta di zuccheri, ai sensi della nota complementare 3 al capitolo 20; – e’   confezionato  in  imballaggi   immediati  di  contenuto  netto inferiore ad 1 kg; – nessuna della frutta componenti supera,  in  peso,  il  50% della frutta totale  del  miscuglio, come si  evince  dalla  nota  tecnica presentata dalla ditta; – non  contiene più del 50% di frutta e noci tropicali, sempre sulla base di quanto dichiarato dalla societa’ istante; – la frutta non e’ ne’ in pezzi ne’ fritta. In considerazione  della  suddetta   classificazione  doganale,  deve ritenersi che il prodotto “Frutta K”  possa  sotto il profilo merceologico rientrare nella  più  generica  voce   “Frutta   altrimenti   preparate  o conservate, anche con aggiunta di zuccheri” di cui al n. 74) della Tabella A, parte III, allegata al D. P. R. N. 633 del 1972.  Pertanto la scrivente e’ del parere che alle vendite del prodotto in esame possa rendersi applicabile l’imposta sul valore aggiunto nella misura ridotta del 10%.   

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CLOUD: Bilancio in tempo reale e formazione delle risorse

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GUIDA FISCALE PER LE SPESE ALBERGHIERE, DEI RISTORANTI, BED AND BREAKFAST E GUEST HOUSE

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 Con l’articolo 83, comma 28 bis e seguenti del D. L.   112/2008, il legislatore ha sancito che se rispettato il PRINCIPIO DI INERENZA della spesa con il tipo di attività esercitato (esempio pranzi di affari, spese sostenute dai dipendenti in trasferta, spese per mense aziendali) e se in possesso della fattura, le spese per i ristoranti e gli alberghi sono ai fini IVA completamente detraibili ed ai fini IRES deducibili al 75%.

 

Guida Fiscale per le spese alberghiere, dei ristoranti, bed and breakfast e guest house

Con l’articolo 83, comma 28 bis e seguenti del D. L.   112/2008, il legislatore ha sancito che se rispettato il PRINCIPIO DI INERENZA della spesa con il tipo di attività esercitato (esempio pranzi di affari, spese sostenute dai dipendenti in trasferta, spese per mense aziendali) e se in possesso della fattura, le spese per i ristoranti e gli alberghi sono ai fini IVA completamente detraibili ed ai fini IRES deducibili al 75%.

Infatti la norma stabilisce quanto segue:

28-bis. All’articolo 19-bis1, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le parole: “a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande, con esclusione di quelle inerenti alla partecipazione a convegni, congressi e simili, erogate nei giorni di svolgimento degli stessi, delle somministrazioni effettuate nei confronti dei datori di lavoro nei locali dell’impresa o in locali adibiti a mensa scolastica, aziendale o interaziendale e delle somministrazioni commesse da imprese che forniscono servizi sostitutivi di mense aziendali” sono soppresse.

28-ter. Le disposizioni del comma 28-bis si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1 settembre 2008.

28-quater. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 109, comma 5, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Fermo restando quanto previsto dai periodi precedenti, le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle di cui al comma 3 dell’articolo 95, sono deducibili nella misura del 75 per cento. “;

b) all’articolo 54, comma 5, il primo periodo e’ sostituito dal seguente: “Le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75 per cento e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta”.

28-quinquies. Le disposizioni del comma 28-quater entrano in vigore a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2008. Nella determinazione degli acconti dovuti per il medesimo periodo d’imposta, l’imposta del periodo precedente e’ determinata applicando le disposizioni del comma 28-quater.  

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Rivalutazione quote e partecipazioni societarie: riaperti i termini fino al 30 giugno 2016

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Riaperti i termini per rivalutare le quote sociale e/o partecipazioni in società di capitali (Srl – Spa – Sapa) fino al 30. 06. 2015 onde poter effettuare l’affrancamento delle plusvalenze (artt 67-68 Tuir) relative alla cessione di partecipazioni societarie (o quote sociali) non quotate purché siano possedute alla data del 1° gennaio 2016 da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività di impresa, oppure da società semplici ed enti non commerciali, anche non residenti.  E’ una grande opportunità, per imprenditori seri che creano valore, di ottenere a termine una liquidazione detassata di impatto superiore a polizze assicurative e fondi pensionistici.

Rivalutazione quote sociali partecipazioni societarie (SRL – SPA – SAPA)  riaperti i termini fino al 30. 06. 2016

 

Riaperti i termini per rivalutare le quote sociale e/o partecipazioni in società di capitali (Srl – Spa – Sapa) fino al 30. 06. 2016 onde poter effettuare l’affrancamento delle plusvalenze (artt 67-68 Tuir) relative alla cessione di partecipazioni societarie  (o quote sociali) non quotate purché siano possedute alla data del 1° gennaio 2016 da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività di impresa, oppure da società semplici ed enti non commerciali, anche non residenti. E’ una grande opportunità, per imprenditori seri che creano valore, di ottenere a termine una liquidazione detassata di impatto superiore a polizze assicurative e fondi pensionistici.

La plusvalenza da cessione ed il risparmio di imposta conseguito

La facoltà di rivalutare il valore d’acquisto delle partecipazioni societarie non quotate è vantaggiosa ai fini della riduzione o dell’annullamento della plusvalenza tassabile ai sensi dell’articoli  67 e 68 del Tuir (DPR 917/86) in occasione di una cessione a titolo oneroso (in tal senso anche la permuta di partecipazioni o quote sociali) delle partecipazioni  in questione.

Pertanto in tal modo a fronte di un gettito di imposta sulla plusvalenza da cessione a tassazione ordinaria mediamente pari al 40% (ad eccezione delle partecipazioni non qualificate che scontano la ritenuta a titolo di imposta del 20% e pertanto il vantaggio della rivalutazione è presente ma ridotto), il cedente sconta un affrancamento secco del 8% (4%  caso di partecipazioni non qualificate), pagabile in tre comode rate annuali o in unica soluzione.  

 

L’Aliquota

L’affrancamento può essere effettuato dietro pagamento di una imposta sostitutiva che va calcolata applicando una aliquota del:

a)     8%  del valore rivalutato se trattasi di partecipazione  qualificata;

b)    4% del valore rivalutato se trattasi di partecipazione non qualificata;

tramite perizia asseverata in tribunale da tecnico (Tributarista, Commercialista, Ragioniere, etc. ) iscritto all’albo (requisito della certificazione) o dal notaio (maggiormente onerosa).

Si ricorda che il valore rivalutato tramite perizia costituisce il valore minimo accertabile ai fini fiscali.

Le rate

La norma prevede due ipotesi per il versamento dell’imposta da affrancamento:

1.       unica soluzione con F24 (codice 8056) entro il 30. 06. 2016;

2.       tre rate con quota capitale di pari importo con scadenze:

a.         30. 06. 2016;

b.      30. 06. 2017 maggiorata di interessi del 3% (codice unico 8056);

c.       30. 06. 2018 maggiorata di interessi del 3% (codice unico 8056).

Resta salvo il diritto in capo al contribuente (garantito da prassi, giurisprudenza e dottrina) che volesse avvalersi nuovamente della rivalutazione per partecipazioni già rivalutate in passato, di non versare l’8% per intero ma limitarsi alla differenza o qualora, il valore odierno fosse inferiore chiederne il rimborso e/o la compensazione.

WELCOME%20WOMEN%203. JpgE’ pertanto una grande opportunità, per imprenditori seri che creano valore, di ottenere a termine una liquidazione detassata di impatto superiore a polizze assicurative e fondi pensionistici. DA NON PERDERE.

Contattateci per redigere perizia ed affrancare le quote sociali.

Tempi lavorazione con la documentazione disponibile: 5 feriali.

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ASD – SSD: COME AVVIARE E GESTIRE UNA ATTIVITÀ DI RISTORAZIONE

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Il D. P. R. 235 del 2 aprile 2001 aveva previsto una serie di semplificazioni per  ristoranti ubicati all’interno di centri sportivi (centri di equitazione, palestre, campi da golf, impianti sportivi per calcio ad 11, etc. ), infatti, la somministrazione di pasti e bevande all’interno degli stessi non era subordinata al rilascio  della licenza commerciale a condizione che…

ASD – SSD: Come avviare e gestire una attività di Ristorazione

 

Il D. P. R. 235 del 2 aprile 2001 aveva previsto una serie di semplificazioni per  ristoranti ubicati all’interno di centri sportivi (centri di equitazione, palestre, campi da golf, impianti  sportivi per calcio ad 11, etc. ), infatti, la somministrazione di pasti e bevande all’interno degli stessi non era subordinata al rilascio  della licenza commerciale a condizione che:

a)     i locali adibiti a ristorante fossero ubicati all’interno del centro sportivo, senza che vi fosse un accesso diretto da luogo pubblico, strada o piazza che sia;

b)    il ristorante fosse privo di insegna al di fuori del centro sportivo;

c)     non fosse pubblicizzato il locale al di fuori del centro sportivo;

d)    la somministrazione di pasti e bevande fosse effettuata solo nei confronti degli associati.

 

Situazione attuale

Oggi, non si deve improvvisare. Con le importanti novità del Decreto Bersani (in materia di liberalizzazioni), quelle introdotte dal D. L. 78/2010 (S. C. I. A. ), sommate alle agevolazioni fiscali ed amministrative disciplinate dalla L. 398/91, è possibile inquadrare la gestione di una attività di ristorazione in modo trasparente e rigoroso, perseguendo la serenità di chi vi lavora.

Chi, tra ASD e SSD (Associazioni e Società Sportivo Dilettantistiche) pianifica ed adotta un assetto conforme alla normativa, fiscale, previdenziale e sanitaria evita il rischio di subire pesanti avvisi di accertamento che possono compromettere la vita stessa del circolo ed in caso di ASD intaccare il patrimonio personale di chi ne fa le veci e l’amministra.

 

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Assegnazione di azioni a lavoratori dipendenti: in misura eccedente rispetto all’importo del conferimento in denaro

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Guida per la corretta assegnazione di azioni proprie ai dipendenti, contattaci per assistenza e pianificazione fiscale (cfr rivalutazione quote sociali – azioni) onde conseguire un importante risparmio lecito di imposta…

 Guida per la corretta assegnazione di azioni proprie ai dipendenti, contattaci per assistenza e pianificazione fiscale (cfr rivalutazione quote sociali – azioni) onde conseguire un importante risparmio lecito di imposta…

QUESITO

La società interpellante ALFA S. P. A. Afferma nell’istanza di interpello di essere “uno dei veicoli societari mediante i quali BETA S. P. A. (—) realizza le proprie  politiche  di   investimento  nei   settori   del   private  equity  e   delle infrastrutture (—)”, detenendo in particolare una partecipazione del 33,5 per cento nel capitale di GAMMA S. P. A. Ed una del 19,9 per cento nel capitale di DELTA.

Fa presente a tale riguardo l’istante che BETA “è una holding di investimento diversificata ed indipendente, operativa in Italia ed in Europa da oltre 30 anni”, mentre GAMMA S. P. A. “società quotata alla Borsa di Milano, è un operatore nel  mercato italiano dei  giochi  pubblici e  agisce  nel  settore delle scommesse ippiche e sportive (—)” e DELTA “controllata da EPSILON, società di partecipazioni turca quotata alla Borsa di Istanbul, gestisce, attraverso tre società operative proprietarie delle concessioni, altrettanti porti in Turchia”.

Oltre a ciò, la società istante fa presente di aver effettuato degli investimenti nel settore delle energie rinnovabili.

Il capitale sociale di ALFA, al momento, è complessivamente pari ad euro

151. 594. 375,  ed  è  suddiviso  in  tre  categorie  di  azioni,  ciascuna  del  valore nominale di 1 euro:

– n. 86. 006. 250 azioni di categoria A;

– n. 64. 948. 125 azioni di categoria B;

– n. 640. 000 azioni di categoria C.

La Società, inoltre, a fronte di apporti in denaro pari ad euro 60. 555. 000, ha emesso strumenti finanziari ex art. 2346 c. C.

Al riguardo, si precisa che i soci di ALFA si sono impegnati ad investire nella società complessivamente circa 513 milioni di euro, tramite sottoscrizione di diverse categorie di azioni e di strumenti finanziari.

Relativamente alle caratteristiche delle azioni delle diverse categorie e dei diritti dalle medesime attribuiti, ALFA fa presente quanto segue: “le azioni A sono azioni ordinarie, mentre le azioni B e C sono azioni speciali. Al riguardo, si precisa che le azioni B e C hanno diritti amministrativi ridotti (azioni B) oppure ne sono sostanzialmente prive (azioni C). Esse, inoltre, sono soggette, pur se in misura diversa, a limiti di trasferibilità; in particolare, per quanto riguarda le azioni B, tali limiti sono rappresentati dall’esistenza di una clausola di prelazione a favore degli altri soci; relativamente alle azioni C, invece, si osserva che è prevista, con alcune eccezioni, una sostanziale intrasferibilità delle stesse fino al settembre 2015”.

In merito ai diritti patrimoniali attribuiti dalle diverse categorie di azioni, si  rileva  che  l’articolo 29  dello  statuto  di  ALFA  dispone che  gli  utili  netti risultanti  dal  bilancio,  dedotto  un  importo  non  inferiore  al  5  per  cento  da destinare alla riserva legale, siano ripartiti tra i soci titolari di azioni A, azioni B ed azioni C ed i titolari degli strumenti finanziari (—), secondo i seguenti criteri:

(a)  innanzitutto, gli  utili  verranno  corrisposti  ai  beneficiari  in  misura proporzionale al valore nominale di tutti i conferimenti effettuati dai soci (i quali coincideranno con il valore nominale di sottoscrizione delle azioni sottoscritte) e di tutti gli apporti effettuati dai titolari di strumenti finanziari (i quali coincideranno con il valore nominale di sottoscrizione degli strumenti finanziari sottoscritti) sino a che sia stato complessivamente corrisposto ai beneficiari un importo pari al totale di quanto da questi complessivamente conferito/apportato (la ‘soglia 1’);

(b) l’importo che residua, una volta superata la soglia 1, sarà distribuito ai beneficiari in misura proporzionale a quanto conferito/apportato fino a concorrenza di un rendimento annuo pari al 5 per cento (la ‘soglia 2’). La soglia 2 sarà calcolata applicando il criterio dell’interesse composto con capitalizzazione annua;

(c)  l’importo che  residua, una  volta superata anche la  soglia  2,  verrà distribuito pro quota ai soci titolari di azioni C fino al raggiungimento di una soglia (la “soglia 3”) pari al 25 per cento dell’importo complessivamente distribuito in favore dei beneficiari ai sensi del precedente punto (b);

(d)  l’importo che  residua, una  volta superata anche la  soglia 3,  verrà distribuito per l’80 per cento ai beneficiari in misura proporzionale agli apporti/conferimenti e per il 20 per cento ai soci titolari di azioni C.

Come si nota, i soci titolari di azioni C, a fronte dell’assenza di diritti amministrativi  e  dell’esistenza  di  temporanei  vincoli  alla  trasferibilità  delle azioni, vantano diritti di partecipazione agli utili ‘rafforzati’ rispetto a quelli degli altri soci di ALFA. Tali maggiori diritti, tuttavia, sono caratterizzati da una prospettiva temporale di medio-lungo periodo e da un indiscutibile grado di aleatorietà, in quanto potranno assumere rilevanza concreta solo se gli investimenti della società daranno complessivamente luogo a risultati economici eccedenti le soglie sopra rappresentate (situazione ad oggi non verificata, ed inoltre di difficile previsione in considerazione del non facile contesto economico/finanziario di riferimento).

Ciò premesso, la società istante afferma che i soci intendono consentire l’ingresso nel capitale sociale, in qualità di azionisti titolari di azioni C, a taluni dei soggetti che si occupano della gestione degli investimenti della società (che vengono definiti nell’istanza “managers”).

In tale prospettiva, i soci di ALFA “ritengono che la modalità più appropriata per attuare la suddetta operazione sia rappresentata dall’effettuazione di un conferimento non proporzionale da  parte dei  managers e  degli attuali detentori di azioni C (BETA, ZETA S. P. A. Ed ETA S. P. A. , —), in quanto, (—), i

managers apportano utilità e benefici che, pur non potendo essere iscritti nel bilancio della società, sono comunque idonei ad aumentarne il valore, se non altro in via prospettica (—)”.

L’operazione prospettata prevede, in conformità alle disposizioni civilistiche di riferimento, l’assegnazione ai nuovi soci “managers” di azioni C in misura superiore rispetto ai conferimenti in denaro effettuati, e agli attuali soci C di nuove azioni C in numero inferiore rispetto al valore dei conferimenti in denaro.

A quanto afferma la società istante, al momento viene ipotizzata l’attribuzione ai managers di un quantitativo di azioni C tale per cui, ad esito del conferimento, detti soggetti detengano complessivamente al massimo il 20 per cento del totale delle azioni C di ALFA.

Ciò affermato, la società fa altresì presente che essa redige il bilancio secondo i principi contabili nazionali (non utilizzando quindi i principi IAS/IFRS), e che le nuove azioni C verranno emesse senza sovrapprezzo con valore di sottoscrizione pari al loro valore nominale (1 euro per azione).

In occasione del prospettato conferimento:

– verrebbero emesse complessivamente 180. 000 nuove azioni C;

– i Soci C effettuerebbero, ciascuno in proporzione all’attuale percentuale di azioni C possedute, un conferimento in denaro complessivamente pari al 70 per cento del valore delle nuove azioni C emesse (126. 000 euro);

– i managers effettuerebbero un conferimento in denaro pari complessivamente al  rimanente  30  per  cento  del  valore  delle  nuove  azioni emesse (54. 000 euro).

Al fine di raggiungere il risultato sopra esposto, i Soci C libereranno (tramite il denaro da essi versato) circa 110. 000 azioni C che saranno in realtà assegnate (in maniera non proporzionale appunto) ai managers.

Con riferimento all’operazione descritta, precisa l’istante che tutti i managers destinatari delle azioni, anche quelli che allo stato sono dipendenti di altre società del gruppo, al momento dell’assegnazione assumerebbero la carica di amministratori o dipendenti in ALFA.

Inoltre, in considerazione del fatto che le azioni C attribuiscono diritti patrimoniali “rafforzati” rispetto alle altre categorie di azioni, afferma l’interpellante che per esse potrebbe essere individuato un valore teorico di tali azioni maggiore rispetto al loro valore nominale (il quale coincide con il valore di sottoscrizione).

Quanto sopra premesso e argomentato, la società istante, al fine di adempiere  correttamente  ai  propri  obblighi  di  sostituto  d’imposta,  viene  a chiedere all’Agenzia delle Entrate se:

–  le  azioni  C  assegnate  ai  managers  in  misura  eccedente  rispetto all’importo del conferimento in denaro da questi effettuato possano rappresentare, ai fini delle imposte sui redditi, l’attribuzione di un reddito di lavoro dipendente o assimilato a favore dei predetti managers;

– gli utili che i managers eventualmente riceveranno in futuro in qualità di soci proprietari di azioni C, ai fini delle imposte sui redditi dovranno essere assoggettati a tassazione in capo ai percettori come dividendi (se trattasi di utili distribuiti dalla società), ovvero come capital gains (in caso di cessione delle azioni), non costituendo redditi di lavoro dipendente o assimilati.

 

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

Relativamente alle problematiche sopra esposte, la società istante ritiene che al primo quesito debba essere data risposta negativa e che, quindi, le azioni C di  ALFA attribuite ai  managers in  misura eccedente rispetto all’importo del conferimento in denaro dagli stessi effettuato non costituiscono per tali soggetti l’attribuzione di un reddito di lavoro dipendente o assimilato.

Ciò in quanto, l’assegnazione non proporzionale delle azioni a favore dei managers   si   giustifica   esclusivamente   sulla   base   del   rapporto   sociale intercorrente fra gli azionisti conferenti e la società conferitaria e non risulta in alcun modo connessa –  neppure indirettamente –  con  le  prestazioni rese dai managers ad ALFA in relazione al rapporto di lavoro dipendente o all’ufficio di amministratore  (per   le   quali   ovviamente  tali   soggetti   ricevono  già   una remunerazione in linea con i valori di mercato, che è tassata quale reddito di lavoro dipendente o assimilato).

In  merito al  secondo quesito, la  società ritiene che  gli  eventuali utili percepiti dai managers in qualità di azionisti titolari di azioni C, ai fini delle imposte sui redditi dovranno essere assoggettati a tassazione in capo ai percettori come dividendi o come capital gain (in caso di cessione delle azioni), come accadrebbe per i redditi connessi ad ogni tipologia di partecipazione sociale.

 

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Preliminarmente, si  osserva che l’assegnazione di azioni effettuata nei confronti di soggetti titolari di reddito di lavoro dipendente o assimilato rappresenta, in genere, erogazione di un compenso in natura che, fino al 25 giugno 2008, godeva di un particolare regime fiscale di favore, abrogato dal decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Più precisamente, qualora l’assegnazione di azioni era rivolta a determinati lavoratori dipendenti o  assimilati, individuati discrezionalmente dalla  società promotrice  dell’operazione,  piuttosto  che  alla  generalità  dei  dipendenti,  si rendeva applicabile l’articolo 51, comma 2, lettera g-bis), del TUIR, in materia di stock options.

Tale disposizione, al ricorrere di talune condizioni, prevedeva, infatti, una forma di esenzione di una quota parte del reddito di lavoro dipendente in misura corrispondente alla differenza tra il valore delle azioni, al momento dell’assegnazione, e l’ammontare corrisposto dal dipendente.

Abrogata tale disposizione, simili fattispecie devono necessariamente essere ricondotte nell’ambito dei fringe benefits e, come tali, considerate imponibili quali reddito di lavoro dipendente, in ragione del principio di omnicomprensività secondo cui tutte le somme e i valori che il dipendente riceve, anche da terzi, in relazione al rapporto di lavoro, sono reddito di lavoro dipendente.

Al riguardo, si fa presente che i compensi in natura sono imponibili anche in  capo  ai  soggetti  che  percepiscono  redditi  assimilati  a  quelli  di  lavoro

dipendente,  tra  cui   i   titolari  di   rapporti  di  collaborazione  coordinata  e continuativa – come ad esempio gli amministratori di società.

In relazione, poi, al valore del fringe benefit ovvero al quantum da assoggettare a tassazione, l’articolo 51, comma 3, del TUIR individua nel cosiddetto  valore  normale  il  criterio  generale  da  utilizzare  per  valutare  i compensi in natura, i cui princìpi sono stabiliti dall’articolo 9 del citato Testo Unico che al comma 4 statuisce che “Il valore normale è determinato:

a) per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese;

b) per le azioni non quotate, per le quote di società non azionarie e per i titoli  o  quote  di  partecipazione al  capitale  di  enti  diversi  dalle  società,  in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente e, per le società e gli enti di nuova costituzione, in proporzione all’ammontare complessivo dei conferimenti;”.

Naturalmente, come più volte precisato dall’Amministrazione Finanziaria (cfr. , tra l’altro, circolare n. 30 del 2000 e risoluzione n. 186 del 2002), costituisce reddito per il lavoratore dipendente il valore del compenso in natura, come sopra specificato, al netto di quanto corrisposto dal dipendente ovvero trattenuto direttamente dal  sostituto d’imposta per  il  godimento del  bene  ceduto o  del servizio prestato.

Tanto premesso, si ritiene di non condividere la soluzione prospettata dall’interpellante in relazione al primo quesito posto.

Invero, prescindendo dalla modifica dello statuto che la società interpellante, in ossequio al disposto dell’art. 2346, co. 4, c. C. , si impegna ad operare per consentire l’assegnazione non proporzionale delle azioni C, si rileva che l’articolo 8, comma 2, lett. C), dello Statuto espressamente prevede che “Le Azioni C non possono essere oggetto di trasferimento. A qualunque titolo, sino al 27 settembre 2015. Fanno eccezione al divieto di trasferimento qui previsto i trasferimenti effettuati tra soggetti titolari di azioni C, effettuati a  favore di amministratori e dipendenti della Società, di società controllanti la Società. “.

Pertanto, lo statuto di ALFA consente ai titolari delle azioni C di trasferire le relative azioni prima della data prevista, sempreché queste non vengano cedute a soggetti estranei alla compagine sociale. Considerato che, come descritto dall’interpellante, l’aumento di capitale comporterà che “. I Soci C libereranno (tramite il denaro da essi versato) circa 110. 000 azioni C che saranno in realtà assegnate (in maniera non proporzionale appunto) ai managers”, il trasferimento delle azioni C non può prescindere dallo status di lavoratore dipendente dell’assegnatario.

Inoltre, a conferma della natura remunerativa delle azioni C, si fa presente che la stessa società ALFA afferma che il conferimento non proporzionale da parte dei manager costituisce la modalità più appropriata per attuare l’aumento di capitale, “. In quanto i manager apportano utilità e benefici che, pur non potendo essere iscritti nel bilancio della Società, sono comunque idonei ad aumentare il valore, se non altro in via prospettica (. )”.

Dette utilità, a parere della scrivente, possono essere ritenute come espressive dell’impegno profuso dai managers nell’attività della società e la loro rilevanza rispetto alla parte “monetaria” del conferimento posto in essere giustifica, nell’ambito degli accordi con ALFA, l’attribuzione di azioni con diritti patrimoniali rafforzati.

Si ravvisa, pertanto, nell’attribuzione delle azioni C un’ipotesi di concorso al reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51 del TUIR, nel caso dei managers dipendenti della società, ovvero ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 50, primo comma, lettera c-bis, TUIR, nel caso di managers – amministratori.

In considerazione, poi, di quanto rappresentato dalla società istante, secondo  la  quale  l’ingresso  nel  capitale  sociale  sarebbe  rivolto  “.   a  taluni soggetti che si occupano della gestione degli investimenti della società. ” cd. Managers, la scrivente ritiene che, ove tali soggetti possano costituire una categoria di dipendenti, possa trovare applicazione la lettera g) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR laddove è statuito che “Non concorrono a formare il reddito. Il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente a euro 2. 065,83 a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione; qualora le azioni siano cedute prima del predetto termine, l’importo che non ha concorso a formare  il  reddito  al  momento  dell’acquisto è  assoggettato a  tassazione  nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione”.

Al riguardo, infatti, l’Amministrazione Finanziaria ha affermato (cfr. , tra l’altro, risoluzione del 17 dicembre 2007, n. 378) che al fine dell’applicazione del particolare regime da ultimo descritto è necessario che l’offerta sia rivolta alla generalità ovvero a categorie di dipendenti, ricomprendendo in tale ultimo concetto non solo le categorie civilistiche (dirigenti, quadri, operai ecc. ), ma anche  i  dipendenti  di  un  certo  tipo  o  che  svolgono  le  medesime  mansioni (turnisti, expatriates. ).

In relazione al secondo quesito formulato ovvero alla qualificazione degli eventuali utili conseguiti dal dipendente nella sua veste di azionista della società nella quale presta lavoro, si  condivide la  soluzione prospettata dalla società istante. L’articolo 44, comma 1, lett. E), del TUIR, definisce redditi di capitale, tra gli altri, gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’IRES.

Al riguardo, si rileva che tale disposizione non limita il suo ambito di applicazione in ragione della qualifica soggettiva rivestita dal soggetto percettore degli utili, rilevando esclusivamente la circostanza che il medesimo soggetto partecipi al capitale o al patrimonio sociale. Invero, la partecipazione agli utili non è subordinata all’esistenza del rapporto di lavoro, dal momento che il beneficiario potrebbe continuare a mantenere il possesso delle azioni anche in caso di cessazione del rapporto stesso.

La qualifica di lavoratore dipendente (o assimilato) rileva, infatti, esclusivamente al momento dell’offerta delle azioni, mentre la fase successiva non attiene in alcun modo al rapporto di lavoro subordinato intrattenuto dall’azionista con l’emittente.

In  questo  contesto  possono  verificarsi  profili  impositivi,  ma  aventi carattere diverso da quello dei redditi di lavoro dipendente: eventuali dividendi costituiranno redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera e), del

TUIR, così come i proventi ottenuti dalla cessione delle partecipazioni potranno rilevare  ai  fini  della  determinazione dei  redditi  diversi  di  natura  finanziaria (capital gain) di cui all’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), del TUIR.

Sulla  base  delle  suesposte  considerazioni  si  ritiene,  pertanto,  che  i dividendi  percepiti  dai  managers,  titolari  delle  Azioni  C,  assegnate  con  le modalità precisate dalla Società istante, costituiscano reddito di capitale così come previsto dall’articolo 44, comma 1, lettera e), del TUIR.

 

 Dottor Alessio Ferretti

Dott. Alessio Ferretti

 

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APS – ASD – SSD: PROFILO FISCALE DELLE SOMME EROGATE AGLI AMMINISTRATORI

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Tema delicato e molto importante, quello dei  compensi per l’attività svolta spettanti agli amministratori di APS, ASD e SSD. In ottica fiscale la tassazione delle somme che le associazioni pagano ai loro amministratori dipende non solo dal tipo di rapporto intercorrente tra associazione e amministratore, ma anche dall’attività abitualmente esercitata da quest’ultimo.

APS – ASD – SSD: Profilo Fiscale delle somme erogate agli amministratori

Tema delicato e molto importante, quello dei  compensi per l’attività svolta spettanti agli amministratori di APS, ASD e SSD. In ottica fiscale la tassazione delle somme che le associazioni pagano ai loro amministratori dipende non solo dal tipo di rapporto intercorrente tra associazione e amministratore, ma anche dall’attività abitualmente esercitata da quest’ultimo.

In particolare:

a)      se l’amministratore svolge l’attività con rapporto di collaborazione  coordinata e continuativa, il compenso percepito costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente. In questo caso  l’associazione deve  effettuare una  ritenuta  d’acconto  sui compensi  corrisposti, come farebbe per un lavoratore dipendente;

b)     se l’attività di amministrazione  è svolta da  liberi professionisti (commercialisti, ragionieri, eccetera), i compensi pagati rientrano tra i redditi di lavoro autonomo e l’associazione applicherà la ritenuta prevista per tale tipo di reddito.

I rimborsi  spese

Si tratta in sostanza di somme concesse all’amministratore quando per svolgere il suo mandato è costretto a recarsi in un comune diverso da quello della sede di lavoro. Sono previste tre diverse forme di rimborsi:

a)      il rimborso forfetario (o indennità di trasferta), che è quello per il cui pagamento non occorrono giustificativi di spesa; il rimborso pagato non è soggetto a tassazione fino a 46,48 euro per giorno se la trasferta è in Italia, fino a 77,47 euro per le trasferte all’estero. In questi importi non si considerano le spese di viaggio e di trasporto. Se si fruisce gratuitamente di alloggio o di vitto, i limiti indicati prima sono ridotti di 1/3 (di 2/3 nel caso in cui si usufruisca sia di alloggio che di vitto).

b)     il rimborso analitico, che è quello completamente escluso da tassazione, purchédebitamente documentato  con i giustificativi di spesa, e riguarda le spese sostenute per vitto, alloggio, viaggio e trasporto. Eventuali rimborsi di spese di viaggio riconosciuti per raggiungere la sede di lavoro partendo dalla propria residenza sono da considerarsi reddito imponibile, anche se l’abitazione si trova in un altro Comune.

c)      il rimborso misto, che comprende sia l’indennità di trasferta che il rimborso delle spese documentate.  

Altre indennità

Può accadere  che l’associazione rimborsi all’amministratore una somma forfetaria quando per le trasferte egli utilizzi il mezzo proprio di trasporto (la cosiddetta indennità chilometrica). Questa somma non è soggetta a tassazione fino ad un determinato importo che varia a seconda del mezzo che si utilizza. Le tabelle contenenti questi importi, cui far riferimento, sono annualmente stabilite dall’ACI.

La parte eccedente costituisce reddito imponibile. L’indennità corrisposta deve invece essere tassata quando la trasferta è effettuata nell’ambito del territorio comunale.   

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ASSEGNAZIONI AL SOCIO IN NATURA E RIFLESSI FISCALI

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In capo al socio assegnatario a seconda della fattispecie cui sia collegata l’assegnazione possono verificarsi situazione diverse parzialmente o totalmente assoggettabili a tassazione. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, alcune hanno solo valore patrimoniale e non producendo ricchezza non risultano rilevanti sul piano impositivo.

Assegnazioni al socio in natura e riflessi fiscali

In capo al socio assegnatario a seconda della fattispecie cui sia collegata l’assegnazione possono verificarsi situazione diverse parzialmente o totalmente assoggettabili a tassazione. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, alcune hanno solo valore patrimoniale e non producendo ricchezza non risultano rilevanti sul piano impositivo.

1.      Assegnazione a seguito di distribuzione di utili in natura.

La società può procedere alla distribuzione di utili in natura attingendo sia dagli utili di esercizio che dalle riserve di utili. In entrambi i casi si realizzerà un reddito tassabile in capo al socio persona fisica non imprenditore.

Il legislatore nell’art 47 comma 3 ha previsto che il valore imponibile è determinato in relazione al valore normale degli stessi beni assegnati determinato alla data individuata dalla lett. A) del comma 2 dell’art 109. Si fa riferimento quindi alla data di stipula dell’atto di trasferimento o se diversa e successiva alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale.

2.     Assegnazione a seguito di ripartizione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale

La vicenda riguarda la fattispecie descritta nel comma 5 dell’art 47 tuir ovvero quando l’assegnazione di beni in natura avvenga mediante la corrispondente utilizzazione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale che per tale motivo hanno natura patrimoniale e non reddituale.

Nello specifico il riferimento normativo è alle seguenti riserve:

a)     sovrapprezzi di emissione di azioni o quote

b)    interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote

c)     versamenti eseguiti dai soci a fondo perduto o in conto capitale

d)    saldi di rivalutazione monetaria ma solo se esenti da imposta

In tali fattispecie è possibile individuare la natura di entrata patrimoniale per la società che riceve dette somme assimilata al capitale. Per questo motivo tali elementi non concorrono a formare il reddito della società e l’eventuale successiva distribuzione non costituisce per i soci reddito tassabile bensì semplice restituzione del “ capitale”.

L’unico effetto fiscale che produce l’utilizzo di riserve assimilate al capitale consiste nella riduzione del costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute, e di cui si rimanga titolari, comportando una diminuzione del patrimonio netto della società.

Precisato che tale assunto poggia sul fatto che il socio rimanga tale   la riduzione in argomento potrà operare solo nel caso in cui la riserva di patrimonio netto non formata con utili sia di importo inferiore al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione del socio assegnatario. Non è questa la sede per affrontare l’ipotesi opposta (della partecipazione di importo superiore al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione del socio assegnatario) nota come “sottozero”, ma l’occasione consente di precisare che la vicenda è di discutibile soluzione specie per il socio persona fisica non imprenditore. Un’applicazione pratica di quanto sostenuto si potrà avere ad esempio nel caso di delibera che assegni un bene a un socio a seguito della restituzione di versamenti in conto capitale.

 

3.     Assegnazione a seguito di recesso e altre ipotesi ex art 47-7 comma tuir

La posizione fiscale è completamente diversa a seconda del tipo di società da cui si recede. Il recesso di cui si parla è il recesso tipico che si attua tramite il rimborso e l’annullamento della partecipazione del socio receduto. La individuazione della tassazione comporta prima l’approfondimento del tema di come si determina il reddito da recesso. La materia è disciplinata dall’art 47-7 comma tuir che benché riferita alle sole persone fisiche non imprenditori, risulta applicabile anche alle società di persone e alle società di capitali per effetto dei rinvii a essa operati rispettivamente dagli artt. 59 e 89 del tuir stesso.

A prescindere quindi dal tipo di società da cui si receda, le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso costituisce utile da tassare in capo al socio solo per la parte eccedente il prezzo pagato per l’acquisto o per la sottoscrizione delle quote annullate. L’art 47 comma 5 esprime un principio di carattere generale: la restituzione al socio da parte della società di quanto lo stesso aveva conferito non costituisce materia imponibile.   In  capo  al  socio  recedente  viene  dunque  tassata  solo  la  differenza  da  recesso.  

L’assegnazione di  un  bene  in  natura  in  capo  al  socio  risulterà pertanto  imponibile solo  con riferimento alla componente di quota liquidata corrispondente al riconoscimento dell’eventuale maggior valore economico del complesso aziendale rispetto ai valori contabili del patrimonio costituisce la cosiddetta “differenza da recesso” che costituisce per il socio recedente un incremento patrimoniale e quindi un reddito da tassare.

La differenza tra delibera di distribuzione di utili in natura e operazione sugli utili in sede di assegnazione da recesso è data dalla diversa determinazione del reddito da tassare. Intero nel primo caso e limitato alla differenza da recesso nel secondo caso.  

 Dottor Alessio Ferretti

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Termini per la prescrizione delle imposte dirette (Irpef – Ires – Irap) e dell’IVA

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Esaminiamo tema molto delicato, i termini di prescrizione delle imposte dirette e dell’IVA (argomento a parte per Imposta di Registro), da intendere in gergo come il termine oltre il quale l’Erario non può più chiedere/vantare alcunché. L’articolo 43 del D. P. R. 600/73 disciplina che per le imposte sui redditi, pertanto Irpef – Ires ed Irap, l’avviso di accertamento deve essere notificato entro la fine  (il 31. 12) del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.

Termini per la prescrizione delle imposte  dirette (Irpef – Ires – Irap) e dell’IVA

Esaminiamo tema molto delicato, i termini di prescrizione delle imposte dirette e dell’IVA (argomento a parte per Imposta di Registro), da intendere in gergo come il termine oltre il quale l’Erario non può più chiedere/vantare alcunché. L’articolo 43 del D. P. R. 600/73 disciplina che per le imposte sui redditi, pertanto Irpef – Ires ed Irap, l’avviso di accertamento deve essere notificato entro la fine  (il 31. 12) del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, o entro il quinto anno successivo in ipotesi di omessa dichiarazione.  Stesso discorso valer per l’IVA, la cui prescrizione,  è disciplinata dall’articolo 57 del D. P. R. 633/72, con riferimento all’IVA (in termini di imposte indirette).  

Sia per le imposte dirette che indirette i termini di prescrizione sono raddoppiati se vi sono elementi penalmente rilevanti, in merito all’annualità in cui l’illecito è stato commesso ai sensi del D. L. 223/2006.

Nella tabella sottostante indichiamo per anno di imposta (rigo 1) quello nel quale si sarebbe dovuta presentare la dichiarazione.

Tabella 1 – In caso di dichiarazione presentata nei termini o tardiva (entro 90 dalla scadenza originaria)

PRESCRIZIONE_IMPOSTE_1. Png

Tabella 2 – In caso di omessa presentazione della dichiarazione

PRESCRIZIONE_IMPOSTE_2. Png

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