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Assegnazione di beni immobili ai soci con riduzione del capitale sociale 2017: come, quando ed entro quale termine farla.

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Assegnazione di beni immobili ai soci con riduzione del capitale sociale 2017: come, quando ed entro quale termine farla.

Una Srl può assegnare beni immobili ai soci agendo in diminuzione sul capitale sociale? Con questa guida illustriamo in pratica come e quando è possibile farlo, analizzando anche sotto il profilo temporale il termine entro il quale, alla luce della proroga 2017, è opportuno in via cautelativa procedere all’iscrizione del registro delle imprese della delibera di riduzione per evitare di decadere dai bonus fiscali dell’opzione agevolativa.

“Trilogia” dell’assegnazione di beni ai soci e vincolo nelle opzioni

Il nuovo termine di scadenza previsto per l’atto di assegnazione ai soci dei beni immobili e di quelli iscritti nei pubblici registri al fine di godere del regime opzionale con aliquota sostitutiva agevolata all’8%, è stato fissato dall’ultima legge di Stabilità al 30 settembre 2017.

Se in primis guardiamo “da di dentro” come funziona l’operazione di assegnazione, notiamo come la società , in sostanza attribuisce al socio valori espressi nell’attivo patrimoniale in contropartita della riduzione del patrimonio netto potendosi prospettare tre possibilità :

  • erogazione di un dividendo in natura (quando sono assegnate riserve di utili);
  • restituzione di versamenti (quando sono assegnate riserve di capitale) ;
  • riduzione del capitale sociale quando è diminuita tale posta.

NB La scelta non può essere effettuata “ad libitum” ma deve rispettare la regola della prioritaria esternalizzazione delle poste del netto meno vincolate, quindi si comincia dalle riserve di utili per giungere poi a quelle di capitale e infine al capitale sociale posto che quest’ultimo, come confermato dalla ormai consolidata giurisprudenza sulla scorta della sentenza della Corte di Cassazione n. 12347/1999, presenta un grado di indisponibilità maggiore costituendo il valore delle attività patrimoniali che i soci si sono impegnati a non distrarre dalla attività di impresa e che non possono liberamente ripartirsi per tutta la durata della società. Tale criterio risulta contraddistinto da una ratio volta a non soltanto alla tutela dei soci, ma anche a quella dei terzi.

Assegnazione di beni ai soci agente in riduzione sul capitale sociale: come e quando farla

E’ importante evidenziare che se per effetto di tale operazione, volta ad estromettere dalla società quei beni che la stessa ha ancora “in pancia” per diversi motivi o per onerosità degli strumenti tradizionali di trasferimento (si pensi soprattutto alle imprese immobiliari), viene ad essere intaccato il capitale sociale, trattandosi di una riduzione volontaria ( o altrimenti conosciuta come riduzione reale perché attuata attraverso il rimborso di parte di capitale ai soci), è necessario, come previsto ex lege, eseguire precedentemente l’iscrizione al registro imprese della relativa delibera, ciò al fine di consentire ai creditori di opporsi alla riduzione stessa.

L’atto di assegnazione dei beni potrà quindi essere eseguito una volta spirati i 90 giorni in difetto di opposizione

NB Tale limite temporale di attuazione dell’assegnazione opererà salve le ipotesi di infondatezza di pericolo di pregiudizio per i creditori e di prestazione di opportune garanzie di cui all’ultimo comma dell’articolo 2445 oppure 2482 del codice civile, che consentiranno di “bypassarlo” dando il via libera all’esecuzione dell’operazione malgrado l’ intervenuta opposizione.

Esempio pratico di una Srl: cosa dovrà fare prima di assegnare beni immobili ai soci

Prendiamo l’ esempio una Srl che intende procedere all’assegnazione di beni immobili in riduzione del capitale sociale. La stessa dovrà:

  • iscrivere la delibera di riduzione volontaria del capitale al registro delle imprese;
  • ai sensi dell’articolo 2482 del codice civile, attendere novanta giorni prima di eseguirla per dar tempo ai creditori di proporre le loro eventuali opposizioni.

Nel caso specifico dell’assegnazione a causa della liquidazione societaria, non si pongono problemi di riduzione del capitale sociale atteso che il patrimonio netto assume il significato “indifferenziato” di patrimonio netto di liquidazione.

Focus sul termine di scadenza per l’assegnazione dei beni ai soci 2017 in caso di riduzione del capitale sociale e tempestività di iscrizione della delibera

NB La scadenza del 30 settembre 2017 rappresenta il dies ad quem per l’atto di riduzione del capitale sociale (cioè va individuata come termine ultimo per perfezionare la stessa) e non per la semplice iscrizione della delibera nel registro delle imprese.

Ciò significa in pratica che, per beneficiare realmente degli effetti premiali dell’opzione agevolativa, considerato il termine di sospensione feriale del mese di agosto, per evitare incorrere nel rischio di fuoriuscire dal perimetro temporale dell’operazione di assegnazione previsto nel 2017 per godere dei relativi benefits fiscali, la delibera di riduzione del capitale non dovrà in via cautelativa essere iscritta al registro imprese oltre il mese di maggio 2017.

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Accertamenti dell’Agenzia dell’Entrate in caso di applicazione del prezzo valore, verso il singolo socio assegnatario dell’immobile:come difendersi.

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Se una società  immobiliare che decide di estinguersi applica il meccanismo del prezzo valore sugli immobili assegnati, cioè opti nell’atto notarile per il più vantaggioso valore catastale sul quale pagare l’imposta sostitutiva dell’8 per cento, l’Agenzia delle Entrate, potrà ex post accertare nei confronti del solo socio assegnatario il maggior valore secondo i criteri ordinari, assogettandolo “ a sorpresa” ad una tassazione più onerosa? Scopriamo insieme come difendersi dal Fisco in questi casi.

Il doppio beneficio fiscale: assegnazione agevolata + applicazione del “prezzo valore”

All’interno del regime agevolato dell’assegnazione dei beni immobili ai soci (non strumentali e ad uso abitativo con relative pertinenze) è possibile optare per un ulteriore prezioso strumento fiscale che genera un risparmio lecito d’imposta addizionale : il meccanismo del prezzo valore che consente sostanzialmente di utilizzare ai fini della tassazione in luogo del valore normale del bene (corrispondente a quello di mercato ) il valore catastale in genere di importo inferiore rispetto al primo , con una maggiore convenienza fiscale.

Quesito pratico

Se una società immobiliare che decide di estinguersi applica il meccanismo del prezzo valore sugli immobili assegnati, cioè opti nell’atto notarile per il più vantaggioso valore catastale sul quale pagare l’imposta sostitutiva dell’8 per cento, l’Agenzia delle Entrate, potrà ex post accertare nei confronti del solo socio assegnatario il maggior valore secondo i criteri ordinari, assogettandolo “ a sorpresa” ad una tassazione più onerosa?

Soluzione del caso

Posto che. Nelle ipotesi in cui in sede di assegnazione di beni immobili ai soci, si aderisca all’opzione del prezzo valore, non trovano applicazione le norme sull’accertamento induttivo previste dall’art. 38 del d. P. R. 29 settembre 1973, n. 600, considerando che poi i soci non venderanno gli immobili assegnati, la determinazione dell’imponibile in capo a questi ultimi sarà vincolata sul valore optato dalla società. Pertanto le verifiche relative dell’amministrazione finanziaria non potranno essere effettuate nei confronti di entrambe le parti del negozio traslativo e dunque, neanche, una volta estinta la società, rispetto al singolo socio assegnatario.

Ratio della tutela del contribuente

Questo significa in altre parole che l’ Agenzia delle Entrate non potrà applicare solo per i soci il valore normale (ben più alto) in base a tabelle Omi (osservatorio del mercato immobiliare) ai fini impositivi. In caso contrario infatti verrebbe ad essere vanificato l’obiettivo della norma e l’operazione nel suo complesso vedrebbe annullata la convenienza fiscale che ne connota la ratio. Quindi l’opzione per il valore catastale, efficace tanto ai fini delle imposte dirette quanto di quelle indirette, non consentirà di accertare valori maggiori, rispetto al differenziale tra il valore catastale e il costo fiscale, né rispetto alla società assegnante, né rispetto al socio assegnatario che godranno entrambi di un risparmio addizionale di imposta.

Quindi al quesito non può che rispondersi negativamente :

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Sistema del “Prezzo – Valore” e applicabilità del beneficio fiscale anche alle ipotesi di assegnazione di beni immobili ai soci. Come si ottiene l’“agevolazione nell’agevolazione”?

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Il meccanismo agevolativo del “Prezzo-Valore”, che non risulta ancora adeguatamente conosciuto, merita di essere illustrato con chiarezza per “mettere sotto gli occhi” dei contribuenti uno strumento fiscale il quale, nelle ipotesi di trasferimenti immobiliari, consentente di realizzare un consistente risparmio d’imposta. Con questa guida accertiamo se il valore catastale (in genere più vantaggioso di quello di mercato) applicabile in base a tale sistema opzionale, possa operare anche nei casi di assegnazione di beni ai soci, ottenendo un forte risparmio addizionale; esaminiamo inoltre quali vantaggi pratici ne derivano anche in punto di accertamenti dell’agenzia delle Entrate e come ottenere questa “agevolazione nell’agevolazione”.

Il sistema del “prezzo-valore”

Il meccanismo agevolativo del “Prezzo-Valore”, che non risulta ancora adeguatamente conosciuto, merita di essere illustrato con chiarezza per “mettere sotto gli occhi” dei contribuenti uno strumento fiscale il quale, nelle ipotesi di trasferimenti immobiliari, consente di realizzare un consistente e risparmio d’imposta. Con questa guida accertiamo se il valore catastale (in genere più vantaggioso di quello di mercato) applicabile in base a tale sistema opzionale, possa operare anche nei casi di assegnazione di beni ai soci, ottenendo un forte risparmio addizionale; esaminiamo inoltre quali vantaggi pratici ne derivano anche in punto di accertamenti dell’agenzia delle Entrate e come ottenere questa “agevolazione nell’agevolazione”.

Assegnazione agevolata dei beni ai soci e Benefits fiscali

La tassazione agevolata con imposta sostitutiva delle plusvalenze derivanti dall’assegnazione (o dalle cessioni) di beni ai soci, rappresenta una delle più interessanti novità introdotte dalla Legge di stabilità 2016.

Questa opzione fiscale, disciplinata dall’art. 1, commi 115-120, delle Legge citata, si pone l’obiettivo di rendere più conveniente l’estromissione dall’attivo patrimoniale di società di persona e società di capitali, dei beni non strumentali all’attività d’impresa. (vedi precedenti divulgazioni)

I relativi benefits fiscali hanno un fortissimo impatto anche sulle imposte indirette, eventualmente dovute a seguito della cessione/assegnazione, quali l’imposta di registro e le imposte ipocatastali.

La norma in esame prevede che le plusvalenze in questione siano tassate con imposta sostitutiva dell’Ires/Irpef e dell’Irap. Con aliquota pari all’8% per le sole società operative (cioè per le società che non risultino società di comodo in base alla normativa vigente)

Applicabilità del valore catastale alle ipotesi di assegnazione di beni con il sistema del “prezzo valore” : un’agevolazione nell’agevolazione

In caso di assegnazione, la plusvalenza, da tassare con imposta sostitutiva, è pari alla differenza tra valore normale del bene, determinato secondo le regole dettate dall’art. 9 del Tuir, e il costo fiscale del bene. Il concetto di plusvalenza civilisticamente evoca una differenza positiva tra il valore normale dei beni assegnati e costo non ammortizzato dei beni assegnati.

Tuttavia per gli immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, la norma consente di determinare il valore normale con le regole previste per il calcolo del valore catastale ai sensi dell’art. 52, comma 4, del D. P. R. 131/1986 cioè con il sistema analogo a quello del cosiddetto “prezzo valore” operante in deroga alla disciplina di cui all’articolo 43. Quindi, in sintesi. è possibile utilizzare in luogo del valore normale (valore venale in comune commercio) il valore catastale dell’immobile.

Infatti a decorrere dal primo gennaio 2006, è possibile regolare fiscalmente alcuni trasferimenti immobiliari al valore catastale, indipendentemente dal corrispettivo pattuito o comunque valore di mercato indicato nell’atto.

Questa previsione rappresenta un beneficio aggiuntivo rispetto a quello già previsto dall’opzione dell’assegnazione agevolata, in quanto solitamente il valore catastale degli immobili è inferiore a quello “normale” (che nei trasferimenti a titolo oneroso equivale al corrispettivo pattuito e indicato nell’atto)

L’operatività del sistema del prezzo – valore anche per le assegnazione di beni ai soci deriva dal suo ambito oggettivo di applicazione che comprende oltre alle “cessioni” in senso tecnico anche agli altri atti traslativi della proprietà (oltre che quelli traslativi e costitutivi di diritti parziari di godimento) dunque anche le ipotesi di estromissione di beni immobili in assegnazione al soggetto persona fisica come quelli rientranti nel regime dell’assegnazione agevolata.

Nello specifico il meccanismo del prezzo valore si applica ai trasferimenti soggetti ad imposta di Registro (escluse quindi, le cessioni soggette ad IVA) nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali e a cessioni effettuate da società, imprese o enti, purché nei confronti di “persone fisiche” e purché soggette a imposta di Registro (non IVA).

Quadro delle imposte degli atti (Registro, Ipotecaria & Catastale) in caso di assegnazione di beni immobili ai soci

Ai sensi del DPR n. 131 del 1986, articolo 4 lettera a) della tariffa allegata, quando l’assegnazione dei beni ai soci non è soggetta ad Iva è soggetta a registro nella misura ordinaria, ridotta alla metà per l’agevolazione in punto di assegnazione , con le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa.

Con riferimento ai beni immobili di natura residenziale di conseguenza risulteranno applicabili a seconda della qualifica del socio recedente/assegnatario:

il prezzo valore;

le agevolazioni prima casa;

l’agevolazione dell’1% (per le società di trading immobiliare).

NB Si ricorda ancora che, per non essere assoggettati ad accertamenti “induttivi” non è sufficiente indicare nel contratto un qualsiasi prezzo simulato anche se superiore al valore catastale, ma occorre indicare il reale “corrispettivo pattuito”

Base imponibile del bene nel regime di assegnazione agevolata di beni ai soci

In conclusione, ai fini del calcolo della plusvalenza che godrà dell’agevolazione grazie all’applicazione dell’imposta sostitutiva, la base imponibile in caso di assegnazione di beni ai soci, potrà essere costituita alternativamente dal:

valore normale del bene immobile ( valore di mercato) al netto del costo fiscale;

valore catastale ( prezzo-valore) al netto del costo fiscale ( in genere più vantaggioso e produttivo di un risparmio addizionale d’imposta)

Come ottenere il “beneficio nel beneficio”

Per utilizzare il valore catastale sarà necessaria l’esplicita richiesta del beneficio al notaio ,che risulti opportunamente dall’atto di assegnazione (ocessione dell’immobile)

Quindi, in linea di principio,ai fini e per effetto del beneficio fiscale del prezzo – valore, il contribuente:

indicherà il “prezzo” reale pattuito ( o cmq il valore di mercato in caso di assegnazione )

otterrà una riduzione degli onorari notarili al 30%;

pagherà le imposte solo sul valore dell’immobile determinato con i meccanismi di rivalutazione della rendita catastale “valutazione automatica”

non avrà un reddito tassabile determinato sulla base della “spesa” effettuata per l’acquisto dell’immobile

non si esporrà ad eventuali verifiche dell’Agenzia delle Entrate in quanto gli accertamenti induttivi ai fini delle imposte sui redditi ex art 38 del d. P. R. 29 settembre 1973, n. 600 non potranno essere effettuati.

NB Nella logica dell’assegnazione dei beni ai soci, le agevolazioni non vengono meno nel caso in cui valore catastale o il valore normale  siano inferiori al costo fiscale, non essendovi quindi, in tale circostanza, la necessità di assolvere l’imposta sostitutiva.

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Come pianificare correttamente l’assegnazione agevolata di beni immobili ai soci, qual è il beneficio fiscale per il socio assegnatario persona fisica e di quali “documenti alla mano” munirsi

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L’ assegnazione di beni immobili può generare un significativo beneficio fiscale nei confronti del socio persona fisica assegnatario, ridotto sostanzialmente alle imposte degli atti e alla tariffa notarile per il trasferimento del diritto reale; tuttavia tale operazione se non correttamente pianificata, può rilevarsi molto onerosa in termini di imposte dirette (articolo 47 DPR 917/1986). Con questa guida illustriamo le cautele e le accortezze da adottare sotto il duplice profilo contabile e fiscale, di quali documenti occorre munirsi per esercitare l’opzione agevolativa e, in particolare qual è beneficio fiscale realmente ottenibile dal socio assegnatario persona fisica.

Convenienza fiscale dell’assegnazione dell’immobile per il socio persona fisica

Se da un lato l’assegnazione di beni immobili può generare un significativo beneficio fiscale nei confronti del socio persona fisica assegnatario, ridotto sostanzialmente alle imposte degli atti e alla tariffa notarile per il trasferimento del diritto reale, tale operazione se non correttamente pianificata, può rilevarsi molto onerosa in termini di imposte dirette ((articolo 47 DPR 917/1986).

 Assegnazione “contro” utili o assegnazione “contro” capitale.  Come effettuare la scelta?

Con l’assegnazione di beni la società, sostanziamente attribuisce al socio valori espressi nell’attivo patrimoniale in contropartita della riduzione del patrimonio netto. Sulla base della posta del netto effettivamente assegnata si potranno prospettare le seguenti situazioni:

erogazione di un dividendo in natura (quando sono assegnate riserve di utili)

restituzione di versamenti (quando sono assegnate riserve di capitale)

riduzione del capitale sociale quando è diminuita questa ultima posta.

NB Non si tratta di una scelta discrezionale o aleatoria perché occorrerà in linea di principio seguire un certo ordine: in primis vanno esternalizzate le poste del netto meno vincolate, quindi si partirà dalle riserve di utili per arrivare a quelle di capitale e infine al capitale sociale.  

Inoltre occorre delineare una fondamentale distinzione per comprendere il funzionamento reale del meccanismo fiscale agevolativo

Se l’assegnazione di un bene in natura ha come contropartita la distribuzione di utili, essa produrrà un reddito imponibile in capo al socio assegnatario, corrispondente all’eccedenza rispetto al valore del bene assegnato, con relativo assorbimento di liquidità per versamento delle imposte;

Tale presupposto di reddito (eventuale eccedenza) andrà calcolato sull’immobile oggetto di assegnazione, confrontando il suo valore attuale rispetto a quello fiscale del bene in capo alla società.

Nell’ipotesi in cui invece l’assegnazione si realizzi mediante rimborso di capitale, oppure restituzione di riserve di capitale, non si genererà di norma alcun reddito da tassare in capo al socio, in quanto la suddetta eccedenza potrà emergere solo parzialmente e in misura ridotta o addirittura inesistente ;

In tal caso, il  reddito  da tassare (eccedenza) andrà calcolato prendendo come riferimento la quota, ovvero confrontando il valore attuale dell’immobile rispetto al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.

Qual è il beneficio fiscale ottenibile dal socio persona fisica assegnatario e perché si realizza?

NB Con l’opzione agevolata dell’aliquota sostitutiva, il calcolo dell’eccedenza farà emergere comunque un ammontare ridotto rispetto a quello che risulterebbe in regime ordinario cioè non agevolato, in quanto, sia che si agisca sugli utili che sul capitale, occorrerà computare quanto “coperto” dall’imposta sostitutiva pagata dalla società.

In altre parole, il prelievo tributario in capo al socio risulterà solo eventuale perché neutralizzato totalmente o parzialmente da quanto pagato dalla società a tale titolo, realizzando un fortissimo risparmio lecito di imposta con la  garanzia del non assoggettamento ad operazioni di rettifica del valore dichiarato da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Pianificazione fiscale e “documenti alla mano” per ottenere il beneficio fiscale

Questo ”tax saving” sarà reale e tangibile, a condizione che l’operazione, ante attuazione, venga pianificata nel dettaglio procedendo ad una serie di accertamenti complessi quali l’ analisi dei valori di bilancio, visura catastali, computo imposte degli atti, registro – ipotecaria – catastale, valutazione della messa in liquidazione della Società assegnante, verifica decorrenza del quinquennio per la successiva detassazione della plusvalenza in caso di futura cessione, tariffa notarile. )

Sul punto, conformemente a quanto emerge dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26E del 1°giugno 2016, confermando quanto già interpretato e chiarito dallo studio 20-2016/T del notariato in data 28 gennaio 2016 , occorrerà come documentazione alla mano:

l’ ultimo bilancio a sezioni contrapposte;

la visura catastale dell’immobile;

l’eventuale ultimo bilancio depositato in CCIAA con allegati (nota integrativa, verbale assemblea ed eventuale relazione del Revisore);

In sintesi, con le opportune cautele e accortezze tributarie:

i soci persone fisiche , entro il 30. 09. 2017 potranno ottenere attraverso l’assegnazione la proprietà dei immobili non strumentali (e beni mobili registrati) una imperdibile detassazione fino all’80%, considerando sia le minori imposte degli atti (registro, catastali ed ipotecaria) che la eventuale detassazione sull’assegnazione stessa dell’immobile in presenza dei requisiti prescritti;

la società che assegna il bene potrà a sua volta godere di una ulteriore agevolazione fiscale con l’applicazione delle norme correttamente individuate.

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Assegnazione agevolata di beni immobili ai soci 2017. Nuovi termini di scadenza per l’esercizio dell’opzione e guida pratica alle condizioni di accesso

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Con lo strumento opzionale dell’assegnazione agevolata di beni immobili ai soci, previsto dalla Legge di Stabilità 2016, i contribuenti potranno godere di un sistema fiscale sostitutivo di favore (comma 1 primo periodo e il comma terzo dell’articolo 47) rispetto a quello ordinario (commi 1 secondo periodo, e da 5 a 8 dell’articolo 47 del del D. P. R. N. 917/1986 ), sia ai fini delle imposte dirette, che delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, generante un potenziale elevatissimo di risparmio lecito d’imposta. Con questa guida illustriamo in pillole cosa accade a livello pratico con l’opzione agevolativa, fino a quando l’opzione potrà essere esercitata, il termine ultimo di versamento dell’imposta sostitutiva e le condizioni di accesso ai benefits fiscali.

Che succede in caso di assegnazione agevolata di beni immobili al socio persona fisica?

Lo strumento opzionale agevolativo dell’assegnazione di beni ai soci introdotto dalla legge di Stabilità 2016, consiste in un’operazione con cui una società di persone o di capitali trasferisce il diritto reale dell’asset aziendale al socio assegnatario, consentendo in sostanza la fuoriuscita della res dal regime di impresa, con conseguente assoggettamento ad un regime di tassazione di favore (comma 1 primo periodo e il comma terzo dell’articolo 47)  rispetto a quello ordinario che invece non troverà applicazione (commi 1 secondo periodo, e da 5 a 8 dell’articolo 47 del del D. P. R. N. 917/1986).

In sintesi, i contribuenti godranno di un sistema fiscale sostitutivo sia ai fini delle imposte dirette, che delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, generante un potenziale elevatissimo di risparmio lecito d’imposta.

Nel dettaglio, le società di persone e di capitali in base al “tris” di opzioni normativamente previste, potranno assegnare oppure cedere beni ai soci in via agevolata, o ancora trasformarsi in società semplice, beneficiando di specifiche riduzioni del carico fiscale sotto il duplice profilo delle imposte dirette ed indirette.

Nella prassi, questo meccanismo risulta particolarmente appetibile per una moltitudine di società operanti nel settore delle costruzioni e gestione immobiliare che intendono estromettere dall’attivo dello stato patrimoniale beni i quali, ante regime agevolativo, non venivano smobilizzati per eccessiva onerosità dell’operazione “tradizionale” (cessione o trasformazione).  

Aliquote sostitutive di agevolazione 

Nello specifico, le aliquote dell’assegnazione agevolata dei beni ai soci sono tre:

8% applicabile alla generalità dei casi:

10,5 % per le società non operative o in perdita in 2 su 3 degli esercizi precedenti;

13% per le riserve in sospensione d’imposta.

Proroga del regime agevolato e termini di versamento

La legge di bilancio 2017 all’art. 1 commi 565-566 ha previsto la proroga per l’assegnazione e cessione agevolata dei beni ai soci che opererà retroattivamente con decorrenza dal 1 ottobre 2016 con termine di scadenza fissato, pro tempore, al 30 settembre 2017.

I relativi versamenti rateali dell’imposta sostitutiva saranno effettuati, rispettivamente, entro il 30 novembre 2017 ( assegnazione) ed entro il 16 giugno 2018 (cessione).

A quali condizioni si può accedere al regime opzionale?

Resta ferma la necessaria sussistenza delle condizioni già previste dal comma 115 della legge 208/2015 e in particolare:

– operazioni di assegnazione ( o cessione) effettuate entro il 30 settembre 2017;

– regolare iscrizione degli assegnatari e cessionari nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015, ovvero entro il 31 gennaio 2016, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° ottobre 2015;

– oggetto dell’agevolazione sono immobili diversi da quelli strumentali per destinazione disciplinati questi ultimi dall’art. 43 comma 2 primo periodo TUIR (DPR 917/1986) oppure beni mobili iscritti in pubblici registri, comunque non utilizzati come beni strumentali nell’attività dell’impresa.

NB Risultano inoltre invariati i seguenti punti:

le modalità di individuazione della base imponibile cui applicare l’imposta sostitutiva (comma116) costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni assegnati ( o, in caso di trasformazione, quello dei beni posseduti all’atto della trasformazione) e il loro costo fiscalmente riconosciuto, nonché le aliquote già stabilite per tale imposta;

i criteri di determinazione del valore normale, necessario per la determinazione della base imponibile (comma 117);

le disposizioni fiscali inerenti i soci assegnatari o i soci delle società trasformate (comma 118);

le agevolazioni fiscali inerenti le imposte indirette cui sono soggetti gli atti di assegnazione e cessione (comma 119).

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Come proporre i nuovi ricorsi amministrativi in materia del lavoro

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Con il d. Lgs. N. 149 del 14 settembre 2015 è stata istituita un’Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata «Ispettorato nazionale del lavoro» (ndr. Di seguito indicato come INL), che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INPS e dell’INAIL con il fine di razionalizzare e semplificare l’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché al fine di evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi.

Con il d. Lgs. N. 149 del 14 settembre 2015 è stata istituita un’Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata «Ispettorato nazionale del lavoro» (ndr. Di seguito indicato come INL), che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INPS e dell’INAIL con il fine di razionalizzare e semplificare l’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché al fine di evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi.

Tale decreto legislativo ha modificato alcune disposizioni del D. Lgs. N. 124/2004 e, in particolare, gli articoli 16 e 17 che riguardano la trattazione dei ricorsi amministrativi avverso le ordinanze ingiunzioni e gli atti di accertamento emessi in materia lavoristica e previdenziale.

Con lettera circolare n. 4 del 29 dicembre 2016 l’Ispettorato nazionale del Lavoro ha comunicato istruzioni operative sulle novità nelle modalità di trattazione dei ricorsi amministrativi a seguito delle modifiche normative sopra indicate.

In particolare, l’INL ha specificato che dal 1 gennaio 2017 non sarà possibile esperire ricorso amministrativo avverso le ordinanze ingiunzioni emesse in base all’art. 18 della Legge n. 689/1981 in quanto, in seguito alle modifiche apportate dall’art. 11 del D. Lgs. N. 149 del 2015, i ricorsi ex art. 16 D. Lgs. N. 124/2004 avranno ad oggetto solo “gli atti di accertamento adottati dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria”.

Tali ricorsi vanno presentati entro 30 giorni dalla notifica degli atti di accertamento e sono decisi entro i successivi 60 giorni.

Anche con riferimento ai ricorsi al Comitato per i rapporti di lavoro previsti all’art. 17 del D. Lgs. N. 124/2004, dal 1 gennaio 2017, non è più possibile impugnare le ordinanze ingiunzioni riguardanti la sussistenza o qualificazione dei rapporti di lavoro ma, per queste stesse censure, unicamente gli atti di accertamento dell’INL e gli atti adottati dal personale ispettivo proveniente dagli istituti previdenziali.

Tali ricorsi vanno inoltrati al Comitato per i rapporti di lavoro, costituito presso le competenti sedi dell’Ispettorato, nel termine di 30 giorni dalla notifica dell’atto di accertamento e sono decisi nei successivi 90 giorni dal ricevimento. Il decorso inutile di tale tempo determina silenzio rigetto.

 

Avv. Giovanni Di Corrado

Consulente del Lavoro

I vantaggi fiscali del Lease Back : uno strumento finanziario per conseguire risparmio lecito d’imposta

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L’operazione complessa di Lease Back è connotata da una valenza sostanzialmente finanziaria, mediante la quale l’utilizzatore (Lessee) non mira esclusivamente ad ottenere in godimento un bene del quale era precedentemente proprietario, ma anche a ricevere una disponibilità immediata di liquidità mediante lo smobilizzo di un investimento. Con questa guida esaminiamo i benefits fiscali del lease back, i riflessi tributari a livello di imposte dirette e indirette, i profili contabili, il tutto con il leit motive della liceità dell’operazione contrattuale, come confermata dalla Cassazione.  

La convenienza fiscale del Lease Back

L’operazione complessa di Lease Back è connotata da una valenza sostanzialmente finanziaria, mediante la quale l’utilizzatore (Lessee) non mira esclusivamente ad ottenere in godimento un bene del quale era precedentemente proprietario, ma anche ad ottenere una disponibilità immediata di liquidità mediante lo smobilizzo di un investimento.

La disciplina fiscale ottenibile attraverso quest’operazione contrattuale, si rivela particolarmente conveniente per la società utilizzatrice (locataria) la quale, prima di decidere di porla in essere, è in pratica di fronte ad una duplice alternativa: continuare a detenere il bene in proprietà, concludendo il processo di ammortamento dello stesso, oppure cederlo alla società di leasing e continuare ad utilizzarlo grazie alla contestuale conclusione di un contratto di locazione.

Per valutare in modo strategico la scelta più favorevole e misurare l’effettiva convenienza fiscale dell’operazione, la società dovrà tener conto del grado di ammortamento maturato rispetto al bene fino a quel momento avuto in proprietà ed effettuare una comparazione tra il il beneficio fiscale goduto e quello prevedibile a seguito della concessione in leasing dello stesso bene.

Misuriamo i vantaggi fiscali della Locazione finanziaria di ritorno

I benefits fiscali della locazione di ritorno sono:

la deducibilità fiscale dei canoni di leasing “rettificati”, dal reddito d’impresa;

il conseguimento di una minusvalenza o di una plusvalenza tassabile ( a seguito della cessione del bene alla società di leasing) , il cui importo varia in relazione al prezzo pagato e in relazione al grado di ammortamento del bene, che condiziona in maniera sensibile il prezzo dell’operazione

Occorrerà quindi calcolare il risultato differenziale tra il credito d’imposta derivante dai canoni di locazione pagati e il debito d’imposta scaturente dalla plusvalenza realizzata e dal mancato ammortamento del bene cui si rinuncia:

Profili civilistico – contabili

Le rilevazioni contabili e le annotazioni a bilancio che deve effettuare un’azienda (non IAS adopter,cioè redigente il bilancio secondo i principi contabili nazionali) che stipula un contratto di sale and lease back riguardano :

La cessione del bene alla società di leasing (con storno del relativo fondo di ammortamento ed eventuale rilevazione della plusvalenza o minusvalenza);

Il pagamento dei canoni di locazione iscritti alla voce del bilancio civilistico “Costi per il godimento di beni di terzi, opportunamente rettificati secondo competenza economica;

Il riscatto finale eventuale del bene; il relativo presso è a tutti gli effetti considerato un acquisto ed iscritto tra le immobilizzazioni: successivamente il bene verrà ammortizzato come un qualsiasi bene di proprietà della società;

Le annotazioni nei conti d’ordine, nel sistema dei beni di terzi e nel sistema degli impegni.

La liceità della “locazione di ritorno”

La liceità dell’operazione di Lease – Back salve le “ipotesi anomale” risulta pacificamente confermata dalle sentenze n. 10805 del 1995 n. 11276 del 1995, n. 944 del 1997 e n. 4612 del 1998 , dalla sentenza della Cassazione n. 18920/14 del 09/09/2014, dalla Circolare della Direzione regionale delle Entrate della Lombardia n. 20 del 24Maggio 2000. Da ultimo le Commissioni Tributarie con sentenza del 11/05/2016 n. 40 – Comm. Trib. II grado di Bolzano Sezione/Collegio 2 si sono così pronunciate “Il contratto di Sale & Leaseback non integra di per sé abuso del diritto sol perché il soggetto, nel libero esercizio del principio civilistico di autonomia privata, ritiene preferibile un’operazione negoziale meno onerosa di altre possibili”

Ne deriva che non possa essere qualificato come “indebito” il vantaggio fiscale che il contribuente consegue attraverso lo strumento del Leaseback, cedendo un bene strumentale di cui sia già proprietario, per riacquisirne contestualmente in leasing l’utilizzazione, nulla impedendogli di svincolarsi dall’ordinario regime di deduzione del costo di acquisto proprio dell’ammortamento.

Imposte Dirette

Con la prima circolare del 2000, relativamente alle imposte sui redditi, l’Amministrazione Finanziaria ha frammentato le operazioni che compongono la conclusione del contratto di lease back in tre step

cessione del bene alla società di leasing che dà luogo a una plusvalenza imponibile o una minusvalenza deducibile in capo al cedente;

concessione del bene attraverso la corresponsione dei canoni di locazione i quali costituiscono componenti positivi di reddito tassabili in capo alla società locatrice e componenti negativi deducibili dalla società utilizzatrice;

riscatto finale del bene il cui prezzo può essere ammortizzato da parte della società utilizzatrice.

Imposte Indirette

Ricadono nel campo di applicazione dell’Imposta sul valore aggiunto (Iva) le seguenti operazioni in cui si articola il negozio complesso del Lease Back:

l’operazione di cessione nei confronti della società di leasing del bene oggetto del contratto: ricorrono sia il presupposto oggettivo che quello soggettivo, in quanto l’utilizzatore del bene è un soggetto esercente attività commerciale;

l’operazione di concessione in Leasing integra anch’essa entrambi i requisiti, ponendosi come una prestazione di servizi resa contro corrispettivo: i canoni derivanti dalla concessione in leasing vengono addebitati all’utilizzatore con stessa aliquota che sarebbe applicabile alla cessione del bene oggetto del contratto;

l’esercizio del diritto di opzione si traduce in un’operazione di cessione imponibile: la fattura emessa dalla società di leasing, relativa alla quota di riscatto, dovrà recare l’indicazione dell’imposta applicata)

Vantaggi pratici per entrambe le parti della “locazione finanziaria di ritorno”

Come anche confermato dalla Cassazione:

a) La società di leasing (Lessor) potrà detrarre l’Iva sul prezzo di acquisto del bene e ai fini dell’imposizione diretta, dedurre le relative quote di ammortamento nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario ex art 102 comma 7 TUIR ;

b) L’utilizzatore (Lessee) potrà dedurre fiscalmente i canoni di leasing, e, al contempo, portare in detrazione l’Iva addebitata dal locatore sui canoni di leasing. Inoltre, in caso di esercizio del riscatto del bene da parte dell’utilizzatore locatario al termine del contratto, il relativo prezzo sarà ammortizzabile ai fini delle imposte sui redditi

L’Orientamento dell’Unione dei Giovani dottori commercialisti in armonia con i principi europei

l’U. N. G. D. C. Giovani DottoriCommercialisti con la circolare n. 2 del 23 Gennaio 2007 ha sostenuto ai fini fiscali la rilevazione dei componenti di reddito alla data di maturazione ex art 109 comma 2 del Tuir, con l’obiettivo di evidenziare l’unitarietà dell’operazione di lease back come contratto d’impresa che rileva fiscalmente come un’ unica fattispecie impositiva in cui l’incasso del corrispettivo di vendita viene come “neutralizzato” dalla somma delle quote capitali dei canoni di leasing, rappresentando solo una manifestazione finanziaria priva di rilevanza nella determinazione del reddito d’impresa; il vero corrispettivo è rappresentato dagli interessi finanziari, da distribuire secondo un principio di competenza economica (quindi la maturazione del corrispettivo del contratto di lease back coinciderebbe con la maturazione dell’onere finanziario il quale si manifesta lungo tutta la durata del contratto di leasing finanziario). Questa impostazione risulta in linea con l’ orientamento a livello europeo del “Substance over form”.

La tendenza commerciale del Lease Back dei marchi con le Banche

Le opportunità di finanziamento generate dalla valorizzazione dei diritti di proprietà industriale che si prospettano per le imprese sono molteplici. In particolare sta prendendo sempre più piede nella prassi il lease-back sui marchi con gli istituti di credito che in pratica consiste nell’opportunità di finanziarsi cedendo alle Banche , a seguito di una valutazione specialistica del valore di pertinenza, il proprio Brand, stipulando con quest’ultima un contestuale contratto di leasing.

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Lease – Back e monetizzazione alternativa del marchio collettivo: come trasformare immediatamente il vostro Brand in una quota di liquidità e lanciarlo sul mercato

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Un marchio collettivo (o anche un marchio d’impresa) può essere “monetizzato” con il Lease Back? Con questa guida operativa analizziamo come funziona la “locazione finanziaria di ritorno” di un Brand, i vantaggi economici e finanziari che ne derivano, come si conclude materialmente dal punto di vista giuridico – contrattuale e quando è lecita un’operazione di lease-back avente ad oggetto PI ( Intellectual Property), nello specifico un marchio collettivo.

Il marchio collettivo può essere oggetto di Lease – Back?

Come il marchio d’impresa, anche il marchio collettivo, Brand che si differenzia per la garanzia di qualità origine e caratteristiche rispetto ai prodotti che lo “indossano” ( art. 2570 cc e 11 CPI), in applicazione del principio di libera trasferibilità del marchio previsto dall’art 23 CPI, può essere ceduto congiuntamente o separatamente dall’azienda, oltre ad essere strutturalmente concesso in licenza d’uso a da uno o più utilizzatori.

Inoltre, in analogia ad un orientamento giurisprudenziale ormai uniforme, supportato anche dalla prassi ministeriale riferita al marchio d’impresa, può essere oggetto di un contratto di Lease-Back, operazione della quale la Cassazione ha recente ha riconosciuto la piena legittimità fiscale purché priva di causa concretamente illecita elusiva del divieto di patto commissorio ex art 2744 cc.

Il lease-back, “locazione finanziaria di ritorno” o “vendita con retro locazione finanziaria”, è un contratto d’impresa con una propria autonomia strutturale e funzionale, connotandosi come contratto atipico con causa finanziaria

Analizziamo quindi gli aspetti economici e finanziari di un’operazione di lease-back avente ad oggetto PI ( Intellectual Property), nello specifico un marchio collettivo

Come funziona in pratica la “Locazione finanziaria di ritorno”?

Analizziamo come il sale and lease back, attraverso la nostra soluzione applicativa, possa rivelarsi un prezioso espediente per lanciare sul mercato un marchio collettivo agli esordi del suo “Market Concept”, facendogli acquisire un notevole valore commerciale.

Il Lease Back è una fattispecie contrattuale generata dalla prassi commerciale, che si sostanzia in un’operazione negoziale complessa attraverso cui un’impresa (o un lavoratore autonomo) vende un bene di sua proprietà ad una società di leasing ( lessor), la quale a sua volta retrocede in locazione finanziaria lo stesso bene all’originario venditore ( lessee)

Questo significa che la società di leasing pagandone il prezzo, diviene proprietaria e concedente del bene verso l’impresa alienante che diviene a sua volta “locataria” e ne ottiene il godimento dietro pagamento dei canoni di leasing pattuiti con la facoltà, al termine del contratto, di esercitare l’opzione per l’acquisto del bene, corrispondendo un importo residuo di riscatto.

Monetizzazione alternativa dei marchi collettivi: il Lease Back come strumento per trasformare un ”intangible asset” in immediata quota di liquidità, lanciandolo sul mercato

Applichiamo adesso lo schema contrattuale complesso della locazione di ritorno al marchio collettivo : quali vantaggi si possono ottenere?

Nel caso di un “collective trademark” dunque, siamo di fronte ad una cessione della proprietà intellettuale ad una società di leasing e stipula contestuale di un contratto di leasing: in pratica, un soggetto, anche persona fisica – imprenditore cede un marchio collettivo ad una società (preferibilmente una cooperativa o un consorzio) la quale diviene titolare del brand e a sua volta lo concederà in uso sotto forma di locazione finanziaria al primo, diventando garante del corretto utilizzo del brand ed esercitando i controlli previsti dal “regolamento d’uso” ( art 11 comma 2 CPI)

Ciò consentirebbe ai detentori iniziali di un marchio collettivo da testare sul mercato, di finanziarsi, attraverso il corrispettivo immediato della vendita del brand (continuando ad utilizzarlo) – implementando così le campagne marketing e le attività di research e innovation necessarie a valorizzarlo e a godere dei bonus fiscali del Patent Box : in sintesi, la proprietà intellettuale viene utilizzata come garanzia per un prestito senza perderne lo sfruttamento economico e con la possibilità di diventarne nuovamente proprietari al termine contrattuale stabilito ( opzione di riscatto)

Trattasi quindi di una pratica di monetizzazione degli intangible asset che si rivela uno strategico strumento di innovazione finanziaria alternativa rispetto agli accordi vendita o licenza e un metodo di accesso immediato a nuove fonti monetarie, sfruttando Asset potenziali, dormienti o sottovalutati.

Come si conclude materialmente l’operazione di lease back?

L’operazione di sale and lease back, da perfezionarsi con scrittura autenticata da notaio, viene registrata e successivamente trascritta presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi di Roma per il marchio italiano, o di Alicante (Spagna) per il marchio Comunitario.

Quando un marchio può legittimamente essere ceduto con il Lease Back?

NB individuiamo ora gli indici positivi che connotano la “normalità”dell’operazione di Lease Back:

a) oggetto del contratto è un bene strumentale, cioè funzionale all’esercizio dell’attività aziendale non esauriente la sua utilità in un ciclo economico, che sia difficilmente collocabile nel mercato;

b) omogeneità nei criteri di vendita, dei canoni e del prezzo di opzione secondo valori di mercato, o cmq parametrati a criteri di congruità economica con il consigliato supporto della perizia di un esperto.

c) ampia durata del rapporto contrattuale strettamente collegata alla durata della vita utile del bene

d) conformità delle clausole del Lease Back a quelle normalmente adottate nei Leasing.

Quali sono i vantaggi delle operazioni di Lease Back?

1) La possibilità per l’impresa di finanziarsi evitando l’ingresso di soci terzi con una forma “elastica” di accesso al credito;

2) Incrementare la liquidità e produttività della propria attività lavorativa, professionale e commerciale evitando di perdere definitivamente la proprietà dei beni ceduti ;

3) reperire risorse monetarie senza aumentare il proprio indebitamento formalmente rilevato in bilancio, aumentando così anche la presentabilità contabile di fronte agli Stakeholders esterni;

4) godere di rilevanti benefits tributari  (in primis i bonus fiscali del Patent Box) in termini di deducibilità senza incorrere nella  fraudolenta elusione del divieto ex art 2744 cc.

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Quanto è costato realmente il Festival di Sanremo agli Italiani e quali incassi sono stati raggiunti? Il Bilancio della 67° Edizione tra dati, percentuali alla mano e un po’ di sano Gossip!

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La Kermesse della musica tricolore di Viale Mazzini ha riscosso nella sua 67° edizione un Boom straordinario nello share di ascolti rispetto alle passate edizioni, incassando una media di 1,5 milioni di utili a puntata. I conti pubblici per la RAI tornano gradualmente a quadrare grazie alla Spending Review e al Boom degli Spot nelle strategie organizzative del grande evento dell’Ariston. Ma quanto è costato realmente Sanremo 2017 agli italiani? Tracciamo un Bilancio di costi e ricavi del grande Festival della Canzone Italiana, colorato da un po’ di sano “Gossip”.

 

Come cambia il Bilancio del Festival della Canzone Italiana: il Boom delle entrate quasi raddoppiate

La Kermesse della musica tricolore di Viale Mazzini ha riscosso nella sua 67° edizione un Boom straordinario nello share di ascolti rispetto alle passate edizioni, incassando una media di 1,5 milioni di utili a puntata.

I conti pubblici per la RAI tornano quindi gradualmente a quadrare grazie alla Spending Review e al Boom degli Spot nelle strategie organizzative dell’evento dell’Ariston, segnando un’inversione di rotta rispetto all’edizione di sette anni fa, che chiudeva in perdita con un passivo di 1,5 milioni di euro.

Dunque, il successo di quest’anno sembra mettere a tacere la Corte dei conti che in passato ha a più riprese contestato alla Rai uno squilibrio del Bilancio!

Gli incassi del 2017 per Sanremo S. P. A. Affluiscono generosi da pubblicità e sponsor (decollati da 12 milioni di euro a 23 netti), dalla vendita dei biglietti (800mila euro complessivi – i cui prezzi oscillano dai 100 euro del ticket singolo per la galleria ai 1. 290 dell’abbonamento per tutte e cinque le serate in platea) e grazie alle svariate sponsorizzazioni (200 mila euro).

Inoltre, le entrate di Sanremo si sono giovate di un interessante rigonfiamento grazie anche alla versione digitale del Festival: in particolare, il sito della RAI riservato all’evento può contare su su un milione di browser unici al giorno e 20 milioni di pagine visitate.

Ma i finanziamenti per il Festival provengono o no dalle tasche dei contribuenti?

In realtà, al di là delle “pagelle” del Festival, quello che più preoccupa i cittadini sono i costi della manifestazione, considerata la diffusa convinzione che la TV pubblica funzioni in primis grazie ai soldi versati dai “contribuenti” RAI.

In realtà, per rasserenare gli italiani, chiariamo subito che le risorse per finanziare l’evento non provengono tutte dal Canone Rai pagato dagli italiani ma per la maggior parte dagli introiti delle pubblicità. In proposito, l’obiettivo della Rai quest’anno, come dichiarato dall’AD Fabrizio Piscopo è quello di superare il Record di 6 milioni di euro di utili. Gli investitori infatti hanno beneficiato di un posizionamento degli spot gestiti da Rai – Pubblicità con un ascolto pubblicitario medio in crescita del 6% rispetto allo scorso anno.

Tutta la verità sui costi reali del 67° Festival di Sanremo. Cachet presentatori, e artisti internazionali, guadagno cantanti e premio per il vincitore

A quanto pare, come anche dichiarato da Carlo Conti “ gli italiani non verseranno un euro dal momento che la pubblicità non solo ripaga ampiamente tutte le spese ma produce anche un utile importante. ”

Cachet dei presentatori: beneficenza per i terremotati da Conti e conduzione gratuita della De Filippi
Da un lato il direttore artistico della 67° edizione del Festival di Sanremo, Carlo Conti, ha deciso di devolvere una parte dei 650 milioni di euro pattuiti con la Rai (compenso in linea con quello dei presentatori delle scorse edizioni) per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto; dall’altro Maria De Filippi partecipa a Sanremo in maniera totalmente gratuita, non percependo alcuno stipendio dalla Rai, gesto davvero ammirevole e apprezzabile da parte della celebre presentarice; grazie anche questo contributo, il programma ha rinunciato alla presenza delle vallette, tagliando un’ulteriore consistente spesa.

Cachet per gli ospiti internazionali

Anche per gli ospiti internazionali il budget è stato notevolmente ridotto poiché è stato dimezzato a 1,5 milioni di euro.

Guadagni per i cantanti in gara

Per ognuno dei cantanti in gara, a differenza di ciò che comunemente si pensa, è previsto un rimborso spese di circa 40 mila euro.  

Sanremo 2017: premio per il vincitore?

Nessun premio in denaro è stato previsto, quindi no ad ulteriori esborsi, né per il vincitore del premio finale, né per quello della critica intitolato a Mia Martini. Per i cantanti dunque, gli incassi relativi alla partecipazione a Sanremo sono legati quasi esclusivamente alle vendite degli Album di prossima uscita.

Un po di sano Gossip sul Palco dell’Ariston

La splendida kermesse si è aperta con l’omaggio del primo superospite dell’edizione 2017 Tiziano Ferro, al celebre artista della scuola genovese Luigi Tenco, a 50 anni dalla sua morte, attraverso un’ interpretazione magistrale di “Mi sono innamorato di te”. Sul palco dell’Ariston il cantautore ha poi duettato con Carmen Consoli “Il Conforto” dichiarando “Lei, una voce come la mia, lui l’esempio che mi tiene vivo”.

Il successo del Festival è stato anche impreziosito dal “messaggio arcobaleno” di Mika, superospite della terza serata, che ha movimentato con il suo talento il Palco dell’Ariston con un medley dei suoi successi più famosi e un omaggio a George Michael. L’artista internazionale ha inscenato una meravigliosa performance con un messaggio per la parità dei diritti: ha sussurrato prima di cantare “Con la musica si può diventare di tutti i colori , una volta giallo, poi blu, violetto. Se uno pensa che un colore ha più diritti di un altro, o che un arcobaleno è pericoloso perché rappresenta tutti i colori del mondo, peggio per lui. Lo lasciamo senza musica”

Tra gli intervalli della cornice musicale, spicca irriverente la satira di Crozza che tra le risate del pubblico non ha lasciato tregua a nessuno dei personaggi imitati. Applausi e platea in piedi anche in occasione del sentito e meritato ringraziamento per gli eroi del quotidiano, finanzieri, Croce Rossa e protezione civile, impegnati nei tragici eventi che hanno scosso recentemente il Centro Italia.

Ancora, con il geniale inserimento della voce della mitica Mina, lo spot versatile della telefonica con il ballerino “virale” Jamie Berry sfiora la perfezione dell’ “operazione Sanremo” e sbanca il Festival rappresentando uno dei contenuti migliori dell’intero spettacolo.

 

La vittoria finale del Sanremo 2017 va al brillante artista Francesco Gabbani con “Occidentali’s karma” un brano pop elettronico dalla melodia accattivante ed una ritmica coinvolgente che ha reso il video ormai virale, il quale cela nelle sue sfumature sarcastiche, un invito a riflettere sul nostro modo di vivere.

 

Costi e ricavi di Sanremo 2017

Le spese per il Festival di Sanremo 2017 dovrebbero quindi ammontare ad un totale di 15,5 milioni di euro, 500 mila in meno del 2016 di cui 5 milioni circa dovuti al Comune di Sanremo per l’utilizzo del Teatro Ariston.

Il palco sanremese ha segnato una sforbiciata del 24,6% dei i costi rispetto al 2010 a fronte di circa 7,5 milioni di utili per la RAI in meno di una settimana.

In particolare i costi per per l’uso del marchio di proprietà del Comune di Sanremo esborsati da “Viale Mazzini”, dagli iniziali 9 milioni di euro sono scesi, a seguito di una lunga ed efficace trattativa, prima a 7 milioni nel 2013 e infine a 5,25 quest’anno segnando una impennata evidente degli utili.

Per quest’anno quindi si prospetta un saldo attivo di 7 milioni di euro, grazie ai 23 milioni di ricavi derivanti da sponsor e pubblicità.

I tagli dell’organizzazione hanno avuto ripercussioni positive su quasi tutte le voci di bilancio conseguendo un netto e corposo risparmio, in primis grazie al restyling delle giurie demoscopiche, sbancando l’audience in modo eclatante.

Rappresentiamo in sintesi le voci di spesa del Festival di Sanremo 2017

SPESE FESTIVAL SANREMO

Costi industriali

Costi esterni di produzione

Conduzione e Cast fisso

Convezione Rai – Comune Sanremo

Varie

10%

10%

15%

32%

33%

 

 

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Regolamento d’uso e disciplinare di produzione per la registrazione del marchio collettivo: le istruzioni per non commettere errori

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Per il corretto deposito del marchio collettivo, brand strategico e di elevatissimo valore, che garantisce la qualità, l’origine e le caratteristiche dei prodotti che hanno il privilegio di indossarlo,  nella nuova impostazione sono il regolamento d’uso ed eventuale disciplinare di produzione – e non più lo statuto dell’ente o la legge speciale istitutiva – i documenti  sui quali si basa la domanda di registrazione, che prevedono le condizioni necessarie per l’ottenimento della licenza d’uso del marchio collettivo.  Esaminiamoli da vicino per non incorrere in errori che comprometterebbero la valida registrazione del vostro marchio collettivo.

 

Quali sono attualmente i documenti indispensabili per la registrazione del marchio collettivo?

La titolarità del marchio collettivo, che ha la particolare funzione di garantire, quale brand strategico e di elevatissimo valore, la qualità, l’origine e le caratteristiche dei prodotti che hanno il privilegio di indossarlo, non è più legata, come in passato, alla struttura giuridica del soggetto titolare (che doveva tassativamente essere un’associazione legalmente riconosciuta e costituita).

Elemento essenziale è nel contesto attuale la funzione effettiva svolta dall’ente titolare (impresa, associazione riconosciuta o anche di fatto, privato o pubblico) che deve essere di protezione e garanzia di determinati prodotti o servizi.

Il successo del marchio collettivo sarà, in definitiva, tanto più grande quanto più conosciuto ed apprezzato sarà l’organismo titolare che con esso si identifica, il quale dovrà saper garantire la qualità (intesa in senso lato) del bene o del servizio da esso contraddistinti, conquistando la fiducia del consumatore.

Nel marchio collettivo si assiste ad una scissione tra titolarità (concedente) ed utilizzo (concessionario) del brand ma il primo ha l’obbligo di controllare che i prodotti su cui sarà apposto il marchio, abbiano i giusti e corretti requisiti.

Tali requisiti sono indicati in un Regolamento che deve essere allegato in fase di domanda di registrazione e nell’ipotesi in cui il brand venga concesso in uso non semplicemente a commercianti ma anche a produttori, sarà indispensabile allegare in fase di deposito anche il disciplinare di produzione al quale il primo rinvierà.

Nella nuova impostazione è dunque il regolamento d’uso – e non più lo statuto dell’ente o la legge speciale istitutiva – il documento sul quale si basa la domanda di registrazione che prevede le condizioni necessarie per l’ottenimento della licenza d’uso del marchio collettivo. Devono essere depositate anche le eventuali variazioni apportate successivamente al regolamento.

 

Quali elementi deve indicare assolutamente il regolamento d’uso?

Il contenuto essenziale di tale regolamento è costituito da:

a) garanzia sostanziale del concedente;

b) clausole relative alle modalità d’uso e concessione, poteri di controlli e sanzioni da parte del concedente;

c) necessaria apertura all’utilizzo da parte di qualsiasi impresa interessata, che si impegni a rispettare il disciplinare (rispetto del principio di parità concorrenziale): in caso di discriminazione  si configurerebbe un un abuso di posizione dominante.

Occorre dunque procedere ad un’oculata ed efficace redazione del regolamento d’uso sia per garantire una spendibilità efficace del brand che per la sua tutela anche rispetto agli utilizzatori, assicurandone una gestione continuativa, redditizia e strategica.

N. B.  Gli uffici come l’UIBM o l’EUIPO verificano l’obiettiva funzione di garanzia del soggetto cedente nonché valutano la congruità e completezza del regolamento allegato.

 

Cosa accade se il titolare – licenziante del marchio collettivo omette i necessari controlli sul suo utilizzo?

Il mancato controllo con irrogazione di sanzioni da parte del soggetto titolare rispetto al marchio utilizzato non conformemente al regolamento d’uso (cd. Marchio decettivo) può comportare la decadenza del titolare dal marchio, e di conseguenza l’impossibilità per gli aderenti o concessionari di utilizzarlo, ai sensi dell’articolo 14 del CPI.

NB Occorre evidenziare che la concedibilità del marchio collettivo a un terzo non è automatica, ma è subordinata alla verifica dei requisiti oggettivi dell’azienda (di solito da parte di un comitato) che deve soddisfare le norme del regolamento d’uso.

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