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Qual è il trattamento fiscale IRPEF e IVA dei redditi derivanti dall’utilizzazione economica delle opere dell’ingegno tutelate dal diritto di autore e come vanno indicati in Unico?

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Con questa guida operativa analizziamo come vanno tassati ai fini IRPEF e IVA quei redditi generati dall’utilizzazione economica delle opere dell’ingegno riguardanti scienze, letteratura, musica, arti figurative, architettura, teatro, cinematografia, sia per all’autore che per le persone fisiche diverse dall’autore, illustrando come indicarli nel modello Unico 2017.

Concessione in licenza di opere dell’ingegno

Il titolare di un brevetto o di una proprietà intellettuale (sia essa legata alle scienze, alla letteratura, alla musica, arti figurative, architettura, teatro, cinematografia, ecc), attraverso il “licensing” (concessione in licenza) può decidere di attribuire a terzi lo sfruttamento economico della propria opera, ottenendo come corrispettivo economico canoni periodici (royalties). Quindi l’autore – licenziante dell’opera resta proprietario della stessa e il terzo licenziatario potrà utilizzare l’opera a fini commerciali e/o di lucro.

Lo sfruttamento attraverso la cessione o l’utilizzo del diritto di autore di opere dell’ingegno è disciplinato dalla Legge n. 633/1941, la quale prevede diritto esclusivo dello stesso di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, ex art articolo 12 della citata legge.

Il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell’opera quale particolare espressione del lavoro intellettuale. Tale diritto ha una triplice declinazione:

Diritto di pubblicizzare l’opera;

Diritto di utilizzare economicamente l’opera;

Diritto di rivendicare la paternità dell’opera.

Il diritto di pubblicizzare l’opera e il diritto di utilizzarla economicamente sono diritti patrimoniali disponibili, e dunque possono formare oggetto di cessione, a differenza del diritto di paternità dell’opera che, marcato dal carattere personale, non può mai essere negoziato.

Tassazione fiscale ai fini IRPEF

I proventi percepiti dall’autore dell’opera, a titolo di corrispettivo per la cessione o la concessione in uso di un’opera dell’ingegno tutelata dalle norme sul diritto d’autore, se non sono conseguiti nell’esercizio d’impresa commerciale, ai fini delle imposte sui redditi, sono classificati come redditi di lavoro autonomo (articolo 53, comma 2, lettera b) del DPR n. 917/86). La peculiarità del trattamento fiscale di tali compensi rispetto ai principi generali applicabili ai redditi di lavoro autonomo è quella per la quale, ai fini delle imposte dirette (IRPEF) vengono tassati nel periodo d’imposta i compensi percepiti per lo sfruttamento economico delle opere d’ingegno ridotti delle deduzioni forfettarie, di cui all’articolo 54, comma 8, del DPR n. 917/86.

I compensi derivanti dall’utilizzazione economica delle opere dell’ingegno, percepiti da persone fisiche diverse dagli autori sono qualificati e tassati come redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, lettera g) del DPR n. 917/86.

Disciplina IVA

Per quanto riguarda il funzionamento dell’imposta sul valore aggiunto, le cessioni effettuate dagli autori o dai loro eredi o legatari sono considerate fuori dal campo di applicazione dell’Iva, ai sensi del articolo 3, quarto comma, lettera a) del DPR n. 63/1972, in base al quale: “non sono considerate prestazioni di servizi le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti di autore effettuate dagli autori”.

NB Nella ricevuta per diritto di autore, dovrà quindi essere riportata l’indicazione: “Operazione fuori campo Iva ai sensi del articolo 3, quarto comma, lettera a) del DPR n. 63/1972”.

Ritenute di acconto

royalty pagate a soggetti residenti: sulla parte imponibile (compenso percepito al netto della deduzione forfettaria spettante) all’atto del pagamento dovrà essere operata una ritenuta d’acconto Irpef del 20% o, nel caso di reddito assimilato, con l’aliquota Irpef secondo lo scaglione di reddito.

royalty pagate a soggetti non residenti : in tal caso si applica una ritenuta a titolo d’imposta pari al 30%, anche per le prestazioni effettuate nell’esercizio di imprese (la ritenuta verrà applicata al 100% dei compensi) ad eccezione dei compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e quelli corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.

Come si indicano i compensi in Unico PF

1) L’autore che abbia percepito, nel corso del periodo d’imposta, dei compensi per la cessione o concessione in uso di un’opera dell’ingegno tutelata dalle norme sul diritto d’autore dovrà dichiarare tali compensi nella sezione III del Quadro RL del modello Unico P. F. , al rigo RL25. Su tali proventi spettano deduzioni forfettarie nella seguente misura:

del 25% dei proventi stessi se il beneficiario ha un’età pari o superiore ai 35 anni, alla data di percezione dei redditi dichiarati;

del 40% dei proventi stessi se il beneficiario ha un’età inferiore ai 35 anni.

L’importo della deduzione spettante deve essere indicato al rigo RL29.

2) Le persone fisiche diverse dagli autori, compresi i soggetti che abbiano acquistato i diritti d’autore per successione o donazione, dovranno dichiarare i compensi percepiti al rigo RL13, della sezione II A del Quadro RL. In questo caso il compenso deve essere riportato già al netto della deduzione forfettaria spettante. Nessuna deduzione si applica gli acquirenti a titolo gratuito.

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Il collezionista che detiene illecitamente opere d’arte all’estero, come può regolarizzare la propria posizione con il Fisco? Voluntary Disclosure, interposizione di società e termine di adesione

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Un collezionista che ha trasferito all’Estero le opere d’arte acquistate senza dichiararle al Fisco, per sottrarle a tassazione, come può sanare la propria posizione e mettersi al riparo dalle gravi conseguenze fiscali e penali? E in caso di interposizione di società cosa accade? La Voluntary Disclosure e termine finale per aderire nel 2017.

Quesito

Un collezionista che ha trasferito all’Estero le opere d’arte acquistate senza dichiararle al Fisco per sottrarle a tassazione, come può sanare la propria posizione e mettersi al riparo dalle gravi conseguenze fiscali e penali?

Risposta

Lo strumento ad hoc in questi casi è la Voluntary Disclosure (o “collaborazione volontaria”) ex L. 186/2014 in vigore dal 1° gennaio del 2015, ideata per rafforzare la compliance tra contribuenti e fisco strumento e contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale che consente ai contribuenti che detengono illecitamente attività finanziarie o patrimoniali all’estero di regolarizzare la propria posizione. Ciò attraverso la denuncia spontanea all’Amministrazione finanziaria della violazione degli obblighi di monitoraggio ed il pagamento delle relative imposte e le sanzioni in misura ridotta. Per quanto riguarda il mondo dell’arte, rientrano in tale casistica le opere detenute all’estero che dal 2009 avrebbero dovuto essere indicate nel quadro RW del modello Unico persone fisiche.

NB Questa opportunità si traduce in una vera e propria necessità per il collezionista che intenda alienare in un futuro le opere detenute all’estero, posto l’obbligo di effettuare transazioni finanziare trasparenti al fine di non incorrere in pesanti sanzioni e possibili sospetti di riciclaggio.

L’adesione alla voluntary disclosure è consentita se l’opera è stata acquistata da società all’estero?

La risposta a tale quesito è positiva sulla base di una specifica circolare dell’Agenzia delle Entrate (10/E del 13 marzo 2015)la quale ha disposto che l’interposizione di società estere non fa venir meno la possibilità di aderire alla procedura, tuttavia, specie in questi casi, è quanto mai necessario capire chi sia il reale proprietario dell’opera e valutare se la stesso non sia localizzato in un paradiso fiscale (cd. Paesi black list), pena il raddoppio delle sanzioni”.

Termine di scadenza per aderire

Attenzione La domanda di voluntary disclosure, con il nuovo modello 2017 approvato dall’Agenzia delle Entrate, dovrà essere compilata ed inviata dal 7 febbraio con termine ultimo di scadenza fissata al 31 luglio 2017 (art. 7 del Decreto Fiscale 193/2016)

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Redditometro e Spesometro per i collezionisti d’arte e termini imminenti di scadenza aprile 2017

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Con questa guida analizziamo la deducibilità fiscale delle spese da acquisto di opere d’arte da parte di persona fisica non imprenditore e gli strumenti del Fisco volti a monitorare e accertare le “movimentazioni economiche” relative alla compravendita di tali beni, al fine di arginare fenomeni di evasione fiscale: redditometro e spesometro, ricordandone le scadenze imminenti di aprile 2017.  

Deducibilità fiscale dell’acquisto di opere d’arte per il soggetto persona fisica

L’acquisto di opere d’arte, d’antiquariato o da collezione dal soggetto privato non imprenditore non genera alcun tipo di deducibilità fiscale in capo all’acquirente. Questo perché, lo stesso non agisce nell’ambito di una attività professionale o imprenditoriale commerciale generatrice di reddito al quale possa ricollegarsi un’ agevolazione relativa all’acquisto di beni artistici.

Attenzione : al pari delle altre risorse e beni indice di capacità contributiva, anche l’acquisto di opere d’arte viene “monitorato” ai fini della verifica della capacità reddituale e di spesa del contribuente,

Il redditometro “dell’arte” : cos’è e come funziona

Il redditometro, congegnato nell’orbita della lotta all’evasione fiscale, è uno strumento di accertamento sintetico induttivo basato sul principio della proporzionalità tra la spesa e il reddito prodotto, utilizzato per effettuare un esame delle eterogenee manifestazioni di capacità contributiva dei cittadini, volto al controllo ed accertamento delle frodi fiscali. Tale principio viene, di fatto, utilizzato per determinare il reddito attribuibile alla persona fisica, analizzandone il tenore di vita attraverso una più diretta analisi delle manifestazioni di capacità contributiva.

Nel “nuovo redditometro”, sono oggetto di valutazione spese e consumi per circa un centinaio di voci, effettuati raggruppati undici aree merceologiche. Il controllo incrociato delle voci di spesa rappresentative con le dichiarazioni fiscali presentate consentirà di valutare la coerenza tra uscite ed entrate del soggetto, con la precisazione che non solo le risultanze documentali dei dati di spesa potrebbe far scattare un accertamento in caso di divergenza di valori (come detto scostamenti superiori al 20% e a 12mila euro l’anno), ma anche una semplice presunzione basata sulle medie Istat sarà sufficiente a tal fine.

Con riferimento all’area investimenti rientrano espressamente gli oggetti d’arte e di antiquariato mentre, nella categoria dei consumi rientrano beni di argenteria, gioielli e orologi.

Il contribuente conserva comunque il diritto al contraddittorio al fine di poter dimostrare che la “differenza di reddito” accertato quale surplus , derivi da redditi esenti o soggetti a imposte sostitutive o a ritenute alla fonte a titolo di imposta.

NB quindi al contribuente che si accinge ad acquistare un bene artistico è consigliabile effettuare una valutazione preventiva della propria “capienza” reddituale annua e , in alternativa,acquisire e conservare tutta la documentazione utile a provare che il prezzo pagato per l’opera d’arte sia derivante da disinvestimenti o finanziamenti.

Spesometro dell’arte : attenzione alle imminenti scadenze del 10 e 20 aprile 2017

Lo spesometro è uno strumento complementare e integrativo rispetto al redditometro che consente al Fisco di controllare le spese effettuate dai singoli cittadini, siano essi titolari o meno di partita Iva. A partire dall’esercizio 2012, per qualsiasi spesa di qualunque importo, il venditore (e quindi anche l’antiquario o il mercante d’arte o la casa d’aste) soggetto passivo IVA, è obbligato per legge a registrare il codice fiscale dell’acquirente e a comunicare i dati dell’acquisto per via telematica all’Agenzia delle Entrate per le operazioni rilevanti ai fini IVA superiori a 3. 600 euro e le fatture emesse, ricevute e note di variazione ed i versamenti periodici IVA. Le informazioni acquisite confluiscono in una banca dati unica che analizza tutte le spese relative a ogni singolo codice fiscale e, uno speciale algoritmo informatico farà scattare l’accertamento fiscale induttivo a carico di tutti i soggetti che hanno effettuato spese superiori al reddito dichiarato, cioè al tenore di vita economico e fiscale che appare formalmente all’Amministrazione finanziaria.

Attenzione : occorre monitorare i termini di scadenza dello spesometro 2017 e cioè :

10 aprile spesometro annuale per i contribuenti IVA mensili;

20 aprile spesometro annuale per i contribuenti IVA trimestrali.

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Il collezionista che vende occasionalmente on – line (su ebay, o su aste on line et similia) opere d’arte, deve dichiarare al Fisco i proventi incassati? Se si, come verranno tassati?

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Se il collezionista vende occasionalmente on – line, senza svolgere formalmente E – Commerce, opere d’arte appositamente acquistate, cosa succede a livello fiscale? Sarà soggetto ad avvisi di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria se non dichiara al Fisco i relativi proventi incassati?

Quesito

Se il collezionista vende occasionalmente on – line, senza svolgere formalmente E – Commerce, opere d’arte appositamente acquistate, cosa succede a livello fiscale? Sarà soggetto ad avvisi di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria se non dichiara al Fisco i relativi proventi incassati?

Analisi

La vendita di opere d’arte, preventivamente acquistate, mediante canali telematici in modo occasionale (ebay, aste on line, ecc. ) configurerebbe un’attività di carattere imprenditoriale commerciale con le relative conseguenze dal punto di vista fiscale. I proventi generati da tali operazioni, sebbene sporadiche, di compravendita, non sarebbero tassabili come redditi d’impresa ma, in quanto sorrette da un intento speculativo configurerebbero reddito diverso derivante da attività commerciali non esercitate abitualmente (in quanto ivi ricomprese anche quelle legate all’intermediazione nella circolazione dei beni ex art. 2195 Cod. Civ. ). Si è quindi in presenza di operazioni di natura commerciale “occasionali” da ricondurre nel disposto dell’art. 67, lett i) del Tuir.

Si evidenzia al riguardo che, per la Corte di Cassazione e la prassi dell’amministrazione finanziaria, affinché ricorra la figura dell’imprenditore commerciale non è necessario che “la funzione organizzativa dell’imprenditore costituisca un apparato strumentale fisicamente percepibile, poiché quest’ultimo può ridursi al solo impiego di mezzi finanziari, sicché la qualifica di imprenditore deve essere attribuita anche a chi utilizzi e coordini un proprio capitale per fini produttivi. E’, poi, del tutto irrilevante che l’esercizio dell’impresa si esaurisca in un singolo affare, poiché anche il compimento di un unico affare può costituire impresa quando implichi l’esecuzione di una serie coordinata di atti economici”.

Soluzione

Il collezionista privato che investe capitali, al fine di svolgere attività di vendita on line ,ad esempio su e – bay o aste on line, di oggetti di antiquariato o d’arte, anche acquistati a distanza di un considerevole lasso di tempo rispetto alla operazione di cessione, disponendo di un apparato organizzativo “virtuale” sarà soggetto passibile di imposta per il Fisco e ed i proventi incassati anche se “occasionalmente “ saranno tassati come redditi diversi ex art 67 lettera i) del tuir.

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Vendita di opere d’arte ricevute in eredità o donazione: il collezionista deve pagare le imposte sui guadagni incassati? Se si, quando?

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La vendita di beni d’antiquariato o altre opere d’arte, ricevuti in eredità, da parte di un collezionista d’arte privato, costituisce reddito d’impresa tassabile ex art 55 TUIR? Quando il soggetto che non dichiara i relativi proventi, potrà essere destinatario di avvisi di accertamento legittimamente emessi dal Fisco per il recupero delle imposte non versate?  

Quesito

La vendita di beni d’antiquariato o altre opere d’arte, ricevuti in eredità, da parte di un collezionista d’arte privato, costituisce reddito d’impresa tassabile ex art 55 TUIR? Quando il soggetto che non dichiara i relativi proventi, potrà essere destinatario di avvisi di accertamento legittimamente emessi dal Fisco per il recupero delle imposte non versate?

Analisi

In linea preliminare, ai fini di un corretto inquadramento del trattamento fiscale applicabile , occorre delineare una distinzione tra :

vendita di opere d’arte o d’antiquariato da parte di un soggetto privato, qualificabile come “collezionista” svolta in modo occasionale, non sorretta da uno scopo speculativo quindi non volto alla realizzazione di un profitto. Se quindi il collezionista si limita ad operare come “mercante d’arte”, i corrispettivi incassati non saranno passibili di tassazione come nell’ipotesi in cui un privato venda opere d’arte ricevute in successione o donazione. L’irrilevanza fiscale ricorre indipendentemente dall’ammontare degli introiti, sia nel caso di vendita ”in blocco” con un unico atto, sia se “frammentata” in tempi diversi anche nei confronti di più acquirenti sempre a condizione che manchi sistematicità ed una seppur minima organizzazione imprenditoriale.

cessione di opere artistiche integrante invece un’attività finalizzata alla produzione o allo scambio di beni e servizi ed esercitata in maniera organizzata (cioè attraverso una struttura “eteroorganizzata”), economica (cioè con modalità che consentono quantomeno la copertura dei costi) e professionale (ossia in maniera abituale e non occasionale), i relativi proventi potrebbero essere tassabili ex art. 55 del TUIR come redditi d’impresa.

NB in tal caso, se il Fisco volesse qualificare l’attività come imprenditoriale sarebbe tenuto a verificare la sussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 2082 c. C.

Attenzione : né il numero delle operazioni compiute, né l’ammontare delle stesse risultano essere rilevanti ai fini dell’assoggettamento a tassazione dei proventi realizzati, perché ciò che rileva sono il modus operandi e le finalità concretamente perseguite.

Questo significa che gli obblighi relativi agli adempimenti di natura formale (contabili e fiscali) scattano se l’attività è posta in essere in via professionale ed abituale: ne rappresentano elementi sintomatici la regolarità, la sistematicità e la ripetitività con cui il soggetto realizza atti economici finalizzati al raggiungimento di uno scopo.

Soluzione

Il collezionista privato che vende con operazioni “isolate” opere artistiche ricevute in successione o donazione non dovrà dichiarare i relativi proventi ( anche se elevati) come redditi d’impresa quindi potrà fondatamente ricorrere avverso eventuali avvisi di accertamento dell’agenzia delle Entrate riferiti a tali entrate reddituali.

Non è qualificabile come imprenditore commerciale chi acquista e/o vende opere d’arte oppure oggetti d’antiquariato per incrementare la propria collezione al fine di goderne liberamente senza essere mosso dalla finalità principale di realizzarne un guadagno.

Lo stesso principio si applica nel caso di dismissione di una collezione, ancorché realizzata in più atti effettuati in tempi diversi. La stessa amministrazione finanziaria nella risoluzione n. 5/2001, ha escluso che la rivendita di beni ricevuti a titolo di liberalità possa qualificarsi come attività commerciale sia pure occasionale in base al presupposto che non sia ravvisabile “l’elemento dell’intermediazione nello scambio dei beni ma una semplice operazione di dismissione patrimoniale”.

NB L’esclusione della tassazione non viene meno se un’operazione possa generare un profitto qualora questo non fosse originariamente voluto e se, soprattutto, il soggetto agente non risulti dotato di un’organizzazione imprenditoriale.

La risposta al quesito è supportata dalla giurisprudenza tributaria nei seguenti termini:“La compravendita di opere d’arte di un collezionista non configura attività d’impresa e quindi non è soggetta a tassazione”. Così ha statuito la Commissione Tributaria Regionale della Toscana la quale, con la sentenza n. 826/31/16 del 21/01/2016 ha escluso, con riferimento ad un contribuente pensionato destinatario degli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate per il recupero Irpef, Iva, Irap e contributi Inps, la parallela realizzazione di attività imprenditoriale, difettando i requisiti ex art 2082 del c. C. Che presuppongono a tal fine la professionalità e la specifica organizzazione economica.

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Opere d’arte e reddito di lavoro autonomo. IRPEF, IVA e il “regime del margine” per i commercianti ambulanti

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Con questa guida operativa analizziamo la rilevanza fiscale delle spese e dei proventi derivanti rispettivamente dall’acquisto e dalla cessione di opere d’arte nell’ambito del reddito di lavoro autonomo ai fini IRPEF ed esaminiamo altresì il funzionamento dell’IVA e lo speciale “regime del margine” che, per chiunque desideri cimentarsi nella commercializzazione di questa tipologia di beni è assolutamente necessario conoscere soprattutto per chi è commerciante ambulante.

Acquisto di opere d’arte e deducibilità

In materia reddito di lavoro autonomo professionale, a differenza della qualificazione delle opere d’arte ai fini del reddito d’impresa, esistono specifiche norme concernenti l’acquisto e la cessione di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione. In primis, l’art. 54, comma 5 del TUIR prevede che debbano essere “comprese nelle spese di rappresentanza anche quelle sostenute per l’acquisto o l’importazione di oggetti di arte, di antiquariato o da collezione, anche se utilizzati come beni strumentali per l’esercizio dell’arte o professione…”.

Le spese di rappresentanza, con riferimento alla categoria reddituale in esame, sono deducibili nel limite dell’1% dei redditi percepiti dal professionista nel corso del periodo d’imposta di riferimento.

In applicazione del principio tributario dell’onere della prova, tali spese dovranno essere adeguatamente documentate.

Rilevanza fiscale della vendita di opere d’arte dal professionista

In linea di principio, i beni strumentali acquistati nell’ambito dell’attività professionale e poi ceduti a titolo oneroso, concorrono alla formazione del reddito dell’esercizio sotto forma di emersione di plusvalenze imponibili o minusvalenze deducibili.

Tuttavia, l’art. 54, comma 1-bis del Tuir sottrae a questa regola gli oggetti d’arte, di antiquariato e da collezione. Ciò significa che le plusvalenze e le minusvalenze prodotte dalla cessione di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione, non saranno imputati ai fini del calcolo del reddito di lavoro autonomo professionale neanche se:

sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;

sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni;

i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o la professione o a finalita’ estranee all’arte o professione.

IVA e regime del margine

La vendita di un’opera da parte di una galleria avviene sulla base di un mandato (senza rappresentanza) che l’artista sottoscrive in favore della prima la quale, agendo come “mediatore culturale” non diventa mai proprietaria dell’opera ma, nel momento in cui la vende a un collezionista, incasserà il prezzo finale retrocedendolo poi all’autore dell’opera al netto della commissione.

Ai fini degli adempimenti IVA, occorre procedere alla corretta fatturazione per la definizione della provenienza e la certificazione del valore d’acquisto.

Le cessioni di opere d’arte, scontano aliquote differenti : l’aliquota ordinaria fissata al 22% viene ridotta al 10% se il cedente è l’artista stesso.

Per identificare il corretto funzionamento dell’imposta sul valore aggiunto , occorre far riferimento alla tabella prevista dall’art. 36, comma 1 del D. L. N. 41/1995 che disciplina il cd. “regime del margine”, regime speciale Iva applicabile al commercio di beni mobili usati, opere d’arte e d’antiquariato.

Trattasi di un regime alternativo introdotto nel nostro ordinamento per evitare la doppia tassazione sui beni rispetto ai quali il rivenditore ha corrisposto un prezzo per il quale non abbia potuto portare in detrazione l’IVA. Tale regime si applica agli oggetti d’arte (e ai beni usati) acquistati da privati (ma anche direttamente dall’autore o dai suoi eredi che non siano soggetti IVA) e rivenduti da chi ne esercita il commercio per professione abituale.

Tale particolare regime è caratterizzato da tre diverse metodologie di calcolo potenzialmente applicabili in base alla convenienza.

Il regime analitico : per ogni singola operazione, la base imponibile per il calcolo dell’IVA, è costituita dalla differenza (il margine) tra il prezzo di vendita comprensivo dell’IVA e quello di acquisto, certificato da un documento contabile, inclusivo delle eventuali spese accessorie (resta ferma la possibilità di optare per l’applicazione del regime ordinario dell’IVA). L’iva viene in questo caso calcolata solo quando si ha un differenziale positivo; se lo scarto è negativo, il margine viene considerato “zero” e quindi l’imposta si annulla. In questo regime rientrano tutti i soggetti che effettuano vendite di beni usati anche se non in maniera abituale e continuativa.

Il regime forfettario è il regime applicabile a chi commercia beni usati in forma esclusivamente ambulante, oppure oggetti d’arte per i quali il prezzo di acquisto manca o non è determinabile o è irrilevante; : il margine su cui viene individuata l’imposta è calcolato mediante l’applicazione di una percentuale predeterminata sul prezzo di vendita, nel primo caso pari al 50% e nelle altre ipotesi uguale al 60%.

Il regime globale (applicabile solo ad alcune specifiche attività di commercio non esercitate da ambulanti tra cui francobolli, monete o altri oggetti da collezione e qualsiasi bene con costo inferiore a € 516,46). Qui, secondo uno schema più semplice, la determinazione del margine avviene con riferimento alle cessioni e agli acquisti considerati globalmente nel periodo mensile o trimestrale e non sulla base delle singole operazioni effettuate.

Il regime del margine è ulteriormente soggetto ad applicazioni differenti a seconda che la vendita avvenga con l’intermediazione di una galleria o di una casa d’aste.

NB L’applicazione del regime speciale IVA prevede l’ indetraibilità per tutti gli acquisti sia nazionali che intracomumitari.

I soggetti che aderiscono a tale regime:

devono indicare in fattura che si tratta di cessione di beni ai sensi dell’art. 36 del DL 41/1995

sono obbligati ad indicare il corrispettivo comprensivo dell’imposta.

L’opzione per uno dei metodi margine sopra illustrati, ha in genere durata minima di tre anni e va espressa nel quadro VO del Modello Iva in Unico.

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Acquisto e cessione di opere d’arte da parte di aziende : come vanno contabilizzate in bilancio e quando generano reddito d’impresa ?

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Acquisto e Cessione opere d'arte da parte di Aziende
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Se un’impresa acquista o vende opere d’arte, come dovrà inserire in Bilancio le stesse e, soprattutto, le relative spese e i guadagni rileveranno ai fini deducibilità e della imponibilità fiscale come redditi d’impresa? Se si quando?

La materia relativa all’acquisto e alla vendita degli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione non risulta disciplinata da norme specifiche in ambito di redditi d’impresa, pertanto occorrerà procedere ad una ricostruzione dei principi applicabili attraverso le regole generali sull’imponibilità e la deducibilità dei componenti di reddito.

Collocazione in bilancio delle opere artistiche

Al fine di comprendere la contabilizzazione in bilancio dei beni in esame, malgrado la mancanza di espressi riferimenti in merito, occorrerà distinguere tra:

imprese che commercializzano le opere d’arte come attività prevalente/principale : in tal caso i beni artistici rientreranno nella valutazione delle rimanenze di magazzino, come beni merce la cui compravendita rappresenta l’attività principale dell’impresa e ai fini della valorizzazione sarà applicato il criterio relativo al costo specifico d’acquisto (costo storico)

imprese che detengono tali beni a scopo di trarne le pertinenti utilità nel lungo periodo cioè dispongono di tali beni in funzione della rappresentanza, lustro e all’importanza che tali risorse sono suscettibili di conferire nei luoghi di allocazione: qui, difettando l’attività tecnica commerciale di compravendita di tali opere, le stesse saranno indicate in bilancio tra le immobilizzazioni non ammortizzabili perché, al contrario di ciò che presuppone un piano di ammortamento, l’opera incrementa il suo valore con il passare del tempo in relazione alla sua unicità, alla notorietà dell’artista, a ritocchi di restauro e simili.

NB Ai fini della corretta rappresentazione contabile occorre allocare tali immobilizzazioni in modo specifico sotto una voce aggiuntiva, inserita in applicazione dell’art 2423-ter all’interno della struttura dei documenti che compongono il bilancio.

Acquisto di opere d’arte e reddito d’impresa

La questione relativa alla deducibilità dei costi di acquisizione degli oggetti d’arte non è stata risolta ancora in modo univoco in punto di reddito d’impresa. Occorrerà riprendere la precedente distinzione e quindi:

impresa che commercializza opere d’arte come attività principale: le relative spese d’acquisto saranno iscritte tra le rimanenze come bene merce e concorreranno alla formazione del reddito d’impresa ex art 92 del TUIR rilevando nell’esercizio come variazione di quelle finali rispetto a quelle iniziali

impresa che non commercializza le opere d’arte come attività d’impresa: è qui che trattamento fiscale risulta non lineare In tale ipotesi per valutare la deducibilità dei costi delle opere d’arte, occorrerà verificare in primis il requisito dell’inerenza richiesto dall’art. 109 TUIR sulla base della natura del bene e del rapporto tra l’ammontare del costo storico e del volume d’affari dell’attività concretamente esercitata. Inoltre come sopra anticipato , data la particolare tipologia di beni, non potrà trovare applicazione l’ art 2426 n 2) Codice Civile ( cespite non ammortizzabile)

NB ciò trova conferma in quanto asserito dal Comitato Consultivo per le norme antielusione del 14 ottobre 2005, n. 29 : “l’acquisto di una scultura di ingente valore da adibire ad arredo di un immobile non costituisce un bene ammortizzabile e il relativo costo non può essere quindi dedotto ex art. 102 Tuir. ” Tale soluzione trova un granitico supporto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione con la sentenza del 13 ottobre 2006, n. 22021 in relazione all’acquisto di quadri da parte di un albergo come arredo per i propri ambienti.

Tuttavia lo stesso comitato consultivo per le norme antielusione, con il successivo parere del 5 maggio 2008, n. 8, si è espresso in favore dell’ammortamento dell’acquisto di un’opera d’arte.

In realtà non si tratta di pareri contraddittori perché, secondo la prevalente dottrina formatasi sul punto, il criterio da seguire per l’ammortamento di opere d’arte acquistate in regime d’impresa, varia in relazione al valore artistico del bene.

Gli oggetti d’arte con moderato valore artistico valutabili come semplici arredi sarebbero ammortizzabili e deducibili dal reddito d’impresa;

Le opere d’arte caratterizzate da ingente valore artistico non sono ammortizzabili;

Le spese sostenute per l’acquisto di opere d’arte costituirebbero spese di rappresentanza (Circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2009) solo se contraddistinte da finalità tipicamente promozionali, collegate a generare un ritorno economico.

Vendita di opere d’arte da parte dell’impresa

Anche al fine di inquadrare il trattamento fiscale delle cessioni di opere artistiche da parte dell’impresa occorre focalizzare la distinzione tra quelle che sono oggetto di attività d’impresa e quelle che non lo sono :

  • commercializzazione come attività d’impresa principale la cessione di tali beni produrrà ricavi ex art. 85 co. 1 del Tuir.
  • scambio di opere d’arte come attività non imprenditoriale: la cessione di tali beni in questo caso, genererà plusvalenze imponibili ex art. 86 co. 1 del Tuir (o minusvalenze deducibili). Determinate come differenza tra prezzo di vendita dell’opera d’arte, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione e il costo non ammortizzato dei beni medesimi.

NB Se i beni siano posseduti da minimo tre esercizi, sarà possibile frazionare la plusvalenza in un massimo di cinque esercizi.

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I Premi di risultato e il Welfare aziendale

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Con la Legge di Bilancio entrata in vigore il 01 Gennaio 2017, vengono effettuati ulteriori interventi in materia di premi di risultato  e di welfare aziendale.

Grazie ad essa infatti, vengono aumentati notevolmente gli importi detassabili ed aumenta anche il numero dei destinatari di tale beneficio.

Già la Legge  numero 208 del 28 Dicembre 2015, all’articolo 1, ai commi 182-189, aveva introdotto nuovamente la detassazione dei premi di risultato corrisposti ai lavoratori dipendenti.

Con la Legge di Bilancio entrata in vigore il 01 Gennaio 2017, vengono effettuati ulteriori interventi in materia di premi di risultato  e di welfare aziendale.

Grazie ad essa infatti, vengono aumentati notevolmente gli importi detassabili ed aumenta anche il numero dei destinatari di tale beneficio.

Già la Legge  numero 208 del 28 Dicembre 2015, all’articolo 1, ai commi 182-189, aveva introdotto nuovamente la detassazione dei premi di risultato corrisposti ai lavoratori dipendenti.

L’intervento prevedeva l’applicazione, sul premio di produzione, di una ritenuta  a titolo di imposta del 10%, in sostituzione dell’ Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, ed in sostituzione dell’addizionale regionale e comunale.

Tale Legge, prevedeva però precisi limiti per poter godere di tale beneficio e nello specifico i lavoratori destinatari dell’agevolazione potevano essere esclusivamente quelli dipendenti da datori di lavoro del settore privato titolari di reddito da lavoro dipendente che doveva avere un importo non superiore, con riferimento all’anno precedente a quello di percezione delle somme agevolate, ad euro 50. 000,00.

Altro limite era costituito dal fatto che, salvo espressa rinuncia al premio da parte del lavoratore dipendente, i premi dovevano essere di ammontare variabile, in relazione ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione ed il valore massimo che poteva essere detassato era pari ad euro 2. 000,00, che veniva elevato ad euro 2. 500,00 nel caso di aziende che coinvolgevano pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione di lavoro.

 

Le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2017

La Legge di Bilancio 2017, precisamente la numero 232 del 2016, interviene in tale ambito apportando ulteriori modifiche alla normativa già esistente in materia.

La nuova normativa infatti, all’articolo 1, dal comma 160 al comma 162, prevede un incremento di quelli che sono gli importi che vengono previsti per i premi agevolati, così come prevede un ampliamento della platea dei lavoratori destinatari del beneficio della tassazione agevolata.

A seguito del nuovo importo previsto per i premi dunque, diventano nuovi destinatari dell’agevolazione anche i lavoratori addetti a mansioni di maggiore prestigio. Dunque, non più soltanto operai ed impiegati, ma anche quadri e dirigenti, a patto che però vengano rispettati i limiti previsti dalla nuova normativa.

Va precisato che l’applicazione della tassazione agevolata non è affatto una misura di applicazione automatica, in quanto viene prevista infatti la possibilità che, il lavoratore ne faccia espressa rinuncia.

Con la nuova normativa rimane invariato il fatto che venga applicata una imposta sostitutiva, pari al 10%, in sostituzione dell’ Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche e delle addizionali regionale e comunale, sui premi di risultato, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.

Una delle novità più rilevanti introdotte dalla Legge di Bilancio 2017 invece, è stata quella di incrementare quello che è il limite annuale con riferimento alla erogazione stessa dei premi.

Infatti, il limite di importo complessivo dei premi di risultato viene innalzato da euro 2. 000,00 ad euro 3. 000,00; mentre per tutte quelle aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nella organizzazione di lavoro, il limite viene elevato da euro 2. 500,00 ad euro 4. 000,00.

Un ennesimo limite scaturisce dal fatto che sono ammessi a godere di tale agevolazione tutti quei lavoratori facenti parte del settore privato che abbiano conseguito, con riferimento all’anno precedente quello di percezione delle somme, un reddito derivante da lavoro dipendente di importo non superiore ad euro 80. 000,00.

Dunque, come si può ben notare, vi è stato un notevole incremento rispetto al limite reddituale previsto sino al 2016.

E’ altresì importante però, che debbano sussistere delle ulteriori condizioni perché possa essere applicata l’imposta sostitutiva del 10%.

Infatti, le somme devono avere un ammontare variabile, i premi (come anticipato) devono essere conseguenti ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione e la loro corresponsione deve derivare da una contrattazione di secondo livello di cui all’articolo numero 51 del decreto legislativo numero 81 del 15 Giugno 2015, così come inoltre è necessario che il raggiungimento degli obiettivi deve essere verificato in maniera oggettiva attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere individuati in modo apposito.

 

La contrattazione collettiva ed i criteri di misurazione

Gli accordi devono essere stipulati esclusivamente dalle associazioni sindacali che siano comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali aziendali o dalla loro rappresentanza sindacale unitaria. Pertanto si fa riferimento ad un livello contrattuale di tipo aziendale o territoriale e dunque non è possibile che l’agevolazione venga prevista da contratti collettivi nazionali oppure da accordi conclusi direttamente tra datore di lavoro e lavoratore.

Perché possa aversi l’applicazione del regime di tassazione agevolata, il verbale di accordo deve essere depositato entro 30 giorni dalla sottoscrizione, insieme alla autodichiarazione di conformità del contratto a quanto previsto dalle diposizioni in merito, presso la competente Direzione Territoriale del Lavoro.

Con Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, emanato il 25 Marzo 2016, è stato altresì stabilito che all’interno dei predetti contratti collettivi debbano essere previsti quelli che sono i criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, nonché i criteri di individuazione delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili delle imprese.

A tal proposito, con Circolare della Agenzia delle Entrate numero 28/E del 15 Giugno 2016, è stato chiarito che, perché possa aversi l’applicazione del beneficio fiscale all’ammontare complessivo del premio di risultato erogato, è indispensabile che entro un congruo periodo, il quale dovrà essere stabilito nell’accordo stesso, debba essere realizzato l’incremento di almeno uno degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione previsti dalla norma, che andrà poi verificato attraverso gli indicatori di misura di cui sopra.

Tra gli aspetti più interessanti in materia di premi  di produttività, si può certamente annoverare quella che fa riferimento all’ipotesi di conversione del premio di produttività stesso.

Precisamente, il lavoratore dipendente ha infatti una facoltà di scelta lì dove, oltre alla possibilità che lo stesso ha di usufruire dell’enorme vantaggio derivante dalla tassazione agevolata in sostituzione di quella ordinaria (IRPEF ed addizionali regionale e comunale), ha la possibilità di scegliere se convertire il premio di produttività in misure di welfare aziendale.

 

Il welfare aziendale

Possono essere oggetto di welfare aziendale quelle somme e quei valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 51 del TUIR.

Si parla di veri e propri piani attuati dalle aziende e messi a disposizione dei suoi lavoratori perché questi possano fruire di servizi e beni utili per far fronte ad un loro personale bisogno oppure ancora a quello dei loro familiari.

Occorre evidenziare che la Legge numero 208 del 2015, ha provveduto a modificare la lettera f all’interno dell’articolo numero 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

In particolare, da un’attenta lettura della lettera f così come riformulata, emerge una novità importantissima. Con essa viene infatti introdotta la possibilità di fare ricorso a misure di welfare aziendale a seguito della formalizzazione di accordi contrattuali.

Non solo, la Legge numero 208 del 2015, prevede altresì la possibilità  che i benefici del welfare possano essere goduti anche da parte di familiari dei lavoratori, così come indicato dallo stesso articolo 12 del Testo Unico delle imposte sui Redditi.

Continuano comunque sempre ad essere inclusi le opere ed i servizi a scopo educativo, di istruzione, di ricreazione, di assistenza sociale e sanitaria o culto.

A riguardo è opportuno precisare che le opere ed i servizi ad oggetto del welfare aziendale possono essere erogati anche attraverso il ricorso a strutture esterne, ma a patto che il dipendente risulti estraneo all’eventuale rapporto economico intercorrente tra il datore di lavoro e la struttura che eroga il bene.

In tal caso la norma, con riferimento all’erogazione di servizi ed opere previste dalla lettera f,  non prevede assolutamente la possibilità di erogare una somma al dipendente, a titolo di rimborso spese per servizi ed opere.

Ma la Legge di Stabilità 2016, apporta un intervento anche alla lettera f-bis dell’articolo 51 del TUIR.

Infatti, con la nuova formulazione vengono inclusi altresì, tra i servizi fruibili dai familiari indicati all’articolo 12 del TUIR, le scuole materne, oltre agli asili nido, che prima non erano incluse tra i servizi di istruzione e di educazione e anziché riferirsi alle colonie climatiche, si fa riferimento adesso ai centri estivi ed invernali ed alle ludoteche.

Per quanto concerne il riferimento alle borse di studio, così come precisato con Circolare dell’ Agenzia delle Entrate numero 28/E del 15/06/2016, si può fare benissimo riferimento ai contributi versati dal datore di lavoro per effettuare il rimborso di spese sostenute dal lavoratore per le rette scolastiche, le tasse universitarie, i libri scolastici, ed agli incentivi economici concessi agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico.

Si può inoltre fare riferimento al servizio di trasporto scolastico, alle somme dovute per le gite scolastiche etc.

In questo caso giova precisare che, oltre a poter erogare direttamente tali servizi, il datore di lavoro, può farlo anche corrispondendo somme di denaro direttamente ai dipendenti a titolo di rimborso per le spese già avvenute, naturalmente dopo esibizione di documentazione certa.

Con l’art. 1 della Legge di Stabilità 2016, viene poi introdotta anche la lettera f-ter) al comma 2 dell’ articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Nello specifico, al fine di favorire una conciliazione tra quella che è la vita lavorativa e la vita privata del lavoratore, è concessa la detassazione delle prestazioni di assistenza per i familiari anziani o non autosufficienti erogate anche sottoforma di somme a titolo di rimborso spese.

Oltre alla Legge di Stabilità 2016 però, anche la Legge di Bilancio 2017 effettua diversi ed importanti interventi in materia di premi di produttività e di welfare aziendale estendendone notevolmente il campo di applicazione.

Anzitutto è importante premettere che la lettera b) del nuovo comma 160, chiarisce che i valori ed i servizi percepiti o goduti dal lavoratore dipendente, con riferimento al comma 4 dell’articolo 51 del Testo Unico delle imposte sui redditi, relativi all’uso promiscuo di veicoli, concessione di prestiti, fabbricati che vengono concessi in locazione, in uso oppure in comodato, servizi gratuiti di trasporto ferroviario, considerati come reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF, rientrano nell’imposizione IRPEF ordinaria e non sono soggetti ad imposta sostitutiva anche nell’ipotesi in cui il lavoratore fruisca degli stessi servizi oppure degli stessi valori in sostituzione delle somme agevolabili, in misura totale o parziale.

Inoltre, continuando in una attenta disamina della nuova disciplina prevista dalla Legge di Bilancio 2017, alla lettera c) viene contemplata l’esclusione da qualsiasi forma di imposizione tributaria, di determinati valori e di determinate somme o servizi, qualora questi vengano percepiti o fruiti dal dipendente in sostituzione totale o parziale delle somme oggetto di tassazione agevolata.

Nello specifico, la normativa fa riferimento ai contributi alle forme pensionistiche complementari, anche qualora  vengano versati in eccesso rispetto a quelli che sono i relativi limiti di deducibilità, ai fini IRPEF, dal reddito da lavoro dipendente. Tali contributi eccedenti non concorrono a formare la parte imponibile della prestazione complementare.

La lettera c) inoltre, fa riferimento anche a quei contributi di assistenza sanitaria di cui all’articolo 51 del TUIR, comma 2, lettera a), anche nel caso in cui vengano versati in più  rispetto a quelli che sono i relativi limiti di esenzione dall’ IRPEF, così come fa riferimento al valore delle azioni di cui al secondo comma lettera g) dell’ articolo 51 del TUIR, che sono ricevute per scelta del lavoratore, anche se ricevute per un importo complessivo superiore, durante il periodo di imposta, a quello escluso dal reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF.

Con il comma 161, viene poi introdotta  la lettera f- quater) al comma 2, articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Con tale ulteriore intervento, viene prevista l’esclusione, dalla base imponibile dei redditi da lavoro dipendente, dei contributi e dei premi che vengono versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti,  per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie.

Il comma 162, facente sempre parte dell’articolo 1 invece, rappresenta in un certo senso una norma di interpretazione autentica, ove, con riguardo all’esclusione dalla base imponibile ai fini IRPEF, fa riferimento all’uso delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro, ed utilizzabili dalla generalità dei dipendenti per determinate finalità di educazione, istruzione e ricreazione, assistenza sociale, sanitaria o culto. Parrebbe dunque che vengono incluse in tale nozione, anche tutte quelle opere e quei servizi riconosciuti dal datore in conformità a disposizioni di contratti  collettivi nazionali di lavoro, di accordi interconfederali oppure di contratti collettivi territoriali.

 

I voucher nel welfare aziendale

L’articolo 1, al comma 190 lettera b), della Legge n. 208/2015, ha inserito, dopo il comma 3 dell’articolo 51 TUIR, il comma 3-bis, in base al quale “ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro, può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale”.

Dunque, a seguito di tale norma, l’agevolazione si applica anche con riferimento ai servizi di welfare aziendale, seppure essi vengano erogati mediante dei voucher.

Perché si possa usufruire dell’esenzione fiscale, è però indispensabile che vi sia la sussistenza di alcune caratteristiche: i voucher devono essere nominativi; non devono essere monetizzati; non devono essere utilizzati da persona diversa dal titolare e non possono essere ceduti; devono dare diritto ad un bene soltanto, o comunque ad una sola prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale.

Con Circolare  n. 28/E del 2016, l’ Agenzia delle Entrate ha tenuto a precisare che la prestazione ad oggetto del welfare può riguardare delle somministrazioni che siano continuative o ripetute nel tempo, indicate nel loro valore complessivo, come ad esempio, abbonamenti annuali a teatro, alla palestra, cicli di terapie mediche, pacchetto di lezioni di nuoto.

Occorre però fare una precisazione: se infatti è vero che il Decreto Ministeriale del 25 Marzo 2016 ha stabilito che i voucher danno diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale, è però vero d’altra parte che l’articolo 6 del Decreto suddetto, al secondo comma, prevede espressamente una deroga a tale disposizione.

Infatti, viene fatto riferimento ai cosiddetti “voucher multiuso”.

Nello specifico viene a riguardo previsto che è possibile indicare cumulativamente in un unico documento di legittimazione i beni ed i servizi di cui all’articolo 51, comma terzo, ultimo periodo, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, a patto che il valore complessivo degli stessi non ecceda il limite di importo di € 258,23.

L’articolo 51 T. U. I. R. , al comma 3, ultimo periodo, recita che: “ Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo di imposta a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito. ”

Pertanto il legislatore permette, con riferimento alle erogazioni previste dall’articolo 51, comma terzo, ultimo periodo del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, che il datore possa indicare un unico importo, che sia comprensivo di una cumulabilità di beni e servizi, a condizione che venga rispettato il suddetto limite.

Oggetto del voucher multiuso possono essere sia servizi o prestazioni che siano frutto di accordo tra datore di lavoro e sindacati, sia prestazioni che vengono erogate e concesse in maniera del tutto volontaria.

Anche in base a quanto precisato dall’ Agenzia delle Entrate, nell’eventualità in cui si incorra nel superamento del predetto limite, la conseguenza è che tutto l’importo va a concorrere con la determinazione del reddito di lavoro dipendente.

 

 

Avv. Giovanni Di Corrado

Consulente del Lavoro

Il nuovo Business del settore agricolo: il Boom dell’allevamento di lumache, un’idea perfetta per rientrare nel PSR 2014 – 2020.Guida ai settori di successo, al trattamento fiscale e ai finanziamenti

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Tra le attività connesse a quella agricola, spicca negli ultimi anni il successo riscosso dell’allevamento di lumache, tecnicamente noto come elicicoltura. La peculiarità che connota il Business sempre più crescente in questo singolare ambito, è costituito dalle plurima utilità ottenibili dallo stesso. Avviare questo tipo di impresa, che attualmente è intuizione e scommessa per molti giovani, si rivelerebbe un ottimo affare. Ecco pronta all’uso una guida completa per individuare i settori di successo (con esempi reali di chi ha sfondato nel settore), il trattamento fiscale applicabile e i finanziamenti ottenibili.

Tra le attività connesse a quella agricola, spicca negli ultimi anni il successo riscosso dell’allevamento di lumache, tecnicamente noto come elicicoltura. La peculiarità che connota il Business sempre più crescente in questo singolare ambito, è costituito dalle plurima utilità ottenibili da questo tipo di allevamento :

Infatti i molluschi vengono utilizzati :

per usi alimentari

per motivi cosmetici;

per ragioni farmaceutiche.

E’ quindi evidente come avviare questo tipo di impresa, che attualmente è intuizione e scommessa per molti giovani che vogliono dare una svolta lavorativa in una congiuntura economica ancora critica, si rivelerebbe un ottimo affare.

Ma qual è il trattamento fiscale applicabile per chi desidera investire in questa attività così particolare e redditizia? Con questa guida pratica:

esaminiamo le agevolazioni relative alle imposte sui redditi (Irpef);

analizziamo il funzionamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA);

Illustriamo i finanziamenti ottenibili per “aprire”.

Esempi alla mano di chi ha “sfondato” nell’elicicoltura

il quarantenne cuneese Simone Sampò, ha brevettato un apparecchio per raccogliere la bava delle chiocciole che è già stato venduto in otto esemplari in Svizzera, Libano, Serbia e Lituania. (Costa sui 40 mila euro).

la laziale Elvira Garsia attraverso una particolare alimentazione delle lumache con piante rarissime, trasforma i derivati (bava, polpa e uova) in prodotti con effetti terapeutici.

Giovanni Marra giovane agricoltore campano produce un singolare liquore di lumaca ricavato da un antica “ricetta della nonna”.

Il giro d’affari in tutto il mondo

NB A livello mondiale si parla di un giro d’affari che negli ultimi 2 anni, e solo sulle piazze all’ingrosso, ha superato i 10 miliardi di euro

Settore gastronomico : il caviale di lumaca

La produzione gastronomica nel settore, varia dalla lumaca in umido per gli appassionati a quella alla griglia o alla bourguignonne ; da ultimo approda sulle tavole italiane una specialità estremamente raffinata , il salame al caviale di lumaca. Si tratta di uova perlacee dal profumo delicato con sentore di sottobosco, foglie di quercia e funghi, alle quali vengono attribuite caratteristiche antiossidanti ed afrodisiache (prezzi fino a100 euro per una confezione di 50 grammi)

Reparto cosmetico : la bava di lumaca

La bava estratta dalle lumache è caratterizzata da straordinarie proprietà cicatrizzanti, antisettiche, idratanti, anti – invecchiamento e risolutive di alcuni problemi dermatologici. La particolare composizione della crema a base di bava di lumaca, consente di lenire la pelle contribuendo a contrastare i radicali liberi, sollecitare la proliferazione cellulare contribuendo a mantenere la tonicità dei tessuti. Agirebbe inoltre come un antibiotico naturale eliminando acne e altre impurità.

Trattamento fiscale

Le lumache sono tra gli animali il cui allevamento (elicicoltura) è da considerarsi attività agricola dal punto di vista fiscale. Infatti, tali molluschi figurano nell’elenco che individua le specie animali la cui tassazione è disciplinata dall’art. 56 bis del Dpr n. 917 del 1986:

se il terreno coltivato è potenzialmente sufficiente a produrre almeno ¼ dei mangimi necessari agli animali allevati, la tassazione Irpef rientra nel reddito agrario;

in caso contrario, è prevista una determinazione forfettaria del reddito.

Trattandosi di attività connessa a quella agricola, i giovani under 40 che desiderano aprire, potranno godere dei seguenti benefits previsti dalla legge di bilancio 2017 per gli imprenditori agricoli IAS e i coltivatori diretti CD :

Bonus INPS 2017 cioè esonero dai contributi per 5 anni ( al 100% nel primo anno) ;

Abolizione IRPEF agricola 2017 cioè azzeramento della tassazione dei redditi agrari e catastali nel triennio 2017 – 2019

Per quanto riguarda l’Iva, le lumache rientrano nell’elenco di cui alla tabella A parte prima allegata al Dpr n. 633 del 1972, che riguarda i prodotti agricoli ed ittici per i quali si applica il regime speciale di detrazione in base alle percentuali di compensazione.

Quindi sulla base dell’attuale quadro Iva, potrà trovare applicazione

il regime di esonero per volume di affari annuo < € 7. 000;

il regime speciale (detrazione forfettaria dell’imposta)per volume di affari annuo > € 7000;

NB In caso di applicazione del regime di esonero che è stato confermato anche per il 2017 l’imprenditore sarà esentato da qualsiasi obbligo contabile, iscrizione del registro delle imprese e dalla dichiarazione annuale IVA

Quali finanziamenti per aprire?

Vediamo nello specifico quali sono le agevolazioni economiche,per supportare chi vuole intraprendere questo tipo di attività.

I Psr dei fondi europei

Tra i finanziamenti per l’elicicoltura, spicca il nuovo piano di stanziamento finanziamenti a fondo perduto Psr 2014/2020 (Piano di Sviluppo Rurale), voluti dall’Ue all’interno del Feasr (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), strutturati a fondo perduto in quote del 60 % o addirittura del 70% in alcune regioni svantaggiate ma a vocazione particolarmente agricola.

NB i dettagli delle agevolazioni variano di regione in regione: le zone più attive sono in particolare il Piemonte, il Veneto, e il Mezzogiorno prime su tutte la Calabria e la Sicilia.

I fondi ai giovani agricoltori

Il Psr prevede anche dei fondi specifici per giovani agricoltori (Finanziamenti agevolati per Start up) applicabili altresì all’elicicoltura. Destinatari sono coloro che avviano un’attività imprenditoriale/agricola per la prima volta con un’età compresa tra i 18 ed i 40 anni.

Credito d’imposta previsto per alcune regioni d’Italia.

Credito bancario Alcune misure a sostegno di questa attività giungono dalle banche, come nel caso di Unicredit che estende espressamente l’impiego del mutuo agevolato per le aziende siciliane anche all’elicicoltura.

Per essere assistiti con serenità, aprire con successo la vostra impresa e attivare in tempo tutti i bonus agricoltura 2017,

non esitate a contattarci al numero verde 800. 19. 27. 52.

Bonus fiscali pesca 2017 : le “istruzioni” per gli imprenditori ittici, i dipendenti e i soci di cooperative

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Le novità introdotte dalla legge di bilancio 2017 in materia di lavoro nel settore ittico sono in sintesi i seguenti : istituzione del fondo solidarietà settore della pesca “FOSPE”(art. 1, commi da 244 a 248); indennità giornaliera per arresto obbligatorio pesca marittima (art. 1 comma 346); riduzione dello sgravio contributivo di cui alla legge n. 30 del 27 febbraio 1998. Analizziamole più da vicino con una breve guida pratica.

Le novità introdotte dalla legge di bilancio 2017 in materia di lavoro nel settore ittico sono in sintesi le seguenti :

istituzione del fondo solidarietà settore della pesca “FOSPE”(art. 1, commi da 244 a 248);

indennità giornaliera per arresto obbligatorio pesca marittima (art. 1 comma 346);

riduzione dello sgravio contributivo di cui alla legge n. 30 del 27 febbraio 1998.

Analizziamoli in breve singolarmente

Fondo FOSPE

Trattasi di un fondo specifico , con dotazione iniziale di un milione di euro per il 2017 il quale sarà alimentato gradualmente con contribuzione ordinaria a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, finalizzato a garantire un sostegno ai lavoratori della pesca in caso di sospensione della attività per cause non imputabili al datore di lavoro.

L’obiettivo nel dettaglio. è quello di garantire i lavoratori della pesca con prestazioni e relative coperture previdenziali figurative in caso di :

arresto temporaneo obbligatorio deciso dalle autorità;

sospensione dell’attività per condizioni meteorologiche avverse;

ogni altra causa non imputabile al datore di lavoro.

L’aliquota di contribuzione al Fondo non potrà essere superiore al 2 % della retribuzione (due terzi di quella prevista all’art. 20 legge 8. 8. 1072 , pari al 3% ) e sarà a carico di datori di lavoro e lavoratori, per due terzi e un terzo, rispettivamente.

NB Le specifiche modalità attuative saranno definite da un decreto del Ministero delle attività agricole forestali di concerto con il Ministero dell’Economia entro 60 giorni dalla data degli accordi che saranno siglati dalle parti sociali e comunque entro il 31. 3. 2017.

Attenzione Il Ministero effettuerà un monitoraggio del tasso di adesione dei lavoratori, entro il 31 ottobre 2017

Indennità arresto obbligatorio

E’ stata riconosciuta una specifica indennità omnicomprensiva giornaliera, pari a euro 30, volta al sostegno al reddito in favore dei lavoratori dipendenti delle imprese di pesca compresi i soci di cooperative in concomitanza con il periodo di arresto temporaneo obbligatorio per fermo biologico implicante la sospensione della attività ( art. 1, commi 346 e 347 ); per l’anno 2017 il limite di spesa è stato previsto per 11 milioni di euro;

Sgravi contributivi INPS

La misura dei contributi INPS nel settore pesca sono stati fissati nella misura del 1,6 per cento per il personale dipendente imbarcato, portando lo sgravio complessivo previsto, a decorrere dal 2017, nel limite del 48,7% (art. 1, comma 431).

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