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sabato 18 Gennaio 2025
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Cessione di ramo d’ azienda: che fine fanno i dipendenti e chi deve pagare il TFR ?

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Con questa guida pratica esaminiamo come funziona la cessione del ramo di azienda, in che modo vengono trasferiti i rapporti di lavoro dei dipendenti , di quale tutela giuridica gli stessi godono, chi risponde del pagamento del TFR e con quali criteri lo stesso è ripartito tra il nuovo datore di lavoro e il vecchio.  

Quando si ha cessione di ramo d’ azienda e come funziona?

La cessione di ramo di azienda si verifica quando, al posto di cedere l’ impresa nel suo complesso, forma oggetto di trasferimento solo una parte di essa e cioè un suo ramo connotato ex art 2112 cc da un’autonomia funzionale al momento del trasferimento, che le consenta di collocarsi sul mercato come un indipendente centro di profitto, implicando il mutamento del titolare dell’attività (datore di lavoro).

Tale fattispecie si configura anche nel caso in cui la cessione abbia ad oggetto solo un gruppo di dipendenti dotati di particolari competenze che siano stabilmente coordinati ed organizzati tra loro.

Attenzione Per aversi cessione di ramo d’azienda non è sufficiente che i beni ceduti abbiano fatto parte di un’azienda, ma è necessario che essi costituiscano un complesso idoneo all’esercizio di un’attività produttiva, anche se diversa da quella del cedente.

Come vengono tutelati i lavoratori?

Posto l’assoggettamento di tale fattispecie alla medesima disciplina giuridica prevista per la cessione dell’azienda, il lavoratore viene tutelato attraverso i seguenti principi:

il trasferimento d’azienda non costituisce motivo di licenziamento quindi il rapporto di lavoro non si estingue, ma continua con il nuovo titolare dell’azienda;

il lavoratore conserva la posizione previdenziale e tutti i diritti connessi al rapporto di lavoro che vantava nei confronti di quest’ultimo (anzianità, diritti relativi alla qualifica, alle mansioni svolte e ai livelli retributivi) ma non le semplici “aspettative”;

il lavoratore può chiedere al nuovo datore di lavoro (obbligato in solido con il vecchio) il pagamento dei crediti da lavoro che aveva maturato al momento del trasferimento;

nel caso di stipulazione di un contratto di outsourcing (appalto con azienda ceduta) il lavoratore dipendente del ramo ceduto può agire in giudizio direttamente nei confronti dell’azienda di origine per obbligarla al pagamento dei debiti che questa ha contratto con il ramo trasferito;

il nuovo titolare deve continuare ad applicare il contratto collettivo nazionale, in vigore al momento del trasferimento, fino alla sua scadenza;

il cessionario è obbligato a continuare ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti nei contratti collettivi di qualunque livello applicati dal cedente fino alla loro naturale scadenza con l’unica eccezione dell’applicazione di contratti collettivi di pari livello (art. 2112, comma 3, c. C. ) i quali potranno essere “peggiorativi”, ma non pregiudicare diritti già acquisiti dai lavoratori in forza del contratto originariamente applicato dal cedente;

nel caso in cui vi sia stato un mutamento notevole nelle condizioni di lavoro, il lavoratore potrà rassegnare entro tre mesi dal trasferimento le dimissioni per giusta causa, senza quindi comunicare il preavviso , con il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso e di disoccupazione (laddove ne ricorrano i presupposti)

Nelle imprese sopra i quindici dipendenti il trasferimento di ramo deve essere preceduto da una apposita procedura di informazione e consultazione sindacale (art. 47 l. 428/1990).

Attenzione: La prosecuzione del rapporto di lavoro tra dipendente del ramo ceduto e cedente avviene automaticamente in seguito al trasferimento del ramo d’azienda. Non è dunque necessario a tal fine che i lavoratori interessati manifestino il proprio consenso, non trovando applicazione a tal fine, la disciplina generale della cessione del contratto (art. 1406 c. C. )

Chi deve pagare il TFR (trattamento di fine rapporto)?

Secondo giurisprudenza della Cassazione granitica sul punto, gli obblighi relativi al TFR nei confronti del dipendente del ramo ceduto, si ripartiscono con i seguenti criteri:

il datore di lavoro cessionario (l’acquirente) è solidalmente obbligato con il cedente (venditore) quanto alla quota maturata nel periodo anteriore alla cessione e resta l’unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione;

il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale;

In sintesi nel caso di cessazione del rapporto di lavoro per cessione di ramo aziendale, il dipendente dovrà rivolgersi al nuovo datore di lavoro (sul quale grava in prima battuta la responsabilità del pagamento dell’intero accantonamento ai fini TFR) il quale potrà a sua volta rivalersi sul cedente per le quote accantonate fino al momento della sua cessazione dalla titolarità dell’azienda ceduta.

NB Ne consegue che, come statuito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 164 dell’8 gennaio 2016, il lavoratore sarà legittimato a proporre eventualmente istanza di fallimento del datore di lavoro che abbia ceduto il ramo (o l’intera azienda) , essendo creditore del medesimo per le quote di TFR sopra specificate.

Per pianificare in modo efficace ed efficiente le vostre operazioni di cessione di ramo di azienda o di azienda, ricevere assistenza legale in fase contrattuale o giudiziaria e ancora, per richiedere una vantaggiosa consulenza fiscale – tributaria,

non esitate a contattarci al numero verde 800. 19. 27. 52!

Tassazione delle plusvalenze da cessione di azienda con quadro sintetico dei vari casi (da persona fisica non imprenditore, da soggetto in regime di impresa e da società)

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Il trasferimento d’azienda mediante cessione determina in capo al cedente il conseguimento di un provento straordinario qualificato come plusvalenza, ex art. 86 DPR 917/86 (TUIR) il cui trattamento fiscale si differenzia in funzione di diversi regimi di tassazione (ordinario, differito o separato) applicabili. Ecco una guida che li analizza in breve, tracciando un quadro sintetico dei vari casi (cessione da persona fisica non imprenditore, cessione da soggetto in regime di impresa e cessione da società).   

Il trasferimento d’azienda mediante cessione determina in capo al cedente il conseguimento di un provento straordinario qualificato come plusvalenza, ex art. 86 DPR 917/86 (TUIR).

NB Il valore della plusvalenza è dato dalla differenza tra il prezzo di cessione stabilito e il valore contabile dei beni ceduti. Se il costo di acquisizione è superiore al valore dei beni, la differenza deve essere iscritta dall’acquirente nell’avviamento.

Trattamento fiscale della plusvalenza da cessione di azienda

Il trattamento fiscale dell’eventuale plusvalenza emergente si differenzia in funzione di diversi regimi di tassazione (ordinario, differito o separato) applicabili :

a seconda che il cedente sia un imprenditore individuale o una società;

in base al periodo di possesso dell’azienda ceduta.

A) In regime ordinario la plusvalenza è tassata interamente nell’esercizio di realizzazione della stessa;

B) Con il regime differito o rateizzato su opzione del cedente, la plusvalenza viene frazionata in quote costanti con una rateazione massima di 5 anni, se l’azienda o il ramo ceduto sono stati detenuti per almeno tre anni prima della cessione.

C) L’imprenditore individuale, in deroga al regime di tassazione ordinario ovvero alla rateizzazione, può assoggettare a tassazione separata ex art articolo 17, comma 1 lettera g del Tuir, le plusvalenze, compreso il valore d’avviamento, realizzate mediante cessione a titolo oneroso di aziende possedute dall’imprenditore individuale da più di cinque anni. Secondo tale regime, l’imposta non è calcolata direttamente dal contribuente in autotassazione, ma liquidata a conguaglio dall’Agenzia delle Entrate che comunica al contribuente il versamento da effettuare mediante apposita cartella esattoriale.

Istruzioni per la tassazione separata

Il cedente che opta per tale regime opzionale dovrà provvedere alla apposita compilazione del quadro RM di Unico;

occorre, comunque, versare in sede di modello Unico, un acconto pari al 20% dell’ammontare imponibile.

Attenzione : la tassazione separata non necessariamente risulta più conveniente rispetto a quella ordinaria, ragion per cui è necessario effettuare una valutazione specifica in relazione al singolo caso.

NB Tale opzione non è esercitabile dalle società, in capo alle quali l’unica possibilità alternativa al regime ordinario è quella di “spalmare” la plusvalenza in cinque periodi d’imposta compreso quello in cui avviene la cessione.

La plusvalenza non è imponibile ai fini IRAP.

Quadro sintetico della qualificazione reddituale e tassazione delle plusvalenze da cessione di azienda

A) Cessione di azienda da persona fisica non in regime d’impresa: plusvalenze tassate come redditi diversi ai sensi art. 67 Tuir :

B) Cessione da persona fisica in regime d’impresa di aziende :

possedute da meno di tre anni: plusvalenze tassate come reddito d’impresa con regime ordinario ;

possedute da almeno 3 anni : plusvalenze tassate come redditi d’impresa – tassazione rateizzata ;

possedute da più di 5 anni : plusvalenze tassate come reddito d’impresa – tassazione separata o rateizzata.

C) Cessione operata da società (di persone e di capitali) di aziende :

possedute da meno di tre anni : plusvalenze tassate come redditi d’impresa in regime ordinario;

possedute da almeno 3 anni : plusvalenze tassate come reddito d’impresa – tassazione rateizzata.

Per pianificare serenamente le vostre operazioni di cessione d’azienda e scegliere correttamente il regime fiscale più conveniente nel caso specifico,

contattateci subito al numero verde 800. 19. 27. 52.!  

Quali imposte indirette vanno pagate in caso di cessione di azienda e quando per la Cassazione si realizza tale operazione ?

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Con questa guida esaminiamo gli effetti giuridici della cessione di azienda e risolviamo i vostri dubbi sull’Iva /Imposta di registro applicabili chiarendo anche, secondo i criteri della Cassazione, quando un’ operazione di compravendita è realmente qualificabile, con le relative conseguenze fiscali, come cessione di azienda.

La cessione di azienda ex art 2558 codice civile, è quel contratto che ha per oggetto la compravendita dell’azienda o del ramo di azienda da un imprenditore o società, a terzi, contro un corrispettivo in denaro.

Effetti giuridici

l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti aziendali (ad es. I contratti con i fornitori) stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale, salvo deroga per comune volontà delle parti (art. 2558 del codice civile);

la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese (art. 2559 del codice civile);

il cedente non è liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti anche l’acquirente dell’azienda a condizione che gli stessi risultino dai libri contabili obbligatori (art. 2560 del codice civile);

il cedente dell’azienda può cedere all’acquirente il contratto di locazione dell’immobile dove si esercita l’azienda, anche senza il consenso del locatore, “purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento” (art. 36 della Legge 27 luglio 1978 n. 392);

il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento ( 2112 cc)

Imposta sul valore aggiunto (Iva) D. P. R. 26/10/1972 N° 633

La cessione d’azienda non è considerata cessione di beni e pertanto è operazione esclusa dall’ambito di applicazione dell’imposta (art. 2, comma 3, lettera b) DPR 633/72).

Questa regola vale anche nel caso in cui nell’atto di vendita (unico) il prezzo sia frazionato analiticamente fra i diversi beni costituenti l’azienda.

Sono invece soggette ad Iva, in quanto autoconsumo, le assegnazioni fatte al proprietario o ai soci dei beni non trasferiti con la cessione d’azienda (art. 2, n. 5, DPR 633/72).

Imposta di registro (D. P. R. 26/04/1986 n° 131)

Stante il principio di alternatività IVA/registro sancito dall’articolo 40 del DPR 26 aprile 1986, n. 131, l’esclusione dal campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (per difetto del presupposto oggettivo) comporta che la cessione dell’azienda o di un suo ramo debba essere assoggettata all’imposta di registro. La cessione d’azienda è sempre soggetta all’imposta proporzionale di registro (art. 3, lett. B), anche se stipulata tramite contratto verbale.

NB La base imponibile è uguale al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, ivi compreso il valore dell’avviamento, al netto delle passività cedute (art. 51 comma 4). L’art. 23 del T. U. , al comma 4, precisa che le passività si imputano ai diversi beni, mobili e immobili, in proporzione del loro rispettivo valore, ai fini dell’applicazione delle diverse aliquote.

In sintesi

In caso di cessione di azienda non è dovuto il pagamento dell’Iva , ai sensi dell’art. 2, III comma, lettera b), del D. P. R. 26/10/1972 n. 633;

Tale operazione è pertanto soggetta all’imposta di registro in misura proporzionale con aliquote applicabili differenziate a seconda della natura dei beni, alla quale si sommano l’imposta ipotecaria e catastale.

Se la cessione non ha ad oggetto l’intera azienda ma singoli beni, si applica l’IVA.

Cessione di azienda o di singoli beni

La Corte di Cassazione nella Sentenza n. 9575 dell’11 Maggio 2016 ribadisce che deve intendersi come cessione di azienda solo il trasferimento di un’entità economica organizzata in maniera stabile la quale conservi la sua identità e consenta l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo.

Attenzione: in genere, la cessione dell’azienda implica un carico fiscale maggiore per l’imprenditore rispetto alla cessione dei singoli beni che la compongono (che invece genera fiscalmente valore aggiunto tassabile) ; l’IVA, infatti, è neutrale, in quanto detraibile, mentre l’imposta di registro applicabile nella prima ipotesi, rappresenta un onere aggiuntivo, calcolato tenendo conto anche della componente avviamento, altrimenti non incidente.

Quanto alla riqualificazione di una serie di atti nell’unica operazione di cessione di azienda, la Cassazione, con la sentenza n. 1405 del 2013, ha stabilito che solo la cessione di singoli beni, inidonei di per sé ad integrare la potenzialità produttiva propria dell’impresa, deve essere assoggettata ad IVA”

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Cessione di più quote sociali con un unico atto: quali e quante imposte di registro si pagano? L’esempio pratico

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Se con un unico atto di cessione vengono vendute quote sociali plurime a soggetti differenti, quali e quante imposte di registro sono dovute?

Quale imposta di registro va pagata in caso di cessione di quote sociali?

Gli atti di compravendita di azioni o quote di partecipazione in società sono:

soggetti a registrazione in termine fisso, con assolvimento dell’imposta in misura fissa di 200,00 euro, se redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata (art. 11 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86);

soggetti a registrazione in caso d’uso, sempre con imposta di registro nella misura fissa di 200,00 euro, se redatti nella forma della scrittura privata non autenticata (art. 2 della Tariffa, Parte II, allegata al DPR 131/86).

Quesito

Se con un unico atto di cessione vengono vendute quote sociali plurime a soggetti differenti, quante imposte di registro sono dovute?

Risposta

Con la risoluzione del 2. 4. 2015 n. 35/E, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che l’atto contenente più cessioni di quote sociali è soggetto a molteplici imposte di registro in misura fissa, tante quante sono le cessioni realizzate.

In tal caso occorre infatti applicare l’art. 21 del DPR 131/86 che, in relazione alla tassazione degli atti contenenti più disposizioni, dispone la tassazione “unica” solo ove le disposizioni contenute nell’atto siano legate da un vincolo di derivazione necessaria.

Tale vincolo, secondo le pronunce della Corte di Cassazione richiamate dall’Agenzia, non sussiste ove le cessioni di quote siano “riunite” in un solo atto solo in virtù della volontà delle parti, come avviene, ad esempio, nei seguenti casi:

atto contenente la cessione di più quote sociali da parte di più cedenti a più cessionari;

atto contenente la cessione di più quote sociali da parte di più cedenti ad un unico cessionario;

atto contenente la cessione di una quota sociale da parte di un unico titolare a più cessionari.

Soluzione

In caso di cessione di più quote sociali in un unico atto ed in particolare anche nell’ipotesi in esame, in cui i cessionari beneficiari sono più di uno (primo punto dell’elenco sopra illustrato), ogni cessione sconterà l’imposta di registro in misura fissa cioè, in altri termini, tale imposta andrà pagata tante volte quante sono le cessioni, come espressamente confermato dall’Agenzia delle Entrate.

Per gestire in modo efficace ed efficiente la tua pratica di cessione di quote Srl e quindi per ottenere in tempi rapidi e con costi accessibili :

la redazione dell’atto di trasferimento delle quote;

la registrazione dello stesso presso l’Agenzia delle Entrate;

il deposito dell’atto registrato presso il Registro delle Imprese compentente;

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Chi esce dalla società deve dichiarare i redditi della partecipazione ceduta ? Il caso pratico

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Tizio, socio al 50% di una società di persone vende, a marzo 2017, la propria quota di partecipazione al valore nominale (cioè al prezzo coincidente con quello del capitale sociale iniziale impiegato), quindi non incassa alcuna plusvalenza. Poniamo il caso che lo stesso non abbia altri redditi da dichiarare. Tizio dovrà o no presentare il modello unico 2018 E se invece avesse venduto con intento speculativo?

Il caso

Tizio, socio al 50% di una società di persone vende a marzo 2017 la propria quota di partecipazione al valore nominale (cioè al prezzo coincidente con quello del capitale sociale iniziale impiegato), quindi non incassa alcuna plusvalenza. Poniamo il caso che lo stesso non abbia altri redditi da dichiarare.

Quesiti

Tizio dovrà presentare il modello unico 2018 o può ritenersi esonerato?

E se invece avesse venduto con intento speculativo a prezzo maggiorato con un realizzo positivo?

Principio applicabile: L’esonero dalla presentazione della dichiarazione dei redditi opera nei confronti del contribuente, non obbligato alla tenuta delle scritture contabili, che possiede redditi per i quali è dovuta un’imposta non superiore a 10,33 euro.

Risposte

Tizio, non avendo generato alcun plusvalore imponibile e non avendo prodotto nel periodo d’imposta di riferimento, alcun reddito tassabile da comunicare al Fisco, potrà non presentare la dichiarazione dei redditi;

Nell’ipotesi in cui avesse invece conseguito una plusvalenza, la stessa rileverebbe come reddito d’impresa tassabile, in caso di società commerciale con il principio di competenza, e sussisterebbe l’obbligo di dichiararla, indicandola nel quadro RT del modello Unico persone fisiche.

Affidateci la vostra pratica di cessione di quote sociali, assicuriamo una gestione efficace, efficiente,  tempi rapidi e  costi accessibili !

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La cessione di quote di Srl più semplice e conveniente? Quella dal commercialista! Guida alla procedura ed ai documenti per attivarla.

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Non tutti sanno che con la L. 133/2008 per vendere e acquistare le quote di una Srl non è più obbligatorio rivolgersi al notaio ma è possibile affidare la stessa pratica, prima di competenza solo del primo, ad un professionista iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli esperti contabili, con un notevole risparmio e tempi ridotti! Ecco una guida alla procedura e ai documenti necessari per attivarla.

La cessione quote, disciplinata dagli artt. 2469-2470 del codice civile, oltre che da decreti e circolari, in sintesi:

è governata dal principio generale della libera trasferibilità sia inter vivos che mortis causa quindi la stessa è valida ed efficace tra le parti per effetto del semplice consenso, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo che può limitarla;

è produttiva di effetti nei confronti della società a decorrere dal deposito del relativo atto nel registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale;

è stata eliminata con la Legge 28 gennaio 2009, n. 2. La pubblicità interna con l’iscrizione nel libro dei soci;

nel caso di conflitto tra più acquirenti cioè quando la quota abbia formato oggetto di trasferimento a più soggetti, prevale l’iscrizione nel registro delle imprese effettuata per prima sempre che sussista la buona fede.

Cessione di quote senza notaio

Non tutti sanno che con la L. 133/2008 per vendere e acquistare le quote di una Srl non è più obbligatorio rivolgersi al notaio ma è possibile affidare la stessa pratica, prima di competenza solo del primo, ad un professionista iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli esperti contabili, con un notevole risparmio e tempi ridotti!

Pratica semplificata e costi più bassi

Trattasi di un’ottima opportunità per tutti coloro che finora hanno rinviato l’operazione perché consente di evitare di sobbarcarsi i maggiori oneri notarili correlati alla procedura e alla stipula dell’atto pubblico. Questa novità ha finora condotto ad un incremento visibile dei trasferimenti di quote societarie attraverso un abbattimento delle tariffe professionali.

Pratica

La procedura per la cessione di quote sociali detenute presso una Srl eseguita dal Dottore Commercialista è alternativa a quella tradizionale presso il Notaio, ai sensi dell’art. 36, co. 1 bis, Legge 133/2008, e richiede il possesso della firma digitale delle parti contraenti.

Accertamenti preliminari :

identità e capacità di agire delle parti nonché, nel caso di soggetti diversi dalle persone fisiche, i relativi poteri di rappresentanza;

regime patrimoniale coniugale del cedente;

diritto di proprietà in capo al cedente ;

assenza di eventuali diritti di terzi o di vincoli di Statuto che rendano l’atto inefficace o inopponibile; in particolare, è necessario controllare l’esistenza o meno di clausole di prelazione o gradimento e, se esistono, occorre reperire i documenti che attestino il nulla osta degli aventi diritto;

non contrarietà dell’atto al buon costume e all’ordine pubblico.

Documenti da produrre

copia del documento identità e codice fiscale delle parti;

copia dello statuto aggiornato e di (eventuali) patti parasociali;

visura aggiornata della società;

dichiarazione del regime patrimoniale coniugale delle Parti (in caso di comunione legale, documento e codice fiscale del coniuge);

eventuale dichiarazione di rinuncia alla prelazione da parte degli altri soci che non intervengono nella cessione delle quote.

Firma digitale

In base all’ art. 36, comma 1-bis, del D. L. 112/2008, per perfezionare la pratica occorre in primis la firma digitale (smart card o token usb) di tutti i soggetti coinvolti quindi sia del cedente (chi vende) che del cessionario (chi acquista).

Attenzione ai termini : Una volta convertito l’atto in pdf/A-1a e firmato digitalmente da tutti i soggetti coinvolti, si procede con la marcatura temporale (estensione. Pdf. M7m), per apporre data certa all’atto, dalla quale decorre:

il termine di 20 giorni per effettuare la registrazione in Entratel;

di 30 giorni per effettuare la pratica di Comunicazione Unica.

Per gestire in modo efficace ed efficiente la tua pratica di cessione di quote Srl e quindi per ottenere in tempi rapidi e a costi accessibili :

la redazione dell’atto di trasferimento delle quote;

la registrazione dello stesso presso l’Agenzia delle Entrate;

il deposito dell’atto registrato presso il Registro delle Imprese compentente;

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Scissione di società: focus sulla neutralità fiscale e “istruzioni per l’uso”

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L’operazione di scissione, disciplinata dagli articoli 2506 e seguenti del codice civile ed introdotta con il recepimento della VI direttiva comunitaria, è un’operazione giuridico – economica diametralmente opposta rispetto a quella di fusione rispondente in primis ad esigenze di ristrutturazione, riorganizzazione e risanamento e aziendale. Illustriamo una guida pratica in pillole sul funzionamento dell’operazione di scissione e sugli effetti che produce , dedicando un focus specifico alla neutralità fiscale con le relative istruzioni operative (con rinvio alla divulgazione sulla fusione per i punti comuni).

L’operazione di scissione, disciplinata dagli articoli 2506 e seguenti del codice civile ed introdotta con il recepimento della VI direttiva comunitaria, è un’operazione giuridico – economica diametralmente opposta rispetto a quella di fusione. Essa consiste in pratica nella ripartizione del patrimonio di un ente e attribuzione totale (scissione in senso stretto) o parziale (incorporazione) dello stesso a società preesistenti o di nuova costituzione: è caratterizzata in primis da obbiettivi di ristrutturazione, riorganizzazione e risanamento aziendale.

NB La scissione parziale si distingue:

dalla cessione d’azienda, in quanto i soci della società scissa ricevono azioni, al posto di denaro;

dal conferimento in quanto le azioni o quote vengono assegnate ai soci e non alla società.

I soggetti che intervengono nella scissione sono:

la società scissa, che trasferisce tutto o in parte il proprio patrimonio;

le società beneficiarie del trasferimento di patrimonio;

i soci della società scissa destinatari delle nuove azioni o quote emesse dalla società beneficiaria.

Lo scioglimento della società scissa può essere attuato senza liquidazione, ovvero continuando la propria attività.

La partecipazione all’operazione di scissione (come per la fusione) non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo.

IMPOSTE DIRETTE E IRAP

Neutralità fiscale della scissione (art. 173 T. U. I. R. )

La scissione non genera nè realizzo né distribuzione di plusvalenze e di minusvalenze dei beni della società scissa, comprese quelle relative alle rimanenze ed al valore di avviamento, a condizione che gli elementi attivi e passivi trasferiti mantengano gli stessi valori fiscali che avevano presso la società scissa.

NB Alle scissioni di società soggette ad IRES in favore di società non soggette a tale imposta, e viceversa, si applicano, per quanto riguarda le riserve preesistenti, le regole previste per le trasformazioni.

L’ operazione di scissione fa emergere generalmente delle differenze contabili, iscritte nei bilanci delle società beneficiarie, che possono essere positive (avanzo da scissione) o negative (disavanzo da scissione).

In particolare occorre distinguere tra:

differenze da annullamento sono quelle che scaturiscono dall’annullamento di azioni o quote, se la società beneficiaria, già esistente prima della scissione, deteneva una partecipazione nella società scissa;

differenze da con cambio sono i dislivelli derivanti dal numero di azioni o quote delle società beneficiarie assegnate ai soci della società scissa a fronte del trasferimento patrimoniale attuato.

Il disavanzo e l’avanzo, sia da annullamento che da concambio sono poste fiscalmente neutrali cioè non costituiscono reddito imponibile delle società beneficiarie.

Deroga alla neutralità fiscale : nel caso in cui siano dovuti conguagli di prezzo da parte di alcuni soci, perché le somme e il valore nominale dei beni ricevuti dai soci costituiscono utili per la parte eccedente il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle partecipazioni annullate.

Principio della piena libertà per gli amministratori di scegliere con quali voci del netto della scissa alimentare il netto della beneficiaria (in relazione alle parti ideali del netto della scissa attribuite alle beneficiarie)

Unica eccezione: riserve in sospensione di imposta che devono essere integralmente ricostruite nel patrimonio della beneficiaria.

Trasferimento delle posizioni soggettive

I diritti ed obblighi della società scissa in capo alle società beneficiarie, ai sensi del comma 4 dell’articolo 173 DPR 917/86 sono così attribuiti:

– in caso di scissione totale : alle società beneficiarie in proporzione alle quote di patrimonio netto loro trasferito;

– in caso di scissione parziale : alla società scissa e alle beneficiarie in proporzione alle quote di patrimonio netto rispettivamente rimasto o trasferito.

Attenzione: le società scisse che si estinguono devono provvedere agli obblighi di versamento fino alla data di efficacia della scissione. Successivamente si intendono trasferiti, a tutti gli effetti, alle società beneficiarie (art. 4 DL 50/97).

Riporto delle perdite fiscali (art. 173 c. 10)

Le limitazioni previste in tema di fusioni si applicano anche alle perdite fiscali delle società partecipanti alla scissione, riferendosi alla società scissa le disposizioni riguardanti le società fuse o incorporate e alle beneficiarie quelle riguardanti la società risultante dalla fusione o incorporante. NB Occorre procedere alla verifica delle “condizioni di vitalità” delle società e del patrimonio netto (quale limite quantitativo al riporto delle perdite) sia in capo alla scissa che alla beneficiaria.

Rinvio alla divulgazione sulla fusione in punto di:

riporto delle perdite fiscali;

decorrenza degli effetti dell’operazione;

eventuale retrodatazione.

IMPOSTE INDIRETTE

Imposta di registro : in misura fissa, pari attualmente a euro 168;

Imposte ipotecarie e catastali : fisse di euro 168;

IVA: la scissione, ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto, è esclusa dal campo di applicazione del tributo quindi non genera materia imponibile (art. 2, comma 3, lettera f) del DPR n. 633/72) e le società beneficiarie subentrano dalla data di effetto della scissione (ultima iscrizione nel Registro delle imprese, oppure la data diversa legittimamente stabilita) in tutti gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione dell’IVA relativi alle operazioni realizzate tramite le aziende o i complessi aziendali trasferiti, (es. Obbligo di versamento dell’Iva, obblighi di fatturazione non ancora eseguita,…).

Normativa antielusiva di cui all’articolo 37 bis del DPR n. 600/1973

le operazioni di scissione non proporzionale sono considerata generalmente elusive ;

le operazioni proporzionali sono generalmente considerate dall’Amministrazione Finanziaria come non elusive a condizione che:

1) i soci delle società beneficiarie non alienino le partecipazioni ricevute a seguito della scissione;

2) i soci delle scissa non trasferiscano il controllo nella scissa successivamente alla operazione di scissione.

NB Il riconoscimento dell’operazione come elusiva determina la decadenza dal principio di neutralità fiscale

Limite alla neutralità fiscale

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 150/E del 10 giugno 2009, ha precisato che la scissione è un’operazione fiscalmente neutrale a condizione che sia la società scissa sia quella beneficiaria svolgano un’attività d’impresa. Di conseguenza, la scissione di una società commerciale a favore di una semplice implica, dal punto di vista fiscale, una estromissione dei “beni d’impresa”, con conseguente emersione di plusvalenze imponibili. Questo perché il regime di neutralità fiscale e la correlata “continuità dei valori fiscalmente riconosciuti”, presuppone l’appartenenza al “regime d’impresa” di tutti i soggetti coinvolti nell’operazione. Tale requisito difetta per la società semplice, i cui redditi vanno determinati con le regole previste dal Tuir per le persone fisiche.

Per pianificare in modo efficiente ed efficace le vostre operazioni di scissione, fusione, acquisizione e conferimento di azienda, affidandovi serenamente alla nostra due dilicence fiscale, oppure per ricevere una consulenza o un parere legale -tributario,

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Focus sulla neutralità fiscale in caso di fusione di società e istruzioni operative

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La fusione, disciplinata agli articoli da 2501 a 2504 quinquies del codice civile, è quell’operazione straordinaria attraverso la quale due o più società si concentrano in una sola, ampliandone dimensione e competitività sul mercato. Illustriamo una guida pratica in pillole sul funzionamento dell’operazione di fusione e sugli effetti che produce, dedicando un focus specifico alla neutralità fiscale con le relative istruzioni operative.

Come funziona la fusione e quali effetti produce?

La fusione disciplinata agli articoli da 2501 a 2504 quinquies del codice civile, è quell’operazione straordinaria attraverso la quale due o più società si concentrano in una sola, ampliandone dimensione e competitività sul mercato.

La fusione può attuarsi con due modalità:

fusione per unione cioè costituzione di una nuova società (“newco”);

fusione per incorporazione, cioè assorbimento di due o più società in un’altra. Si distingue in omogenea ( tra società stesso tipo ) o eterogenea ( tra società di tipo diverso).

A) Effetti giuridici :

l’estinzione delle società fuse o incorporate;

la successione della società che risulta dalla fusione e dell’incorporante nei beni, nei diritti e negli obblighi già in capo all’incorporata

assegnazione ai soci delle società che si fondono di azioni o quote, dell’incorporante, ovvero della nuova società.

NB la fusione non può essere effettuata fra società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo

B) Effetti organizzativi/patrimoniali/gestionali

la crescita dimensionale dei soggetti coinvolti;

modifiche di natura organizzativa, patrimoniale / finanziaria;

mutamenti gestionali.

C) Effetti fiscali

neutralità fiscale dell’operazione : questo è l’aspetto sul quale verte il nostro FOCUS

Focus sulla neutralità fiscale della fusione e aspetti operativi

L’operazione straordinaria di fusione è retta dal principio fiscale della neutralità fiscale in base al quale la stessa :

è fiscalmente neutra ai fini delle imposte sul reddito;

è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA;

è soggetta alle imposte di atto in misura fissa.

In particolare, l’art. 172 TUIR , ai fini delle imposte sui redditi, stabilisce quanto segue:

la fusione di società non costituisce realizzo, né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse (comprese quelle relative alle rimanenze ed all’avviamento);

l’ irrilevanza in capo alla risultante o all’incorporante degli avanzi e disavanzi di fusione;

il cambio delle partecipazioni originarie non fa emergere reddito imponibile in capo ai soci (fatta salva l’ipotesi di conguaglio).

Nel dettaglio, a livello fiscale si evidenziano i seguenti punti :

la non imponibilità dei maggiori valori iscritti nei confronti della società risultante o incorporante (che rilevano solo civilisticamente);

valutazione dei beni ricevuti dalla società risultante o incorporante in base all’ultimo valore riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi, facendo risultare con apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio ed i valori fiscalmente riconosciuti (quadro RV modello UNICO SC).

Attenzione:Se la società incorporante esercita l’ opzione prevista per affrancare, ex art. 172 co. 10 bis, con imposta sostitutiva i maggiori valori iscritti, non si realizza alcun disallineamento contabile/fiscale e non è necessario compilare il quadro RV.

Il criterio della continuità fiscale implica operativamente che:

l’incorporante calcola gli ammortamenti sul valore lordo dei beni posseduti ante fusione dall’incorporata;

le rimanenze di magazzino dell’incorporata mantengono la medesima stratificazione in capo all’incorporante;

l’incorporante succede nelle concessioni;

l’incorporante subentra nei crediti di imposta di tipo sovvenzionale.

il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo, né distribuzione di plusvalenze o minusvalenze, né conseguimento di ricavi per i soci della società risultante dalla fusione o incorporante che riceveranno, con effetto retroattivo, le partecipazioni al medesimo valore fiscale di quelle annullate;

in caso di conguaglio in denaro si applica l’art. 47 comma 7 TUIR e ricorrendone le condizioni gli artt. 58 e 87 del TUIR (assimilazione ai dividendi) cioè lo stesso viene trattato fiscalmente come una eccedenza realizzata sulla partecipazione annullata che sarà tassata in funzione della soggettività giuridica del socio;

la fusione non interrompe il periodo di possesso della partecipazione di 12 mesi ai fini della “partecipation exemption”;

per le rimanenze di magazzino l’incremento non è soggetto a LIFO.

Quando si può fare eccezione al principio generale di successione fiscale nelle posizioni soggettive delle società estinte?

ricostruzione delle riserve del patrimonio netto;

diritto al riporto delle perdite fiscali di esercizio.

Istruzioni “per l’uso”

Criteri di ricostruzione delle riserve

a) riserve in sospensione assoluta (art 172 comma 5 del DPR n. 917/1986) la ricostruzione (in mancanza della quale scatta materia imponibile per la società risultante o incorporante) va fatta valere prioritariamente sull’eventuale avanzo di fusione, in seconda battuta, sulle riserve libere e in caso di in capienza delle stesse è possibile vincolare in tutto o in parte il capitale sociale della società incorporante o risultante.

b) le riserve a sospensione moderata ( nel caso cioè di pagamento dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione degli immobili d’impresa) devono essere ricostituite se e nella misura in cui vi sia avanzo di fusione ovvero via sia stato un aumento del capitale sociale superiore a quello delle partecipanti al netto delle azioni già possedute dalle stesse.

Ciò che residua sarà al servizio delle riserve diverse da ricostituire proporzionalmente e con il regime fiscale originario.

Questa particolare metodologia è finalizzata ad evitare “salti di imposta”.

Criteri di riporto delle perdite

NB sono previsti limiti al diritto di riporto delle perdite fiscali conseguite in periodi antecedenti l’operazione ( art 172 comma 7 del DPR n. 917/1986) al fine di evitare utilizzi elusivi della fusione.

le perdite antecedenti la fusione sono riportabili per la parte che non eccede l’ammontare del patrimonio netto quale risulta dall’ultimo bilancio o se inferiore dalla situazione ex art. 2501-quater senza tenere conto dei versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione;

In secondo luogo occorre verificare il conto economico della società le cui perdite sono riportabili relativo all’esercizio precedente la fusione. In particolare il livello di ricavi e proventi e l’ ammontare minimo di spese di lavoro, non devono essere inferiori al 40% dei corrispondenti importi ottenuti dalla media degli ultimi due esercizi precedenti;

le perdite pregresse non sono deducibili fino a concorrenza dell’ammontare complessivo della svalutazione effettuata dalla società (incorporante o altra societá che partecipa alla fusione) che ha detenuto la partecipazione.

Quindi le società partecipanti alla fusione:

dovranno determinare un proprio risultato di periodo relativo all’intervallo temporale che intercorre tra l’inizio del periodo di imposta e la data antecedente a quella di efficacia giuridica della fusione;

l’eventuale perdita sarà assoggettata, insieme alle perdite fiscali pregresse del soggetto partecipante, alle disposizioni di cui all’art. 172, comma 7 del TUIR.

Attenzione a due ulteriori aspetti fiscali fondamentali :

riporto delle eccedenze di interessi passivi non dedotti

I limiti previsti per il riporto delle perdite fiscali si applicano anche al diritto di riporto degli interessi passivi non dedotti nel periodo di imposta di competenza in quanto eccedenti la soglia di cui all’art. 96 del TUIR. ( limite é pari al 30% del R. O. L risultato operativo lordo)

riconoscimento del disavanzo di fusione

La società risultante o incorporante ha la possibilità di applicare un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi ed IRAP al fine di ottenere il riconoscimento dei maggiori valori contabili iscritti per applicazione del disavanzo di fusione ( a prescindere che si tratti di disavanzo da annullamento o da con cambio)

L’opzione puó essere esercitata:

nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale ‘operazione é stata effettuata;

nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo successivo (termine ultimo).

Aliquote a scaglioni:

12% maggiori valori sino a 5 milioni di euro;

14% maggiori valori tra 5 e 10 milioni di euro;

16% maggiori valori oltre 10 milioni di euro

L’imposta deve essere versata in tre rate annuali:

30% prima rata;

40% seconda rata;

30% terza rata.

NB In caso di realizzo dei beni anteriormente al quarto periodo di imposta successivo a quello di opzione, il costo fiscale é ridotto dei maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva e dell’eventuale maggior ammortamento dedotto e l’imposta sostitutiva versata é scomputata dall’imposta sui redditi.

Il focus sulla neutralità fiscale della fusione conduce in sintesi ai seguenti principi:

la fusione non genera realizzo né distribuzione delle plusvalenze latenti nei patrimoni delle società incorporate o fuse;

sono altresì irrilevanti i plusvalori e minusvalori iscritti nelle situazioni patrimoniali di cui all’art. 2501-ter cioè gli stessi non costituiscono materia imponibile indipendentemente dai valori civilistici;

la neutralità fiscale rileva anche in capo ai soci delle società fuse o incorporate per i quali il concambio non costituisce realizzo;

l’avanzo o il disavanzo è irrilevante nella determinazione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante.

Per pianificare in modo efficiente ed efficace le vostre operazioni di M & A affidandovi serenamente alla nostra due dilicence fiscale, oppure per ricevere una consulenza o un parere legale -tributario,

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Bonus strumenti musicali 2017: guida in pillole per ottenerlo in tempo e modalità di recupero dello sconto per i negozianti

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La legge di Bilancio 2017 ha rafforzato un premio economico – fiscale molto vantaggioso per i giovani musicisti (anche per la gioia dei genitori degli studenti) che quest’anno vogliono acquistare uno strumento musicale nuovo. Ecco la guida che spiega in pillole come chiedere il Bonus Stradivari 2017 e le modalità che consentono ai negozianti di recuperare, tramite il credito d’imposta, lo sconto riconosciuto agli acquirenti (seguendo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate).

La legge di Bilancio 2017 ha rafforzato un premio economico – fiscale molto vantaggioso per i giovani musicisti (anche per la gioia dei genitori degli studenti) che quest’anno vogliono acquistare uno strumento musicale nuovo. Ecco la guida che spiega in pillole come chiedere il Bonus Stradivari 2017 e le modalità che consentono ai negozianti di recuperare, tramite il credito d’imposta, lo sconto riconosciuto agli acquirenti (seguendo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate).

I punti chiave del Bonus strumenti musicali 2017

Bonus stradivari confermato per l’anno 2017 prevede:

15 milioni di euro di dotazione;

65% dell’importo dello strumento per un totale di 2. 500 €;

credito d’imposta per i negozianti.

Cos’è il bonus strumenti musicali 2017

E’ un contributo con aliquota fino al 65 % del prezzo finale dello strumento musicale, applicabile per un massimo di 2. 500 euro. Tale agevolazione spetta una tantum e vale solo per gli acquisti realizzati nel 2017.

Quali studenti possono ottenerlo

Il bonus strumenti musicali 2017 è riservato agli studenti iscritti ad alcuni corsi scolastici, accademici o di formazione (è necessario essere in regola con il pagamento di tasse e contributi dovuti per l’anno 2016-2017 o 2017-2018), nel dettaglio:

licei musicali;

corsi preaccademici;

conservatori di musica (corsi del precedente ordinamento e corsi di diploma di I e di II livello)

istituti superiori di studi musicali ;

istituzioni di formazione musicale e coreutica autorizzate a rilasciare titoli di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

Come fare per attivarlo

Lo studente dovrà chiedere al proprio istituto un certificato d’iscrizione da consegnare al rivenditore al momento dell’acquisto. Il documento deve contenere i dati principali dello studente: nome, cognome, codice fiscale, strumento musicale, corso e anno d’iscrizione.

Cosa devono fare i negozianti per recuperare lo sconto

I venditori e produttori potranno recuperare lo sconto applicato sul prezzo di vendita attraverso il credito d’imposta nel quale il primo si converte.

Prima di concludere la vendita, il commerciante dovrà comunicare all’Agenzia delle Entrate i seguenti dati:

il proprio codice fiscale, quello dello studente e quello dell’istituto che ha rilasciato il certificato d’iscrizione;

lo strumento musicale;

il prezzo di vendita comprensivo del bonus e dell’Iva;

NB Questi dati potranno essere trasmessi al Fisco a partire dal 20 aprile 2017

A decorrere dal secondo giorno lavorativo successivo alla data di rilascio della ricevuta, il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione presentando il modello F24 esclusivamente tramite servizi telematici indicando il codice tributo 6865.

Attenzione: Considerato che i fondi stanziati dallo Stato ammontano a 15 milioni di euro e che i bonus saranno assegnati in ordine cronologico, è altamente consigliabile attivarsi il prima possibile applicando correttamente la procedura!

Per attivare subito il vostro bonus strumenti musicali (giovani musicisti) e per ottenere il credito d’imposta sullo sconto applicato ( negozianti aderenti),

non esitate a contattarci al numero verde 800. 19. 27. 52!

Start Up innovative “a vocazione sociale” 2017 : come avviare con la procedura semplificata. Guadagnare migliorando la vita degli altri e il benessere collettivo!

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Desiderate avviare un’attività imprenditoriale innovativa nel sociale con minimi oneri fiscali e moltissimi incentivi finanziari costruendo un business modellato sul miglioramento della vita degli altri e del benessere collettivo? Scegliete subito la Start Up innovativa a vocazione sociale! Ecco la guida pratica per aprire con la procedura semplificata.

Desiderate avviare un’attività imprenditoriale innovativa nel sociale con minimi oneri fiscali e moltissimi incentivi finanziari costruendo un business modellato sul miglioramento della vita degli altri e del benessere collettivo? Scegliete subito la Start Up innovativa a vocazione sociale! Ecco la guida pratica per aprire con la procedura semplificata.

Come noto, con l’ultima manovra finanziaria, a partire dal 2017, si prevede l’incremento delle agevolazioni fiscali e finanziarie per chi investe in startup e PMI innovative e a vocazione sociale cioè imprese sociali che producono o scambiano beni e servizi di utilità sociale

In sintesi, le aliquote vengono uniformate al 30% sia per la detrazione dall’imposta per i soggetti IRPEF (al posto dell’attuale aliquota del 19%) con tetto massimo elevato a 1 milione di euro, sia per la deduzione dal reddito per i soggetti IRES (in luogo dell’attuale aliquota del 20%), qui fino ad un importo limite di 1,8 milioni di euro, indipendentemente dalla tipologia di startup innovativa beneficiaria. La nuova aliquota riguarda anche le startup a vocazione sociale e quelle che commercializzano esclusivamente prodotti e servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico (per le quali la normativa vigente prevede aliquote maggiorate pari al 25% di detrazione e 27% di deduzione dal reddito).

Cosa si intende per start – up innovative a vocazione sociale?

Ai sensi dell’art. 25, comma 4 del DL 179/2012, convertito con L. 221/2012, le startup innovative a vocazione sociale sono definite come “le start-up innovative di cui al comma 2 e 3 che operano in via esclusiva nei settori indicati all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155”.

I settori che rilevano sono:

assistenza sociale;

assistenza sanitaria;

assistenza socio-sanitaria;

educazione, istruzione e formazione;

tutela dell’ambiente e dell’ecosistema;

valorizzazione del patrimonio culturale;

turismo sociale;

formazione universitaria e post-universitaria;

ricerca ed erogazione di servizi culturali;

formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo;

servizi strumentali alle imprese sociali.

Come avviare

Chi desidera investire in questa particolare tipologia di startup innovativa, applicherà una procedura estremamente semplificata.

Il riconoscimento dello status di startup innovativa a vocazione sociale avviene infatti tramite un’autocertificazione (circolare 3677/C emanata dal Ministero dello sviluppo economico il 20 gennaio 2015) con cui l’impresa:

dichiara di operare in via esclusiva in uno o più settori elencati all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155;

indica tale/i settore/i nell’apposito codice 034 della modulistica registro imprese;

dichiara di realizzare, operando in tale/i settori, una finalità d’interesse generale;

si impegna a dare evidenza dell’impatto sociale prodotto mediante la redazione di un “Documento di descrizione di impatto sociale” contenente la specificazione degli indicatori di natura qualitativa e quantitativa.

all’autocertificazione occorre allegare il “Documento di descrizione di impatto sociale” sopra indicato.

Attenzione: la startup innovativa a vocazione sociale dovrà trasmettere tale documento in via telematica alla Camera di commercio competente con cadenza annuale.

Nel caso di Startup innovativa già iscritta nella sezione speciale del registro delle imprese, tale autocertificazione può essere presentata in qualsiasi momento, quindi anche in occasione del primo adempimento utile (es. In occasione dell’aggiornamento semestrale o al momento della conferma del possesso dei requisiti, ai sensi rispettivamente dei commi 14 e 15 dell’art. 25 del DL 179/2012).

NB Nella circolare n. 3677/C del 20 gennaio 2015 n. 6957, il Ministero dello Sviluppo Economico ha evidenziato la necessità che il riconoscimento dello status di startup innovativa a vocazione sociale debba avere evidenza pubblica attraverso la Sezione Speciale del Registro delle imprese ai sensi dell’art. Art 25, comma 8 e comma 10 del D. L. 18 ottobre 2012, n. 179.

Per avviare con successo la vostra Start – Up innovativa e attivare correttamente tutti i bonus fiscali e le agevolazioni finanziarie,

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