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Manovra correttiva 2017 (D.L. 24/04/17 N. 50): Sintesi

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Manovra correttiva 2017 (D.L. 24/04/17 N. 50): Sintesi

SINTESI del D. L. N. 50 del /2017 “Manovra correttiva 2017” in vigore dal 24 aprile novità fiscali per imprese e professionisti su split payment, Durc, aliquote Iva, compensazione crediti erariali e previdenziali tramite F24…. Testo del decreto in allegato

MANOVRA CORRETTIVA 2017 – DL 24/04/17 N. 50

SINTESI del D. L. N. 50 del /2017 “Manovra correttiva 2017” in vigore dal 24 aprile novità fiscali per imprese e professionisti su split payment, Durc, aliquote Iva, compensazione crediti erariali e previdenziali tramite F24…. Testo del decreto in allegato

SINTESI DELLE NOVITA’ FISCALI:

1)  Dal 24/04/17 obbligo di numerare in ordine progressivo le fatture IVA di acquisto e registrarle al max. Entro il termine di presentazione della relativa dichiarazione ed entro lo stesso termine va esercitato il diritto di detrazione[1]. Per gli acquisti effettuati fino al 23/04/17 la detrazione può essere esercitata entro il termine di presentazione della dichiarazione per il 2° anno successivo (articolo 19 DPR 633/72);

2)  Dal 01/07/17 lo “split payment” (scissione pagamento) viene esteso alle società/enti controllate dalla PA ed ai lavoratori autonomi soggetti a ritenuta;

3)  Dal 24/04/17 i crediti IVA e REDDITI, scaturenti da dichiarazione annuale, maggiori di € 5. 000,00 per essere utilizzati in compensazione necessitano del visto di conformità;

4)  E’ prevista la “definizione agevolata delle liti pendenti” con la sola Agenzia Entrate, aperte entro il 31/12/16, mediante presentazione di istanza entro il 30/09/17, con abbuono di sanzioni e interessi di mora.   I termini per l’impugnazione scadenti tra il 24/04/17 e il 30/09/17 sono prorogati di 6 mesi, a prescindere dalla presentazione dell’istanza;

5)  Per gli atti notificati dal 01/01/18 aumenta da € 20. 000,00 a 50. 000,00 il valore della lite per l’obbligo di “reclamo-mediazione (articolo 17 – bis D. Lgs 546/92);

6)  Dal 01/10/17 il PREU passa al 19% (dal 17,5%).

 

[1] La “registrazione” dal 2017 influenza il reddito delle “semplificate” che adottano per opzione il metodo di registrazione.

 

Imprese in contabilità semplificata: come passare al regime di cassa 2017 evitando la doppia tassazione

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Come ormai noto, il reddito delle contabilità semplificate per cassa 2017 introdotto dall’articolo 18 D. P. R. 600/1973, viene determinato ai fini della tassazione fiscale, facendo riferimento ai ricavi effettivamente incassati, a prescindere dalla competenza economica, principio quest’ultimo che invece caratterizza il regime contabile ordinario. Ma quando un’impresa “minore” passa al regime per cassa cosa occorre sapere per evitare duplicazioni o salti d’imposta? Ecco le istruzioni operative con gli esempi pratici, sulla base dei recenti chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate.

Come ormai noto, il reddito delle contabilità semplificate per cassa 2017 introdotto dall’articolo 18 D. P. R. 600/1973, viene determinato ai fini della tassazione fiscale, facendo riferimento ai ricavi effettivamente incassati, a prescindere dalla competenza economica, principio quest’ultimo che invece caratterizza il regime contabile ordinario.

Attenzione: se volete scoprire quando converrebbe maggiormente rispetto al classico regime per cassa, il metodo “opzione comma 5”, leggete la guida dedicata ai commercianti all’ingrosso ed al dettaglio.

Come evitare la doppia tassazione nel passaggio al nuovo regime?

Quando un’impresa “minore” passa al regime per cassa, cosa occorre sapere per evitare duplicazioni o salti d’imposta?

Con la Circolare 11/E del 13 aprile 2017, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sul punto mettendo in evidenza che il comma 19 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017 in base al quale: “Al fine di evitare salti o  duplicazioni  di  imposizione,  nel caso  di  passaggio   da   un   periodo   d’imposta   soggetto   alla determinazione  del   reddito   delle   imprese   minori   ai   sensi dell’articolo 66 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n°917, a un periodo d’imposta soggetto a  regime  ordinario,  e  viceversa, i ricavi, i compensi e le spese che hanno già concorso alla formazione del reddito, in base alle regole del regime di determinazione del reddito d’impresa adottato, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi”, mira ad evitare che il passaggio da un regime di competenza a un regime ispirato alla cassa possa determinare anomalie in termini di doppia tassazione/deduzione ovvero nessuna tassazione/deduzione di alcuni componenti di reddito.

Tale disposizione è applicabile:

nel caso di passaggio da un regime di determinazione del reddito secondo le regole di competenza ad uno per cassa;
a regime cioè tutte le volte in cui le imprese transitano dal regime di contabilità semplificata al regime di contabilità ordinaria e viceversa.

N. B. La norma sopra indicata implica in pratica che se un componente reddituale ha concorso alla determinazione del reddito in applicazione delle regole previste dal regime di “provenienza”, lo stesso non concorrerà alla formazione del reddito dei periodi di imposta successivi, sebbene si siano verificati i presupposti di imponibilità/deducibilità previsti dal regime di “destinazione”.

Esempi

a) Per evitare la doppia tassazione: in caso di ricavi di vendita di beni consegnati nel 2016 con corrispettivo incassato nel 2017, a norma dell’articolo 109, comma 2, del TUIR, tali ricavi hanno concorso alla determinazione del reddito del periodo di imposta 2016 e non costituiranno ricavi imponibili nel 2017;

b) per evitare la doppia deduzione: nell’ipotesi di cui l’acquisto di beni di consumo, la cui consegna è avvenuta nel 2016 e il pagamento nel 2017, ha dato luogo a un costo deducibile nel 2016, lo stesso non potrà essere dedotto nel 2017.

N. B. I componenti reddituali che non abbiano concorso alla determinazione del reddito in applicazione delle regole previste dal regime di “provenienza”, concorreranno alla formazione del reddito dei periodi di imposta successivi sebbene non si siano verificati i presupposti di imponibilità/ deducibilità previsti dal regime di “destinazione”.

L’agenzia delle Entrate ha altresì precisato, nel Comunicato Stampa di aprile 2017, quanto segue:

determinazione del reddito per “cassa”: le imprese minori che applicano il regime di contabilità semplificata dovranno determinare il reddito imponibile come differenza tra l’ammontare dei ricavi (di cui all’articolo 85 del TUIR) e degli altri proventi (di cui all’articolo 89 del TUIR) percepiti nel periodo di imposta e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso. Questi ricavi e proventi concorrono alla formazione del reddito d’impresa all’atto dell’effettiva percezione ovvero secondo il criterio di cassa. Tuttavia, continuano a concorrere alla formazione del reddito secondo le regole ordinarie previste dal testo unico i componenti reddituali (positivi e negativi) la cui disciplina è espressamente richiamata dall’articolo. 66 del TUIR. Si tratta sia di componenti che partecipano alla determinazione del reddito “per competenza” (come, ad esempio, ammortamenti, canoni di leasing, plusvalenze e minusvalenze) che ordinariamente “per cassa” (come, ad esempio, interessi di mora);

attivazione regime di cassa: il regime di cassa rappresenta il regime naturale delle imprese in contabilità semplificata; non è necessario, quindi, inoltrare alcuna comunicazione all’Amministrazione finanziaria. Possono scegliere di applicare il regime di cassa anche i forfettari che, in tal caso, devono esprimere una specifica opzione. L’uscita dal regime di cassa avviene per superamento dei limiti previsti dal comma 1 dell’articolo 18 del Dpr n°600 del 1973, ovvero esercitando l’apposita opzione per il regime di contabilità ordinaria.

Per approfondimenti sulle istruzioni applicative del regime di IVA per cassa, leggete la divulgazione dedicata alle modalità operative IVA per cassa 2017.

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Scadenze contabili 15 maggio 2017 imprese/associazioni con guida alla fatturazione differita

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Quali sono gli adempimenti contabili ai quali le imprese e le associazioni devono far fronte entro prossimo il 15 maggio, data ormai imminente? Quali sono le istruzioni pratiche da osservare, in particolare, in caso di fatturazione differita?  

Il 15 maggio 2017 nello scadenzario dei commercialisti figura come termine finale per provvedere ai seguenti adempimenti contabili:   

A) SOGGETTI IVA

1) Emissione e registrazione delle fatture differite relative a beni consegnati o spediti nel mese solare precedente e risultanti da documento di trasporto o da altro documento idoneo ad identificare i soggetti tra i quali è effettuata l’operazione.

Istruzioni operative fatturazione differita

La fattura differita è un documento fiscale emesso in un momento non coincidente con quello dell’effettuazione della prestazione (servizi), oppure diverso dalla consegna della merce (beni).

Questa tipologia di fattura costituisce uno strumento semplificato per le imprese in quanto consente di riepilogare in un unico documento fiscale i pagamenti eseguiti nel mese solare da un dato cliente.

La fattura differita dev’essere emessa e registrata entro il 15°giorno del mese successivo a quello in cui i beni vengono spediti/consegnati o le prestazioni vengono realmente effettuate. Legalmente l’operazione rientrerà nella liquidazione periodica del mese di riferimento (che deve essere indicato) e l’IVA andrà versata entro il 16 del mese successivo.

Esempio: se il pagamento della consegna di un bene è avvenuto ad aprile, anche se la fattura viene emessa in modalità differita il 15 maggio, l’operazione rientra nella liquidazione periodica di aprile e l’IVA andrà versata entro il 16 maggio.

Attenzione: per semplificare quindi la successiva gestione fiscale, nella prassi ormai diffusa si tende a fatturare entro il mese (tipicamente nell’ultimo giorno lavorativo) e non posticipare nei 15 giorni successivi.

Esaminiamo la fatturazione differita nei vari casi:

prestazioni di servizi Italia: in tal caso le prestazioni devono essere individuabili attraverso documentazione idonea che ne attesta l’esecuzione come tramite contratto e in documenti d’intervento, rapporti giornalieri o simili; devono essere effettuate nello stesso mese solare e nei confronti di un medesimo soggetto;

prestazioni di servizi verso altro Stato UE: è possibile emettere fattura differita per prestazioni di servizi rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione europea, non soggette all’imposta ai sensi dell’aricolo. 7-ter del DPR n°633/1972;

L’articolo 7-ter contiene la regola generale, secondo cui le prestazioni di servizi sono rilevanti ai fini IVA nel territorio dello Stato:

– quando sono rese a committenti soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato;

– quando sono rese a committenti non soggetti passivi d’imposta da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato;

cessioni di beni Italia: qui è necessario che la consegna/spedizione risulti provata da documento di trasporto (DDT) o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l’operazione come ad esempio la lettera di vettura, la ricevuta fiscale o scontrino fiscale, ma solo se opportunamente integrati;

cessioni di beni intracomunitarie: in tali ipotesi si applicano le medesime regole sopra citate e la data di riferimento è quella di partenza del trasporto o della spedizione dei beni dall’Italia (o dall’altro Stato membro per quanto riguarda gli acquisti).

2) Annotazione delle fatture attive del mese precedente e annotazione nel registro dei corrispettivi degli incassi dell’intero mese solare precedente qualora risultino dall’emissione di scontrini e/o ricevute fiscali (in caso contrario i corrispettivi devono essere annotati entro il giorno non festivo successivo); Riguardo alla registrazione delle fatture di importo inferiore ad € 300 del mese precedente, possono essere così riepilogate sia le fatture attive che le fatture di acquisto.

N. B. I soggetti in contabilità ordinaria hanno la facoltà di non tenere i registri IVA in quanto sostituiti dalle annotazioni sul libro giornale e inventari (cronologico per i professionisti).

B) ESERCENTI COMMERCIO AL MINUTO E SOGGETTI DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE: registrazione, anche cumulativa, dei corrispettivi delle operazioni nel mese solare precedente per le quali è stato rilasciato lo scontrino fiscale o la ricevuta fiscale da parte dei soggetti esercenti il commercio al minuto e assimilati e soggetti che operano nella grande distribuzione che già possono adottare, in via opzionale, la trasmissione telematica dei corrispettivi (Circolare n°8/E/2006);

C) ASD PRO LOCO E ALTRE ASSOCIAZIONI: registrazione dei corrispettivi e di qualsiasi provento conseguito nell’esercizio di attività commerciali, con riferimento al mese precedente da parte delle Associazioni sportive dilettantistiche, associazioni senza scopo di lucro e delle associazioni pro loco che hanno effettuato l’opzione per il regime fiscale agevolato di cui all’articolo 1 della Legge n°398/1991.  L’annotazione dovrà essere effettuata nel registro approvato con D. M. 11 febbraio 1997 opportunamente integrato.

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Qual è il nuovo regime fiscale agevolato per premi di risultato 2017? Siglato l’Accordo-Quadro Regione Lazio

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vendita prodotti alimentari
vendita prodotti alimentari

Con questa guida in pillole illustriamo alle aziende ed ai professionisti come funziona la nuova detassazione ampliata dei premi di risultato 2017 recentemente recepita nell’Accordo-Quadro Lazio, per consentire loro di conoscere i flexible benefits con i quali gli stessi sono sostituibili e non commettere errori in fase di applicazione del nuovo regime agevolato, in qualità di sostituti d’imposta dei propri dipendenti.

Il premio di produttività è quell’emolumento corrisposto dal datore di lavoro ai propri dipendenti titolari di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, correlato ad incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa ovvero legato ai risultati dell’andamento economico dell’impresa o ad ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale.  Tali premi incentivanti vengono corrisposti in attuazione di accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali.

Sotto il profilo fiscale, su salario di produttività e premi di risultato i dipendenti godono di una parziale detassazione mediante l’applicazione dell’aliquota sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionale e comunale pari al 10%.

L’agevolazione fiscale è applicata dal datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta.

Quali sono i premi di risultato ammessi al regime agevolato?

Il regime agevolato è applicabile esclusivamente ai premi di risultato di ammontare variabile corrisposti in funzione di incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione.

Il requisito della “variabilità” determina la modulazione del quantum del premio in relazione al grado di raggiungimento del risultato prefissato, misurabile in modo oggettivo sulla base di indicatori numerici o altro tipo puntualmente individuati.

Attenzione: tali premi dunque non possono coincidere con un unico importo fisso ma devono essere strutturati sulla base della fissazione di più scaglioni, di importo quantificabile in base all’entità dell’obiettivo raggiunto.

Attualmente restano escluse, sebbene riconducibili a maggiore produttività, altre voci retributive come straordinari, le maggiorazioni per lavoro notturno, le indennità varie.

Accordo-Quadro regione Lazio e novità legge di Bilancio 2017

La detassazione dei premi di risultato inerenti ad aumenti  di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, è stata formalizzata all’interno dell’accordo Quadro Territoriale Regione Lazio siglato in data 16 gennaio 2017 da CNA Lazio, Confartigianato Imprese Lazio, Casartigiani Lazio, Claai Lazio, Cgil Lazio, Cisl Lazio, Uil Lazio, che ha dato attuazione all’operatività dell’aliquota agevolata al 10% ed alle nuove formule di welfare sostitutivo come previste dalla legge di Bilancio 2017, regolamentandole nello specifico.

In particolare la Manovra 2017 ha modificato, integrato e interpretato sia l’articolo 51 del TUIR (determinazione del reddito di lavoro dipendente) sia la legge di Stabilità 2016 (legge n°208/2015), nella parte relativa alla reintroduzione strutturale della parziale detassazione dei premi di risultato/partecipazione agli utili e la loro possibile sostituzione mediante l’utilizzo di flexible benefits.

Le principali novità introdotte dall’articolo 23 della Manovra in punto di premi di risultato sono:

estensione dell’importo massimo dei premi dagli iniziali e 2000 ad € 3000 annui;
incremento delle soglie di reddito degli aventi diritto da e 50. 000 annui ad € 80. 000 annui;
nel caso in cui l’impresa preveda la partecipazione dei lavoratori all’organizzazione del lavoro, il premio sale ad € 4. 000, dai precedenti € 2500;
possibilità di percepire i premi sotto forma di benefits esclusi da tassazione: facoltà per il dipendente di sostituire il premio di produttività, in tutto o in parte, con una serie di somme previste dall’articolo 51 TUIR (Testo Unico delle Imposte sui redditi), Dpr 917/86, (ad esempio buoni pasto, contributi previdenziali, borse di studio). In tal caso, le somme non concorreranno a formare il reddito complessivo del lavoratore e non sono soggette all’aliquota sostitutiva del 10%.

N. B. Nello specifico, le voci retributive detassabili in base al comma 182 della legge 208/2015, sono legate ad “incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili” sulla base di criteri definiti dal decreto ministeriale del 25 marzo pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 maggio, e alle “somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa”.

N. B. Le agevolazioni fiscali per i premi di produttività si applicano oltre che alle imprese, anche agli enti pubblici economici, associazioni culturali, politiche o di volontariato, studi professionali, consorzi ed enti ecclesiastici.

Requisiti per beneficiare dell’Accordo-Quadro

risultare associati alle organizzazioni datoriali firmatarie dell’accordo;
garantire l’applicazione integrale dei contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni datoriali firmatarie dell’accordo;
conferire mandato ad una delle organizzazioni datoriali firmatarie dell’accordo.

 

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Convenzione tra A.N.CO.R.S. e NetworkFiscale.com

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Convenzione tra A.N.CO.R.S. e NetworkFiscale.com

A. N. CO. R. S. APS è un’associazione avente come scopo lo sviluppo e la rappresentanza professionale e sindacale dei datori di lavoro, dei consulenti, dei responsabili e dei formatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Con questa convenzione i clienti ed i professionisti affiliati a NetworkFiscale. Com avranno l’opportunità di aderire a corsi di formazione aziendale per la sicurezza e ad altre attività affini a tariffe agevolate.

Convenzione tra A.N.CO.R.S. APS e NetworkFiscale. Com

 

Una notevole forma di tutela in materia di sicurezza e salute sul lavoro

 

A. N. CO. R. S. APS è una associazione sindacale datoriale che mira alla tutela e alla promozione del sistema sicurezza, valorizzando il ruolo dei professionisti e delle aziende operanti nel settore, anche in termini di pari opportunità, nel sistema costituzionale, legislativo, economico e sociale italiano e nei corrispondenti ambiti europei. A. N. CO. R. S. è un soggetto formatore nazionale riconosciuto che mette a disposizione le sue competenze per corsi di formazione in materia di sicurezza sul lavoro, rilasciando l’attestazione di qualità professionale ai propri iscritti.

Grazie alla convenzione stipulata, gli utenti di Network Fiscale. Com potranno usufruire dei servizi erogati dalla APS A. N. CO. R. S. Alle condizioni agevolate disciplinate nell’accordo in essere.

Allo stesso modo i partners di Network Fiscale riconoscono un trattamento riservato agli associati di APS A. N. CO. R. S. Per:

·      operazioni di Due Diligence, M&A (operazioni societarie straordinarie di fusione ed acquisizione);

·      tax saving, inteso come risparmio lecito di imposta con cui drenare liquidità in capo all’azienda ed al nucleo familiare imprenditoriale;

·      assistenza alle aziende negli investimenti in “intagible assets”, quali deposito e tutela dei Marchi di impresa e collettivi, Patent Box, Rating di Legalità;

·      assistenza contabile in cloud in tutta Italia.

Il ristoratore che acquista tartufi da raccoglitori occasionali deve ancora pagare l’IVA (senza detrazione)?

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il ristoratore dovrà emettere autofattura all’atto di acquisto di tartufi

Il titolare e Chef di un ristorante compra una certa quantità di tartufi pregiati da un raccoglitore occasionale per realizzare pietanze e dessert rinomati da servire ai propri clienti, corrispondendo allo stesso il prezzo di 6. 000 €: il ristoratore dovrà emettere autofattura all’atto di acquisto con versamento dell’IVA senza detrazione oppure no ed il fornitore a sua volta avrà l’obbligo di contribuzione previdenziale? Con questa guida illustriamo com’è possibile, a partire dal 2017 per ristoratori e commercianti realizzare un vantaggioso risparmio lecito d’imposta sugli acquisti di tartufi e incrementare notevolmente i propri guadagni.

Quesito: il ristoratore dovrà emettere autofattura all’atto di acquisto di tartufi?

Il titolare e Chef di un ristorante compra una certa quantità di tartufi pregiati da un raccoglitore occasionale per realizzare pietanze e dessert rinomati da servire ai propri clienti, corrispondendo allo stesso il prezzo di 6.000 €: il ristoratore dovrà emettere autofattura all’atto di acquisto con versamento dell’IVA senza detrazione oppure no ed il fornitore a sua volta avrà l’obbligo di contribuzione previdenziale?

Analisi normativa

Regole applicabili fino al 31.12.2016

La specifica disciplina fiscale applicabile alle cessioni di tartufi a decorrere dal 1° gennaio 2005 prevedeva che i soggetti che nell’esercizio d’impresa effettuassero acquisti di tartufi da raccoglitori dilettanti o occasionali non muniti di partita IVA, avessero l’obbligo di emettere autofattura (senza obbligo di indicazione delle generalità del raccoglitore/cedente, esente da obblighi contabili) e di versare al Fisco, senza diritto alla detrazione, l’IVA concernente le operazioni autofatturate.

Incompatibilità dell’autofatturazione con la normativa europea IVA.

La Commissione UE ha sul punto rilevato che:
a) il cedente, ossia un “raccoglitore dilettante od occasionale non munito di partita IVA”, non è un soggetto passivo ai fini dell’IVA e pertanto la cessione non dovrebbe rientrare nell’ambito di applicazione dell’imposta. Dunque, la norma viola il principio comunitario secondo il quale sono soggette all’IVA le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo IVA che agisce in quanto tale;
b) la negazione del diritto a detrazione dell’IVA da parte del cessionario si pone in contrasto con altro principio, in base al quale l’IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell’ammontare dell’imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo;
c) non è riscontrabile nella legislazione italiana un quadro merceologico e fiscale del tartufo, anche se il prodotto è considerato coltivabile. D’altra parte, in base alla legislazione IVA italiana, il tartufo viene esplicitamente escluso dalla categoria dei prodotti agricoli, con la conseguenza di essere escluso dal regime speciale per i produttori agricoli, senza una sufficiente valida motivazione di tale esclusione.

Nuovo regime fiscale applicabile al tartufo partire dal 1 gennaio 2017 (Articolo 29 Legge 122/2016)

In una prospettiva volta ad evitare una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea per violazioni della disciplina IVA, con riferimento alla operazioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2017, il regime fiscale delle cessioni di tartufi è stato così modificato:
1) è stato eliminato, per le imprese che acquistano i tartufi da raccoglitori dilettanti o occasionali, l’obbligo di emettere l’autofattura e dunque di corrispondere l’IVA gravante sugli stessi;
2) le cessioni di tartufi da parte di raccoglitori occasionali non muniti di partita IVA si considerano escluse dall’imposta e gli stessi sono esenti da obblighi contabili in relazione alla cessione dei tartufi;
3) le imprese che acquistano i tartufi da raccoglitori occasionali non muniti di partita IVA hanno l’obbligo di:
– comunicare annualmente alle regioni di appartenenza la quantità di tartufi commercializzati e la provenienza territoriale degli stessi, sulla base delle risultanze contabili;
– certificare al momento della vendita la provenienza del prodotto, la data di raccolta e quella di commercializzazione;
– applicare ai compensi corrisposti, una ritenuta a titolo d’imposta, con obbligo di rivalsa, calcolata con aliquota del 23% commisurata all’ammontare dei corrispettivi pagati ridotto del 22% a titolo di deduzione forfetaria delle spese di produzione del reddito;
N. B.  Con riferimento alle cessioni di tartufi effettuate da coltivatori professionali ovvero da soggetti identificati ai fini IVA, devono essere assoggettate ad IVA, con aliquota del 10%, le operazioni aventi ad oggetto tartufi freschi, refrigerati o presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarne temporaneamente la conservazione, ma non specialmente preparati per il consumo immediato.

Operatività degli obblighi previdenziali per il raccoglitore occasionale di tartufi

In caso di prestazione occasionale è possibile ragionare ai fini previdenziali, in termini analoghi all’ipotesi di lavoro autonomo: infatti si configura il caso di prestazione occasionale d’opera quando un soggetto, verso un corrispettivo, si impegna a compiere un’opera o un servizio prevalentemente attraverso il proprio lavoro, e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Il prestatore d’opera, pertanto, svolge la propria attività lavorativa in modo completamente autonomo, senza alcuna continuità nella esecuzione delle prestazioni e senza alcun coordinamento con l’attività del committente. Di conseguenza, si ritiene che si debba procedere al versamento della contribuzione quando si superino i 5.000 €, e soltanto per la parte eccedente.

Soluzione

Il ristoratore che ha acquistato tartufi dal raccoglitore occasionale nel 2017 dovrà applicare, in luogo dell’autofattura e a fronte della ricevuta emessa dal secondo, una ritenuta a titolo d’imposta, con obbligo di rivalsa, sui compensi dallo stesso percepiti: in particolare tale ritenuta sarà applicata attraverso l’utilizzo dell’aliquota Irpef prevista per il primo scaglione di reddito all’articolo 11 Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi, Dpr 917/1986). Avendo inoltre, nel caso di specie, l’ammontare indicato nelle ricevute superato l’importo di € 5.000 (il corrispettivo è pari a € 6.000), il fornitore che raccoglie occasionalmente tartufi sarà soggetto agli obblighi di contribuzione previdenziale per l’importo residuo di € 1000.

Per richiedere:

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“Quota ricavi” dei collaboratori di impresa familiare: va compresa nei limite di fatturato per passaggio al regime forfettario? E se poi si esce da tale regime che succede?

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Il titolare di un’impresa familiare avviata nel 2016 in regime semplificato, desidera optare nel 2017 per il regime forfettario agevolato. Al fine del calcolo del limite di fatturato prescritto ex lege ai fini dell’accesso, occorrerà tener conto solo della “quota reddito” a lui imputata oppure anche dei ricavi di pertinenza dei collaboratori?  

Quesito

Il titolare di un’impresa familiare avviata nel 2016 in regime semplificato, desidera optare nel 2017 per il regime forfettario agevolato. Al fine del calcolo del limite di fatturato prescritto ex lege ai fini dell’accesso, occorrerà tener conto solo della “quota reddito” a lui imputata oppure anche dei ricavi di pertinenza dei collaboratori? E nell’ipotesi in cui successivamente si decidesse di fuoriuscire da tale regime?

Analisi normativa

Come noto, se si aderisce al regime forfettario, il reddito imponibile si determina applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti, il coefficiente di redditività (dal 40% al 86%) differenziato in funzione del codice ATECO (ossia, il codice che contraddistingue l’attività economica). Una volta determinato il reddito imponibile, il contribuente forfettario applica un’unica imposta nella misura del 15%, sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP (per le Start Up è prevista l’aliquota ridotta al 5% per i primi 5 anni).  

I collaboratori familiari hanno obblighi dichiarativi?

Nel caso di imprese familiari, l’imposta sostitutiva, applicata sul reddito – al lordo dei compensi dovuti dal titolare al coniuge e ai suoi familiari – è dovuta e versata dall’imprenditore. Questo significa che i collaboratori familiari sono esonerati dagli obblighi dichiarativi. Inoltre il contribuente potrà scomputare le detrazioni d’imposta complessivamente spettanti dall’imposta lorda emergente dal quadro RN, nel caso in cui percepisca altri redditi.

Attenzione: l’imposta sostitutiva pari al 15% comprende quindi l’intero prelievo fiscale e quindi anche la quota d’imposte che normalmente è a carico dei medesimi collaboratori familiari.

Soluzione

I ricavi da monitorare nel precedente periodo d’imposta per valutare se un soggetto rientri o meno nel tetto fissato per il regime forfettario, coincidono con quelli prodotti dall’impresa assunta nella sua unitarietà: non sarà dunque possibile né corretto distinguere quelli prodotti dal titolare da quelli prodotti dal collaboratore familiare.

In sintesi:

a) all’imprenditore viene assegnata una quota di reddito;

b) i ricavi, compresi quelli imputabili ai collaboratori sono da ricondurre totalmente all’impresa; 

c) ai fini dell’ingresso nel regime forfettario ciò che rileva sono i ricavi unitari senza scindere quelli imputabili al titolare e quelli attribuibili ai collaboratori e non il reddito.

Si deve concludere quindi che il titolare dell’impresa familiare dovrà conteggiare ai fini della verifica del mancato superamento del limite di fatturato prescritto ex lege per l’accesso al regime forfettario, sia i ricavi imputabili a se stesso, sia quelli di pertinenza dei suoi collaboratori, senza poter scorporare questi ultimi dai ricavi unitari.

Cosa accade se si decide di fuoriuscire dal regime forfettario?

Nell’ipotesi in cui l’imprenditore optasse per la fuoriuscita dal regime forfettario, determinando così il reddito secondo criteri analitici:

a) la “quota di reddito” imputabile ai collaboratori familiari ridurrebbe l’imponibile tassabile in capo all’imprenditore individuale;

b) a loro volta i collaboratori familiari dovranno assolvere agli obblighi dichiarativi indicando il reddito imputato (per trasparenza) all’interno del quadro RH del Modello UNICOPF.

 

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Come va costituita l’impresa familiare per godere delle agevolazioni fiscali? Cassazione Tributaria 2017

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Se l’impresa  familiare non è stata costituita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, l’Agenzia delle Entrate potrà emettere avvisi di accertamento di un maggior reddito rispetto a quello dichiarato? Ecco una guida pratica e le indicazioni della Cassazione per avviare correttamente la vostra impresa familiare e non incorrere in errori formali che paghereste a caro prezzo di fronte al Fisco.  

In base all’articolo 5 comma 4 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), l’impresa familiare, come disciplinata dall’articolo 230-bis c. C. , per poter beneficiare del regime fiscale stabilito dallo stesso TUIR (DPR 917/1986), deve essere costituita con scrittura privata autenticata o con atto pubblico (atto notarile, da assoggettare a tassa fissa di registro entro 20 giorni dalla stipula dell’atto).

Contenuto dell’atto costitutivo

Nel predetto atto, oltre a stabilire l’opponibilità fiscale rispetto all’Amministrazione finanziaria, vengono  formalizzate le generalità dei soggetti partecipanti all’impresa familiare ed i loro vincoli di parentela; inoltre vengono stabilite le quote di partecipazione all’impresa, il soggetto imprenditore deve detenere almeno il 51% delle quote, ma le stesse potranno variare, in funzione del vincolo del 51%, di anno in anno in relazione alla percentuale di lavoro prestato dai collaboratori familiari.

Cassazione tributaria 2017

La Cassazione tributaria, con la sentenza n. 2472/2017, confermando e rafforzando il dato normativo, ha statuito perentoriamente che un’impresa, sotto il profilo fiscale, non è configurabile come impresa familiare nell’ipotesi in cui manchi l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata precedente al periodo d’imposta che la qualifichi come tale.

Il caso sottoposto all’esame del Giudice di Legittimità riguardava il titolare di un’impresa familiare (nello specifico una tabaccheria) che chiedeva la censura della sentenza della CTR la quale, confermando la decisione della Commissione Tributaria Provinciale, aveva ritenuto validi gli avvisi di accertamento che rilevavano un maggior reddito d’impresa rispetto a quanto dichiarato, con conseguente ricalcolo delle imposte dovute per Irpef, Irap e Iva, oltre interessi e sanzioni.

Il contribuente ricorreva in Cassazione, ritenendo illegittima la decisione dei giudici di merito che avrebbe violato le norme fiscali relative all’impresa familiare, argomentando nella sua domanda che il maggior reddito accertato non poteva essere attribuito integralmente alla titolare, ma solo pro-quota con quello del coniuge, che, a sua volta, partecipava agli utili come contitolare.

I chiarimenti della Cassazione

La Cassazione, rigettando il ricorso, ha chiarito che per applicare il regime fiscale dell’impresa familiare (articolo 220 bis c. C. ) disciplinato dall’articolo 5, comma 4 del TUIR, secondo cui i redditi (limitatamente al 49% dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore) prodotti da tale tipo di impresa, sono imputati a ciascun familiare che abbia prestato in maniera continuativa e prevalente la propria attività nell’impresa familiare, proporzionalmente alla propria quota di partecipazione, è necessario che ricorrano le condizioni di cui all’articolo 5, comma 4 del TUIR, e quindi che sussistano:

l’indicazione, nella dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, delle quote attribuite ai singoli familiari e l’attestazione che le stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa in modo continuativo e prevalente;
l’attestazione di ciascun partecipante, nella propria dichiarazione, di aver lavorato per l’impresa familiare in modo continuativo e prevalente;
l’indicazione nominativa dei familiari partecipanti all’attività di impresa, risultante da atto pubblico o scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo d’imposta, regolarmente sottoscritti dall’imprenditore e dai familiari (Cfr. Anche Cassazione n. 23170 del 2010 e n. 17010 del 2013).

Posto che, nel caso di specie, difettava tale ultimo requisito, l’impresa non poteva essere qualificata fiscalmente come impresa familiare, ma come ditta individuale, né di conseguenza era possibile applicare il regime fiscale previsto dall’articolo 5 comma 4 del TUIR, in quanto i familiari collaboratori non potevano essere ritenuti contitolari dell’impresa familiare ed i redditi loro imputati erano da considerarsi reddito di puro lavoro, non assimilabili a quello di impresa.

Inoltre la Suprema Corte ha precisato che comunque, non è mutuabile la struttura propria delle società, la cui disciplina – come precisato dalle  Sezioni  Unite Cassazione con sentenza n. 23676 del 2014 – non può essere applicata, per incompatibilità, all’esercizio dell’impresa familiare.

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Un’impresa familiare può scegliere il nuovo regime forfettario 2017? Come si calcola la tassazione?

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E’ possibile per un’impresa familiare accedere, fin dal momento della sua costituzione o passare, se operante in regime diverso, al regime fiscale forfettario 2017 per conseguire risparmio lecito d’imposta? In tal caso, come andranno calcolati il reddito imponibile e la tassazione?  

L’impresa familiare, ai sensi dell’articolo 230-bis codice civile, è un’impresa individuale nella quale uno o più familiari dell’imprenditore collaborano con lo stesso, prestando la propria attività di lavoro.  Tale impresa può essere costituita esclusivamente da soggetti che esercitano un’attività commerciale o artigiana, non può essere costituita da soggetti che esercitano un’attività professionale.  La qualifica di imprenditore spetta esclusivamente al titolare dell’impresa che deve essere il detentore di almeno il 51% delle “quote” dell’impresa.  

Costituzione dell’impresa familiare e gestione degli utili

L’articolo 5 comma 4 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), stabilisce che l’impresa familiare, così come disciplinata dall’articolo 230-bis c. C. , per poter beneficiare del regime fiscale stabilito dallo stesso TUIR, debba essere costituita con scrittura privata autenticata o con atto pubblico e secondo determinate modalità come precisato nella divulgazione appositamente dedicata a come costituire l’impresa familiare per godere delle agevolazioni fiscali

L’impresa può essere composta dai seguenti familiari, che collaborano in maniera continuativa e prevalente nell’impresa:

il coniuge;
i parenti entro il terzo grado;
gli affini entro il secondo grado.

I collaboratori familiari, ai sensi dell’articolo 230-bis codice civile, hanno diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipano agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquisitati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato (L. 2/12/1975 n. 576).  Le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all’impresa stessa.    

Regime fiscale: è possibile l’opzione per quello forfettario?

Con l’articolo 5 comma 4 del TUIR si stabilisce che i redditi delle imprese familiari di cui all’art. 230-bis del codice civile, limitatamente al 49% dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili fermo restando la sussistenza dei requisiti imposti ex lege.

Come confermato dall’Agenzia delle Entrate, gli imprenditori individuali esercenti l’attività nella forma dell’impresa familiare, hanno comunque la possibilità di optare per il regime forfettario che in presenza dei requisiti prescritti, opera come regime naturale ed unico regime fiscale agevolato a partire dal 2017.  

Criteri di calcolo per la tassazione in regime forfettario

In particolare l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che:

i soggetti che aderiscono al regime determinano il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività diversificato a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata;
una volta determinato il reddito imponibile, il contribuente forfetario applica un’unica imposta, nella misura del 15%, sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP;
attenzione: nel caso di imprese familiari, l’imposta sostitutiva, applicata sul reddito al lordo dei compensi dovuti dal titolare al coniuge e ai suoi familiari, è dovuta dall’imprenditore;

i contributi previdenziali obbligatori, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il titolare non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi, si deducono dal reddito determinato forfettariamente; l’eventuale eccedenza è deducibile dal reddito complessivo;

il reddito determinato forfettariamente rileva anche ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia, mentre non viene preso in considerazione per determinare l’ulteriore detrazione spettante in base alla tipologia di reddito (articolo 13 del TUIR);

non rilevano nella determinazione del reddito le plusvalenze e le minusvalenze realizzate in corso di regime, nonché le sopravvenienze sia attive sia passive;

N. B.  Da tale reddito determinato secondo il principio di cassa, è possibile dedurre solo i contributi previdenziali e nessun’altra spesa sostenuta nel periodo d’imposta.

 

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