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domenica 19 Gennaio 2025
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Comunicazioni IVA 2017: quali contribuenti sono esonerati e come riportare il credito IVA nel modello TR

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Quali soggetti sono esonerati dall’obbligo delle comunicazioni IVA? Se invece è stato maturato un credito d’imposta, quali sono le istruzioni corrette da seguire per la compilazione del modello TR?

Come rilevato sul sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, se il contribuente con partita IVA non effettua nessuna operazione IVA nel trimestre, non è tenuto all’invio della comunicazione IVA previsto dal  decreto 193/2016.

In particolare, sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione IVA:

1) i contribuenti che per l’anno d’imposta hanno registrato esclusivamente operazioni esenti (articolo 10 del Dpr n°633/1972);

2) coloro che essendosi avvalsi della dispensa dagli obblighi di fatturazione e di registrazione (articolo 36-bis del Dpr n°633/1972) hanno effettuato soltanto operazioni esenti;

N. B. Questo esonero non si applica e gli obblighi di comunicazione si applicano se il contribuente:

ha effettuato anche operazioni imponibili anche se riferite a attività gestite con contabilità separata:

ha registrato operazioni intracomunitarie o ha eseguito rettifiche (articolo 19-bis2 del Dpr n° 633/1972);

ha effettuato acquisti per i quali, in base a specifiche disposizioni, l’imposta è dovuta da parte del cessionario (acquisti di oro, argento puro, rottami ecc. );

3) i contribuenti che si avvalgono del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (cd “nuovi minimi”);

4) i produttori agricoli esonerati dagli adempimenti (articolo 34, comma 6 del Dpr n°633/1972);

5) gli esercenti attività di organizzazione di giochi, intrattenimenti e altre attività simili, esonerati dagli adempimenti IVA, che non hanno optato per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari;

6) le imprese individuali che hanno dato in affitto l’unica azienda e non esercitano altre attività rilevanti agli effetti dell’IVA;

7) i soggetti passivi d’imposta, residenti in altri stati membri della Comunità Europea, se hanno effettuato nell’anno d’imposta solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o comunque senza obbligo di pagamento dell’imposta;

8) i soggetti che hanno esercitato l’opzione per l’applicazione delle disposizioni in materia di attività di intrattenimento e di spettacolo, esonerati dagli adempimenti IVA per tutti i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali (Legge 16 dicembre 1991, n°398);

9) i soggetti domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea, non identificati in ambito comunitario, che si sono identificati ai fini dell’IVA nel territorio dello Stato per l’assolvimento degli adempimenti relativi ai servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici resi a committenti, non soggetti passivi d’imposta, domiciliati o residenti in Italia o in altro Stato membro;

10) i contribuenti che si avvalgono del regime forfetario per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti e professioni (articolo 1, commi da 54 a 89, della legge n°190 del 2014).

Attenzione: Per le liquidazioni trimestrali niente obbligo di comunicazione in assenza di dati da indicare nel quadro VP, ad eccezione dell’ipotesi in cui si debba indicare il riporto di un credito del trimestre precedente. Idem per il contribuente con liquidazioni mensili.

Ricordiamo che la comunicazione IVA trimestrale si trasmette entro la fine del secondo mese successivo a ogni trimestre a eccezione di quella relativa al secondo trimestre, da presentare entro il 16 settembre.

Istruzioni riporto credito IVA dell’anno precedente nel modello TR.

Non è obbligatorio indicare tale credito d’imposta interamente nel rigo VP9 del mese di gennaio qualora non lo si voglia utilizzare nella relativa liquidazione periodica. Tale credito potrà, eventualmente, essere riportato, in tutto o in parte, nel rigo VP9 dei mesi successivi. Precisiamo che il credito dell’anno precedente utilizzato in compensazione mediante modello F24 non dovrà mai essere esposto nel rigo VP9.

N. B. L’IVA a debito fino a 25,82 euro, sebbene non versata perché sotto la soglia minima, va indicata nel rigo VP14, colonna 1. Successivamente, il versamento si effettua congiuntamente a quello del mese successivo.

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Regime premiale 2017 per studi di settore: le istruzioni per ottenerlo.

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L’Agenzia delle Entrate con il recente provvedimento protocollo n°99553/2017 del 23 maggio 2017, ha precisato quali sono i requisiti di accesso al regime premiale applicabile ai contribuenti “virtuosi” soggetti agli studi di settore, modificando la modulistica approvata con provvedimento del 31 gennaio 2017. Vediamo insieme come funzionano gli studi di settore e chi può godere attualmente delle agevolazioni fiscali premiali.

Come funzionano gli studi di settore

Gli studi di settore (introdotti nell’ordinamento dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n°331) sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, mediante la determinazione di funzioni di ricavo e compenso differenziate per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività (cluster).

Gli accertamenti basati sugli studi di settore sono effettuati nei confronti dei contribuenti i quali abbiano dichiarato un ammontare di ricavi o compensi inferiore a quello determinabile sulla scorta degli studi stessi (articolo 10, comma 1 della legge n°146 del 1998 come modificato dall’articolo 1, comma 23, lettera b) della legge finanziaria 2007) ed in sostanza essi consentono di valutare la potenziale capacità di produrre ricavi e compensi delle varie attività economiche nonché la coerenza economica dei dati dichiarati dal contribuente.

Essi si fondano su un metodo informatizzato, elaborato su base statistica, che consente ai contribuenti il calcolo dei ricavi o dei compensi presunti dall’attività di ogni singola impresa o professionista (c. D. Procedura di calcolo). In particolare viene effettuata una raccolta sistematica di dati: sia quelli di carattere fiscale, sia quelli di tipo “strutturale” che caratterizzano l’attività e il contesto economico in cui questa si svolge. Gli studi di settore sono realizzati rilevando, per ogni singola attività economica, le relazioni esistenti tra le variabili contabili e quelle strutturali, sia interne (processo produttivo, area di vendita, ecc. ) che esterne all’azienda o all’attività professionale. Essi tengono infatti conto delle caratteristiche dell’area territoriale e del contesto economico in cui opera l’azienda.

N. B. A fronte della presunzione operante in punto di determinazione del quantum con riferimento al caso concreto è consentita al contribuente la possibilità di fornire la prova contraria volta a dimostrare l’inapplicabilità nei suoi confronti della ricostruzione induttiva in tal modo operata a motivo delle peculiarità delle condizioni di esercizio.

Regime premiale per i contribuenti virtuosi soggetti agli studi di settore

I contribuenti soggetti agli studi di settore che siano stati “virtuosi”, i quali abbiano cioè dichiarato ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dall’applicazione degli studi, possono optare per il regime premiale previsto dall’articolo 10 del Dl n°201/2011 che prevede controlli fiscali ridotti.

In particolare i benefici fiscali attribuibili ai contribuenti che hanno regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati e risultano congrui, coerenti e normali con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione sono:

esclusione dagli accertamenti analitico-presuntivi;
riduzione di un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento effettuata ai fini delle imposte dirette e dell’IVA;
redditometro solo se il reddito eccede di un terzo quello dichiarato (invece che un quinto).

Requisiti di accesso al regime premiale 2017

L’Agenzia delle Entrate con il recente provvedimento protocollo n° 99553/2017 del 23 maggio 2017,  ha precisato quali sono i requisiti di accesso al regime premiale previsto dall’articolo 10 del decreto legge n°201/2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n°214/2011, modificando la modulistica degli studi di settore approvata con provvedimento del 31 gennaio 2017.

N. B. All’interno del provvedimento l’Amministrazione Finanziaria elenca 155 studi (l’80% del totale) che consentono di accedere alla disciplina premiale per gli studi di settore relativi al periodo d’imposta 2016.

Si tratta degli studi per i quali risultano approvati indicatori di coerenza economica riferibili ad almeno 4 diverse tipologie tra:

1) efficienza e produttività del fattore lavoro;

2) efficienza e produttività del fattore capitale;

3) efficienza di gestione delle scorte;

4) redditività;

5) struttura.

Attenzione: gli indicatori possono essere altresì riferibili a tre di queste tipologie e, contemporaneamente, prevedere l’indicatore “Indice di copertura del costo per il godimento di beni di terzi e degli ammortamenti”.

Per approfondimenti sulle istruzioni 2017 per l’accesso al regime premiale e le modifiche ai modelli 2017 scaricate il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n°99553 del 23 maggio 2017 cliccando qui.

Per visualizzare il fac simile di ricorso avverso avviso di accertamento da studi di settore da noi redatto e accolto in Commissione Tributaria, cliccate qui!

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Alert del Fisco: come correggere le dichiarazioni IVA errate/anomale/omesse?

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Avete ricevuto una lettera di Alert del Fisco e non sapete come comportarvi per rimediare alle dichiarazioni IVA errate o omesse e mettervi al riparo da pesanti sanzioni? Leggete subito la nostra guida pratica nella quale illustriamo in sintesi le istruzioni operative da seguire per non sbagliare nei vari casi.  

In base all’articolo 1, commi da 634 a 636, della legge 190/2014 l’Agenzia delle Entrate deve mettere a disposizione dei contribuenti le informazioni in suo possesso dalle quali emergono omissioni o anomalie riguardanti le dichiarazioni fiscali, in modo che gli interessati possano rimediare o spiegare le irregolarità riscontrate.

Questa norma è il risultato di un cambiamento di approccio nei rapporti tra Amministrazione finanziaria e cittadino, disegnando un sistema fiscale trasparente che incoraggia la collaborazione agevolando l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari.

Per le dichiarazioni IVA 2017 relative all’anno d’imposta 2016, il provvedimento del 3 maggio 2017 indica le modalità con cui l’Agenzia delle Entrate comunica agli interessati le incongruenze rilevate e rende disponibili i dati a contribuenti e Guardia di finanza.
 
Destinatari della comunicazione sono i soggetti che in base all’Anagrafe tributaria:

sono titolari di partita IVA attiva;
hanno presentato la dichiarazione 2016 (relativa al periodo d’imposta 2015);
hanno omesso la dichiarazione 2017 (relativa al periodo d’imposta 2016) oppure hanno presentato la dichiarazione 2017 compilando il solo quadro VA del modello.
  

Lettere di Allerta del Fisco: quali elementi contengono?

il codice fiscale e le indicazioni anagrafiche del contribuente;

l’identificativo della comunicazione e l’anno d’imposta;
la dichiarazione IVA 2016;

la dichiarazione IVA 2017 (se presente in Anagrafe tributaria);
il protocollo e la data di invio delle due dichiarazioni trasmesse.  

N. B. Se non risulti pervenuta la dichiarazione 2017, l’Agenzia delle Entrate avverte del fatto il contribuente ancora in attività alla data del 28 febbraio 2017.
 
Attenzione: la comunicazione arriva ai destinatari tramite Pec, ma è anche consultabile all’interno del proprio “Cassetto fiscale”.
 
Cosa può fare contribuente che ha ricevuto l’alert per rimediare?

Il contribuente che ha commesso errori o omesso la dichiarazione IVA, ricevendo l’avvertimento avrà così la possibilità di: 

domandare con le modalità indicate nella comunicazione, maggiori informazioni sui rilievi emersi; 
segnalare eventuali elementi, fatti e circostanze sconosciute che giustificano le anomalie;
porre rimedio agli errori commessi
 

Attenzione ai vari casi:

1) nel caso in cui la segnalazione di omessa dichiarazione sia fondata, il contribuente potrà porre rimedio attuando l’adempimento entro 90 giorni dal 28 febbraio 2017 (data entro la quale il modello andava presentato) quindi ad oggi avrà come termine ultimo per il ravvedimento il 29 maggio 2017 con pagamento della sanzione fissa di 250 € (articolo 1, comma 1 decreto legislativo 471/1997), ridotta a 1/10 con ravvedimento operoso, per l’articolo 13, comma 1, lettera c del decreto legislativo 472/1997;

2) se l’invio avviene dopo il 29 maggio 2017, invece, la dichiarazione viene considerata omessa. Perciò, se il modello IVA 2017 viene presentato dopo tale data quindi spirati i 90 giorni dal 28 febbraio 2017, è considerato omesso e si applica la sanzione amministrativa dal 120 al 240% delle imposte dovute, con un minimo di 250 euro. (Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da 250 a 1. 000 €);

3) se la dichiarazione omessa è presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza, si applica la sanzione dal 60 al 120% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 200 euro. (Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da 150 a 500 euro);
 

4) nel caso in cui sia stato compilato soltanto il quadro VA, i contribuenti possono regolarizzare la loro posizione avvalendosi della rinnovata disciplina del ravvedimento operoso (articolo 13, Dlgs 472/1997), con conseguente riduzione delle sanzioni in misura graduata a seconda del tempo trascorso tra la commissione della violazione e l’intervento correttivo.

NB. I rimedi potranno essere attuati anche nel caso in cui siano iniziati, nei confronti del contribuente accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo, di cui ha avuto formale conoscenza;
Non potranno invece essere applicati dopo la notifica di un atto di liquidazione, di irrogazione delle sanzioni o, in generale, di accertamento oppure dopo aver ricevuto una comunicazione di irregolarità a seguito dei controlli automatizzato o formale.

Come correggere in pratica gli errori:

Nel caso in cui una o più dichiarazioni vengano scartate o contengano errori occorrerà:

1) modificare i dati, utilizzando i pacchetti di gestione delle dichiarazioni;

2) trasmettere nuovamente la dichiarazione rettificata per via telematica.

Istruzioni Invio dopo lo scarto

Lo scarto del file equivale a mancata presentazione di tutte le dichiarazioni in esso contenute ed è dovuto al riscontro di errori “gravi”, cioè equivalenti ad un “modello non conforme”: in tal caso per procedere correttamente, dopo aver rimosso l’errore che ha determinato lo scarto, occorre predisporre un nuovo file contenente le sole dichiarazioni interessate e ripetere l’invio senza alcun riferimento all’invio precedente.

Occorre distinguere tra:

a) errori evidenziati dal software di controllo con il simbolo “***”: la dichiarazione contiene uno o più dati non previsti per il modello oppure di contenuto o formato errato;

b) errori evidenziati dal software di controllo con il simbolo “***C”: la dichiarazione contiene uno o più campi che non risultano congruenti tra loro oppure non verificano le regole di calcolo previste per il modello.

Dichiarazione correttiva e integrativa

Nell’ipotesi di dichiarazione incompleta o con dati inesatti, si deve presentare:

una dichiarazione correttiva, se nei termini;
una dichiarazione integrativa, se fuori termine, barrando le relative caselle apposte sul frontespizio del modello.

Attenzione: Nel caso in cui di errori non sono sanabili con la presentazione di una dichiarazione “correttiva” o “integrativa”, (esempio: dichiarazione doppia) è necessario procedere all’annullamento della dichiarazione stessa.

N. B. Non possono essere accettate richieste di annullamento relative a dichiarazioni per le quali sia in corso la “liquidazione” ai sensi degli articoli 36 bis del D. P. R. 600 del 1973 e 54 bis del D. P. R. 633 del 1972.

Al momento della ricezione della richiesta di annullamento, il servizio telematico dell’Agenzia delle Entrate provvede a verificare le informazioni pervenute e a predisporre una comunicazione che riporta la conferma dell’avvenuto annullamento della dichiarazione oppure la notifica dell’eventuale motivo per cui la richiesta di annullamento non è stata accettata.

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N. B.  Per scoprire subito come compensare il credito con imposte e contributi in corso d’anno, leggete la divulgazione dedicata all’IVA trimestrale modello TR!

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Impresa familiare per coppie gay e coppie di fatto 2017: i partner come partecipano agli utili?

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Come ormai noto, la Legge Cirinnà (Legge 20 maggio 2016 n°76 rubricata “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”) introduce nell’ordinamento italiano la regolamentazione delle unioni civili e la disciplina delle convivenze, e concerne in generale tutte le coppie di fatto a prescindere dal genere: sia omosessuali sia eterosessuali. Con questa guida pratica esaminiamo come funziona l’impresa familiare in entrambe le fattispecie e quali regole trovano applicazione in materia di partecipazione agli utili.  

Come ormai noto, la Legge Cirinnà (Legge 20 maggio 2016 n°76 rubricata “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”) introduce nell’ordinamento italiano la regolamentazione delle unioni civili e la disciplina delle convivenze, e concerne in generale tutte le coppie di fatto a prescindere dal genere: sia omosessuali sia eterosessuali.  

In particolare, l’equiparazione delle due figure del compagno e del coniuge, con relativi diritti e doveri, scandisce in termini legali, fiscali e previdenziali tutta una serie di casistiche fino a poco tempo fa lasciate in un limbo normativo. Dedichiamo un focus all’impresa familiare in queste due fattispecie.

Attenzione: desiderate avviare un’impresa familiare conseguendo risparmio lecito d’imposta e non sapete da dove iniziare? Leggete subito la nostra guida dedicata a come costituire un’impresa familiare per godere delle agevolazioni fiscali!

In via preliminare occorre sottolineare che:

a) in caso di unioni civili (costituite di fronte ad un ufficiale di stato civile) si applicano le stesse disposizioni del codice civile previste per i coniugi nell’ambito dell’impresa familiare (articolo 230 bis codice civile);

b) per le convivenze delle coppie di fatto (sancita con un contratto di convivenza, o patto di convivenza, ricevuto da un notaio) è stata inserita nella legge una specifica norma che disciplina la partecipazione agli utili (art 230 ter codice civile).  

Impresa familiare nelle unioni civili

All’interno dell’unione civile, anche se riguardante persone dello stesso sesso, si applicano le stesse regole previste per i coniugi sposati: lo statuisce l’articolo 13, che riguarda il regime patrimoniale applicabile il quale, nell’ultimo capoverso prevede l’applicazione delle “disposizioni di cui alle sezioni II, III, IV, V e VI del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile”. Fra queste, è compreso l’articolo 230 bis, che regolamenta appunto l’impresa familiare in base al quale: “salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato”.

Imprese familiare nelle coppie di fatto

Con riferimento alle convivenze di fatto, che possono riguardare persone dello stesso sesso oppure eterosessuali, interviene l’articolo 46 della legge, il quale introduce l’articolo 230 ter al codice civile, in base al quale: “al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato”.

Soluzione

In conclusione, in entrambi i casi si configura il diritto alla partecipazione agli utili e nel secondo caso è specificato espressamente che ciò vale salvo che fra i conviventi esista già un altro tipo di contratto all’interno dell’impresa stessa.

Nell’ipotesi di unioni civili però, si applica in toto l’articolo 230 bis sopra citato, che prevede anche una serie di altre disposizioni relative al diritto di voto, alle modalità di trasferimento del diritto di partecipazione, alla divisione ereditaria, al caso di vendita dell’impresa. Si assiste in tali ipotesi ad una piena assimilazione tra diritti delle unioni civili e quelle dei familiari ed in particolare:

1) il partner partecipa alle decisioni su impiego degli utili, gestione straordinaria, indirizzi produttivi, cessazione dell’impresa, che per legge sono adottate a maggioranza dai familiari;

2) il diritto di partecipazione è intrasferibile, a meno che non avvenga a favore di altri familiari con il consenso di tutti i partecipi ed è liquidabile in denaro in caso di cessazione della prestazione di lavoro o di vendita dell’azienda;

3) in caso di divisione ereditaria o trasferimento d’azienda, il partner in quanto partecipante fa parte dei familiari con diritto alla prelazione. Se vuole vendere la quota sulla quale ha diritto di prelazione, applica le disposizioni previste dall’articolo 732 del codice civile: notificazione della proposta agli altri eredi, indicazione del prezzo, diritto di prelazione agli altri eredi esercitabile entro due mesi. In mancanza di notificazione, gli altri eredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente; 

Per le convivenze di fatto le uniche regole previste sono quelle contenute nel nuovo articolo 230 ter sulla partecipazione agli utili nel caso in cui il convivente lavori all’interno dell’impresa.

Siete titolari di un’impresa familiare e volete scegliere il regime fiscale forfettario 2017?  Leggete subito:

1) la nostra guida che illustra in pratica come si calcola la tassazione in caso di opzione per il regime forfettario;

2) la nostra divulgazione per scoprire se in tal caso la”quota ricavi” dei collaboratori vada o no compresa nei limiti di fatturato.

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Buone notizie in arrivo per i commercialisti: proroga liquidazioni trimestrali IVA (del 31 maggio 2017) e decorrenza sanzioni errori F24. Tabella aggiornata alle prossime scadenze.

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I professionisti e le imprese impegnati con la lavorazione delle comunicazioni periodiche IVA e l’invio degli F24 per le compensazioni, in queste ore potranno tirare un sospiro di sollievo: vediamo insieme perché!

I professionisti e le imprese impegnati con la lavorazione delle comunicazioni periodiche IVA e l’invio degli F24 per le compensazioni, in queste ore potranno tirare un sospiro di sollievo: vediamo insieme perché!

NUOVA SCADENZA LIQUIDAZIONI TRIMESTRALI IVA

Con provvedimento firmato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, in attesa di ufficializzazione, è stato prorogato al 12 giugno l’originario termine per le comunicazioni trimestrali IVA, fissato originariamente al 31 maggio.

Attenzione: l’invio telematico delle comunicazioni trimestrali delle liquidazioni periodiche dell’IVA è un adempimento fiscale che non va confuso con il nuovo spesometro periodico. In riferimento alle comunicazioni IVA delle fatture emesse e ricevute, soltanto per il 2017 è prevista la scadenza a cadenza semestrale, mentre a decorre dal 2018 bisognerà rispettare il calendario trimestrale, con i quattro invii annuali (quindi diventa trimestrale).

Perché la proroga?

La proroga della scadenza in oggetto è da attribuirsi alle modalità di trasmissione telematica previste dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate dello scorso 27 marzo 2017 con il quale è stato puntualizzato che le comunicazioni trimestrali delle liquidazioni periodiche dell’IVA debbano essere trasmesse telematicamente tramite dei file in estensione XML, rendendo più gravoso l’adempimento, nonché alla gestione della piattaforma web fatture e corrispettivi.

Il punto cruciale è in particolare legato alle modalità tecniche scelte per la lavorazione e l’invio della comunicazione che devono rispettare il seguenti criteri:

il file della comunicazione ha una estensione “xml”;
va controllato con uno dei software di controllo messi a disposizione dell’Agenzia delle Entrate;
va firmato con firma elettronica digitale;
va trasmesso esclusivamente utilizzando il canale di trasmissione “Fatture elettronica e Corrispettivi elettronici”.

SANZIONI ERRORI INVIO F24

Con riferimento alle nuove compensazioni e soprattutto al nuovo obbligo di utilizzo del canale telematico del Fisco per l’invio degli F24, fino al 1° giugno prossimo, nell’ipotesi in cui si commettano errori relativi alla nuova modalità di esecuzione degli adempimenti non sarà applicata alcuna sanzione da parte dell’Amministrazione Finanziaria. A supporto di questa buona notizia c’è il chiarimento contenuto nella risoluzione n°57/2017 dell’Agenzia delle Entrate la quale ha precisato che in considerazione dei tempi tecnici necessari per l’adeguamento delle procedure informatiche, il controllo sull’utilizzo obbligatorio dei propri servizi telematici, in presenza di F24 presentati da soggetti titolari di partita IVA che intendono effettuare la compensazione di crediti, inizierà solo a partire dal prossimo 1°giugno e che in conseguenza, l’assenza di controlli di fatto farà venir meno il presupposto per l’applicabilità delle sanzioni fino al termine sopra indicato.

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Tabella scadenze spesometro, liquidazioni IVA e fatturazione elettronica

ADEMPIMENTO FISCALE

SCADENZA

Spesometro IVA semestrale

I° semestre: 18 settembre 2017

II° semestre: 28 febbraio 2018

Comunicazioni trimestrali liquidazioni periodiche IVA

I trimestre: 31 maggio 2017 (proroga al 12 giugno)

II° trimestre: 18 settembre 2017

III° trimestre: 30 novembre 2017

IV° trimestre: 28 febbraio 2018

Fatturazione elettronica (regime opzionale)

I° semestre: 18 settembre 2017

II° semestre: 28 febbraio 2018

 

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Donazioni ad ASD-ONLUS: guida fiscale 2017 alla deduzione/detrazione per imprese e privati

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Un’impresa simpatizzante ha finanziato una ASD-ONLUS per persone diversamente abili, corrispondendo alla stessa un’erogazione liberale in denaro senza ricevere alcun corrispettivo. Come potrà dedurre tali costi per non farli pesare sul Bilancio? Quali sono le agevolazioni fiscali previste nel 2017?

Quesito

Un’impresa simpatizzante ha finanziato una ASD-ONLUS per persone diversamente abili, corrispondendo alla stessa un’erogazione liberale in denaro senza ricevere alcun corrispettivo. Come potrà dedurre tali costi per non farli pesare sul Bilancio? Quali sono le agevolazioni fiscali previste nel 2017?

Analisi normativa

Come noto, attraverso il c. D. “Fundraising” cioè l’attività di raccolta di fondi, le ONLUS raccolgono destinazioni liberali da reinvestire per sviluppare le finalità di utilità sociale dell’associazione.

Inoltre, come nel caso di specie, può accadere che un’associazione sportiva dilettantistica (ASD) la cui attività sia rivolta a soggetti svantaggiati e che sia in possesso dei requisiti previsti ex lege, acquisti anche la qualifica di ONLUS (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale).

Occorre distinguere le agevolazioni fiscali previste dal legislatore in materia per i soggetti che decidono di finanziare il no profit, a seconda che si tratti di persona fisica o impresa ed in funzione della natura della donazione che può avere ad oggetto:

denaro;
costi di personale per servizi;
 merci.

EROGAZIONI IN DENARO

Agevolazioni fiscali per persone fisiche  

Le persone fisiche, gli imprenditori individuali, i lavoratori autonomi e i soci delle società di persone (società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e società di fatto ad esse equiparate dalla lettera b) del comma 3 dell’art. 5 del TUIR) possono optare alternativamente tra:

a) la deducibilità, per le liberalità in denaro o in natura, nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato, e comunque nella misura massima di 70. 000 € annui (articolo 14 comma 1 D. L. N. 35/2005 e successive modificazioni (L. 80/2005);

N. B. Nel calcolo del reddito complessivo dichiarato sono compresi anche i redditi da fabbricati assoggettati a cedolare secca;

Attenzione: per le erogazioni liberali a tutela delle persone con disabilità grave a decorrere dall’anno d’imposta 2016 (dichiarazione dei redditi 2017) si applica la deduzione del 20% delle erogazioni liberali, le donazioni e gli altri atti a titolo gratuito, complessivamente non superiori a 100. 000 €, a favore di trust o fondi speciali che operano nel settore della beneficenza.

b) la detrazione dall’IRPEF del 26% calcolata sul limite massimo di 30. 000 € che consente di realizzare un risparmio fiscale fino a 7. 800 €;

N. B nel calcolo dei 30. 000 € occorre computare anche gli importi per le erogazioni liberali in denaro, a favore delle popolazioni colpite da calamità pubbliche o da altri eventi straordinari, da indicare nel quadro degli oneri con il codice spesa “20”.

Attenzione: In entrambe le ipotesi, presupposto fondamentale per accedere all’agevolazione è che il versamento sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante assegni bancari e circolari. Per le erogazioni effettuate con carta di credito sarà sufficiente la tenuta e l’esibizione, in caso di eventuale richiesta dell’amministrazione finanziaria, dell’estratto conto della società che gestisce la carta.

Agevolazioni fiscali per imprese e società

Le società di capitali o cooperative o consorzi od enti di diverso tipo, pubblico o privato, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (cioè uno degli altri soggetti passivi dell’IRES) potranno optare alternativamente tra:

a) la deducibilità, per le liberalità in denaro o in natura, nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato, e comunque nel limite massimo di 70. 000 € annui (articolo 14 comma 1 D. L. N. 35/2005 e successive modificazioni L. 80/2005);

b) la deduzione dal reddito imponibile IRES del 2% del reddito d’impresa dichiarato per un importo massimo di 30. 000 € (articolo 100 TUIR comma 2 lettera h).

E se l’ASD non ha i requisiti della ONLUS in che misura opera la detrazione?
L’articolo 78, comma 1, TUIR prevede che i soggetti passivi IRES possono detrarre dall’imposta lorda, fino a concorrenza della stessa, un importo pari al 19% delle erogazioni liberali in denaro effettuate a favore delle associazioni sportive dilettantistiche, nei limiti e con le modalità dettati per la medesima detrazione prevista a favore delle persone fisiche dall’articolo 15, comma 1, lettera i-ter), TUIR.

EROGAZIONI COSTI DI PERSONALE

Sono inoltre deducibili dal reddito imponibile IRES le “spese relative all’impiego di lavoratori dipendenti, assunti a tempo indeterminato, utilizzati per prestazioni di servizi erogate a favore di ONLUS nel limite del cinque per mille dell’ammontare complessivo delle spese per prestazioni di lavoro dipendente (cioè del costo del lavoro), così come risultano dalla dichiarazione dei redditi” (Lettera h) ed i) del comma 2 dell’articolo 100 del TUIR. , che non hanno subito modifiche per effetto della legge n°96/2012.

EROGAZIONI BENI-MERCE

Le erogazioni liberali consistenti in “cessioni gratuite di merce” che le ONLUS possono ricevere dalle imprese di produzione o di vendita di beni (non di servizi) godono del regime fiscale agevolato previsto dai commi 2, 3 e 4 dell’articolo 13 del d. Lgs. N°460/1997. In particolare, il comma 2 stabilisce che le derrate alimentari e i prodotti farmaceutici alla cui produzione od al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, che, in alternativa alla usuale eliminazione dal circuito commerciale, vengono ceduti gratuitamente alle ONLUS non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ai sensi del comma 2 dell’art. 85 del TUIR. E, pertanto, tali cessioni gratuite non sono considerate ai fini del calcolo del reddito d’impresa tassato con l’IRES o con l’IRPEF. I medesimi principi si applicano in caso di donazione di beni non di lusso oggetto di attività d’impresa che presentano vizi e imperfezioni che non ne consentono la vendita qualora il costo specifico complessivo non superi il 5% del reddito d’impresa dichiarato.

N. B. Ai fini dell’IVA queste cessioni rappresentano operazioni esenti dall’imposta, ai sensi del numero 12 dell’articolo 10 del D. P. R. 633/1972, perché rientranti nella fattispecie di cui al numero 4 dell’articolo 2 dello stesso D. P. R. Da esso richiamata (i beni ceduti gratuitamente sono quelli la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa). L’agevolazione opera se i beni ceduti non hanno un costo unitario superiore a 50. 00 € (fino al 2014 il limite era circa la metà) oppure se per essi non è stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione del bene ceduto, la detrazione dell’IVA relativa al prezzo di esso, ai sensi dell’articolo 19 del d. P. R. 633/1972.

La legge di stabilità 2016 ha elevato a 15. 000 € (in precedenza fissato a 5. 164,57 €) il limite del costo dei beni gratuitamente ceduti oltre il quale è obbligatorio inviare la comunicazione di cui all’articolo 10, comma 1, n. 12), DPR n. 633/72 cioè quella relativa alla cessione gratuita di beni a enti, associazioni o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle ONLUS e va effettuata dal cedente al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza.

Attenzione: l’inosservanza degli obblighi contabili da parte del soggetto che riceve l’erogazione comporta per il soggetto beneficiario la perdita della deduzione fiscale!

Soluzione

L’impresa potrà optare per la deducibilità delle liberalità in denaro erogate in favore dell’ASD/ONLUS, nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato, e comunque nel limite massimo di 70. 000 € annui come previsto dall’articolo 14 comma 1 D. L. N°35/2005 e successive modificazioni L. 80/2005, sottraendo così l’importo ottenuto a tassazione.

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Omessa/errata applicazione del Reverse Charge: quali sono le nuove sanzioni ridotte 2017?

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Cosa accade in caso di mancata o errata applicazione del sistema di fatturazione Reverse Charge e quali sono le nuove sanzioni ridotte 2017 come chiarite dall’Agenzia delle Entrate?  

Come funziona il Reverse Charge?

Come noto, il regime fiscale/contabile del reverse charge, congegnato con il precipuo scopo di evitare le frodi IVA, con larga applicazione nel settore edilizio, elimina la detrazione dell’IVA sugli acquisti in quanto sposta l’obbligo di assolvimento dell’IVA dal cedente che emette fattura senza addebitare l’imposta, applicando così la norma che prevede l’utilizzo del regime del Reverse Charge (articolo 17 comma 6 del Dpr n°633/1972), al cessionario di beni o della prestazione di servizi, qualora sia soggetto passivo nel territorio dello Stato, il quale dovrà integrare la fattura ricevuta con l’indicazione dell’aliquota e dell’importo proprio della operazione, registrare il documento sia nel registro IVA delle fatture emesse sia nel registro IVA degli acquisti.

Attenzione: se desiderate gestire in modo autonomo e semplice il meccanismo dell’inversione contabile ed emettere correttamente la fattura leggete subito la nostra guida e vademecum all’uso del Reverse Charge!

Le nuove sanzioni Reverse Charge 2017

Con la Circolare n°16/2017, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito quali sono le sanzioni applicabili alla luce della riforma della disciplina sanzionatoria per le violazioni commesse in tema di Reverse Charge, o inversione contabile, di cui all’articolo 6, commi da 9-bis a 9-bis. 3, D. Lgs. N. 471/1997, come modificato dal D. Lgs. N°158/2015.

N. B. Le nuove sanzioni risultano essere meno penalizzanti rispetto a quelle precedentemente previste in caso di omessa o errata applicazione dell’inversione contabile, migliorando il principio di neutralità tra contribuenti.

a) Omissione degli adempimenti Reverse Charge

Il committente/cessionario che omette di applicare l’inversione contabile in fattura con emissione di una autofattura o di un’integrazione di una fattura ricevuta dal cedente o prestatore è soggetto ad una sanzione fissa che varia da un minimo di € 500 ad un massimo di € 20. 000, sempre che l’operazione non venga occultata e risulti dalla contabilità;

se l’operazione non risulta dalla contabilità, si applica la sanzione più grave proporzionale che varia dal 5% al 10% dell’imponibile non documentato, con un minimo di € 1. 000;

tale sanzione va commisurata all’importo complessivo dell’imponibile relativo alle operazioni soggette al Reverse Charge per ciascuna liquidazione mensile o trimestrale e per ciascun fornitore. Se vengono commesse irregolarità riguardanti più liquidazioni, si applicheranno tante sanzioni per quante sono le liquidazioni;

se l’omissione adempimenti inversione contabile, comporta anche l’infedele dichiarazione o indebita detrazione IVA da parte del cessionario-committente, si applicano anche le sanzioni per dichiarazione infedele e illegittima detrazione.

b) Omessa regolarizzazione delle operazioni soggette all’inversione contabile

Se per un errore involontario è stata applicata l’IVA ordinaria e il fornitore ha comunque assolto l’imposta registrandola e computandola nella liquidazione di competenza, non occorre che il cessionario/ committente regolarizzi l’operazione ed è fatto salvo il suo diritto alla detrazione. L’irregolarità è punita con la sanzione da € 250 ad € 10. 000 a carico del destinatario, con responsabilità solidale del fornitore;

se l’applicazione dell’IVA in fattura, in luogo del Reverse Charge, avviene per evasione o frode, troverà applicazione la sanzione più grave tra il 90 e il 180% dell’imposta;

qualora il prestatore/cedente ometta la fattura o la emetta senza IVA o se il cessionario/committente non assolve l’imposta in modo regolare tramite Reverse Charge, allora si applicano le seguenti sanzioni:

1) sanzione per il cedente/prestatore: multa compresa tra il 90% e il 180% dell’imposta;

2) sanzione per il cessionario/committente: multa 100% dell’imposta, con un minimo di € 250.

Attenzione: nel caso di errata applicazione del sistema dell’inversione contabile ad operazioni esenti, non imponibili, non soggette ad imposta o inesistenti (articolo 6, comma 9-bis. 3), non sorge alcun debito d’imposta e non si configura alcuna violazione sanzionabile.

In sintesi le nuove sanzioni Reverse Charge 2017 sono:

A) sanzione fissa da un minimo di € 250 e un massimo di € 20. 000 per ciascuna violazione in materia di Reverse Charge, fermo restando l’applicazione del cumulo giuridico, sempre se l’imposta non sia dovuta nel rispetto del principio di neutralità; 

B) sanzione proporzionale dal 5% al 10% dell’imponibile, con il limite minimo di € 1. 000 per le operazioni che non risultano nella contabilità tenuta ai fini delle imposte sui redditi;

C) sanzione proporzionale dal 90 al 180% da applicare ai casi in cui l’imposta non applicata sarebbe stata non detraibile.

N. B. L’Agenzia delle Entrate precisa che in applicazione del principio del favor rei,  le nuove disposizioni entrate in vigore dal primo gennaio 2016 operano anche per le violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015 (per le quali non siano stati emessi atti che si sono resi “definitivi” anteriormente al primo gennaio 2016).

Per evitare di pagare queste sanzioni nella misura specificata, attraverso il ravvedimento operoso, leggete subito la nostra guida dedicata a come rimediare alle fatture errate Reverse Charge in F24!

Per richiedere assistenza periodica specializzata o per ottenere un parere spot in materia di applicazione del Reverse Charge IVA,

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Bonus ricerca 2017: incentivi record per le imprese e società. Come si calcola il credito d’imposta e con quali agevolazioni fiscali è cumulabile?

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Siete un’impresa o una società che investe in ricerca? Ecco pronta per voi la guida completa che vi consentirà di massimizzare il vostro risparmio d’imposta e moltiplicare esponenzialmente la vostra redditività grazie ai bonus fiscali ricerca e sviluppo 2017 e le altre agevolazioni fiscali con gli stessi cumulabili, anche nei rapporti commerciali con l’estero!  

Il credito d’imposta per le aziende che effettuano investimenti in ricerca e sviluppo disciplinato dall’articolo 3, comma 1, dl 145/2013 è stato potenziato sotto il duplice aspetto strutturale e temporale. Infatti, la legge di Bilancio 2017 ha previsto, sul punto diverse novità che hanno reso ancora più vantaggioso questo bonus, come chiarito dalla circolare applicativa dell’Agenzia delle Entrate 13/E 2017: in sintesi credito d’imposta al 50% per tutte le spese fino al 2020, anche per commesse estere.

A chi spetta e come si calcola il bonus ricerca e sviluppo?

Il bonus è attribuito a tutte le imprese che effettuano investimenti relativi a spese di ricerca e sviluppo di seguito specificate, indipendentemente dalle dimensioni aziendali, dalla forma giuridica, dal settore di attività e dal regime contabile adottato.

Il meccanismo di calcolo del credito d’imposta è di tipo incrementale: spetta sulle spese sostenute in ciascun periodo di imposta agevolato in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei 3 periodi imposta precedenti a quello in corso in corso al 31 dicembre 2015, ovvero dalla costituzione se questa è avvenuta da meno di tre anni.

Esempio di calcolo: ipotizzando un investimento 2017 in ricerca e sviluppo pari ad € 700. 000 e consideriamo che la media degli investimenti dei tre anni precedenti sia pari ad e 650. 00. “L’eccedenza” corrispondente alla quota agevolabile ammonterà ad € 50. 000: sulla stessa applichiamo quindi l’aliquota del 50% ottenendo come credito d’imposta a titolo di “Bonus per ricerca e sviluppo” l’importo finale di € 25. 000.

Quali spese rientrano nell’agevolazione?

Sotto il profilo oggettivo le spese ammesse al credito d’imposta sono:

costi per l’assunzione di personale altamente qualificato impiegato nell’attività di ricerca;
quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio;
spese per contratti di ricerca extra-muros, stipulati con Università, enti di ricerca ed altre imprese, comprese le start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto legge n°179/2012;
spese di acquisizione delle competenze tecniche e privative industriali.

N. B. Per alcune di queste tipologie, precisamente l’assunzione di personale altamente qualificato ed i contratti di ricerca extra-muros, l’agevolazione era già al 50% anche in relazione agli anni passati (dal 2014 in poi).

Novità bonus ricerca 2017

Nel dettaglio, il credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo è stato oggetto delle seguenti modifiche:

è stato esteso di un anno (fino al 2020 e non più solo fino al 2019);
è stata raddoppiata (al 50% prima fissata al 25%) l’aliquota per tutte le tipologie di spesa;
è stato incrementato (a 20. 000. 000 € dai precedenti 5. 000. 000) il massimale a cui si può applicare il bonus;

è stato esteso anche alle imprese residenti che svolgono attività di R&S per conto di committenti non residenti.

N. B. Resta invece fissato ad € 30. 000 l’importo minimo di investimenti richiesti per poter applicare l’agevolazione fiscale.

Attenzione: la circolare n°5/2016 Agenzia delle Entrate, chiarisce che i costi per la ricerca e sviluppo sono agevolabili al lordo di altri contributi pubblici o agevolazioni ricevute, e che in ogni caso l’importo risultante dal cumulo non potrà essere superiore ai costi sostenuti.

Cumulabilità Bonus ricerca e Patent Box

Si ricorda che le imprese innovative hanno la possibilità di cumulare tale bonus con quelli previsti dal Patent Box ex articolo 1 commi 37-43  L. 190/2014 per la detassazione dei redditi derivanti dallo sfruttamento degli intangible assets. Questa possibilità è stata espressamente chiarita dalla Circolare Agenzia Entrate n°5/E del 2016  la quale ha altresì precisato che la condizione relativa alla soglia minima di investimento di € 30. 000 prevista per beneficiare del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo non richiede l’effettuazione di investimenti pari almeno alla suddetta soglia in tutti i periodi d’imposta potenzialmente agevolati, essendo sufficiente che tale soglia sia raggiunta nel singolo periodo d’imposta in relazione al quale l’impresa ha intenzione di beneficiare dell’agevolazione.

Per saperne di più sul Patent Box e quantificare il vostro risparmio d’imposta se decidete di aderire anche a questa opzione fiscale agevolativa, leggete subito la guida dedicata a come si calcola il Patent Box!

Siete un’impresa innovativa che mira a fare business con il marchio collettivo? Leggete ora la divulgazione sul marchio collettivo con opzione Patent Box!

Cumulabilità del Bonus ricerca con incentivi UE

Il credito d’imposta per ricerca e sviluppo è compatibile anche con le sovvenzioni europee (che prevedono un contributo finanziario, parziale o totale, dei costi ammissibili ai programmi comunitari)  previste per i medesimi investimenti come gli incentivi UE Horizon 2020?

La risposta è positiva come confermato dall’Agenzia delle Entrate in risposta ad un interpello con la risoluzione 12/E 2017, a condizione che la somma dei due incentivi non superi l’investimento effettuato. In pratica, un’azienda potrà utilizzare il bonus ricerca anche per investimenti in ricerca e sviluppo in relazione ai quali ha ricevuto le sovvenzioni europee, sempre che l’importo complessivo non ecceda l’ammontare complessivo di competenza del periodo per poter applicare il credito d’imposta.

Estensione del bonus alle commesse estere

Il bonus fiscale è esteso anche alle imprese che operano sul territorio nazionale in base a contratti di committenza con imprese estere. Occorre sottolineare che in questo ai fini dell’applicazione del credito d’imposta, caso non rileverà il singolo corrispettivo pattuito con il committente estero, ma la somma delle singole voci di spesa sostenute per gli investimenti ammissibili, nell’anno in cui sono state sostenute, e non in quelli di completamente della commessa.  Il commissionario potrà anche essere una società dello stesso gruppo. Questo significa che ad esempio i bonus ricerca saranno attivabili anche nel caso di una capogruppo estera che affida un contratto di ricerca alla controllata italiana.

N. B. Le citate regole si applicano sono circoscritte all’ipotesi in cui la committente sia un’impresa non residente. Se al contrario la controparte contrattuale è un’impresa residente, sarà quest’ultima ad applicare il credito d’imposta, a titolo di “ricerca extra muros”.

Attenzione: il credito d’imposta è utilizzabile solo in compensazione, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi. Se un’impresa si è costituita nel 2017, non applica il criterio della spesa incrementale rispetto al triennio precedente, ma utilizza il credito d’imposta su tutti gli investimenti in ricerca e sviluppo.

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Se la segretaria è “a distanza” o “virtuale” il professionista paga l’IRAP?

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Un professionista per l’organizzazione del proprio studio si avvale di un servizio di segreteria e telefonia esternalizzato attraverso la stipulazione di un contratto di outsourcing. In sostanza, ricorre alla cosiddetta “segretaria virtuale”. In tal caso il contribuente sarà tenuto o no al versamento dell’IRAP?

Quesito

Un professionista per l’organizzazione del proprio studio si avvale di un servizio di segreteria e telefonia esternalizzato attraverso la stipulazione di un contratto di outsourcing. In sostanza, ricorre  alla cosiddetta “segretaria virtuale”. In tal caso il contribuente sarà tenuto o no al versamento dell’IRAP?

Attenzione: per scoprire subito perché scegliere l’Outsourcing esternalizzando le vostre attività di supporto al Core Business, leggete la nostra guida dedicata all’Outsourcing per professionisti ed imprese!

Analisi normativa

Cos’è l’IRAP

IRAP è l’acronimo di Imposta Regionale sulle Attività Produttive il cui riferimento normativo fondamentale in materia è il Decreto Legislativo n°446/1997. Dall’articolo 2 del citato Decreto si ricava che i presupposti dell’imposta nel caso dell’IRAP sono essenzialmente tre:

esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata;
attività di produzione e scambio di beni e servizi;
attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato.

La peculiarità dell’IRAP è che tale imposta non colpisce le classiche grandezze economiche oggetto di imposizione fiscale ovvero reddito, patrimonio o consumo ma ha ad oggetto il “valore della produzione netta”, rappresentato dal valore aggiunto della produzione. Esso è costituito dalla differenza tra voce A e voce B dello schema di conto economico obbligatorio previsto dal codice civile al netto degli ammortamenti.

Soluzione della Cassazione

La Corte di Cassazione con sentenza n°9477/2017 ha chiarito se nell’ipotesi in cui il servizio di segreteria fornito al professionista con contratto di collaborazione esterna debba o meno ritenersi sussistente quel requisito, rilevante come uno dei presupposti perché scatti l’obbligo di versamento IRAP, che consiste nella sussistenza di un’autonoma struttura organizzativa esterna.

In particolare la Suprema Corte ha precisato quanto segue:

1) per potersi applicare la norma è necessario che la specifica capacità contributiva del professionista sia estesa e rafforzata da un’attività autonomamente organizzata, nel cui ambito assume rilievo anche la presenza di un solo dipendente. Ne consegue che, nonostante il contribuente non si avvalga di dipendenti, ma di collaboratori esterni e autonomi ingaggiati mediate la sottoscrizione di un contratto di servizi, ciò non esclude di per sé la ricorrenza di una sua autonoma struttura organizzativa assoggettabile ad IRAP, dovendosi invece valutare la qualità e quantità di tali collaborazioni;

2) l’auto-organizzazione del professionista è quindi un elemento essenziale per il versamento dell’imposta, ma non sufficiente, essendo altresì necessario un elemento organizzativo esterno, basato sull’esistenza di beni strumentali, sul ricorso a lavoro altrui e sull’apporto di capitale, anche in via tra loro alternativa;

3) in particolare il presupposto ex articolo 2 del Decreto Legislativo n°446/1997 di un’autonoma struttura organizzativa “esterna” ricorre allorché il professionista impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, non essendo sufficiente l’assenza di limitazioni e controlli da parte di altri soggetti”(Casazione n°22468 del 04/11/2015);

4) quindi se la collaborazione è continuativa e rilevante, il fatto che il professionista si avvalga di tali servizi con un contratto di outsourcing (e non a mezzo di contratto di lavoro dipendente), non rileva ai fini del versamento dell’imposta;

5) anche il ricorso al lavoro di terzi per la fornitura di tutti i necessari servizi (dalla telefonia al segretariato) in forma considerevole e non occasionale, ma continuativa, integra il presupposto dell’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, previsto dall’articolo 2, comma 1, del d. Lgs. 15 dicembre 1997, n°446, non rilevando che la struttura posta a supporto e consolidamento dell’attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in forza di un contratto di fornitura (Cassazione 28/04/2010 n°101. 5 05 – 02/2015 n°2099).

Conclusione

Ne consegue che nonostante il professionista non si avvalga di dipendenti, ma di collaboratori esterni ed autonomi ingaggiati mediate la sottoscrizione di un contratto di servizi, ciò non è ostativo alla ricorrenza di una sua autonoma struttura organizzativa assoggettabile ad IRAP, dovendosi invece valutare la qualità e quantità di tali collaborazioni. Se, dunque, tali prestazioni di servizi in outsourcing hanno carattere continuativo e rilevante, il professionista è tenuto a versare l’IRAP (l’Imposta sul Reddito per le Attività Produttive), rientrando la fattispecie nell’ipotesi di cui all’articolo 2 del d. Lgs. N°446/1997.

 

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“Outsourcing” per professionisti ed imprese: perché sceglierlo esternalizzando le attività di supporto al Core Business?

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Perchè l’Outsourcing è il nuovo trend da seguire per professionisti ed imprese che vogliono risparmiare ed essere competitivi sul mercato? Quali vantaggi si possono ottenere se si sceglie di esternalizzare le prestazioni di supporto al proprio “Core Business”? Come stanno cambiando i processi aziendali anche rispetto alle piccole e medie imprese? Scopritelo subito con la nostra guida pratica!

Cos’è e come funziona l’Outsourcing

L’Outsourcing che prende spunto dai cosiddetti “Sourcing Contract” del sistema angloamericano, è un contratto “atipico” collocato sotto il profilo giuridico nella categoria dei negozi “misti” o “complessi”, caratterizzati cioè dalla fusione di elementi che appaiono essenziali in diversi contratti tipici.

Esso è definito come l’“accordo con cui un soggetto (outsourcee o committente) trasferisce in capo ad un altro soggetto (denominato outsourcer) alcune funzioni necessarie alla realizzazione dello scopo imprenditoriale”.

Nello specifico, la disciplina giuridica dell’outsourcing è un’evoluzione del cosiddetto Facility Management cioè la scienza aziendale che controlla tutte le attività che non riguardano direttamente il “Core Business” di un’azienda ovvero produttività d’ufficio, utilities, sicurezza, telecomunicazioni, servizio mensa, manutenzioni “attività sostanzialmente secondarie”

I modelli contrattuali tipici ai quali il contratto di outsourcing può essere ricondotto sono il contratto d’opera, la locazione di cose, la vendita, la somministrazione e il contratto di appalto di servizi.

In particolare, nella prassi commerciale, l’outsourcing viene spesso assimilato giuridicamente all’ultimo contratto citato, nello specifico  all’“appalto di servizio con prestazioni continuative”, a cui sia applica la disciplina dell’appalto privato.

L’outsourcing: un trend in ascesa per professionisti ed imprese

L’outsourcing grazie al quale è possibile ottenere prestazioni qualificate ed elevate “a distanza”, rappresenta un valido supporto per imprenditori e professionisti che desiderano snellire la propria struttura dei costi o rinnovare il proprio modello imprenditoriale. Si è addirittura giunti al punto di utilizzare tale strategia di riorganizzazione aziendale per esternalizzare il contatto con il cliente: è dunque chiaro come il rapido diffondersi di questo nuovo trend nella realtà imprenditoriale dello scenario nazionale anche per le piccole e medie imprese sia un segno lapalissiano del reale valore aggiunto alla produzione e competitività che tale strumento rivoluzionario è in grado di apportare.

Infatti, oltre a giovarsi della riduzione dei costi, i professionisti e le imprese che scelgono l’outsourcing potranno massimizzare in modo proficuo i loro profitti attraverso un miglioramento ed implementazione delle prestazioni.

Quali attività possono facilmente essere esternalizzate?

contabilità

N. B. In particolare le aziende potranno trarre vantaggi straordinari esternalizzando la loro contabilità  potendo così monitorare e aggiornare i flussi contabili e reddituali;

controllo di gestione;

recupero crediti;

online Marketing;

mansioni di segreteria;

gestione e aggiornamento del sito web;

logistica.

Quali vantaggi per professionisti ed imprese?

a) Possibilità di concentrarsi esclusivamente sul proprio “Core Business” cioè sull’attività principale senza preoccuparsi in modo ravvicinato di quelle ad essa strumentali che vengono “delocalizzate” creando all’interno del proprio studio maggiore ordine ed un clima più sereno;  

b) ottenere risparmi consistenti sui costi fissi in quanto avvalersi di aziende prestatrici di servizi significa sobbarcarsi spese ridotte rispetto a quelle richieste per lo svolgimento “interno” della stessa attività;

c) miglioramento del livello di qualità dei servizi esternalizzati che, se per il committente costituiscono attività secondarie, per l’azienda prestatrice rappresentano il fulcro centrale del proprio Business dunque vengono svolti in modo più professionale e meticoloso;

d) elevata flessibilità che consente di modulare temporalmente il contratto in funzione della durata necessaria a soddisfare le esigenze aziendali. Questo significa che si tratta spesso di contratti di breve durata.

In sintesi: gli imprenditori ed i professionisti che decidono di scegliere l’Outsourcing potranno impiegare totalmente le proprie energie per lo sviluppo del proprio “Core Business”, cioè investire il loro lavoro su tutte le attività in grado di generare direttamente profitti, lasciando all’Outsourcer il compito di gestire le funzioni di supporto e al contempo fruendo di un servizio con elevati standard qualitativi, perché erogato da specialisti, e a costi competitivi.  
Ciò consente anche di contrarre il dispendio finanziario necessario all’acquisto e all’adeguamento di attrezzature e tecnologia richieste per lo svolgimento delle attività esternalizzate.

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