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domenica 19 Gennaio 2025
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Iva indetraibile: è costo deducibile

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Ai sensi dell’art. 19 del DPR n. 633 del 1972, l’Iva assolta sulle fatture di costo genera una variazione numeraria neutrale ai fini reddituali (è la fattispecie in cui l’imposta risulti pienamente detraibile). Qualora, invece, l’imposta assolta è parzialmente o totalmente indetraibile, la stessa viene inquadrata nel rispetto delle norme tributarie come onere accessorio o costo generale ed influisce direttamente sul reddito d’esercizio.

Iva indetraibile: è costo in tutto o parte deducibile

L’attività di due diligence oltre al carattere investigativo, deve essere strumento utile al perseguimento della kósmesis aziendale dell’impianto contabile di un’azienda, inquadrando, prevenendo e pianificando i riflessi tributari ad essi legati. In questa sede illustriamo le dinamiche di natura contabile, civilistica e fiscale legate all’indetraibilità (totale o parziale) dell’Iva assolta sulle fatture di acquisto/ricevute.

Ai sensi dell’art. 19 del DPR n. 633 del 1972, l’Iva assolta sulle fatture di costo genera una variazione numeraria neutrale ai fini reddituali (è la fattispecie in cui l’imposta risulti pienamente detraibile). Qualora, invece, l’imposta assolta è parzialmente o totalmente indetraibile, la stessa viene inquadrata nel rispetto delle norme tributarie come onere accessorio o costo generale ed influisce direttamente sul reddito d’esercizio.

Fattispecie di indetraibilità dell’Iva

Ai sensi degli articoli 19, 19-bis e 19-bis1 del DPR n. 633 del 1972, le fattispecie di indetraibilità sono le seguenti:

a) Iva oggettivamente indetraibile in relazione al tipo di bene o servizio acquistato od importato(art. 19-bis1);

b) Iva indetraibile in via specifica, in caso di acquisto o importazione di un bene o servizio utilizzato per effettuare un’operazione non soggetta o esente (artt. 19, co. 4, e 19-bis, co. 2);

c) Iva indetraibile da “pro-rata”, se vengono poste in essere attività che danno luogo ad operazioni esenti (artt. 19, co. 5, e 19-bis);

d) esercizio dell’opzione  per la dispensa dagli adempimenti IVA da parte dei contribuenti che pongono in essere esclusivamente operazioni esenti (art. 36-bis).

Iva indetraibile: natura di onere accessorio o costo generale

L’Associazione Dottori Commercialisti (ADC) di Milano con la norma di comportamento n. 152 emanata nel maggio 2003 ha rilevato che l’Iva indetraibile può costituire, a seconda delle fattispecie:

1.       un onere accessorio di diretta imputazione al costo del bene o del servizio cui si riferisce, deducibile ai sensi dell’art. 110 del D. P. R. 917 del 1986;

2.       un costo generale d’esercizio, deducibile ai sensi dell’art. 109 del D. P. R. 917 del 1986.

Conferma nei principi contabili italiani

Sotto il profilo civilistico, il documento interpretativo del principio contabile n. 12 conferma che l’Iva non detraibile è incorporata nel costo dei beni e classificata nello stesso modo. Inoltre, il principio contabile n. 16 afferma che la capitalizzazione del costo aggiuntivo sostenuto a causa di acquisti di immobilizzazioni materiali in regime di  Iva indetraibile è consentita nei limiti in cui l’aggiunta di tale costo al prezzo di acquisto non faccia sì che si ecceda il valore recuperabile tramite l’uso del bene.

Conferma da parte della amministrazione finanziaria

Tale interpretazione è confermata anche dal Ministero delle finanze nella R. M. N. 9/869 del 19 gennaio 1980, in cui viene chiarito che l’Iva non recuperabile riferibile ad una specifica operazione di acquisto deve integrarne il costo originario, con la conseguenza che l’onere, in base alla natura dell’operazione:

a)     sarà capitalizzato nel valore dei beni strumentali;

b)    concorrerà alla formazione del valore di magazzino per le “merci”;

c)     formerà il costo in relazione alle spese generali ed ai servizi.

Sintesi

Nella fattispecie di Iva indetraibile derivante dall’applicazione del pro-rata di detraibilità, totale o parziale ai sensi degli artt. 19, comma 5, e 19-bis del D. P. R. N. 633/72, l’onere costituisce una spesa generale, deducibile nell’esercizio di competenza secondo il disposto dell’art. 109 del Tuir. La ratio di tale considerazione è che l’onere è considerato collegato all’intera gestione aziendale e non riferibile alle singole operazioni d’acquisto.

Anche in questo caso l’Amministrazione finanziaria, con la citata Risoluzione, ha affermato che in presenza di operazioni esenti l’Iva indetraibile non può essere considerata come un costo afferente le singole operazioni di acquisto, visto che l’indetraibilità è determinata a fine anno in relazione al complesso delle operazioni poste in essere dall’impresa nel corso dell’esercizio. In tale caso a determinare l’indetraibilità non è né la natura del singolo bene acquistato, né quella della singola operazione, bensì la situazione generale dell’azienda in cui convivono sia attività assoggettate ad Iva, sia attività esenti dall’imposta. Ne consegue, pertanto, che tale onere deve essere considerato costo generale, che va dedotto nell’esercizio di competenza.

Tuttavia la norma di comportamento dell’ADC n. 152 ha chiarito che se l’Iva indetraibile da pro-rata fosse imputata direttamente agli specifici acquisti cui afferisce, nei limiti dei principi contabili, tale imputazione assumerebbe rilevanza anche agli effetti fiscali. Questo vuol dire che è possibile imputare al costo di acquisto di un bene o servizio anche l’Iva indetraibile da pro-rata, ma solo se tale imputazione risulta contabilmente corretta. Confermando tale tesi, l’Amministrazione finanziaria, nella risposta n. 4. 3 della Circolare n. 154/E/1995 e nella Risoluzione n. 297/E/2002, ha affermato che in ipotesi di imposta totalmente indetraibile causa pro-rata, l’Iva relativa alle singole operazioni di acquisto costituisce una componente del costo del bene stesso. Allo stesso modo, o meglio con lo stesso tenore nella risposta n. 15. 12 della Circolare n. 137/E/1997, l’Amministrazione ha precisato che l’importo dell’Iva indetraibile per effetto del pro-rata può ritenersi imputabile al costo dell’unico acquisto effettuato nel corso del periodo d’imposta in base all’art. 110 del Tuir.

In tal caso, torneranno valide le osservazioni già fatte, ovvero che l’Iva indetraibile da pro–rata relativo ad una specifica operazione di acquisto può essere imputata al costo originario, con le conseguenze sopra descritte.

In ultimo, va segnalato che secondo il disposto del comma 5 dell’art. 19 del D. P. R. N. 633/72, la determinazione dell’iva indetraibile da pro-rata avviene alla fine di ciascun anno solare in funzione diretta delle operazioni effettuate, mentre, nel corso dell’esercizio, l’indetraibilità dell’Iva è determinata in funzione della percentuale provvisoria di pro-rata individuata in relazione alle operazioni effettuate nell’anno precedente.

Anche in relazione a tale fattispecie ha avuto modo di esprimersi l’amministrazione con nota n. 9/1565 del 23 gennaio 1984, chiarendo che l’onere accessorio determinato in funzione della percentuale provvisoria possiede, comunque, il requisito della “oggettiva determinabilità” necessario per la sua deducibilità, dato che è quantificato sulla base di un elemento certo costituito dall’anzidetta percentuale, ancorché riguardante un periodo d’imposta precedente.

A nostro parere, avendo il dato del pro rata iva dell’esercizio precedente, l’impostazione migliore è quella di rilevare l’Iva indetraibile come onere accessorio, fattura per fattura, imputando in tal modo la corretta norma di deducibilità (si pensi alle spese telefoniche oggi deducibili all’80%), onde evitare di effettuare calcoli empirici a fine esercizio.

Esempio di non applicazione del seguente parere

Azienda con applicazione del pro rata Iva di indetraibilità

Iva indetraibile pari ad euro 100. 000

Non sono presenti spese a deducibilità parziale

Costo deducile dell’Iva indetraibile = 100. 000

Minor gettito di  imposte = Irap 27,5% ed Irap 2,5%[1] = 30. 000

[1] Varia a seconda della Regione e del codice attività, abbiamo inserito aliquota media.

 

 

Guida all’uso del Marchio collettivo nel mondo enogastronomico

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Il turista enogastronomico ricerca non solo la degustazione e la  conoscenza  del prodotto locale ed i suoi abbinamenti con il vino  ma anche le  informazioni sul  territorio di produzione, nel quale cerca un’esperienza di vita a contatto con identità e risorse ed è quindi un utente attivo nella partecipazione a fiere, sagre ed eventi culinari del posto. Tutte queste esigenze trovano la perfetta sintesi e soddisfazione nel marchio collettivo, che nello scenario del Made in Italy sposa divinamente il cosiddetto “enoturismo”, attirando  nel nostro Paese capitali esteri elevatissimi.  Vediamo perché questo Brand apre le porte a nuove opportunità di business e con incrementi in alcuni casi anche sensibili di fatturato.

 

Il connubio tra enogastronomia e turismo per la  rivalutazione del territorio: il Business dell’enoturismo

Come noto, il fenomeno enogastronomico ha un inevitabile risvolto culturale che rappresenta l’altra faccia della stessa medaglia : il turista enogastronomico ricerca non solo la degustazione e la  conoscenza  del prodotto locale ed i suoi abbinamenti con il vino  ma anche informazioni sul  territorio di produzione, nel quale cerca un’esperienza di vita a contatto con identità e risorse ed è quindi un utente attivo nella partecipazione a fiere, sagre ed eventi culinari del posto.

Tutte queste esigenze sono perfettamente sintetizzate e soddisfatte dalla formula del marchio collettivo ex art 2570 cc e 11 CPI, che garantisce origine , qualità, provenienza e processi produttivi dei prodotti enologici abbinati ai cibi che lo indossano e  sposa divinamente la cultura della buona cucina nel ricercato abbinamento dei vini che ne esaltano sapore e pregio.

E’ per questi motivi che il marchio collettivo, oltre a creare un potentissimo business derivante dalla moltiplicazione esponenziale dei guadagni  e all’affermazione di una reputazione comune di successo delle imprese nell’esaltazione di un’immagine manageriale di spicco e differenziata, rappresenta anche  la formula perfetta per quel  fenomeno noto come “enoturismo”.

 

Marchio collettivo ed enoturismo

L’enoturismo, o turismo enologico, ha la sua radice etimologica nella  parola greca “oinos” (vino) e indica quella tipologia di turismo incentrata  sulla  cultura del vino che oscilla dalla valorizzazione delle risorse vitivinicole del luogo all’abbinamento di enologia, gastronomia e turismo.

 

Cosa cerca l’enoturista moderno nel nostro  Paese?

La soddisfazione di questa particolare tipologia di turista che si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta Europa,   non è dunque solo determinata dalla qualità del prodotto : il suo interesse e la sua curiosità toccano anche gli elementi ad esso strettamente connessi quali la ricettività, le spiegazioni tecniche e gli assaggi e degustazioni  così come la  presenza di servizi complementari quali, ad esempio, il catering, lo sport, il relax e le soste attrezzate che fanno fare un “tuffo” nella dimensione paesaggistica del luogo.

L’Enoturista è quindi profondamente attratto e incuriosito  dalle visite alle cantine e ai vigneti dalle degustazioni guidate e il suo occhio non può non fermarsi davanti alla lettura del nome di un marchio collettivo che racchiude nel profumo , gusto, qualità origine e processi produttivi del vino che lo stesso certifica,  tutti i suoi sogni da straniero in una terra nuova, terra che potrà così  trasmettergli tutta la propria  familiarità e coccolarlo tra mille prelibatezze garantite da un Brand di eccellenza per il Made in Italy.

 

Quindi, per tutte le aziende e gli operatori del settore: “a buon intenditor, poche parole”!

Per registrare o acquistare in licenza il vostro marchio collettivo, per la redazione dei disciplinari e per l’attuazione della vostra progettualità d’impresa,

 

Guida al regime fiscale più conveniente e finanziamenti per le aziende agricole BIO

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Avete avviato un’azienda agricola Bio e non sapete come fare per risparmiare sulle imposte? Leggete subito la nostra guida operativa che illustra in sintesi come scegliere il regime fiscale più conveniente e di quali finanziamenti potrete godere!   

Siete IAP (Imprenditori Agricoli Professionali) e avete aperto la vostra azienda di agricoltura biologica?

Ecco tutto quello che dovete sapere per massimizzare il vostro risparmio lecito d’imposta e non commettere errori nella scelta del regime fiscale da applicare.  

A) REGIME FISCALE DI ESONERO

E’ importante che siate a conoscenza del fatto che, qualora il fatturato della nuova impresa non superi i 7. 000 € l’anno, è possibile godere del regime fiscale di esonero il quale vi solleverà dai seguenti adempimenti:

obbligo della dichiarazione dei redditi;
emissione e registrazione fatture;
liquidazione e versamento imposte;
dichiarazione IVA e comunicazione spesometro.

N. B. L’unico obbligo che resta è quello della numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bolle doganali, nonché della copia dell’autofattura nel caso di acquirenti non in regime di esonero, sulle quali va trattenuta l’imposta. Nel caso invece di vendita diretta a privati, non vi è obbligo di emissione scontrino o di rilascio di ricevuta fiscale.

B) REGIMI ALTERNATIVI

In caso di superamento in corso d’anno nel volume di affari della soglia di € 7. 000,00, il regime di esonero cessa dal successivo anno, e l’imprenditore agricolo entra:

1) nel regime fiscale semplificato o ordinario;

oppure

2) nel regime speciale di cui all’art 34 DPR 633 1972 riservato alle imprese agricole che effettuano cessioni di prodotti agricoli elencati nel “testo Unico” dell’IVA. In tal caso il vantaggio fiscale per l’impresa consiste nel non calcolare l’IVA sugli acquisti, che va invece detratta sulla base di determinate percentuali di compensazione del 4%, 10% e 22%, a seconda del tipo di prodotto, da applicare all’ammontare delle vendite. In altri termini Il regime prevede che l’IVA assolta sugli acquisti e sulle importazioni viene detratta non in modo analitico (cioè con riferimento all’imposta effettivamente addebitata dai fornitori o corrisposta in dogana) ma in modo forfetario, nella misura pari all’importo risultante dall’applicazione, all’ammontare imponibile delle cessioni di prodotti agricoli effettuate, delle indicate percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto ministeriale.

C) BONUS INPS GIOVANI AGRICOLTORI 2017

Gli IAP di età inferiore a 40 anni, iscritti alla previdenza obbligatoria nel 2017 (e gli IAP iscritti nel corso del 2016 solo se gestiscono l’attività in zone montane o in aree di crisi) possono inoltre usufruire del Bonus Giovani Imprenditori Agricoli che prevede per gli imprenditori agricoli e coltivatori diretti di essere esonerati dal pagamento dei contributi INPS per 5 anni: esonero totale per i primi 3 e poi 66% al quarto anno e 50% nel quinto. Un vantaggio grossissimo considerato che i contributi INPS agricoltura che altrimenti uno IAP dovrebbe versare ammontano a circa a 1. 500 € l’anno.

D) DETRAZIONE 19% SPESE AFFITTO TERRENI AGRICOLI

La detrazione 19% spese affitto terreni agricoli prevista dall’articolo 7 del decreto 91/2014 è una novità introdotta dal “Decreto competitività” del Governo Renzi consiste nel poter scaricare dalla dichiarazione dei redditi il 19% delle spese sostenute per i canoni di affitto dei terreni agricoli, nel limite massimo di 80 € per ciascun ettaro di terreno affittato e per un massimo di 1200 € all’anno.

La detrazione spese affitto terreni agricoli, è consentita ai coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola e di età inferiore ai 35 anni.

N. B. In sede di 730/2017 il quadro di riferimento è il campo E82 denominato “detrazione affitto terreni agricoli ai giovani” 

E) FINANZIAMENTI PUBBLICI E PRIVATI

Le aziende biologiche al pari di altre aziende possono godere di incentivi e di agevolazioni erogate sia da enti pubblici sia da privati.
Quelle erogate da enti pubblici possono riguardare finanziamenti c. D. “a fondo perduto” per i soggetti giudicati idonei alla sovvenzione e non dovranno essere poi restituiti; a seconda dei casi il finanziamento può coprire una percentuale che varia da un minimo del 50% ad un massimo del 100%.
InoltretTali aziende possono beneficiare anche di finanziamenti erogati dai privati mediante finanziamenti o prestiti a tasso agevolato.

Attenzione: vengono considerati negozi Biologici quegli esercizi commerciali specializzati nell’offrire prodotti alimentari e per la cura della persona che derivano da produzione biologica o biodinamica.

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Vendite verso San Marino: come fatturare senza IVA

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San Marino round flag icon with shadow.

Se siete commercianti italiani e desiderate effettuare cessioni di beni nella Repubblica di San Marino per estendere il vostro giro d’affari, come dovrete fatturare per evitare l’IVA? Seguite la nostra guida operativa che vi indica step by step come farlo correttamente.

L’articolo 71 DPR n° 633 del 1972 equipara ai fini IVA le cessioni di beni, ed i servizi connessi, effettuati con il trasporto e la consegna nei territori della Repubblica di San Marino (e anche della Città del Vaticano) alle cessioni all’esportazione, alle operazioni assimilate, e ai servizi internazionali connessi agli scambi internazionali ai sensi degli articoli 8 e 9 D. P. R. N. 633/72. Questo significa che trattasi di transazioni commerciali non imponibili IVA.

Tuttavia, per godere pro norma di tale beneficio fiscale, il commerciante italiano dovrà osservare le seguenti regole nella fatturazione:

1) emettere un documento di trasporto (DDT) per i beni che vengono trasportati o spediti nel territorio di San Marino dal cedente, dall’acquirente o da terzi per loro conto, in minimo 3 esemplari, uno dei quali deve essere conservato dell’emittente, mentre le altre due copie devono essere esibite al competente ufficio tributario sammarinese all’atto di introduzione dei beni nel territorio;

2) emettere la fattura in 4 copie, indicando il codice identificativo fiscale dell’acquirente sammarinese, preceduto dal prefisso SM. La fattura potrà essere immediata, ovvero differita e riportare la dicitura “non imponibile ex art. 71 e 8 D. P. R. N. 633/72”;

3) registrare la fattura emessa secondo le ordinarie disposizioni di cui all’articolo 23 D. P. R. N. 633/72;

N. B. L’operatore italiano deve aver annotato a margine della registrazione della fattura effettuata sul registro, l’avvenuta restituzione dell’esemplare vistato dall’ufficio tributario sammarinese, con la dicitura sopra indicata;

4) spedire 3 copie della fattura al cliente sammarinese;

5) allegare al documento di trasporto dei beni in transito la copia della fattura spedita all’acquirente sammarinese, debitamente perforata, riportante l’indicazione della data e munita di timbro a secco circolare dell’ufficio tributario di San Marino che dovrà aver apposto anche:

dichiarazione dell’avvenuta introduzione dei beni nel territorio sammarinese e la corrispondente imposta liquidata;
la marca contente, intorno allo stemma ufficiale sammarinese, la seguente dicitura: “Rep. Di San Marino – Ufficio Tributario” e recante nella parte sinistra la riproduzione della Statua della Libertà, e le scritte: “Repubblica di San Marino”; “imposta assolta”, ovvero “in franchigia”, “originale” e “imposta sulle importazioni”, nonché il numero progressivo di ciascuna marca;

6) l’operatore italiano dovrà inoltre conservare la fattura restituita dall’acquirente sammarinese con i requisiti previsti e presentare il modello INTRA-1 riepilogativo delle cessioni per la sola parte fiscale.

Attenzione: Per i beni acquistati da un operatore sammarinese non è necessario compilare il modello INTRA-2 in quanto allo stesso provvede l’Ufficio tributario di San Marino.

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“In vino veritas” per il Made in Italy. Marchio Collettivo Geografico e Patent Box, un connubio vincente nel settore vitivinicolo per altissimi profitti,forte risparmio fiscale e anticontraffazione.

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La valorizzazione del marchio collettivo nel settore dei vini è un Business in progressiva crescita per la primaria importanza assunta a livello di marketing e sotto il profilo della tutela rafforzata dei consumatori rispetto alle peculiari caratteristiche dei relativi prodotti. Si tratta quindi di una tematica in primo piano per le PMI (piccole e medie imprese), per le associazioni di categoria, i consorzi e tutti gli altri operatori del settore vitivinicolo che puntano sul Made in Italy. Illustriamo una guida pratica utile a comprendere i vantaggi di questo innovativo Brand, come fare per crearlo e i fortissimi sgravi fiscali riservati alle imprese che investono in ricerca e innovazione del MCG.

La valorizzazione del marchio collettivo nel settore dei vini è un Business in progressiva crescita per la primaria importanza assunta a livello di marketing e sotto il profilo della tutela rafforzata dei consumatori rispetto alle peculiari caratteristiche dei relativi prodotti. Si tratta quindi di una tematica in primo piano per le PMI (piccole e medie imprese), per le associazioni di categoria, i consorzi e tutti gli altri operatori del settore vitivinicolo che puntano sul Made in Italy.

Il “vestito “ tipico che il marchio collettivo indossa per le bottiglie di vino pregiato e di alta qualità Made in italy è il marchio collettivo geografico (MCG).

Il marchio collettivo geografico è disciplinato dall’art 11 co. 4 CPI il quale, in in deroga alla regola generale di cui all’art. 13 co. 1 CPI, prevede che “un marchio collettivo può consistere in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica di prodotti o servizi”. In sintesi il nostro ordinamento consente la registrazione come marchio collettivo del cd. Toponimo.

Perché registrare un MCG di vini

I vantaggi legati a questa tipologia di Brand sono i seguenti:

garantire alti standard qualitativi, la provenienza e la composizione del vino del nostro territorio;

proteggere la produzione vitivinicola da contraffazioni ed illecita, concorrenza in Italia ed all’estero;

incrementare la garanzia dei consumatori;

creare per le imprese un prezioso valore aggiunto che si converte in profitti elevatissimi, prestigio a livello di immagine imprenditoriale e potente redditività sul mercato;

rafforzare la comunicazione e la politica di marketing degli imprenditori del settore;

investendo nella innovazione e ricerca, consente di godere degli straordinari bonus fiscali del Patent Box.

Flessibilità del MCG rispetto alle Denominazioni di Origine

La particolarità funzionale del il marchio collettivo geografico rispetto alle Denominazioni di Orgine è l’operatività del controllo a livello privatistico e non pubblicistico, bypassando i limiti formali di accesso delle seconde.

Infatti, la differenza tra il MC/MCG, da un lato, e la denominazione di origine (DOP) e l’indicazione geografica (IGP), dall’altro, è che mentre qualsiasi soggetto può registrare il MC/MCG, l’istanza di registrazione delle denominazioni può essere presentata soltanto dalle associazioni dei produttori e/o trasformatori e solo in casi eccezionali e a condizioni ben precise da persone fisiche o giuridiche e nel rispetto del disciplinare della denominazione.

Ciò si traduce in un enorme vantaggio per gli operatori del settore che intendono investire in un Business differenziato e semplificato. Potrà farlo qualsiasi persona fisica o giuridica, pubblica o privata.

MCG e Indicazioni geografiche a confronto

Marchio Collettivo: iter burocratico semplice, requisiti stabiliti dal titolare, anche per prodotti/servizi non agroalimentari, nessuna necessità di legame storico con territorio, controlli effettuati dal titolare;

Indicazioni Geografiche: iter burocratico complesso, requisiti stabiliti dalla legge, solo per prodotti agroalimentari, necessita di legame storico, controlli effettuati da soggetti pubblici.

Cosa fare per creare il vostro MCG di vini

Gli interessati alla creazione di un marchio collettivo geografico di vini, dovranno procedere ai seguenti adempimenti:

la redazione di un disciplinare contenente esclusivamente il nome del prodotto, la zona di produzione, le caratteristiche del prodotto e le tecniche di produzione;

il deposito di un marchio con allegato un regolamento d’uso, nel quale sono specificati, oltre alle condizioni di accesso degli operatori interessati (e in primo luogo il rispetto del disciplinare), il sistema sanzionatorio per i contravventori e il dispositivo per i controlli;

la definizione di un sistema di controlli, che potranno essere effettuati direttamente dal titolare del marchio oppure, come è di gran lunga preferibile per ragioni di trasparenza, attraverso un organismo terzo e indipendente;

la concessione del marchio a beneficio dei soggetti interessati che avranno superato i controlli e il loro inserimento in un apposito registro da tenere costantemente aggiornato con nuove iscrizioni.

Ricerca e innovazione per un marchio collettivo Top per il vino e Bonus fiscali

E’ chiaramente essenziale in questo ambito, investire in ricerca e innovazione per:

ottimizzare i processi di produzione;

selezionare le materie prime migliori;

implementare gli standard qualitativi dei prodotti.

A tal fine gli interessati potranno godere dei bonus fiscali previsti dall’opzione agevolativa Patent Box L. 190/2014 legge di Stabilità) come modificata dall’Investment Compact del 2015 che consente di detassare al 50% le royalty derivanti dalla concessione in licenza di questa tipologia di marchi e le plusvalenze incassate a seguito della cessione degli stessi.

Se operate nel settore vitivinicolo e desiderate creare un Brand vincente, attivando gli imperdibili Bonus fiscali del Patent Box,

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Tassa locazioni turistiche e affitti brevi 2017. Le istruzioni operative per agenzie immobiliari e gestori di portali web

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Tassa locazioni turistiche e affitti brevi 2017. Le istruzioni operative per agenzie immobiliari e gestori di portali web

Con questa guida pratica illustriamo le istruzioni operative che, dal 1 giugno 2017, gli intermediari delle locazioni turistiche e di affitti “mini”, anche se gestori di portali web, dovranno osservare per non incorrere in rischiose e pesanti sanzioni fiscali e preservare al meglio la redditività del proprio Business.

Per contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale ed arginare gli introiti a nero dannosi per la nostra economia in questo peculiare settore, la manovra correttiva della Legge di Stabilità 2017, all’articolo 4 del DL 50/2017 ha regolato nello specifico la tassazione per gli affitti brevi su case, appartamenti o stanze, (tipologie di locazione che notoriamente vengono concluse sul sito della multinazionale americana “Airbnb”).

Fino a poco tempo fa, le locazioni brevi (definite sul piano fiscale in un massimo di 30 giorni, sino al quale non era obbligatoria la registrazione) non assolvevano ad una funzione residenziale pertanto non rientravano nella disciplina della legge 431/98 ma erano soggette soltanto alle disposizioni codicistiche ex art 1571 e seguenti del codice civile (oltre al codice del turismo) e caratterizzate dalla massima libertà contrattuale e flessibilità fiscale che ha lasciato spazio a larghi abusi.

Cosa sono gli affitti brevi

La nuova norma definisce “locazioni brevi” i contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, compresi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche (e non nell’esercizio di attività d’impresa), “direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online”. Quindi, la locazione può essere solo tra “privati”.

Ne deriva che se i servizi eccedono il limite della fornitura di biancheria e pulizia si rischia di uscire fuori dal perimetro e di svolgere un’attività alberghiera abusiva.

Che tassa si paga dal 1 giugno 2017?

A decorrere dal 1 giugno, per tutti gli intermediari nei contratti di affitto breve, a prescindere dalla modalità di esercizio della relativa attività, quindi sia che la stessa avvenga su portali web o tramite agenzie immobiliari “fisiche” o di intermediazione, scatta l’obbligo della “tassa Airbnb” cioè tali soggetti saranno tenuti al versamento della cedolare secca con aliquota al 21% (l’imposta speciale che sostituisce l’IRPEF e l’imposta di registro) come previsto dall’articolo 3 del Decreto Legislativo 23/2011.

N. B. L’Agenzia delle Entrate ha inoltre proposto l’estensione dell’operatività di tale tassa anche alle attività di B&B occasionale, comprensiva di servizi accessori attualmente inquadrati nella categoria di redditi diversi.

Attenzione: si tratta di una tassa che non va versata dai contribuenti locatari ma dai sostituti d’imposta! La ritenuta trova sempre applicazione, anche se il proprietario non intende avvalersi della tassazione sostitutiva ma sceglie quella ordinaria sobbarcandosi la più onerosa aliquota minima IRPEF al 23%. Se il proprietario desidera “assorbire” l’intera tassazione all’interno della cedolare dovrà esercitare l’apposita opzione direttamente nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui si è prodotto il reddito da assoggettare a cedolare (circolare n°26 del 1° giugno 2011 dell’agenzia delle Entrate).

Sanzioni per gli intermediari in caso di inadempimento

L’intermediario inadempiente è soggetto a sanzioni pecuniarie che oscillano da € 250 ad € 2. 000.

Inoltre gli intermediari inadempienti che non hanno provveduto a tramettere i dati di contratti di locazione breve saranno sottoposti a sanzione pari al 20% dell’ammontare non trattenuto a titolo di ritenuta.

Istruzioni operative 2017 per gli intermediari di contratti brevi

Dunque, sebbene per i contratti di locazione di durata inferiore ai 30 giorni non sia obbligatoria la registrazione, i canoni riscossi andranno comunque tassati, con l’eventuale opzione per la cedolare secca e la previsione di controlli fiscali più severi e nuove procedure.

In sintesi, i gestori di tali portali e delle agenzie di intermediazione dovranno:

1) comunicare all’Agenzia delle Entrate i contratti di affitto breve conclusi attraverso i servizi offerti dagli stessi (un provvedimento dell’agenzia delle Entrate entro il 25 luglio 2017, definirà le modalità della trasmissione dei dati e la loro conservazione);

2) trattenere, in qualità di sostituti di imposta, dai proventi della locazione corrisposti, la ritenuta del 21% e versarla con le modalità di cui all’articolo 17 del Dlgs 241/97, cioè usando il modello F24 con i codici tributo che saranno comunicati dall’Agenzia delle Entrate:

a) nell’ipotesi in cui il proprietario avesse optato per la cedolare la ritenuta sarà fatta a titolo d’imposta e lo stesso dovrà pagare altro;

b) in caso di conservazione del regime ordinario, tale ritenuta rileverà come versamento a titolo d’acconto e il proprietario dovrà considerarlo all’interno della dichiarazione dell’IRPEF dovuta per quell’anno;

3) rilasciare a chi affitta (quindi al proprietario) la Certificazione Unica (CU) annualmente con gli importi percepiti e le ritenute effettuate a titolo d’imposta o di acconto, seguendo le modalità indicate dall’articolo 4 del Dlgs 322/98, dove indicare gli importi pagati al Fisco.

Attenzione: la cedolare è applicabile anche ai proventi lordi derivanti da sublocazioni e da contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario con terzi, sempre che siano rispettate le stesse condizioni; In tale caso farebbero parte dell’imponibile anche le spese condominiali rimborsate dall’inquilino e pagate insieme al canone, che sono invece esplicitamente escluse dall’imponibile nella locazione ordinaria.

Qual è la nuova aliquota IVA agevolata per cessioni di zenzero e derivati? Adeguate i registratori di cassa!

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Qual è la nuova aliquota IVA agevolata per cessioni di zenzero e derivati? Adeguate i registratori di cassa!

Con questa guida esaminiamo i vantaggi dello zenzero per la salute e per le nostre tasche! Scopriamo insieme la nuova aliquota agevolata IVA.

Aliquota IVA zenzero e derivati 2017

Come noto, la domanda dello  zenzero sul mercato ha raggiunto negli ultimi anni vette elevate, inserendosi nello scenario di un commercio stabile: al netto di fluttuazioni nei volumi, i prezzi rimangono piuttosto costanti e la porta principale d’ingresso in Europa di questa spezia/erba aromatica è il Porto di Rotterdam.

Perché lo zenzero sta avendo così successo sul mercato? I benefici per la nostra salute

Lo zenzero è una spezia ottima da inserire quotidianamente nella nostra dieta per favorire il benessere dell’organismo e con preziosi effetti rivitalizzanti, perché presenta una molteplicità di benefici che la scienza medica sta progressivamente approfondendo e sperimentando.

Ecco un elenco sintetico dei vantaggi dello zenzero per la nostra salute:

  • proprietà antidolorifiche;
  • proprietà antinfiammatorie;
  • proprietà antiossidanti;
  • proprietà sedative della nausea;
  • proprietà antidiabete;
  • proprietà digestive;
  • proprietà anticolesterolo;
  • proprietà antibatteriche;
  • proprietà antinfettive.

Nuova Aliquota IVA per lo zenzero: il risparmio fiscale aumenta la competitività

Fino a poco tempo fa l’aliquota ordinaria prevista per lo zenzero e suoi derivati (zingerone e shogaoli) era fissata al 10% con percentuale di compensazione al 4%. Tuttavia, trattandosi di erba aromatica, allo zenzero si applica l’articolo 21 della legge 7 luglio 2016, n°122 (Legge Europea 2015/2016), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n°158 dell’8 luglio 2016 che estende la sua operatività alla categoria di appartenenza dello zenzero. Quindi è scattata da luglio 2016 l’aliquota uniforme IVA del 5% prevista dal n°1-bis) della Tabella A, parte II-bis, allegata al d. P. R. 26 ottobre 1972, n°633 espressamente stabilita per il basilico, salvia e le “altre erbe aromatiche”. Nella medesima tabella vengono inserite infatti anche le corrispondenti piante delle erbe, che precedentemente erano state inserite nella voce in cui l’aliquota era al 10%.

Ciò significa che la tassazione del valore aggiunto di questa erba è stata dimezzata con ampissimi riflessi positivi sulle transazioni commerciali dato che il risparmio d’imposta ottenibile grazie a questa aliquota agevolata consentirà progressivamente anche di aumentare la competitività.

Attenzione: ne deriva che dall’estate 2016 (dal 23 luglio esattamente) i commercianti al minuto avrebbero dovuto provvedere ad adeguare i registratori di cassa inserendo l’aliquota del 5% anche per lo zenzero e, qualora non lo abbiano ancora fatto, è arrivato il momento!

NB Nel caso di imprenditori agricoli che adottano il regime speciale IVA di cui all’articolo 34 del Dpr 633/724, la percentuale di compensazione rimane fissata al 4%: ciò comporta che applicando l’aliquota del 5% sulle cessioni, i produttori agricoli dovranno versare la differenza dell’IVA di un punto percentuale.

Per richiedere: 

una istanza di rimborso IVA per recuperare quella indebitamente pagata;

un parere tributario in materia IVA;
la presentazione di una istanza di interpello;

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Il bonifico parlante errato fa decadere dalle “detrazioni casa”? Quando? Le istruzioni operative per evitare errori

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La compilazione incompleta o errata del bonifico parlante per le detrazioni per ristrutturazioni e riqualificazione energetica“casa” 2017 implica la decadenza dal beneficio fiscale? Rispondiamo al quesito posto da centinaia di utenti, sulla base della recentissima risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 2017, fornendo altresì le istruzioni per non sbagliare, evitando così di perdere i vantaggiosissimi crediti d’imposta!

Quesito

La compilazione incompleta o errata del bonifico parlante per le “detrazioni-casa” implica la decadenza dal beneficio fiscale?

 

Come attivare i bonus casa 2017: focus sul bonifico parlante

Non tutti sanno che per chi desidera fare lavori in casa e rimodernarla, questo è senza dubbio un periodo favorevole: sono state, infatti, riconfermate, anche per il 2017, le agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e per l’ acquisto di mobili con detrazioni sull’Irpef pari o superiore al 50% delle spese sostenute, cumulabili anche con il bonus acquisto casa.

N. B.  Per godere del bonus è necessario che il pagamento avvenga attraverso il cosiddetto “bonifico parlante”: in caso di errore o disattenzione il contribuente rischia spesso di perdere il beneficio fiscale.

Il bonifico “parlante” si differenzia da quello comune perché in esso devono essere specificate tutte le informazioni necessarie prescritte  dalla legge, per non incorrere in problemi nel momento in cui si andrà a richiedere  all’Agenzia delle Entrate lo sconto fiscale sulla dichiarazione dei redditi.

Le istruzioni per non sbagliare

Nella causale del bonifico relativo a pagamenti di lavori di ristrutturazione occorre specificare che il pagamento viene effettuato ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 16 del d. P. R. 917/1986 (interventi che possono usufruire delle detrazioni), oppure della legge 449/1997 (relativa ai lavori sulle parti condominiali degli edifici);
la causale dovrà anche indicare gli estremi della fattura che si sta pagando con il bonifico in oggetto, emessa dalla ditta che ha effettuato i lavori;
indicare gli estremi (nome, cognome e codice fiscale) della persona che effettua il pagamento e a cui sono intestate le fatture per gli interventi di ristrutturazione edilizia;
nel caso di immobili in comproprietà vanno indicati gli estremi di tutti i soggetti che partecipano alle spese di ristrutturazione (non solo quindi di chi esegue materialmente il bonifico che potrebbe eventualmente essere stato delegato da altri);
in caso di lavori su aree condominiali comuni, il bonifico parlante deve indicare il codice fiscale del condominio e dell’amministratore, oppure del soggetto che esegue l’operazione;
nel bonifico va inserita anche la partita Iva o in alternativa il codice fiscale di chi effettua i lavori o fornisce il materiale, cioè dell’impresa di costruzione o del singolo artigiano.

Attenzione: l’agevolazione fiscale  dipende dalla data del bonifico di pagamento e non da quella della fattura che documenta la spesa, né quella di esecuzione delle opere.

Eccezioni al pagamento con bonifico

spese relative agli oneri di urbanizzazione;
Tosap ( tassa per l’occupazione di suolo pubblico);
imposta di bollo e diritti pagati per le concessioni, le autorizzazioni e le denunce di inizio lavori.

 

Soluzione

La circolare 8/E/2017 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito cosa accade in caso di bonifico errato per l’accesso alle detrazioni casa, ovvero qualora il pagamento dei lavori di ristrutturazione e di riqualificazione bonifico ordinario sia avvenuto mediante bonifico ordinario (non “parlante”).

In particolare, se si è commesso un errore nell’indicazione della causale del bonifico, l’amministrazione finanziaria ha stabilito che l’agevolazione non decade, ovvero non si perde il diritto alla detrazione a condizione che al bonifico sia stata applicata la ritenuta d’acconto dell’8% e che vengano comunque rispettati gli altri vincoli imposti dalla normativa.

Quindi, facendo un esempio concreto inserendo i riferimenti normativi relativi ai bonus di riqualificazione energetica degli edifici al posto di quelli riguardanti gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, si potrà comunque usufruire nella successiva dichiarazione dei redditi dello sconto IRPEF del 65%, idem nell’ipotesi inversa.

In particolare si applicano i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate stessa con la circolare 43/E/2016, secondo la quale, qualora il bonifico sia stato: “compilato in modo tale da non consentire alle banche e a Poste italiane di adempiere correttamente all’obbligo di ritenuta” previsto dall’articolo 25 del d. L. N. 78 del 2010, il beneficiario dell’accredito deve attestare in una dichiarazione sostitutiva di atto notorio: “di aver ricevuto le somme e di averle incluse nella contabilità dell’impresa ai fini della loro concorrenza alla corretta determinazione del suo reddito”. L’alternativa a tale procedura, da utilizzare in tutti i casi di errata o non completa compilazione del bonifico, è effettuare, qualora sia possibile, la ripetizione del pagamento con bonifico corretto (risoluzione n. 55/E del 2012).

Conclusione

Quindi, al quesito posto si risponderà negativamente nei seguenti termini: il contribuente nell’ipotesi di errori “meramente materiali” nella fase di compilazione del bonifico parlante come nell’ipotesi di “inversione della causale” non perderà il beneficio fiscale della detrazione a condizione che sia applicata la ritenuta di acconto pari all’8% sul reddito d’impresa destinatario del versamento e siano osservati gli altri requisiti previsti ex lege a livello sostanziale e formale (fatture, schede tecniche, asseverazioni ecc).

 

Tartufi: nuova aliquota IVA 2017 per un elevato risparmio fiscale ed alta redditività sul mercato

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tartufo

Il tartufo, definito da Nerone “Il cibo degli Dei”, era apprezzato già ai tempi dell’antica Roma per la sua prelibatezza e pregiatezza: con questa guida pratica ne analizziamo l’andamento sul mercato, le proprietà culinarie e benefiche per la salute, i vantaggi per la ristorazione e lo sgravio fiscale IVA, operante dal 1 gennaio 2017, che incrementerà di molto la competitività e la redditività di questo prezioso alimento. Vediamo insieme come i commercianti, con un bel sorriso, dovranno aggiornare i registratori di cassa!

 

Il tartufo come Business d’oro sul mercato

Il tartufo definito da Nerone Il “Cibo degli Dei” era apprezzato già ai tempi dell’antica Roma per la sua prelibatezza e pregiatezza: la sua rarità dipende in primis da variabili stagionali ed ambientali.  Sul mercato, il successo del tartufo, che viene comunemente raccolto grazie all’utilizzo di cani (e maiali) addestrati appositamente ed esportato in tutto il mondo, è un dato costante: di fatto la domanda supera sempre e nettamente l’offerta e ciò implica prezzi di acquisto tendenzialmente elevati ma fluttuanti per il consumatore.  Il tartufo è infatti un prodotto così richiesto che vanta un borsino ufficiale per la sua quotazione, dove gli esemplari più grossi e pregiati vengono messi all’asta raggiungendo quotazioni che arrivano alle stelle.

 

Tipologie

Il tartufo è un fungo ipogeo che appartiene alla famiglia delle Tuberaceae, cresce spontaneamente nel terreno, nei pressi della radice di certi alberi come, ad esempio, i lecci, i pioppi e le querce ed esiste nelle versioni bianca e nera. Questo prezioso alimento rappresenta la specialità tipica di alcune regioni dell’Italia in particolare di alcune zone piemontesi e marchigiane: due regine incontrastate del tartufo sono Alba e Acqualagna. Il tartufo nero è invece, come noto tipico della zona di Norcia; tuttavia tale specie viene coltivata anche in tutta Italia.  Alcune delle specie più ricercate e stimate dal punto di vista commerciale sono:

tartufo bianco pregiato (Tuber magnatum);
tartufo nero pregiato (Tuber melanosporum);

tartufo estivo o scorzone (Tuber aestivum);
tartufo di Borgogna (Tuber uncinatum);

tartufo nero ordinario (Tuber mesentericum);
tartufo nero invernale (Tuber brumale);

tartufo bianchetto o marzuolo (Tuber borchi);

 

Il tartufo nella gastronomia

Come comunemente noto, il tartufo, caratterizzandosi per il suo particolare aroma, è utilizzato in cucina per la preparazione di diversi piatti eccellenti e divini che si caricano di profumo e del sapore inconfondibile dell’autunno. Inoltre questo alimento si trasforma, in diversi ristoranti che ne acquisiscono il know how culinario, in protagonista assoluto di un menù completo, dall’antipasto al dolce, deliziando i palati più esigenti ed allestendo un’esperienza unica per veri e appassionati gourmet!  Il tartufo poi sarebbe il “cupido” ideale per una cena a due: secondo recenti studi avrebbe infatti proprietà afrodisiache: sarebbe cioè in grado di emanare delle sostanze particolarmente stimolanti, capaci di provocare del benessere fisico e mentale favorendo, di fatto, l’attrazione verso il proprio partner.

 

Benefici per la salute e valori nutrizionali

Questo prodotto vanta molteplici proprietà benefiche e nutritive per il nostro benessere fisico. Il tartufo è infatti ricco di antiossidanti che contrastano l’invecchiamento ed i radicali liberi. Si caratterizza inoltre per proprietà elasticizzanti idonee a stimolare la produzione di collagene e favorisce la digestione. Il tartufo vanta proprietà benefiche anche a favore dell’apparato cardiovascolare: è, infatti, privo di colesterolo ed è un’ottima fonte di magnesio. Il tartufo è un’ottima fonte di proteine – circa 30% per porzione – e contiene pochi grassi: è quindi altamente consigliato per chi segue una dieta ipocalorica o dietetica dimagrante oppure per restare semplicemente in forma. Il tartufo contiene anche vitamine e sali minerali, come potassio, calcio e magnesio. Il calcio contenuto nel tartufo giova alla salute delle ossa e dei denti, mentre il potassio ha una funzione stimolante per i reni incaricati di eliminare le sostanze tossiche dall’organismo.

 

Vantaggi per chi lo coltiva

Avviare una tartuficoltura presenta i seguenti vantaggi:

facilità nella commercializzazione del prodotto (saranno i clienti a venire da te e non il contrario! );
alta redditività;
necessità di poche cure e scarsa manodopera;

basso costo di manutenzione;
una volta avviata, la tartuficoltura non richiede grossi investimenti economici e la gestione risulterà semplificata.

 

Nuova aliquota IVA tartufo

La Legge Comunitaria 2016 ha apportato modifiche alla tabella A del decreto IVA che implicano la variazione dell’aliquota IVA dei beni ivi elencati: tra questi figura anche il tartufo: chi lo commercializza (e anche chi lo consuma e deve pagarlo) potrà giovarsi di un vantaggiosissimo risparmio di imposta grazie al dimezzamento dell’aliquota Iva prima applicabile.  Infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2017 le cessioni di tartufi freschi, refrigerati o presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarne la conservazione, passano dall’aliquota IVA del 22% a quella del 10%. (Non sono inclusi i tartufi preparati per l’immediato consumo). Questo si traduce in una grandissima opportunità in termini di competitività per i commercianti che qualora non l’abbiano già fatto dovranno provvedere ad aggiornare i registratori di cassa.

 

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Farro decorticato: cessioni con Iva agevolata al 10 per cento

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Farro decorticato: cessioni con Iva agevolata al 10 per cento

Farro decorticato: cessioni con Iva agevolata al 10 per cento

Si applica l’aliquota Iva del 10 per cento alle cessioni di grano farro decorticato, questo emerge da analisi della classificazione merceologica doganale e dalla risoluzione n. 204/E del 30 agosto 2007 dell’Agenzia delle Entrate.

In particolare la risoluzione dell’Agenzia ha affrontato la materia delle cessioni di farro decorticato ai fini IVA a seguito di una istanza di interpello,  l’istante, nella sua soluzione interpretativa, riteneva più corretta l’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento poiché il grano farro decorticato rientra fra i prodotti indicati nel punto 28), della Tabella A, parte III, allegata al D. P. R. N. 633 del 1972.

Dopo aver richiesto un parere alle Dogane, articolatosi in un esame in laboratorio del prodotto in argomento, l’Agenzia delle Entrate ha risposto in modo affermativo all’istanza.

Il grano farro decorticato, infatti, è un cereale a grano vestito che prima dell’utilizzazione deve subire una operazione che ne elimini i rivestimenti mediante molatura.

Tale classificazione assegna, pertanto, alla cessione del prodotto l’applicazione dell’aliquota Iva del 10 per cento.

 

Risoluzione Agenzia Entrate n. 204 del 03. 08. 2007

Interpello – Aliquota Iva applicabile alle cessioni di grano farro decorticato

Risoluzione Agenzia Entrate n. 204 del 03. 08. 2007 La Direzione Regionale ha trasmesso una istanza di interpello presentata, ai sensi dell’art. 11 della L. 27 luglio 2000, n. 212, dalla Alfa S. R. L. (di seguito, in breve, “la Società”), al fine di conoscere quale sia l’aliquota Iva applicabile alle cessioni del prodotto in oggetto.

 

Quesito

La Società chiede di conoscere quale sia il corretto trattamento tributario da applicare, ai fini Iva, alle cessioni di grano farro decorticato.

Soluzione prospettata dal contribuente

Al riguardo, l’istante ritiene che al prodotto in esame possa applicarsi l’aliquota IVA del 10 per cento, in quanto rientrante fra quelli indicati nel punto 28), della Tabella A, parte III, allegata al D. P. R. N. 633 del 1972.

Parere della scrivente

Ai fini della risposta al quesito prospettato, si è reso indispensabile individuare il corretto inquadramento doganale del prodotto in questione; è stato, pertanto, acquisito il parere dell’Agenzia delle Dogane, reso con nota prot. N…. Del….

L’Agenzia delle Dogane, sulla base dei risultati ottenuti dai test di laboratorio svolti, ha rilevato che “il farro è un cereale a grano vestito, come l’orzo e l’avena, in quanto durante la trebbiatura le cariossidi non fuoriescono dalla glume e dalle giumelle. Pertanto, prima dell’utilizzazione, la granella di farro, così ottenuta deve essere mondata (decorticata), cioè privata dei rivestimenti glumeali e di una parte del pericarpo, mediante molatura”.
Sulla base, quindi, delle suesposte motivazioni, il prodotto in esame deve essere classificato tra i “cereali altrimenti lavorati da classificare al codice NC 1104. 2918, della vigente Tariffa Doganale, posizione corrispondente alla voce 11. 02, Tabella A, Parte III, punto 28, della Tariffa doganale in vigore al 31 dicembre 1987”.

In considerazione della suddetta classificazione, la scrivente ritiene che alla cessione del prodotto sopra indicato si renda applicabile l’aliquota Iva del 10 per cento di cui alla Tabella A, parte III, allegata al D. P. R. N. 633 del 1972, che, al punto 28), richiamando la voce 11. 02, menziona espressamente “semole e semolini di orzo, avena e di altri cereali minori; cereali mondati, perlati, in fiocchi; germi di cereali anche sfarinati”.

La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione regionale è resa dalla scrivente ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo del D. M. 26 aprile 2001, n. 209.

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