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Piloti di aereo: il problema della doppia residenza fiscale, scopri in quale paese presentare la dichiarazione dei redditi

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Piloti di aereo: il problema della doppia residenza fiscale

Sei un pilota di aereo e hai dubbi per quanto riguarda la tassazione del tuo stipendio? Hai mai sentito parlare di doppia tassazione? Può accadere che, o per poca informazione o per incuranza, non dichiariate correttamente il reddito che percepisci in Italia. Ci hai mai pensato? Sicuramente sei interessato a conoscere la normativa che disciplina la tassazione dei redditi da te percepiti, da parte di una compagnia aerea estera.

Essere un pilota di aereo è un lavoro molto impegnativo, pieno di responsabilità e

stressante. Fiscalmente residenti in Italia, sotto contratto di compagnie aeree che hanno sede in Paesi esteri, devono considerare quelle che sono le regole che disciplinano la tassazione dei loro stipendi.

Ai sensi dell’art. 3 del DPR n 917/86, è previsto che vengano assoggettati a tassazione in Italia tutti i redditi percepiti, sia italiani che esteri. Chiamato Worldwide Taxation, si applica a tutte le persone fisiche residenti fiscalmente in Italia.  Si tratta del principio di tassazione su base mondiale del reddito.

Convenzioni contro le doppie imposizioni

La normativa italiana permette, per quanto riguarda la doppia imponibilità dello stesso reddito, sia nello Stato estero di erogazione che in Italia, smorzare gli effetti negativi della doppia tassazione, prevedendo il cosiddetto meccanismo del credito d’imposta.  Il credito di imposta consente al contribuente italiano di “detrarre dalle imposte italiane le imposte pagate all’estero sullo stesso reddito”. In questo modo viene eliminato il problema della doppia tassazione economica del reddito. Inoltre, se esiste una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e il paese nel quale viene prodotto il reddito, la norma contenuta nella Convenzione prevale su quella nazionale.

Ai sensi dell’art. 15 par. 1 del Modello OCSE delle Convenzioni contro le Doppie Imposizioni: “[…] gli stipendi, i salari e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato (Italia) riceve in corrispettivo di un’attività dipendente, sono imponibili soltanto in detto Stato (Italia), a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato (ad esempio Spagna). Se l’attività è quivi svolta (Spagna), le remunerazioni percepite a tale titolo sono imponibili in questo altro Stato (Spagna)”. In sostanza, il reddito da lavoro dipendente viene tassato nel Paese di residenza (Italia) a meno che non venga prodotto nello Stato estero (Spagna) e di conseguenza viene tassato anche in quest’ultimo.

Ai sensi dello stesso articolo, par. 2, il reddito da lavoro dipendente non viene tassato nello stato estero (Spagna), ma solo in Italia, se:

–      il beneficiario soggiorna nell’altro Stato (Spagna) per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato;

–      le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato (Spagna);

–      l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato (Spagna).

Questo, al fine di evitare la doppia tassazione.

Ai sensi dello stesso articolo par. 3: “il reddito da lavoro dipendente prodotto da un pilota di aereo di voli internazionali, fiscalmente residente in Italia che svolge la propria attività come dipendente di una compagnia aerea estera (Spagnola), è tenuto a dichiarare il reddito sia in Italia che nello Stato estero (Spagna)”.

Come evitare la doppia tassazione

Per evitare la doppia imposizione, il contribuente italiano può: spostare la propria residenza fiscale dall’Italia (Paese) di residenza al Paese estero nel quale svolge la sua attività lavorativa (in questo caso abbiamo preso come esempio la Spagna), in modo da dedurre dalle imposte liquidate in Italia l’imposta che ha pagato in Spagna.

Questo perché, come già detto in precedenza, se il contribuente mantiene il proprio “status di contribuente italiano”, continuerà ad essere assoggettato a doppia tassazione.

La residenza fiscale nel Paese estero viene acquisita nel momento in cui il lavoratore possiede in tale Paese:

–      la sua residenza anagrafica;

–      il centro dei propri interessi ed affari, ossia abitazione, famiglia, utenze, investimenti, che andrebbero così a sommarsi al fatto di avere, nello stato estero, il proprio datore di lavoro.

Gli elementi utili a comprovare l’effettivo trasferimento all’estero della residenza e del domicilio sono:

–      sussistenza della dimora abituale nel paese estero, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare;

–      svolgimento di un rapporto lavorativo continuativo, ossia l’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;

–      stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali;

–      Fatture e ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari pagati nel Paese estero;

–      assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia;

–      mancanza, in Italia, di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo.

Nel caso in cui non si riesca a chiarire lo Stato di residenza del soggetto, l’articolo 4 del Modello OCSE prevede le cd. Tie-breaker rules, ossia un elenco di test che applicati in successione progressiva consentono di stabilire in quale Stato il contribuente debba considerarsi residente.

Sanzioni in caso di mancata tassazione

La mancata tassazione del reddito estero in Italia comporta, da parte dell’Agenzia delle Entrate:

–      recupero dell’imposta evasa;

–      sanzioni di tipo amministrativo, variano dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta e non versata in caso di dichiarazione infedele. Sale dal 120% al 240% in caso di dichiarazione omessa. Raddoppiata se si tratta di redditi percepiti in Paradisi fiscali, oppure aumentate di 1/3 in tutti gli altri casi;

–      sanzioni di tipo penale (nei casi più gravi), rischio di reclusione da un anno e sei mesi ai quattro anni. Questo nell’ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi con imposta evasa superiore ad euro 50mila.

In molti casi l’evasione fiscale da parte dei piloti di aereo è avviene a causa delle compagnie aeree, in quanto esse avendo sede in Paesi esteri (spesso Paesi a fiscalità privilegiata) inducono in errore il pilota stesso. Il modo migliore per non cadere nell’errore, e quindi per evitare le sanzioni, è dichiarare il reddito percepito all’estero in Italia, se la tua residenza fiscale da pilota è in Italia, evitando la doppia tassazione del reddito attraverso il meccanismo del credito di imposta.

è necessario però un accurato controllo della situazione personale, della normativa nazionale, sovranazionale e convenzionale, per poi accedere alla documentazione fiscale che viene rilasciata dalla società estera.

Ravvedimento operoso 2019: tutto ciò che si deve sapere e guida al calcolo

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Pubblichiamo un’utilissima guida fiscale alla comprensione ed uso del ravvedimento operoso, cos’è, come funziona e come si calcola. Si tratta di un istituto disciplinato all’articolo 13 del D. Lgs n. 472 del 1997, rinnovato dalla Legge di stabilità per l’anno 2015 prima, e per l’anno 2016 poi, che permette di ravvedere imposte, tasse e tributi.

 

Tutto ciò che si deve sapere sul ravvedimento operoso

Ogni giorno con il ravvedimento operoso vengono regolarizzati omessi o insufficienti versamenti e altre irregolarità fiscali, beneficiando della riduzione delle sanzioni

Si tratta di un istituto disciplinato all’articolo 13 del D. Lgs n. 472 del 1997, rinnovato dalla Legge di stabilità per l’anno 2015 prima, e per l’anno 2016 poi, che permette di ravvedere imposte, tasse e tributi.

 

Chi può beneficiarne

Prima delle modifiche introdotte dalla legge di Stabilità per il 2015, per poterne usufruire occorreva rispettare determinati limiti di tempo. Inoltre, era necessario che:

la violazione non fosse già stata constatata e notificata a chi l’avesse commessa;
non fossero iniziati accessi, ispezioni e verifiche;
non fossero iniziate altre attività di accertamento (notifica di inviti a comparire, richiesta di esibizione di documenti, invio di questionari) formalmente comunicate all’autore.

Tali preclusioni, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, non operano più e il ravvedimento è inibito solo dalla notifica degli atti di liquidazione e di accertamento (comprese le comunicazioni da controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni).

In ogni caso, il pagamento e la regolarizzazione non precludono l’inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento.

 

Come avviene la regolarizzazione

Gli errori, le omissioni e i versamenti carenti possono essere regolarizzati eseguendo spontaneamente il pagamento:

dell’imposta dovuta;
degli interessi, calcolati al tasso legale annuo (0,80% dal 1° gennaio 2019) dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito;
della sanzione in misura ridotta.

La sanzione ridotta, nei vari casi di ravvedimento che seguono, ammonta a:

ravvedimento breve – 1/10 di quella ordinaria (1,50%) nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data di scadenza;
ravvedimento intermedio – a 1/9 del minimo (1,67%) se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall’omissione o dall’errore;
ravvedimento lungo – a 1/8 del minimo (3,75%), se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è avvenuta la violazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore;
ravvedimento lunghissimo – a 1/7 del minimo (4,29%), se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall’omissione o dall’errore; oppure a 1/6 del minimo (5%), se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall’omissione o dall’errore;
ravvedimento su p. V. C. – a 1/5 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione (ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4), salvo nei casi di mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto o di omessa installazione degli apparecchi per l’emissione dello scontrino fiscale;
a 1/10 del minimo (10 o 12%) di quella prevista per l’omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni, oppure a 1/10 del minimo di quella prevista per l’omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.

Il decreto legislativo n. 158/2015 ha modificato la normativa sulle sanzioni per ritardati od omessi versamenti, prevedendo la riduzione alla metà della sanzione ordinaria per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 90 giorni dalla scadenza. In tali casi, quindi, la sanzione passa dal 30% al 15%.

Pertanto, se la regolarizzazione avviene, per esempio, entro 30 giorni dall’originaria data di scadenza del pagamento del tributo, la sanzione ridotta da versare in sede di ravvedimento sarà pari all’1,5% dell’imposta dovuta (1/10 della sanzione ordinaria ridotta alla metà).

Un’ulteriore riduzione della sanzione è prevista per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15 giorni (ravvedimento sprint). In tali casi la sanzione del 15% è ulteriormente ridotta a 1/15 per ogni giorno di ritardo (0,1%).

Pertanto, in sede di ravvedimento, la sanzione da versare sarà pari allo 0,1% per ciascun giorno di ritardo (1/10 dell’1%).

 

Modalità di versamento

Per i versamenti occorre utilizzare:
• il modello F24, per le imposte sui redditi, le relative imposte sostitutive, l’IVA, l’IRAP, le ritenute e, obbligatoriamente dal 1° gennaio 2017, per le imposte autoliquidate per le successioni;
• il modello F24 con elementi identificativi (cd ELIDE), per l’imposta di registro sulle locazioni e sugli affitti di beni immobili;
• il modello F23, per gli altri tributi indiretti.

Gli interessi devono essere indicati utilizzando gli appositi codici tributo. Quelli sulle ritenute vanno invece versati dai sostituti d’imposta sommandoli al tributo.

Anche per le sanzioni sono stati previsti appositi codici da riportare sul modello di versamento.

Non è consentito pagare a rate le somme dovute per effetto del ravvedimento. E’, invece, possibile effettuare la compensazione con eventuali crediti d’imposta vantati per i tributi per i quali è ammessa (per esempio, Irpef, Iva, Ires, ecc. ).

Bando Isi 2018

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L’INAIL in attuazione dell’articolo 11, comma 5 del D. Lgs. 81/2008 s. M. I e dell’articolo 1, commi 862 e seguenti della legge 28 dicembre 2015 n. 208, attraverso la pubblicazione di singoli avvisi pubblici regionali e provinciali, finanzia investimenti da parte delle imprese in materia di salute e sicurezza sul lavoro, destinato anche a chi intende eseguire progetti di bonifica dell’amianto.

Bando Isi 2018

Analisi del bando ISI INAIL con riferimento ai fondi disponibili, i soggetti destinatari, le spese ammissibili e non e l’importo massimo coperto dal finanziamento a fondo perduto.

L’INAIL in attuazione dell’articolo 11, comma 5 del D. Lgs. 81/2008 s. M. I e dell’articolo 1, commi 862 e seguenti della legge 28 dicembre 2015 n. 208, attraverso la pubblicazione di singoli avvisi pubblici regionali e provinciali, finanzia investimenti da parte delle imprese in materia di salute e sicurezza sul lavoro, destinato anche a chi intende eseguire progetti di bonifica dell’amianto.

OBIETTIVI DELL’AVVISO

L’INAIL tramite gli avvisi pubblici ha l’obiettivo di:

·         incentivare le imprese a realizzare progetti per il miglioramento documentato delle condizioni di salute e di sicurezza dei lavoratori;

·         incentivare le micro imprese e le piccole imprese operanti nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli, all’acquisto di nuovi macchinari ed attrezzature di lavoro caratterizzati da soluzioni innovative per abbattere in misura significativa le emissioni inquinanti, ridurre il livello di rumorosità o del rischio infortunistico o di quello derivante dallo svolgimento di operazioni manuali, al fine di soddisfare l’obiettivo del miglioramento del rendimento e della sostenibilità globali dell’azienda agricola mediante una riduzione dei costi di produzione o il miglioramento e la riconversione della produzione, assicurando al tempo stesso un miglioramento delle condizioni di salute e di sicurezza dei lavoratori.

FONDI A DISPOSIZIONE

Tramite l’avviso pubblico ISI 2018, l’INAIL mette a disposizione € 369. 726. 206,00 suddivisi in cinque diversi assi di finanziamento che si differenziano in base ai destinatari:

·         Asse 1 (ISI generalista) € 182. 308. 344,00 ripartiti a loro volta in:

·               – asse 1. 1 € 180. 308. 344,00 per i progetti di investimento;

·               – asse 1. 2 € 2. 000. 000,00 per i progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale;

·         Asse 2 (ISI tematica) € 45. 000. 000,00 per i progetti per la riduzione del rischio da movimentazione manuale di carichi (MMC);

·         Asse 3 (ISI amianto) € 97. 4147. 862,00 per i progetti di bonifica di materiali contenenti amianto;

·         Asse 4 (ISI Micro e Piccole imprese) € 10. 000. 000,00, per i progetti per le piccole e medie imprese operanti in specifici settori dei attività (Ateco 2007 A03. 1 (attività di pesca), C13 (industrie tessili), C14 (confezione di articoli di abbigliamento; confezione di articoli in pelle e pelliccia), C15 (fabbricazione di articoli in pelle e simili);

·         Asse 5 (ISI agricoltura) € 35. 000. 000,00 per i progetti per le micro e piccole imprese operanti nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli così suddivisi:

·                – asse 5. 1 € 30. 000. 000,00 per la generalità delle imprese agricole;

·                – asse 5. 2 € 5. 000. 000,00 riservato ai giovani agricoltori, organizzati anche in forma societaria.

I finanziamenti sono a fondo perduto e vengono assegnati fino ad esaurimento delle risorse finanziarie, in base all’ordine cronologico di ricezione delle domande; il finanziamento inoltre è in conto capitale e viene calcolato sulle spese ritenute ammissibili al netto dell’IVA; per gli Assi 1, compresi i sub assi 1. 1 e 1. 2, 2 e 3 è concesso un finanziamento in conto capitale nella misura del 65% calcolato in base all’importo delle spese ritenute ammissibili. Il finanziamento massimo concesso è pari ad € 130. 000,00 mente quello minimo ammissibile è pari ad € 5. 000,00; nelle imprese fino a 50 dipendenti che presentano progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale (sub Asse 1. 2) non è fissato nessun limite di finanziamento. In riferimento all’Asse 4 invece è concesso un finanziamento in conto capitale della misura del 65% che viene calcolato sull’importo delle spese ritenute ammissibili; il finanziamento massimo erogabile è € 50. 000,00 mentre quello minimo è €2. 000,00.

Per l’Asse 5 compresi anche sub Asse 5. 1 e 5. 2, è concesso un finanziamento in conto capitale nella misura del 40% per i soggetti destinatari dell’Asse 5. 1 (generalità delle imprese agricole) e 50% per i soggetti destinatari dell’Asse 5. 2 (giovani agricoltori) calcolato sull’importo delle spese che vengono ritenute ammissibili e comunque non superiore a € 60. 000,00 e non inferiore ad € 1. 000,00.

SOGGETTI DESTINATARI

In riferimento all’Asse 1, compresi i sub Assi 1. 1 e 1. 2, i soggetti destinatari del bando sono le imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale, iscritte nel registro imprese o all’albo delle imprese artigiane da cui però restano escluse le micro e piccole imprese, anche individuali, che operano nel settore della pesca e tessile-confezione-articoli in pelle e calzature che quindi hanno codici ATECO A. 03. 1 C13,C14 E C15 ma sono escluse anche le micro e piccole imprese, comprese quelle individuali, che operano nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli.

Per l’Asse 2 i soggetti destinatari sono le imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionali iscritte al Registro imprese o all’albo delle imprese artigiane e gli Enti del terzo settore in possesso dei requisiti previsti dal bando. Sono escluse le micro e piccole imprese anche individuali che operano nei settori della pesca e tessile-confezione-articoli in pelle e calzature e quelle che operano nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli.

Per l’Asse 3 i destinatari sono tutte le imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale, iscritte al Registro delle imprese o all’albo delle imprese artigiane escluse le micro e piccole imprese, comprese quelle individuali, che operano nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli.

Per l’Asse 4 i destinatari sono le micro e piccole imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale, iscritte alla Camera di commercio industria, artigianato e agricoltura, in possesso dei requisiti, che operano nel settore della Pesca e tessile-confezionamento-articoli in pelle e calzature.

L’Asse 5 si riferisce solo ed esclusivamente alle micro e piccole imprese operanti nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli, iscritte nella sezione speciale del Registro imprese o nell’albo delle società cooperative di lavoro agricolo, in possesso dei requisiti previsti dall’avviso pubblico  ma anche della qualifica di imprenditore agricolo sulla base dell’articolo 2135 del codice civile (è imprenditore agricolo colui che svolge una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali ed attività connesse) e titolari di partita IVA in campo agricolo, qualificate come:

·         impresa individuale;

·         società agricola;

·         società cooperativa.

Le imprese destinatarie dell’Asse 5. 2 (giovani agricoltori) devono avere al loro interno la presenza di giovani agricoltori come indicato dall’avviso.

PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE

Le domande possono essere presentate in modalità telematica a partire dall’undici aprile e fino alle ore 18:00 del 302 maggio 2019, tramite le seguenti fasi:

·         accesso alla procedura online e compilazione della domanda;

·         invio della domanda online;

·         conferma della domanda online tramite l’invio della documentazione a completamento della procedura.

All’interno del sito INAIL le imprese avranno a disposizione un’apposita procedura informatica che consentirà loro, tramite un percorso guidato, di inserire la domanda.

SPESE FINANZIABILI

Le spese finanziabili sono le seguenti:

·         macchinari ed attrezzature, dispositivi vari (nuovi di fabbrica) come ad esempio piattaforma aeree, carrelli, elevatori, movimentatori e sollevatori telescopici (muletti, merli, ragni, gru leggere, gru a struttura limitata), robot/robot collaborativi, sistemi automatici di alimentazione;

·         impianti di aspirazione e captazione gas, fumi, nebbie, vapori o polveri;

·         rimozione eternit (smaltimento amianto);

·         pavimentazione (antiscivolo, antisdrucciolo);

·         trattori agricoli e macchine agricole forestali.

Vengono ammesse al finanziamento le spese direttamente necessarie alla realizzazione del progetto, le eventuali spese accessorie o strumentali funzionali alla realizzazione dello stesso ed indispensabili per la sua completezza e le eventuali spese tecniche; le spese devono essere sostenute dall’impresa richiedente i cui lavoratori e/o il titolare beneficiano dell’intervento e devono essere documentate. Le spese ammesse a finanziamento, devono essere riferite a progetti non realizzati e non i corso di realizzazione alla data del 30 maggio 2019.

SPESE NON FINANZIABILI

Le spese che non sono ammesse al finanziamento sono:

·         acquisto di beni usati;

·         automezzi e mezzi di trasporto su strada, aeromobili, imbarcazioni e simili;

·         impianti per l’abbattimento di emissioni o rilasci nocivi all’esterno degli ambienti di lavoro o altre misure mirate alla salvaguardia dell’ambiente;

·         hardware, software e sistemi di protezione informatica fatta eccezione per quelli dedicati all’esclusivo ed essenziale funzionamento di sistemi utilizzati ai fini del miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza;

·         Mobili ed arredi;

·         interventi che saranno realizzati in locali diversi da quelli nei quali viene esercitata l’attività lavorativa al momento della presentazione della domanda;

·         attività svolta dal personale dipendente dell’impresa richiedente;

·         progetti già realizzati o in corso di realizzazione alla data di comunicazione di ammissione al contributo;

·         manutenzione ordinaria degli ambienti di lavoro, attrezzature, macchine e mezzi d’opera;

·         acquisto tramite locazione finanziaria (leasing);

·         smaltimento esclusivo dell’amianto (lo smaltimento viene ammesso solo nel caso in cui l’intervento rientra in un progetto complessivo volto al miglioramento delle condizioni di salute dei lavoratori dell’azienda nella quale è compresa la rimozione dell’amianto come coperture, coibentazioni;

·         acquisto di macchinari o apprestamenti necessari per l’erogazione di un servizio o per la produzione di un bene, di cui l’impresa non dispone ma che deve possedere per poter svolgere la propria attività aziendale;

·         ogni altra spesa che non viene riferita ai progetti.

Le domande possono essere a partire dall’undici aprile e fino alle ore 18:00 del 30 maggio 2019.

Welfare aziendale: benefici economici per azienda e lavoratore

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Per welfare aziendale si intende la gestione integrata di tutte le iniziative con le quali una azienda si fa carico dei bisogni dei propri dipendenti e dei loro familiari, concedendo benefit e agevolazioni sotto forma di beni e servizi. è uno strumento di remunerazione “alternativo” che comporta un beneficio economico sia per le aziende che per i dipendenti.

Per welfare aziendale si intende la gestione integrata di tutte le iniziative con le quali una azienda si fa carico dei bisogni dei propri dipendenti e dei loro familiari, concedendo benefit e agevolazioni sotto forma di beni e servizi. è uno strumento di remunerazione “alternativo” che comporta un beneficio economico sia per le aziende che per i dipendenti.

 

I requisiti del welfare

Per poter beneficiare dei vantaggi fiscali e contributivi le opere e i servizi devono essere riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o accordo o regolamento aziendale ed essere offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie degli stessi.

Qual è il paniere di beni a cui si riferisce?

Il paniere di beni riconducibile al welfare aziendale (art. 52 del DPR n° 917 del 1986) corrisponde alle esclusioni riferite all’art. 51 del DPR n° 917 del 1986, comma 1: Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

 

AREA

SERVIZI

VINCOLI E LIMITI DI SPESA

Scuola e Istruzione

Asili nido, servizi di mensa, ludoteche, centri estivi ed invernali, borse di studio, testi scolastici

Erogati direttamente dall’azienda o tramite strutture esterne, ammesso rimborso di spese documentate, nessun limite di spesa

Assistenza famigliari anziani e non autosufficienti

Assistenza domiciliare, case di cura, badanti, infermieri, ecc.

Erogati direttamente dall’azienda o tramite strutture esterne, ammesso rimborso di spese documentate, nessun limite di spesa

Mutui e finanziamenti

Rimborso interessi di mutuo

Nessun limite di spesa, nel rispetto della normativa vigente

Sociale ricreativo culturale educativo

Corsi di lingue, abbonamenti e teatro, palestre, pellegrinaggi, visite mediche specialistiche, ecc.

Erogati direttamente o pagati dall’azienda (interamente deducibile se in forza di accordo negoziale), nessun limite per dipendente

Assistenza sanitaria e previdenziale complementare

Assicurazione sanitaria integrativa, fondi di previdenza complementare

€3. 615,00 annui, €5. 164,57 annui, limiti superabili se alternativo a premio di produttività

Polizze e servizi assicurativi

Long Term Care, polizza indennizzo per gravi malattie

Contributi o premi assicurativi, nessun limite

Altri servizi e fringe benefits

Ticket mensa, trasporto collettivo, fringe benefits (es. Buoni spesa), convenzioni

€5,90/gg o €7,00/g se elettronico, nessun limitte, €258,23 annui, nessun limite

 

Perché un piano di welfare?

I principali obiettivi del welfare aziendale sono:

·        ottenere un risparmio di oneri contributivi e fiscali per l’azienda e per il lavoratore;

·        favorire il benessere e la motivazione dei propri dipendenti garantendogli un miglioramento delle condizioni di vita;

·        aumentare la produttività e l’efficienza;

·        valorizzare l’immagine e la reputazione aziendale;

·        attrarre e trattenere i lavoratori migliori, rendendo appetibile l’azienda e rafforzando il loro senso di appartenenza.

Le aziende hanno la possibilità di aumentare le retribuzioni reali, offrendo beni e servizi, senza accrescere il costo del lavoro (risparmio di circa il 30 % dei contributi). Per alcuni dei servizi offerti sono previste agevolazioni fiscali in termini di deducibilità dei costi sostenuti. Il lavoratore ha la possibilità di acquisire beni e servizi il cui costo è sostenuto in parte o integralmente dall’azienda, percependo il 100% del valore degli stessi.

Benefici economici per l’azienda

L’azienda che concede beni e servizi sottoforma di benefit e agevolazioni ai propri dipendenti deduce i relativi costi dal reddito d’impresa (art. 95 c. 1 TUIR – spese per prestazioni di lavoro). Le spese per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria, culto sono deducibili, invece, nel limite del 5‰ del costo del lavoro se sostenute volontariamente o integralmente se in attuazione di un vincolo di natura negoziale. Inoltre, i flexible benefit non concorrendo alla formazione del reddito di lavoro dipendente non sono assoggettati a contribuzione.

Benefici economici per il lavoratore

Il valore dei beni e dei servizi ricevuti dal lavoratore non concorre, o concorre parzialmente, alla formazione del reddito di lavoro dipendente. Di conseguenza, non concorrendo alla formazione del reddito di lavoro dipendente non sono assoggettati a contribuzione.

 

Misuratore Fiscale : tax credit fino al 50% della spesa

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In data 28 Febbraio 2019  la Direzione dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il Provvedimento n. 49842/2019 che disciplina le modalità di fruizione del tax credit relativo all’acquisto o all’adeguamento dei misuratori fiscali (registratori telematici per la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri).

In data 28 Febbraio 2019  la Direzione dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il Provvedimento n. 49842/2019 che disciplina le modalità di fruizione del tax credit relativo all’acquisto o all’adeguamento dei misuratori fiscali (registratori telematici per la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri).

Come ottenere ed ammontare del tax credit (o credito d’imposta)

Il  tax credit di  cui  all’articolo  2,  comma  6-quinquies,  del  decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, spettante in relazione alle spese sostenute negli anni 2019 e 2020 per l’acquisto o l’adattamento degli strumenti utilizzati per la memorizzazione   elettronica   e   la   trasmissione   telematica   dei   corrispettivi giornalieri (misuratori o registratori fiscali), è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Il credito d’imposta ammonta al 50 per cento della spesa sostenuta fino a un massimo di 250 euro in caso di acquisto e di 50 euro in caso di adattamento, per ogni strumento, è utilizzato a decorrere dalla prima liquidazione periodica dell’IVA successiva al mese in cui è registrata la fattura relativa all’acquisto o all’adattamento degli strumenti e sia stato pagato, con modalità tracciabile, il relativo corrispettivo.

Esempio:

Caso I Liquidazione periodica Iva Mensile, un panificio in forma di Srl compra (acquisto) misuratore fiscale per euro pari a 1. 000 oltre Iva  il 05. 03. 2019, potrà utilizzare il tax credit di euro 250, nell’F24 della liquidazione Iva in scadenza il 16. 04.

Caso II Liquidazione periodica Iva Trimestrale, un panificio in forma di Srl compra (acquisto) misuratore fiscale per euro pari a 1. 000 oltre Iva  il 05. 03. 2019, potrà utilizzare il tax credit di euro 250, nell’F24 della liquidazione Iva in scadenza il 16. 05.

Adempimenti formali in dichiarazione dei redditi ed uso del modello F24

Il credito è indicato nella dichiarazione dei redditi dell’anno d’imposta in cui è stata sostenuta la spesa e nella dichiarazione degli anni d’imposta successivi, fino a quando se ne conclude l’utilizzo.

Ai sensi dell’articolo 37, comma 49-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 e successive modificazioni,  ai  fini  dell’utilizzo  in  compensazione del  credito  d’imposta,  i soggetti  titolari  di  partita  IVA  sono  tenuti  a  presentare  il   modello  F24 esclusivamente tramite i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate.

L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 33/E del 1 Marzo 2019 ha stato istituito il codice tributo per l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del credito di imposta  e denominato “6899” “(Credito d’imposta per l’acquisto o l’adattamento degli strumenti mediante i quali sono effettuate la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri – articolo 2, comma 6-quinquies, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127”. )  In sede di compilazione del modello F24, il suddetto codice tributo è esposto nella  sezione “Erario”, nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”. Il campo “anno di riferimento” è valorizzato con l’anno di sostenimento della spesa, nel formato “AAAA”.

Come pagare il fornitore

Il pagamento della fattura di acquisto del misuratore fiscale deve essere effettuato con modalità tracciabile, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. N. 73203 del 4 aprile 2018 disciplina tali strumenti:  assegni, bancari e postali, circolari e non, vaglia cambiari e postali, nonché, a titolo esemplificativo, addebito diretto, bonifico bancario o postale, bollettino postale, carte di debito, di credito, prepagate, ovvero altri strumenti di pagamento elettronico disponibili, che consentano anche l’addebito in conto corrente.

Comunicazione telematica dei corrispettivi

L’Agenzia delle Entrate riconoscere il tax credit (di modesta entità) per giustificare il cambio dei misuratori vecchi con quelli che consentono l’invio telematico dei dati come da norma, infatti, l’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, i soggetti che effettuano le operazioni di cui all’articolo 22 del D. P. R. 26 ottobre 1972, n. 633 (esercenti attività di commercio al minuto e assimilate), debbano memorizzare elettronicamente e trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri. L’applicazione di tale disposizione è anticipata al 1° luglio 2019 per gli esercenti con un volume d’affari superiore a 400 mila euro.

Scadenze fiscali al 30.04.2019 con due importanti proroghe

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La scadenza del modello CU del 7 marzo 2019 riguarda esclusivamente i redditi lavoratori dipendenti. Potranno essere trasmesse con il modello 770 le certificazioni uniche dei lavoratori autonomi e che non rientrano nel modello 730 precompilato.  Altra data importante è quella del 18 marzo 2019, termine per il versamento del saldo IVA ma anche per il pagamento della tassa di vidimazione dei libri sociali.

La scadenza del modello CU del 7 marzo 2019 riguarda esclusivamente i redditi lavoratori dipendenti. Potranno essere trasmesse con il modello 770 le certificazioni uniche dei lavoratori autonomi e che non rientrano nel modello 730 precompilato.

Altra data importante è quella del 18 marzo 2019, termine per il versamento del saldo IVA ma anche per il pagamento della tassa di vidimazione dei libri sociali.

Non bisognerà inviare l’esterometro del mese di febbraio la cui scadenza, che sarebbe stata fissata alla fine del mese, è stata oggetto di proroga al 30 aprile 2019 (anche per i dati delle fatture del mese di gennaio).

Ma facciamo ora il punto di tutte le scadenze fiscali di marzo 2019, con l’elenco completo di tasse e imposte da versare nonché delle comunicazioni e degli adempimenti previsti per imprese, professionisti e società.

Scadenze fiscali 7 marzo 2019: invio certificazione unica (CU 2019)

Sarà la scadenza per l’invio della certificazione unica il primo appuntamento di marzo 2019. Entro il 7 marzo sarà necessario trasmettere all’Agenzia delle Entrate il modello di CU 2019 contenente i dati dei redditi relativi all’anno d’imposta 2018.

Si ricorda che la scadenza per l’invio telematico delle CU 2019 con i compensi erogati a lavoratori autonomi è fissata al 31 ottobre,termine ultimo per la trasmissione del modello 770/2018.

Ulteriore data da ricordare sarà inoltre quella del 1° aprile 2019, termine ultimo per la consegna della certificazione unica al percipiente.

Scadenze fiscali 18 marzo 2019: versamento saldo IVA

Da segnare in rosso sul calendario è la scadenza del 18 marzo 2019, termine per il versamento del saldo IVA emerso dalla dichiarazione annuale.

Il versamento dovrà essere utilizzato mediante il modello F24 utilizzando il codice tributo 6099 – “Versamento Iva sulla base della dichiarazione annuale”

Il saldo IVA 2019 potrà essere versato anche beneficiando della rateizzazione fino a 9 rate entro novembre: l’importo dell’imposta a debito dovrà essere maggiorato dello 0,33% al mese per ognuna delle rate successive alla prima.

I contribuenti hanno inoltre la possibilità di differire il versamento Iva alla data di scadenza per il pagamento delle imposte sui redditi, ovvero al 30 giugno 2019: in questo caso l’importo dovuto dovrà essere maggiorato dello 0,40% per ogni mese o frazione di esso successivo alla scadenza del saldo Iva del 18 marzo 2019.

Il termine di presentazione della stessa rimane invariato al 30. 04. 2019.

Scadenze fiscali 18 marzo 2019: tassa vidimazione libri sociali

Sempre entro la scadenza del 18 marzo 2019 sarà necessario effettuare il versamento della tassa di vidimazione dei libri sociali.

I soggetti interessati alla scadenza sono le società di capitali, per le quali è previsto l’obbligo di versamento di un importo commisurato al capitale sociale e così stabilito:

euro 309,87 se il capitale sociale è inferiore o uguale ad euro 516. 456,90;
euro 516,46 se il capitale sociale è maggiore ad euro 516. 456,90.

In caso di variazione del capitale dopo il 1° gennaio, l’importo della tassa di vidimazione dei libri sociali varia soltanto a partire dal periodo d’imposta successivo.

Scadenze fiscali 18 marzo 2019: adempimenti periodici IVA, INPS e Irpef
Agli adempimenti di cui sopra si unisce anche la scadenza di quelli periodici, prevista sempre il 18 marzo 2019, che riguarda i contribuenti titolari di partita IVA.

Per quanto riguarda Irpef e adempimenti Inps, il 18 marzo 2019 dovrà essere effettuato il versamento delle ritenute alla fonte e dei contributi Inps relativi al mese di febbraio 2019.

Il versamento Irpef riguarda le ritenute alla fonte operate su:

redditi di lavoro dipendente e assimilati corrisposti nel mese precedente. Oltre alle ritenute il sostituto d’imposta deve versare anche le addizionali comunali e regionali;
redditi di lavoro autonomo corrisposti nel mese precedente, provvigioni per rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione e di rappresentanza corrisposte nel mese precedente. Il codice tributo da utilizzare in questo caso è 1040 con periodo di competenza 02/2019.

I contributi Inps dovuti dal datore di lavoro e relativi alle retribuzioni erogate nel mese di febbraio 2019 potranno essere pagati con lo stesso modello F24.

I contribuenti con liquidazione Iva mensile dovranno versare l’imposta dovuta per il mese di febbraio 2019 utilizzando il modello F24 e il codice tributo 6002.

Ricordiamo inoltre che la scadenza del 18 marzo è anche quella entro la quale i contribuenti con liquidazione IVA mensile dovranno emettere le fatture elettroniche relative alle operazioni del mese di febbraio, beneficiando della disapplicazione delle sanzioni.  

Riportiamo inoltre di seguito il quadro aggiornato delle scadenze fiscali prorogate:

comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA (LIPE) relativa al quarto trimestre 2018: il nuovo termine è fissato al 10. 04. 2019;
comunicazioni dati fatture (cosiddetto spesometro): il nuovo termine è stato fissato al 30. 04. 2019;
comunicazioni dei dati relativi alle operazioni effettuate nei confronti di soggetti non stabiliti in Italia dei mesi di gennaio e febbraio 2019 (cioè il famigerato “esterometro”): il nuovo termine è stato fissato al 30. 04. 2019;
vendite a distanza di telefoni cellulari, console da gioco, tablet PC e Laptop: il nuovo termine per il versamento dell’IVA slitta al 16. 05. 2019, i dati relativi alle operazioni dei mesi di marzo e aprile 2019 dovranno, essere comunicati al Fisco entro il 31. 05. 2019

Hotel, Alberghi e B&B: credito di imposta per le spese di riqualificazione

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Hotel, Alberghi e B&B: credito di imposta per le spese di riqualificazione

Tax credit fino al 65% di euro 200. 000 per hotel, alberghi e B&B che investono o sostengono spese

La Legge di Bilancio 2017 ha prorogato, per gli anni 2017 – 2020, il credito d’imposta previsto per la riqualificazione delle strutture ricettive (hotel, alberghi, B&B. ), portandolo al 65% delle relative spese sostenute fino ad un massimo di euro 200. 000 e riconoscendolo inoltre anche alle imprese esercenti attività agrituristica (art. 1, co. 4, 5, 6, 7, Legge di Bilancio 2017).

Dalle ore 10:00 del 3 aprile 2019 fino alle ore 16:00 del 4 aprile 2019 le strutture turistico ricettive (hotel, alberghi, B&B, etc. ) potranno chiedere il tax credit, credito d’imposta del 65% per la riqualificazione della struttura previsto dal Decreto Cultura del 2014 e prorogato dalla Legge di Bilancio 2017: si tratta di una sorta di domanda preliminare, che si può presentare fino alle ore 16. 00 del 21 marzo 2019, e che dovrà poi essere confermata nel corso dei successivi click day, dalle ore 10:00 del 3 aprile 2019 fino alle ore 16:00 del 4 aprile 2019. Il ministero dei Beni Culturali mette a disposizione, online, una Guida al Tax credit per la riqualificazione delle strutture ricettive. Vediamone gli aspetti fondamentali.

Il credito d’imposta è regolamentato dall’articolo 10 del decreto legge 83/2014, e reso operativo dal decreto ministeriale del 7 maggio 2015. Consiste in un credito d’imposta del 65% sulle spese di ristrutturazione, fino a un massimo di 200. 000 euro. E’ destinato ad alberghi, villaggi albergo, residenze turistico-alberghiere, alberghi diffusi, hotel, B&B, eventuali altre strutture alberghiere individuate da regolamenti regionali, già esistenti alla data del primo gennaio 2012 ed anche dalle strutture che svolgono attività agrituristica, come definita dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96, e dalle pertinenti norme regionali.

Le spese devono essere sostenute dal primo gennaio 2014 al 31 dicembre 2020. Sono ammissibili le seguenti spese e interventi:

Riqualificazione edilizia: manutenzione straordinaria (articolo 3, comma 1, lettera b, Dpr 380/2001), quindi modifiche alle parti anche strutturali degli edifici, ai servizi igienico sanitari, frazionamento o accorpamento unità immobiliari (che non devono modificare la volumetria complessiva dell’edificio e l’originaria destinazione d’uso); restauro conservativo (articolo 3, comma 1, lettera c, Dpr 380/2001), quindi consolidamento, ripristino e rinnovo elementi costitutivi edificio, inserimento elementi accessori, eliminazione di quelli estranei all’organismo edilizio; riqualificazione edilizia (articolo 3, comma 1, lettera d dello stesso Dpr), quindi ripristino o sostituzione elementi costitutivi dell’edificio, eliminazione, modifica o inserimento di nuovi elementi ed impianti, compresi gli interventi di demolizione.

 

Acquisto mobili e componenti d’arredo destinati esclusivamente alla struttura alberghiera

Eliminazione barriere architettoniche.

Incremento efficienza energetica.

Le spese devono essere certificate da attestazione di un soggetto autorizzato (presidente del collegio sindacale, revisore legale, commercialista, perito commerciale, consulente del lavoro centro assistenza fiscale), mentre non c’è bisogno di allegare alla domanda la documentazione contabile.

 

Il tax credit

Ogni singola voce di spesa può essere agevolabile al 100%, il credito d’imposta come detto è pari al 65%, con un tetto a 200. 000 euro in tre anni va ripartito in tre quote annuali di pari importo, è utilizzabile esclusivamente in compensazione. Può essere utilizzato entro dieci anni, nel modello UNICO è previsto un apposito spazio dedicato a questo beneficio. Il beneficio non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali.

 

La domanda online

Va presentata attraverso il Portale dei Procedimenti del ministero dei Beni Culturali, al quale è necessario iscriversi (è disponibile una forma semplificata per il tax credit). Effettuata l’autenticazione (arriva la comunicazione tramite e-mail), si utilizza il proprio codice di accesso per arrivare al menù principale, dal quale si può attivare una pratica relativa al Tax Credit Riqualificazione.

Il credito d’imposta è riconosciuto per le spese relative ad interventi di ristrutturazione edilizia e alla riqualificazione energetica o antisismica, ed è ripartito in due quote annuali di pari importo e può essere utilizzato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati, nel limite massimo di 60 milioni di euro nell’anno 2018, di 120 milioni di euro nell’anno 2019 e di 60 milioni di euro nell’anno 2020.

Il beneficio viene quindi concesso in relazione alla riqualificazione della struttura e rispetto all’anno precedente è fissato nella misura del 65% per gli anni dal 2017 al 2020.

Viene inoltre riconosciuto anche per le imprese esercenti attività agrituristica, ossia per le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli, attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali.

Buoni pasto e deducibilità ai fini delle imposte dirette

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Il buono pasto è un mezzo sostitutivo di pagamento dal valore compreso tra i €2 e i €10 utilizzabile esclusivamente per acquistare un pasto o dei prodotti alimentari. è considerato dalla legge un servizio alternativo alla mensa per il personale nonostante spetti anche ai lavoratori subordinati part-time.

Buoni pasto e deducibilità ai fini delle imposte dirette.

La normativa sui buoni pasto è di recente cambiata con il Decreto Ministero dello Sviluppo Economico n. 122/2017 (Decreto MISE). Complessa è la disciplina fiscale riferita alle imposte dirette.

Il buono pasto è un mezzo sostitutivo di pagamento dal valore compreso tra i €2 e i €10 utilizzabile esclusivamente per acquistare un pasto o dei prodotti alimentari. è considerato dalla legge un servizio alternativo alla mensa per il personale nonostante spetti anche ai lavoratori subordinati part-time.

 

A chi spettano i buoni pasto?

Possono essere corrisposti da imprese pubbliche e private, da professionisti e da imprenditori individuali ai lavoratori subordinati, a tempo pieno o parziale e a chi ha instaurato un rapporto di collaborazione (come i co. Co. Co. ). I datori di lavoro sono obbligati ad erogarli solo nei casi in cui sono previsti dai contratti collettivi, dalla contrattazione di secondo livello o individuale, e quando il dipendente durante la pausa lavoro non abbia il tempo di raggiungere l’abitazione prima che termini la pausa (sentenza della Cassazione n. 22702/2014).

I buoni sono utilizzabili solo dal titolare, non sono cedibili né commercializzabili né convertibili in denaro. Infatti, si possono utilizzare solo per l’intero valore facciale senza ricevere il resto in denaro.

 

Novità apportate dal Decreto MISE.

A partire dal 10 settembre 2017, grazie al Decreto Ministero dello Sviluppo Economico n. 122/2017, sono state apportate alcune modifiche in materia di buoni pasto. è ora possibile utilizzare i buoni pasto non solo al ristorante o al supermercato, ma anche in agriturismi e in esercizi che vendono prodotti locali. Come per tutte le cose vi è, anche in questo caso, un graduale passaggio dai buoni cartacei ai buoni elettronici con aumento della fascia di esenzione da €5. 29 a €7 per il datore che li eroga in formato elettronico. Inoltre, a seguito di tale decreto possono essere utilizzati esclusivamente dal lavoratore, durante l’orario di lavoro e fino a un cumulo di 8 buoni per singola spesa.

 

Deducibilità ai fini delle imposte dirette (Irpef e Ires).

Per quanto concerne le imposte dirette, il datore di lavoro può dedurre i costi dei buoni pasto al 100% essendo riconducibili alla voce di costo di Bilancio inerente i costi per prestazioni di servizi riguardanti il personale (voce B/ del Conto Economico). Le ditte individuali e i lavoratori autonomi generalmente considerati possono dedurre fino al 75% di tali spese sostenute. Per i liberi professionisti il limite del 75% non deve superare però il 2% del fatturato.

Per evitare che la deducibilità del costo dei buoni pasto venga contestata in fase di accertamento, si consiglia comunque di farsi rilasciare la fattura per ogni pasto consumato.

Per il lavoratore, invece, la tassazione cambia a seconda che si tratti di buoni cartacei o elettronici.

L’articolo 51, comma 2 del TUIR stabilisce che i buoni cartacei non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente se l’importo complessivo giornaliero non supera i €5,90; questo significa che soltanto l’eccedenza concorre alla determinazione del reddito imponibile fiscale e quindi è soggetta a Irpef.

La legge di stabilità 2015 ha elevato, a partire dal 01/07/2015, la soglia di esenzione dal reddito a €7 giornalieri per i buoni pasto erogati in formato elettronico. Anche in questo caso, solo l’eccedenza è soggetta a tassazione. La detassazione e decontribuzione nasce sempre dal fatto che dietro l’erogazione del buono pasto si cela sempre un servizio di mensa.

Per ricevere assistenza sulla materia esaminata in questo articolo al n. 800. 19. 27. 52 contattate direttamente l’autrice

Cedolare secca anche sul reddito da locazione di immobili ad uso commerciale.

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L’articolo 1 comma 59 della Legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha la finalità di favorire la locazione di immobili ad uso commerciale estendendo a tale tipologia di immobili l’opzione della cedolare secca.

Cedolare secca anche sul reddito da locazione di immobili ad uso commerciale.

Legge di Bilancio 2019: Dal 1° gennaio 2019 è possibile usufruire del regime fiscale agevolato della cedolare secca anche per le locazioni di immobili commerciali.

L’articolo 1 comma 59 della Legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha la finalità di favorire la locazione di immobili ad uso commerciale estendendo a tale tipologia di immobili l’opzione della cedolare secca.

 

Cosa si intende con “cedolare secca”?

La cedolare secca è un regime fiscale facoltativo e agevolato che ha sempre interessato i redditi derivanti da locazioni di immobili ad uso abitativo tra soggetti privati. è definito un regime agevolato in quanto prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, nonché l’esonero dal pagamento dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo, dovute in genere per registrazioni, risoluzioni e proroghe di contratti di locazione.

L’imposta sostitutiva si calcola in genere applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito.

In alcuni comuni è prevista un’aliquota ridotta pari al 15% del canone annuo (D. L. 102/2013). Più precisamente, si tratta dei comuni con carenze di disponibilità abitative indicati nell’art. 1, lett a) e b) del D. L. 551/1988, di quelli ad alta tensione abitativa indicati dal Cipe e inoltre, dei comuni per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza a causa di eventi calamitosi, nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto (28 maggio 2014).

L’imposta sostitutiva calcolata con aliquota pari al 10 % si riferisce invece ad affitti di abitazioni con contratto a canone concordato. Si tratta di contratti secondo cui il proprietario di casa non può scegliere autonomamente l’importo del canone d’affitto, infatti quest’ultimo verrà stabilito in base a una contrattazione tra associazioni degli inquilini e dei proprietari di casa.  

 

 Adesione all’opzione e pagamento della cedolare secca.

Per aderire all’opzione della cedolare secca il contribuente deve compilare l’apposita sezione del modello RLI 2019 cedolare secca, che deve essere presentato per via telematica all’Agenzia delle Entrate utilizzando il software di compilazione dell’Agenzia.

L’esercizio dell’opzione comporta l’applicazione del regime per l’intero periodo di durata del contratto o della proroga; quando avviene negli anni successivi al primo si applica solamente per la durata residua.

Deve essere versata entro lo stesso termine previsto per il versamento dell’Irpef mediante l’F24, modello unificato di pagamento Agenzia delle Entrate che prevede anche la possibilità di compensare l’imposta dovuta con eventuali crediti.

 

Cedolare secca su locazione di immobili ad uso commerciale.

Fino al 31 dicembre 2018 l’opzione della cedolare secca poteva essere esercitata solo per immobili locati a uso abitativo e appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11, ad esclusione della A10 (riferita a uffici o studi privati). Con l’arrivo del 2019 si può optare per la cedolare secca al 21% anche in riferimento alle locazioni di locali commerciali fino a 600mq, di categoria catastale C1 e stipulati nel 2019.  

Più precisamente “tale regime non è applicabile ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora alla data del 15 ottobre 2018 risulti in corso un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale” (art. 1, c. 59 L. 30 dicembre 2018, n. 145).

Quindi, i requisiti che un contratto di locazione di locali commerciali deve possedere per utilizzare il regime della cedolare secca sono i seguenti:

·        Riferirsi a immobili commerciali fino a 600mq;

·        Avere ad oggetto immobili appartenenti alla categoria catastale C1;

·        Essere stato stipulato ex-novo nel 2019, in quanto un eventuale contratto riferito al 2018 si è interrotto per scadenza naturale.

In definitiva, è vietato interrompere la naturale scadenza del contratto in essere nel 2018 per usufruire del regime agevolativo della cedolare secca.

Si precisa che i redditi da locazione degli immobili classificati C/1 concorrono alla formazione del reddito complessivo.

La naspi

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L’articolo 38 della costituzione stabilisce il diritto per il lavoratore ad avere mezzi adeguati alle sue esigenze di vita in caso (tra gli altri) di disoccupazione involontaria; il legislatore prevede quindi una forma di tutela nel caso in cui il lavoratore venga a trovarsi senza lavoro e di conseguenza privo delle fonti di sostentamento per sé e per la sua famiglia.

La naspi

Analisi della Naspi in merito al campo di applicazione, alla  durata, all’importo dell’indennità e come viene calcolata.

L’articolo 38 della costituzione stabilisce il diritto per il lavoratore ad avere mezzi adeguati alle sue esigenze di vita in caso (tra gli altri) di disoccupazione involontaria; il legislatore prevede quindi una forma di tutela nel caso in cui il lavoratore venga a trovarsi senza lavoro e di conseguenza privo delle fonti di sostentamento per sé e per la sua famiglia.

Dal 01. 05. 2018 per effetto del d. Lgs 22/2015 di attuazione del Jobs Act, opera la nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego la cd NASPI, che ha sostituito l’ASPI e la mini Aspi con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatasi dalla predetta data; anche questa forma assicurativa fa capo all’INPS nell’ambito della Gestione delle prestazioni temporanee.

L’ASPI prima e ora la NASPI prendono il posto delle principale indennità per la copertura della perdita economica derivante dalla cessazione del rapporto di lavoro: in particolare la NASPI sostituisce a tutti gli effetti:

·         la disoccupazione ordinaria non agricola a requisiti normali;

·         la disoccupazione ordinaria non agricola a requisiti ridotti;

·         la disoccupazione speciale edile;

·         la mobilità.

IL CAMPO DI APPLICAZIONE

La NASPI interviene nei casi di disoccupazione, cioè di cessazione del rapporto di lavoro, che comporta lo stato di disoccupazione del soggetto interessato: essa interviene in tutti i casi di licenziamento sia individuale, compresi anche i casi di licenziamento disciplinare, che collettivo. La NASPI resta invece esclusa nei casi di licenziamento per volontà del lavoratore (dimissioni volontarie) ad eccezione delle ipotesi di dimissioni per giusta causa e di dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità (da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del bambino).

Sono considerate dimissioni per giusta causa le dimissioni determinate da:

·         mancato pagamento della retribuzione;

·         aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;

·         modifiche che comportano un peggioramento delle condizioni lavorative;

·         dal cd mobbing;

·         dalle rilevanti variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessazione a terzi dell’azienda;

·         dal trasferimento immotivato ( spostamento del lavoratore da una sede all’altra, in assenza di ragioni tecniche, organizzative e produttive);

·         dal comportamento ingiurioso posto in essere nei confronti del lavoratore da parte del suo superiore gerarchico.

La NASPI interviene anche nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro:

·         accettazione da parte del lavoratore licenziato dell’offerta economica cd. Agevolata propostagli dal datore di lavoro;

·         esito positivo della conciliazione obbligatoria prevista in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo;

·         rifiuto del dipendente al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda che però dista più di 50 km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici;

La NASPI si applica alla generalità dei settori produttivi e comprende tutti i lavoratori subordinati sia con un contratto a tempo indeterminato, sia con un contratto a termine compresi gli apprendisti e i soci lavoratori di cooperativa che hanno stabilito con la stessa un rapporto di lavoro in forma subordinata; sono invece esclusi i dipendenti pubblici assunti a tempo indeterminato e gli operai agricoli assunti a tempo determinato od indeterminato che continuano a beneficiare della disoccupazione agricola anche speciale.

I REQUISITI OGGETTIVI E SOGGETTIVI

Per poter accedere alla NASPI ci sono alcuni requisiti importanti che devono essere soddisfatti:

·         stato di disoccupazione involontario che deriva dalla cessazione di un precedente rapporto di lavoro; la presentazione della domanda per la NASPI, equivale alla dichiarazione di immediata disponibilità del lavoratore e viene trasmessa dall’INPS all’ANPAL ai fini dell’inserimento nel Sistema informativo unitario delle politiche del lavoro;

·         almeno 13 settimane di contributi versati nei 4 anni che precedono l’inizio della disoccupazione. Oltre ai contributi obbligatori sono considerati utili anche i contributi figurativi per maternità obbligatoria, per congedo parentale in caso di assenza per malattia dei figli fino agli 8 anni di età nel limite di 5 giorni lavorativi nell’anno solare; non sono considerati utili invece i periodi di malattia o infortunio sul lavoro nel caso in cui non ci sia integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro, CIG e CIGS a zero ore e  periodi di aspettativa per motivi politici o sindacali;

·         almeno 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi che precedono l’inizio della disoccupazione; ci sono però dei casi in cui l’arco dei 30 giorni può essere ampliato come in caso di malattia ed infortunio sul lavoro, CIG CIGS a zero ore, assenza per congedi o permessi 104 , congedo obbligatorio di maternità, congedo parentale periodi di assenza per maternità obbligatoria.

LA MISURA DELL’INDENNITA’

Una volta che si sono verificati i presupposti oggettivi (stato di disoccupazione) e soggettivi (requisito contributivo e lavorativo), la NASPI eroga un’apposita indennità mensile; durante questo periodo al disoccupato spetta la contribuzione figurativa con determinate limitazioni di computo. L’importo dell’indennità su base mensile, varia a seconda che la retribuzione mensile sia inferiore o superiore ad una certa soglia, soggetta a rivalutazione annuale; per il 20190 in particolare è previsto che in caso di retribuzione pari od inferiore a € 1. 221,24 l’importo dell’indennità sarà pari al 75% della retribuzione media mensile, se invece la retribuzione è superiore a 1. 221,24 l’indennità sarà pari al 75% di tale importo più una somma pari al 25% del differenziale  tra la retribuzione media mensile e il predetto importo; in ogni caso l’importo della NASPI non potrà superare € 1. 328,76 al mese. In ogni caso a partire dal 91 giorno l’importo di riduce del 3% ogni mese.

La retribuzione mensile da prendere in considerazione è quella imponibile ai fini previdenziale degli ultimi 4 anni comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicando il risultato per 4,33.

La NASPI generalmente viene corrisposta mensilmente ma il lavoratore avrà la possibilità di scegliere che gli venga erogata in un’unica rata: egli potrà richiedere che il trattamento NASPI spettante e non ancora erogato a titolo di incentivo per l’avvio di un’attività lavorativa o di un’impresa individuale; se però in seguito il lavoratore instaura un rapporto di lavoro prima della scadenza della NASPI è tenuto a restituire per intero l’anticipazione ottenuta.

LA DURATA DELL’INDENNITA’

La durata della NASPI dipende dall’anzianità lavorativa del soggetto interessato ed è pari alla metà delle settimane coperte da contribuzione degli ultimi 4  anni; la durata dell’indennità erogata nell’ambito della NASPI, dipende dalla contribuzione maturata dal lavoratore nei 4 anni che precedono la perdita dell’occupazione, esclusi i periodi contributivi che hanno già dato luogo all’erogazione di prestazioni di disoccupazione: ad esempio un lavoratore che ha lavorato continuativamente per 4 anni ha diritto a due anni di disoccupazione (104 settimane).

LA PROCEDURA E LA DECORRENZA

L’indennità di disoccupazione è concessa su domanda dell’interessato da presentare per via telematica, a pena di decadenza, all’INPS, entro il termine di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro; l’indennità sarà corrisposta:

·         dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro se la domanda viene presentata entro l’ottavo giorno;

·         dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda nel caso in cui questa venga presentata successivamente all’ottavo giorno.

Nel caso in cui venga impugnato il recesso datoriale o in caso di vertenza sindacale, la decorrenza della NASPI può essere anche precedente alla definizione del contenzioso giudiziario, fermo restando la necessità della sua verifica una volta emesso il verdetto definitivo.

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