L’esenzione Iva per le prestazioni sanitarie: L’art. 10, n. 18), del D.P.R. n. 633 del 1972, individua le prestazioni mediche e paramediche esenti: “Sono esenti dall’imposta: (…) 18) le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze (..).”
Sommario
La norma sancisce due presupposti per il diritto all’esenzione Iva:
– il presupposto oggettivo, consistente nella natura di ‘prestazioni sanitarie di diagnosi cura e riabilitazione rese alla persona’. È la finalità terapeutica che determina se una prestazione medica e paramedica debba essere esentata dall’Iva;
– il presupposto soggettivo, ravvisabile nella prestazione resa nell’esercizio delle professioni e delle arti sanitarie soggette a vigilanza ai sensi del Testo unico delle leggi sanitarie.
Ai fini dell’esenzione da Iva, anche le prestazioni estetiche rientrano nell’accezione di “prestazioni sanitarie”, ex articolo 10, Dpr n. 633/1972?
I trattamenti sanitari di medicina estetica
Chiariamo perché spesso sorgono i contenziosi con il fisco sulla natura esente delle prestazioni di medicina estetica.
La medicina estetica non ha esclusivo scopo curativo. Si discute sull’interpretazione di fine terapeutico.
La medicina estetica si divide in:
– prestazioni mediche e paramediche di chirurgia estetica a contenuto meramente cosmetico;
– ed altre finalizzate a trattare o curare persone che, a seguito di una malattia, di un trauma o di un handicap fisico congenito, subiscono disagi psico-fisici e, dunque, sono rivolte alla tutela della salute.
La circolare dell’Agenzia delle Entrate
Il fisco chiarisce, con circolare, quando l’esenzione da imposta è applicabile ai trattamenti medico estetici, fornendo la sua interpretazione di scopo curativo.
Ai sensi della circolare del 28 gennaio 2005, n. 4/E: “Le prestazioni mediche di chirurgia estetica sono esenti da IVA in quanto sono ontologicamente connesse al benessere psico-fisico del soggetto che riceve la prestazione e quindi alla tutela della salute della persona. Si tratta di interventi tesi a riparare inestetismi, sia congeniti sia talvolta dovuti ad eventi pregressi di vario genere (es: malattie tumorali, incidenti stradali, incendi, ecc.), comunque suscettibili di creare disagi psico-fisici alle persone”.
Sono curativi i trattamenti che, sulla base di criteri di valutazione non puramente soggettivi ma sostenuti dal giudizio professionale di personale addetto qualificato, sono finalizzati a diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute.
La giurisprudenza recente
La giurisprudenza nazionale si muove in sintonia con la giurisprudenza fiscale europea, riconoscendo il diritto all’esenzione, di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, n. 18, alle “operazioni di chirurgia estetica” ed i “trattamenti di carattere estetico”, nei limiti in cui abbiano fine terapeutico cioè di trattare o curare persone che, a seguito di una malattia, di un trauma oppure di un handicap fisico congenito, hanno bisogno di un intervento di natura estetica.
Per contro, se il trattamento praticato risponde a scopi puramente cosmetici, anche se reso da personale infermieristico soggetto a vigilanza ai sensi del testo unico delle leggi sanitarie, va escluso il diritto all’esenzione (Cass., Sez. 5, 2 novembre 2005, n. 21272; Cass., Sez. 6-5, 21 giugno 2013, n. 15740; Cass., Sez. 5, 17 luglio 2019, n. 19178).
L’onere di provare la sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi richiesti per godere dell’esenzione di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, n. 18, (relativo a prestazioni mediche e paramediche) grava sul contribuente, con la conseguenza che, se non viene fornita tale prova, i corrispettivi accertati devono ritenersi relativi ad operazioni imponibili (Cass., Sez. 5, 10 dicembre 2008, n. 28946; Cass., Sez. 5, 19 gennaio 2011, n. Cass., Sez. 5, 6 agosto 2014, n. 17656; Cass., Sez. 6-5, 24 giugno 2015, n. 13138; Cass., Sez. 5, 12 ottobre 2018, n. 25440).
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea e il concetto di scopo terapeutico del trattamento estetico
La Corte UE ha precisato che le prestazioni di servizi consistenti in operazioni di chirurgia estetica e in trattamenti di carattere estetico, sono esenti quando:
– rientrano nelle nozioni di “cure mediche” o di “prestazioni mediche (alla persona)” con lo scopo di diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute o di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone;
– le circostanze che tali prestazioni siano fornite o effettuate da un appartenente al corpo medico abilitato, oppure che lo scopo di tali prestazioni sia determinato da un professionista siffatto, sono idonee a influire sulla questione se rientrino nelle nozioni di “cure mediche” o di “prestazioni mediche (alla persona)”;
– le semplici convinzioni soggettive che sorgono nella mente della persona, che si sottopone a un intervento di carattere estetico, non sono determinanti ai fini della valutazione della questione se tale intervento abbia scopo terapeutico.
Pertanto, l’onere di provare la destinazione dei trattamenti di chirurgia estetica alla diagnosi, alla cura o alla guarigione di malattie o problemi di salute, ai fini dell’esenzione da IVA, grava a carico del sanitario che esegue le relative prestazioni.
Conclusioni
Il quadro interpretativo è oramai pacifico, sia per la giurisprudenza europea che nazionale (da ultimo Cassazione n.26906/2022 e CT Rimini 195/2/2022).
Così come è pacifico che sia onere del contribuente/professionista sanitario provare che i trattamenti di chirurgia estetica siano destinati alla diagnosi, alla cura o alla guarigione di malattie o problemi di salute dei pazienti, presupposto necessario per l’esenzione Iva.
Tutte le esenzioni, di regola, devono essere interpretate restrittivamente, dato che costituiscono una deroga al principio generale secondo il quale l’Iva è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata, a titolo oneroso, da un soggetto passivo.
Come fare per avere l’esenzione Iva senza problemi
Il sanitario, in qualità di contribuente, deve produrre e conservare tutta la documentazione (fatture, schede cliniche, eccetera) che consenta di stabilire la finalità terapeutica dei trattamenti rispetto alle patologie diagnosticate (meglio evitare le diagnosi generiche).
Una documentazione incongruente e contraddittoria, dalla quale, a fronte del medesimo trattamento, risulta applicata ora l’esenzione, ora l’Iva, è alla base della maggior parte dei contenziosi con l’Agenzia delle entrate.
La documentazione idonea a dimostrare la sussistenza dei requisiti per l’esenzione deve, invece, dimostrare le ragioni per le quali il trattamento si possa considerare terapeutico, perché è questo il punto nodale decisivo nell’assolvimento dell’onere probatorio.
Se non viene fornita tale prova, i corrispettivi accertati devono ritenersi relativi a operazioni imponibili (Cassazione 25440/2018).