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venerdì 6 Dicembre 2024

Cessione azienda con marchio: IVA o imposta di registro? Guida aggiornata alla tassazione

La Srl Alfa decide di vendere il proprio marchio d’impresa unitamente all’azienda, alla società Beta. Questa operazione è soggetta ad IVA, ad imposta di registro oppure sono dovute entrambe? Individuiamo quindi il corretto trattamento fiscale nei casi in cui il brand sia ceduto insieme all’azienda che ingloba il segno distintivo, fornendo una utile guida per evitare di incorrere in errati versamenti di imposte.  

Il caso

La Srl Alfa decide di vendere il proprio marchio d’impresa unitamente all’azienda, alla società Beta.

Quesito

Questa operazione nella misura in cui comprende anche il trasferimento del bene “marchio” è soggetta ad IVA?

Individuiamo quindi il corretto trattamento fiscale nei casi in cui il brand sia ceduto insieme all’azienda che ingloba il segno distintivo.

Al riguardo, è pacifico che esso, in tale fattispecie, costituisca giuridicamente un bene aziendale di tipo strumentale, più esattamente un “intangible asset” iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale come immobilizzazione immateriale. Occorre quindi verificare se il suo inserimento nell’operazione di cessione determini o meno una deroga all’ordinario sistema di tassazione della cessione d’azienda che, sulla scorta della facoltà riconosciuta agli Stati membri dall’articolo 5, n. 8, della direttiva n. 77/388/Cee, la sottrae ad IVA, assogettandola all’imposta di registro in misura proporzionale.

Analisi fiscale della cessione di marchio con azienda

Ai fini dell’imposizione indiretta, posto il principio di alternatività IVA/Imposta di registro, per inquadrare il corretto trattamento fiscale del trasferimento d’azienda, occorre in primo luogo verificare se tale fattispecie rientri nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b, del D. P. R. N. 633 del 1972, non sono considerate cessioni di beni “le cessioni e i conferimenti in società o altri enti compresi i consorzi e le assicurazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di azienda”.  Pertanto in questo caso è cristallina l’esclusione del negozio traslativo dell’azienda dall’imposta sul valore aggiunto.

Cio premesso, accertiamo se questo principio si applichi altresì al caso di specie in cui ad essere trasferito è anche il marchio.

In passato, la Corte di Cassazione con le sentenze n. 4974 del 1º aprile 2003 e n. 4452 del 26 marzo 2003 aveva stabilito che l’operazione di trasferimento del marchio con l’azienda, sotto il profilo fiscale, generasse una duplice e distinta tassazione cioè applicazione dell’imposta di registro per la cessione di azienda o di un suo ramo e dell’IVA per l’alienazione del marchio, la quale doveva, invece, considerarsi una prestazione di servizio, indipendentemente dalla contestualità o meno delle due operazioni di vendita.

Duplice tassazione (IVA + Imposta di registro) oppure no?

Tale iniziale orientamento (ormai superato) differisce dall’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia UE, nella sentenza 27 novembre 2003, nella causa C497/01 e anche da quanto sostenuto dall’Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano, con la norma di comportamento n. 158, approvata nel mese di novembre 2004, le quali hanno contestato l’interpretazione giurisprudenziale della Suprema Corte, ritenendo più corretto ai fini delle imposte indirette, in caso di cessione di azienda, comprensiva di marchio, escludere quest’ultimo corrispettivo da IVA ed assoggettarlo, in modo unitario al complesso aziendale, ad imposta di registro, in misura proporzionale, in quanto l’operazione di vendita del marchio non è effettuata separatamente dal complesso aziendale.

Alla base di tale indirizzo ermeneutico c’è la prevalenza del principio di unitarietà, per cui la nozione di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di un’universalità totale o parziale di beni deve essere interpretata nel senso che in essa rientri anche il trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa, “compresi” gli elementi materiali ed, eventualmente, immateriali che la compongono.

L’Agenzia delle entrate, pertanto, suffragata anche da una nota resa dall’Avvocatura dello Stato, ha stabilito che la disposizione di cui all’articolo 2, comma 3, del Dpr 633/72, in quanto norma speciale, trova applicazione in tutti i casi in cui si realizza il trasferimento di un’azienda o di un ramo della stessa, a prescindere dai beni che la compongono.

Conclusione

La cessione d’azienda, contestuale a quella del marchio rileva come “assorbente” rispetto a quella del segno distintivo, che deve considerarsi un bene immateriale della stessa azienda e, pertanto, seguire, nella cessione, la sua disciplina fiscale, ragione per la quale lo stesso non si considera produttivo di valore aggiunto.

Non trova dunque applicazione l’ormai vetusto e superato principio che qualificava la cessione unitaria e contestuale dell’azienda e del marchio come un negozio complesso da assoggettare ad un duplice regime di imposizione (cessione dell’azienda all’imposta di registro e la cessione del marchio ad IVA).

Dall’esclusione della rilevanza ai fini IVA consegue che il trasferimento dell’azienda o di rami della stessa (un ramo d’azienda è una universalità di beni, organicamente coordinati, in funzione dello svolgimento di una attività di impresa) debba essere assoggettato all’imposta di registro in misura proporzionale.

La Srl Alfa in conclusione sarà tenuta in solido con la cessionaria società Beta al pagamento dell’imposta di registro da versare telematicamente con il modello F24 Elementi Identificativi”.

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