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mercoledì 2 Ottobre 2024

Redditometro caso: possesso di imbarcazione da diporto con propulsione a motore, autoveicoli, immobili e servizi di collaboratori familiari

Massima – Il c. D. “redditometro” consiste in un sistema di presunzioni legali, nel senso che il contribuente non può contestate il metodo di determinazione del reddito, sindacando la formula matematica utilizzata nel decreto del 1992.

Tanto premesso, per confutare il reddito determinato in conformità ai decreti del Ministero, il contribuente, tramite adeguata prova contraria, può dimostrare che, nel suo specifico caso, le spese di mantenimento del bene sono inferiori rispetto a quelle presunte dal Ministero, e che, di conseguenza, il bene, ai fini della determinazione del reddito, “vale meno”.

Sent. N. 136 del 1° luglio 2011 (ud. Del 25 maggio 2011) della Comm. Trib. Prov. Di Torino, Sez. II – Pres. Premoselli, Rel. Roccella

Massima – Il c. D. “redditometro ” consiste in un sistema  di  presunzioni legali, nel senso che il  contribuente  non  può  contestate  il  metodo  di determinazione del reddito, sindacando la formula matematica utilizzata  nel decreto del 1992. Tanto premesso, per confutare il  reddito  determinato  in conformità ai decreti del Ministero, il contribuente, tramite adeguata prova contraria,  può  dimostrare  che,  nel  suo  specifico  caso,  le  spese  di mantenimento  del  bene  sono  inferiori  rispetto  a  quelle  presunte  dal Ministero, e che, di conseguenza, il bene, ai fini della determinazione  del reddito, “vale meno”.

Fatto e svolgimento del giudizio

1) Con ricorso in data 9/2/2010 S. A. , chiedendone  la  declaratoria  di nullità, l’avviso di accertamento n.   [Omissis],  relativo  all’IRPEF,  anno d’imposta 2005, con il quale l’Ufficio impositore accertava  sinteticamente, ex art. 38 del DPR 600/1973, un maggior reddito imponibile di € 42. 047,00  = in capo al contribuente  in  applicazione  dei  criteri  e  degli  indici  e coefficienti presuntivi di reddito (o di maggior reddito) in relazione  agli elementi indicativi di capacità contributiva previsti dai DD. MM.   10/09/1992 e 19/11/1992.

2)  Gli  elementi  indicativi  del  reddito  erano  stati  forniti   dal contribuente in risposta al questionario inviatogli  dall’ufficio  ed  erano costituiti, per l’annualità in questione, dal possesso  di  imbarcazione  da diporto con  propulsione  a  motore,  autoveicoli,  immobili  e  servizi  di collaboratori familiari.

3) A sostegno della domanda il  contribuente  deduceva,  sostanzialmente che:

– la collaboratrice familiare sarebbe stata assunta  per  occuparsi  dei figli minori del contribuente, uno dei quali invalido al 100% e l’altra  con una grave lesione all’occhio  destro  e,  pertanto,  avrebbe  dovuto  essere esclusa dal computo degli indici di reddito;

– il ricorrente è comproprietario al  50%  con  l’anziana  madre  di  17 appartamenti da cui deriverebbe la maggior parte del reddito dichiarato  dal contribuente,  reddito  quello  degli  immobili  citati   che,   di   fatto, confluirebbe  al  100%  al  contribuente  stesso,  in  quanto   messogli   a disposizione dalla madre stessa in  relazione  alla  particolare  situazione familiare del ricorrente derivante dalle gravi patologie  che  affliggono  i figli e di cui si è detto;

–  uno  degli  immobili  considerati  come  residenze   secondarie   del contribuente sarebbe, anzi, abitato proprio dalla madre del medesimo che  lo avrebbe adibito a propria residenza proprio al  fine  di  poter  accudire  i nipoti;

– l’ufficio sarebbe incorso in un errore di calcolo nella determinazione dell’indice di reddito derivante dal possesso dell’autovettura e non avrebbe tenuto conto, nella determinazione della quota  di  incremento  patrimoniale relativa all’acquisto di una  nuova  imbarcazione  avvenuto  nel  2006,  che l’imbarcazione nuova sarebbe stata oggetto di un contratto di leasing e  che per in funzione dell’acquisto della stessa il  contribuente  aveva  alienato quella di cui era proprietario nel 2005;

– l’ufficio non avrebbe  tenuto  conto  di  un’alienazione  di  immobili avvenute nel 2004, che  avrebbe  consentito  al  contribuente  disponibilità economiche anche per gli anni futuri;

– in definitiva la capacità reddituale del contribuente sarebbe  congrua e coerente con gli indici di reddito in quanto ai redditi propri  dichiarati dal contribuente occorre aggiungere la disponibilità dell’ulteriore 50%  del reddito immobiliare solo formalmente appartenente alla madre,  ma  di  fatto utilizzato dal contribuente.

4) Si costituiva l’ufficio resistente rilevando che:

– la correttezza del conteggio relativo  all’autoveicolo,  immatricolato nel 2002 e per il quale, quindi, l’abbattimento del 10% annuo dell’ammontare degli importi risultanti dall’applicazione del  coefficiente  si  applica  a partire dal terzo successivo a quello di immatricolazione, cioè dal 2005;

–  l’ufficio  ha  tenuto  conto  nei  calcoli  relativi   all’incremento patrimoniale relativo all’acquisto  dell’imbarcazione  del  2006  sia  della presenza del  contratto  di  leasing,  sia  della  cessione  del  precedente natante;

–  che  la  documentazione  versata  in  giudizio   relativamente   alla collaboratrice familiare riguarda un soggetto assunto nell’anno 2009, mentre l’accertamento in questione si riferisce al 2005;

– nessuna  prova  è  stata  fornita  dal  contribuente  in  ordine  alla circostanza  che  il  reddito   immobiliare   dei   17   immobili   di   cui comproprietario con la madre sarebbe nella sua totale disponibilità;

– la cessione immobiliare del 2004  è  stata  considerata  nell’anno  di realizzazione, in quanto  in  assenza  della  stessa  anche  quell’annualità avrebbe dovuto essere oggetto di accertamento.

5) Con ricorso in data  9/2/2010  il  ricorrente  impugnava,  formulando conclusioni identiche  a  quello  e  del  precedente  ricorso,  l’avviso  di accertamento n. [Omissis], relativo  allo  stesso  tributo,  anno  d’imposta 2006, con il quale l’Ufficio accertava per l’annualità un maggior imponibile di € 38. 567,00=

6) I motivi dell’avviso di accertamento erano analoghi a quelli relativi all’anno precedente, analoghi gli indici di reddito utilizzati dall’ufficio, con la sola differenza che nell’annualità  2005  scompariva  il  riferimento alla  collaboratrice  domestica   e   compariva   la   voce   assicurazioni, evidentemente dimenticata dall’ufficio  nell’anno  precedente.   Identiche  a quelle relative all’annualità precedente i motivi di ricorso ed identiche le difese dell’ufficio.

7) I due giudizi subivano rinvii richiesti dalle parti per esaminare  la possibilità di addivenire ad una  conciliazione  giudiziale  e,  in  ultimo, venivano chiamati all’udienza del 25/5/2011  in  occasione  della  quale  si procedeva  alla  riunione  dei  ricorsi,  stante  l’identità  soggettiva  ed oggettiva delle due controversie.

Motivi

Ritiene questa Commissione di dover premettere alcune osservazioni di carattere  generali  prima  di  esaminare  il  merito  del procedimento di cui alla presente  decisione.   In  linea  generale  appaiono ragionevoli e condivisibili presupposti da cui muovono gli  accertamenti  di tipo induttivo, qual è quello che ci occupa, basati sulla proprietà/possesso/disponibilità di determinati beni, che costituiscono (o possono costituire) indice di reddito e, quindi, di  capacità  contributiva, posto che detti beni hanno  sicuramente un costo tanto di  acquisizione, quanto di mantenimento, costi che devono, prima, “entrare” nel  reddito  del soggetto per poter, poi, “uscire” per l’acquisizione o il mantenimento  dei beni  stessi.

E  se l’acquisizione  può  anche essere a costo zero (eredità/donazione) altrettanto  non  può  dirsi  per  il  mantenimento  dei medesimi.

In altre parole se il bene indice di reddito è stato  regalato  al contribuente è corretto presumere, fino a prova contraria, che almeno il contribuente se lo mantenga con redditi propri e che, quindi, almeno quello che spende per il medesimo sia un reddito tassabile. Altrettanto vero è che, però, il corretto principio di cui sopra può condurre conseguenze  di  fatto inesatte e, come tali, ingiuste, ma su cui ben difficilmente può intervenire il Giudice Tributario.

E,  più  precisamente: la presunzione che il mantenimento di un determinato bene abbia un certo costo è sicuramente una presunzione semplice (quindi contrastabile dal contribuente con prova contraria),  ma, comunque, legale e, in quanto tale, è opinione che essa non  sia  contestabile  nella metodologia di calcolo, nel senso che il contribuente non può  contestare, proprio in quanto contenuto in un provvedimento avente  natura  legislativa, la formula di calcolo  utilizzata  per  giungere  alla  conclusione  che  il mantenere un  autoveicolo  (piuttosto  che  una  casa, o una  barca o un aeromobile) avente determinate caratteristiche tecniche comporti  un  “costo di  mantenimento” e determini  un  reddito di x Euro  annui, eccependo l’erroneità della formula o la più o meno  arbitrarietà  e/o ragionevolezza dei criteri con cui la stessa è stata costruita.

Ritiene, però, questa  commissione che la natura indiscutibilmente semplice della presunzione consenta di provare che nello specifico caso le spese di mantenimento di quel bene per quell’annualità siano state inferiori a  quelle  legislativamente  presunte  e,  che  quindi, in quell’anno il mantenimento del bene abbia inciso sul reddito del contribuente in  modo inferiore a quello preventivato dal legislatore.

Ritiene  altresì  la Commissione  che, quindi, il dettato letterale dell’art. 38 del DPR 600/1973 debba essere interpretato nel modo più  esteso possibile, e, cioè che al contribuente sia consentito provare non solo, come già osservato prima, che le spese di gestione dei beni indice sono state inferiori al presunto e, quindi, il bene “vale meno” in termini di  capacità reddituale del contribuente, ma che il medesimo ha fruito nell’anno di riferimento di redditi esenti o di redditi soggetti alla ritenuta  d’imposta alla fonte per poter far fronte alle spese (vere/presunte)  legate  alla proprietà/possesso dei beni indice,  ma  anche che le stesse sono state coperte da risorse non aventi natura reddituale (disinvestimenti,  prestiti, lasciti) ovvero da risorse  pregresse  (risparmi  accumulati)  o,  comunque, fiscalmente irrilevanti (risarcimenti).

Opinare diversamente esporrebbe,  ad avviso della Commissione, le norme a vizi di incostituzionalità per violazione del principio di capacità contributiva e di ragionevolezza, oltre che trasformare, di fatto, l’imposta  sul  reddito  (quindi su un fattore dinamico) in una patrimoniale, slegata del tutto  dalla  effettiva  capacità reddituale del soggetto tassato, ma legata unicamente alla semplice proprietà/possesso di determinati beni, piuttosto che di altri.

Ciò premesso la commissione rileva come nella fattispecie il contribuente  non  abbia  in alcun  modo, o  comunque, fondatamente contestato  che  i  singoli   beni utilizzati quali indici di reddito  avessero la valenza  reddituale  annua risultante dalle tabelle utilizzate negli avvisi di  accertamento  impugnati e, quindi, le cifre annue portate nei  calcoli  dell’Ufficio  devono  essere considerate esatte.

 

E, più precisamente:

– per quanto riguarda l’autoveicolo è pacifico, in quanto dichiarato dallo stesso contribuente in  ricorso, che esso sia stato immatricolato nell’anno 2002 e che, pertanto, l’abbattimento del 10% annuo degli importi risultanti dal coefficiente che si attua dal “terzo anno successivo a quello di prima immatricolazione” cominci  a  decorrere  dal  2005, come  indicato dall’ufficio;

– per quanto riguarda la collaboratrice familiare, oggetto di indice  di reddito per il solo anno 2005, non può essere presa in alcuna considerazione la documentazione prodotta dal ricorrente in quanto, da un lato, riguardante un soggetto assunto nel 2009, cioè  quattro  anni dopo quello oggetto di accertamento, dall’altro in quanto costituita da una semplice  denuncia di costituzione di un rapporto di lavoro subordinato domestico, non collegabile in alcun modo alla presunta assistenza al minore disabile, non essendo certo sufficiente ad instaurare tale collegamento la dizione “badante” riportata nel contratto, in quanto tale denominazione è priva di qualsivoglia valenza legale;

– per quanto riguarda il calcolo dell’incremento patrimoniale  derivante dall’acquisto  della  nuova  imbarcazione  avvenuto nel 2006 l’ufficio, contrariamente a quanto sostenuto dal  ricorrente, ha dimostrato di aver tenuto in debito conto sia la cessione del natante di cui il contribuente era precedentemente proprietario, sia la presenza del contratto  di  leasing stipulato dal contribuente per l’acquisizione del bene.

Pertanto queste doglianze del contribuente sono del tutto infondate.

Parimenti infondato è il rilievo relativo alla cessione di un immobile avvenuta nel 2004 in quanto ed alla  presunta rilevanza della stessa sui redditi futuri del contribuente in quanto la cessione della quota (50%) di comproprietà dell’immobile ha consentito al contribuente  di  rientrare nei parametri di reddito per l’anno 2004, mentre non è stata fornita prova alcuna, il cui onere incombeva esclusivamente al ricorrente, di come tale cessione avesse influito positivamente sul reddito per gli anni futuri.

La  difesa fondamentale del contribuente è, comunque, costituita dall’assunto secondo il quale il medesimo disporrebbe per giustificare il tenore di vita derivante dall’applicazione dei coefficienti presuntivi di reddito, anche della quota di spettanza della madre del reddito  immobiliare delle 17 unità immobiliari di cui madre e figlio sono comproprietari, ciascuno per il 50%.

Orbene di tale assunto non vi è prova alcuna.

Pacifica è la circostanza della comproprietà degli immobili al 50% fra i due soggetti, ma non vi è prova che esista un unico nucleo famigliare in cui confluiscano i redditi anche della madre del ricorrente, che, anzi, nella documentazione fiscale versata in atti risulta risiedere in Torino, corso [Omissis] e non già in via [Omissis], non vi è prova alcuna che la quota  di reddito immobiliare di pertinenza della madre sia in un qualche  modo,  come da questi sostenuto, attribuita al figlio, che, però, guarda caso, si limita a dichiarare il reddito derivante dalla sola quota (50%)  di  sua  proprietà degli immobili in questione, né tanto meno vi  è  prova  di  costituzione  a favore del ricorrente di  diritti  reali  di  godimento  degli  immobili  in questione.

In altri termini l’assunto del ricorrente è meramente tale e,  pertanto, non può essere preso in considerazione alcuna.

La non contestata esistenza in capo al contribuente della proprietà  e/o possesso dei beni/servizi costituenti indici di reddito per le annualità  di imposta considerate giustifica e fonda l’accertamento sintetico, ex art.   38 DPR 603/73, operato dall’ufficio, mentre  il  contribuente  non  ha  fornito prova alcuna diretta a  dimostrare  l’esistenza  a  suo  favore  di  redditi tassati alla fonte o esenti o, comunque  e  più  genericamente,  di  risorse economiche (disinvestimenti/rimborsi/risparmi) tali da giustificare  per  le annualità   in   questione   il    reddito    presunto    derivante    dalla proprietà/possesso dei beni/servizi indicati negli  avvisi  di  accertamento impugnati. I ricorsi riuniti devono, quindi, essere respinti.

Le spese seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

La Commissione Tributaria Provinciale di Torino – sez. Ne 2 –

P. Q. M. – Respinge i ricorsi riuniti  con  condanna  al  pagamento  delle spese  di  giudizio  a  favore  dell’Agenzia  delle  Entrate,  liquidate  in complessivi € 1. 650,00=.

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Dott. Alessio Ferretti

Tributarista Qualificato Lapet ai sensi della Legge 4/2013, referente di Networkfiscale.com, Commercialista.it, Commercialista.com, amministratore e consigliere in varie società. Dottore Commercialista ODCEC di Roma nr di iscrizione AA12304

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