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sabato 7 Dicembre 2024

Licenziamento del dirigente

La nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente, per riconnettere alla mancanza di essa il diritto del dipendente licenziato ad un’indennità, si discosta, sia sul piano soggettivo che su quello oggettivo, da quella di giustificato motivo di cui alla legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 3. Sul piano soggettivo, tale asimmetria trova la sua ragion d’essere nel rapporto fiduciario che lega in maniera più o meno penetrante al datore di lavoro il dirigente in ragione delle mansioni a lui affidate per la realizzazione degli obiettivi aziendali, per cui anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante o un’importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro o un comportamento extralavorativo incidente sull’immagine aziendale a causa della posizione rivestita dal dirigente possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura di tale rapporto fiduciario e quindi giustificare il licenziamento sul piano della disciplina contrattuale dello stesso.  

Licenziamento del dirigente Cass. , sez. Lav. , 10 aprile 2012, n. 5671 La nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente, per riconnettere alla mancanza di essa il diritto del dipendente licenziato ad un’indennità, si discosta, sia sul piano soggettivo che su quello oggettivo, da quella di giustificato motivo di cui alla legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 3. Sul piano soggettivo, tale asimmetria trova la sua ragion d’essere nel rapporto fiduciario che lega in maniera più o meno penetrante al datore di lavoro il dirigente in ragione delle mansioni a lui affidate per la realizzazione degli obiettivi aziendali, per cui anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante o un’importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro o un comportamento extralavorativo incidente sull’immagine aziendale a causa della posizione rivestita dal dirigente possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura di tale rapporto fiduciario e quindi giustificare il licenziamento sul piano della disciplina contrattuale dello stesso. Sul piano oggettivo, la concreta posizione assegnata al dirigente nell’articolazione della struttura direttiva dell’azienda può inoltre divenire nel tempo non pienamente adeguata nello sviluppo delle strategie di impresa del datore di lavoro nell’esercizio della sua iniziativa economica e quindi rendere, anche solo per questa minore utilità, giustificata la sua espulsione nel quadro di scelte orientate al miglior posizionamento dell’impresa sul mercato. Anche la nozione di giusta causa legale di licenziamento risente infine – sia pure in misura più contenuta in quanto legata ad una definizione precisa dettata dall’esigenza di tener conto della maggiore gravità delle conseguenze – dell’investimento di fiducia fatto dal datore di lavoro con l’attribuire al dirigente compiti, di volta in volta strategici o comunque di impulso, di direzione e di orientamento nella struttura organizzativa aziendale. In tema di assenza alla visita di controllo, il giustificato motivo di esonero del lavoratore in stato di malattia dall’obbligo di reperibilità a visita domiciliare di controllo ricorre oltre che nel caso di forza maggiore, in ogni situazione che, ancorché non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale del lavoratore, come la concomitanza di visite mediche, prestazioni sanitarie o accertamenti specialistici, purché sia dimostrata l’impossibilità di effettuare tali visite in orario diverso da quello corrispondente alla fasce orarie di reperibilità. Nota – Il giudizio riguarda un dirigente, licenziato per giusta causa (per assenza dal domicilio nelle fasce orarie di disponibilità per le visite di controllo durante la malattia), che ha impugnato il licenziamento anche per il risarcimento danni da mobbing e demansionamento. La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto in parte il ricorso del dirigente, riconoscendo al medesimo il diritto all’indennità di preavviso, avendo escluso la giusta causa di recesso ma non la giustificatezza dello stesso, poiché i fatti posti a base del provvedimento espulsivo, pur non essendo così gravi da impedire la prosecuzione del rapporto per il periodo del preavviso, integravano il giustificato motivo soggettivo di licenziamento. Il datore di lavoro ha proposto ricorso per cassazione, censurando, in particolare, la motivazione della sentenza in merito alla ritenuta insussistenza della giusta causa di licenziamento. La Suprema Corte ha ritenuto infondato detto motivo di impugnazione e, richiamando un principio già espresso con la sentenza n. 11691/2005, ha precisato che: “La nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente, per riconnettere alla mancanza di essa il diritto del dipendente licenziato ad un’indennità, si discosta, sia sul piano soggettivo che su quello oggettivo, da quella di giustificato motivo di cui alla legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 3. Sul piano soggettivo, tale asimmetria trova la sua ragion d’essere nel rapporto fiduciario che lega in maniera più o meno penetrante al datore di lavoro il dirigente in ragione delle mansioni a lui affidate per la realizzazione degli obiettivi aziendali, per cui anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante o un’importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro o un comportamento extralavorativo incidente sull’immagine aziendale a causa della posizione rivestita dal dirigente possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura di tale rapporto fiduciario e quindi giustificare il licenziamento sul piano delle disciplina contrattuale dello stesso. Sul piano oggettivo, la concreta posizione assegnata al dirigente nell’articolazione della struttura direttiva dell’azienda può inoltre divenire nel tempo non pienamente adeguata nello sviluppo delle strategie di impresa del datore di lavoro nell’esercizio della sua iniziativa economica e quindi rendere, anche solo per questa minore utilità, giustificata la sua espulsione nel quadro di scelte orientate al miglior posizionamento dell’impresa sul mercato. Anche la nozione di giusta causa legale di licenziamento risente infine sia pure in misura più contenuta in quanto legata ad una definizione precisa dettata dall’esigenza di tener conto della maggiore gravità delle conseguenze dell’investimento di fiducia fatto dal datore di lavoro con l’attribuire al dirigente compiti, di volta in volta strategici o comunque di impulso, direzione e di orientamento nella struttura organizzativa aziendale”. Posta la premessa di cui sopra, con riferimento al caso concreto, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte di Appello di Roma avesse applicato correttamente i principi sopra esposti, avendo ritenuto che il comportamento contestato al dirigente (assenza dal domicilio nelle fasce orarie di disponibilità per le visite di controllo) pur essendo grave in relazione alla posizione apicale ricoperta dal lavoratore (“al quale è richiesto, con maggiore rigore, l’osservanza degli obblighi e dei doveri di condotta”) non fosse, però, tale da impedire la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto di lavoro. La Suprema Corte ha, altresì, precisato che la giustificatezza del licenziamento, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, era determinata dal fatto che il dirigente, pur avendo dimostrato che, in concomitanza delle visite di controllo domiciliari si trovava ad effettuare alcune visite ambulatoriali presso il medico curante, non aveva provato che dette visite ambulatoriali potevano essere programmate in orari diversi da quelli di reperibilità. A questo proposito, la Cassazione ha ricordato il principio (già espresso con la sentenza n. 14735/2004), secondo il quale: “In tema di assenza alla visita di controllo, il giustificato motivo di esonero del lavoratore in stato di malattia dall’obbligo di reperibilità a visita domiciliare di controllo ricorre oltre che nel caso di forza maggiore, in ogni situazione che, ancorché non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale del lavoratore, come la concomitanza di visite mediche, prestazioni sanitarie o accertamenti specialistici, purché sia dimostrata l’impossibilità di effettuare tali visite in orario diverso da quello corrispondente alla fasce orarie di reperibilità”.  

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