La struttura, le modalità e gli effetti della contrattazione collettiva sono stati a lungo disciplinati dall’accordo interconfederale del 23/07/1993, che ha costituito una vera e propria colonna nel nostro sistema di relazioni industriali; questo sistema è durato per 15 anni fino a quando, verso la fine del primo decennio del nuovo secolo, è nata l’esigenza di una revisione delle regole che è avvenuta gradualmente attraverso diversi accordi interconfederali a partire dal 2009.
Le regole della contrattazione collettiva
Analisi in merito alle regole della contrattazione collettiva con riferimento ai livelli contrattuali e alla loro efficacia
La struttura, le modalità e gli effetti della contrattazione collettiva sono stati a lungo disciplinati dall’accordo interconfederale del 23/07/1993, che ha costituito una vera e propria colonna nel nostro sistema di relazioni industriali; questo sistema è durato per 15 anni fino a quando, verso la fine del primo decennio del nuovo secolo, è nata l’esigenza di una revisione delle regole che è avvenuta gradualmente attraverso diversi accordi interconfederali a partire dal 2009.
Attualmente quindi la contrattazione collettiva è regolata da un articolato sistema di regole che fanno capo a diversi accordi interconfederali: il protocollo del 1993, gli accordi del 22/01/2009 e del 28/06/2011, il Protocollo d’Intesa del 31/05/2013 e l’accordo Confindustria – CGIL, CISL, UIL del 10/01/2014, recante il testo Unico sulla rappresentanza, modificato poi parzialmente dall’accordo 04/07/2017; in ultimo è stato concluso un ulteriore accordo tra Confindustria – CGIL, CISL, UIL del 28/02/2018 che definisce gli indirizzi in materia di contrattazione collettiva e dà completa attuazione alle procedure dell’accordo del 2014. Le nuove regole della contrattazione collettiva si applicano soltanto alle parti firmatarie degli accordi interconfederali (CGIL, CISL e UIL, CONFINDUSTRIA e le relative associazioni affiliate) mentre le altre associazioni datoriali possono aderirvi.
In base agli accordi stipulati nel 2009, 2011, 2014 e 2018 la struttura della contrattazione collettiva è articolata su due livelli: quello nazionale e quello decentrato; il contratto collettivo nazionale ha la funzione di regolare i rapporti di lavoro e garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni a tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati sul territorio nazionale mentre il contratto collettivo aziendale o territoriale è finalizzato ad adottare la disciplina generale alle specifiche realtà produttive; il contratto collettivo nazionale, regola anche le relazioni sindacali nel settore e disciplina le iniziative di bilateralità in coerenza con gli indirizzi stabiliti negli accordi interconfederali.
Il rapporto che c’è tra i due livelli di contrattazione collettiva è un rapporto funzionale: il contratto collettivo nazionale è gerarchicamente sovraordinato rispetto al contratto collettivo aziendale che si esercita relativamente alle materie delegate dal contratto collettivo nazionale di lavoro, di categoria o dalla legge. Il livello nazionale ha un ruolo centrale in quanto stabilisce le materie e le voci della contrattazione decentrata che però può anche derogare in via temporanea su singoli istituti economici e normativi disciplinati dai contratti nazionali (cosiddette clausole di uscita).
L’accordo interconfederale del 2014 prevede la possibilità di stipulare a livello aziendale intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali; è necessario quindi rispettare i limiti e le procedure previste dal contratto collettivo nazionale per evitare uno sganciamento totale dalla linea nazionale ma lo stesso accordo prevede che, per poter gestire situazioni di crisi o viceversa, in presenza di investimenti finalizzati allo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa, le intese modificative possono essere stipulate indipendentemente da ciò che prevede il contratto collettivo nazionale e disciplinare, anche in deroga a quest’ultimo, aspetti relativi alla prestazione lavorativa , all’orario e all’organizzazione del lavoro, acquisendo efficacia generale.
In base all’accordo del 2009 la durata del contratto collettivo, sia con riferimento alla parte economica che normativa, è di 3 anni; per rendere più veloce il rinnovo del contratto collettivo ed evitare eccessivi ritardi nei negoziati tra le parti, le piattaforme sindacali devono essere presentate anticipatamente rispetto alla scadenza del contratto collettivo ed in particolare 6 mesi prima per il contratto nazionale e 2 mesi prima per il contratto di secondo livello. Entro questi termini si deve dare un avvio alle trattative e per incentivarle, l’accordo fissa un periodo di tregua sindacale di 7 mesi dalla data di presentazione delle proposte per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali e 3 mesi per quelli di secondo livello.
L’accordo inoltre prevede che per il periodo di vacanza contrattuale cioè il periodo dalla scadenza del contratto fino alla stipula del rinnovo, deve essere riconosciuta ai lavoratori una copertura economica il cui importo è stabilito dai singoli contratti collettivi nazionali di categoria; questa copertura sostituisce l’indennità di vacanza contrattuale e ha la stessa funzione di incentivare il rispetto dei tempi e delle procedure per il rinnovo dei contratti.
Il rinnovo del contratto collettivo ha come obiettivo anche quello di permettere la negoziazione di aumenti salariali che sono per lo più riferiti alla necessità di compensare la perdita del valore reale delle retribuzioni; in base all’accordo del 2009, l’adeguamento delle retribuzioni all’andamento dell’inflazione, avviene in base ad un nuovo parametro costituito dall’indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia, depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati (IPCA); questo sistema si sostituisce a quello previsto dal protocollo del 1993, basato sul tasso di inflazione programmata.
L’accordo del 2009 valorizza il ruolo della contrattazione collettiva di secondo livello, territoriale o aziendale, come strumento di ripresa della crescita della produttività e quindi delle retribuzioni reali; è previsto che il contratto aziendale o quello territoriale, possano stabilire l’erogazione di premi variabili a seconda del raggiungimento di determinati obiettivi di produttività, efficienza e competitività delle imprese.
Per garantire una maggiore equità salariale è comunque previsto un elemento di garanzia retributiva per i lavoratori di quelle aziende che sono prive di contrattazione di secondo livello e che quindi non potrebbero usufruire dei premi variabili da essa disposti.
L’accordo Confindustria – CGIL, CISL, UIL del 28/02/2018 prevede due nuovi indicatori in materia di retribuzioni: il trattamento economico minimo e il trattamento economico complessivo; la loro determinazione per ciascuna categoria è demandata ai singoli contratti collettivi nazionali.
Il trattamento economico minimo (TEM) è costituito dai minimi tabellari per il periodo di vigenza contrattuale; l’adeguamento salariale dei rinnovi contrattuali corrisponderà alla variazione dei valori del TEM ed avverrà in funzione degli scostamenti registrati nel tempo dall’IPCA; il contratto collettivo nazionale di categoria potrà modificare il valore del TEM anche in ragione dei processi di trasformazione o di innovazione organizzativa. Il trattamento economico complessivo (TEC) sarà costituito dal trattamento economico minimo TEM e da ogni altra attribuzione economica prevista dal contratto collettivo nazionale di categoria e qualificata come comune a tutti i lavoratori del settore a prescindere dal livello di contrattazione a cui il medesimo contratto collettivo nazionale di categoria ne affiderà la disciplina. Nelle altre attribuzioni di cui tenere conto potranno essere comprese anche eventuali forme di welfare aziendale; il contratto collettivo nazionale determinerà la durata e la causa di tali trattamenti economici aggiuntivi al minimo tabellare e il livello di contrattazione a cui vengono affidati.
Con l’accordo del 2011, il protocollo 2013 e l’accordo del 2014 sono stati definiti i criteri per accertare la rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva nazionale ed aziendale: il meccanismo si basa su requisiti di rappresentatività da accertare con riferimento alla consistenza associativa e/o effettiva presenza del sindacato nelle aziende; in particolare l’accordo del 2014 stabilisce che sono ammesse alla contrattazione collettiva nazionale, le federazioni delle organizzazioni sindacali firmatarie degli accordi 2011,2013 e 2014 che hanno una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando la media tra il dato associativo e il dato elettorale come risultante dalla ponderazione effettuata dal CNEL. Per effetto dell’accordo del 04/07/2017 la ponderazione precedentemente affidata al CNEL viene affidata all’INPS.
A causa della mancata attuazione dell’articolo 39 della Costituzione, l’esito della contrattazione collettiva e quindi il contratto collettivo ha natura civilistica quindi non è fonte di diritto obiettivo ed è vincolante solo per le parti che sono iscritte alle associazioni stipulanti, anche se in un sistema caratterizzato dall’unità sindacale, il problema di definire a quali lavoratori si applica il contratto collettivo non si è posto perché una volta stipulato o rinnovato, il datore di lavoro ha provveduto ad applicare il contratto a tutti i lavoratori della categoria; in tempi più recenti la conflittualità che si è sviluppata tra in alcuni settori economici con la definizione di contratti separati, o di contratti stipulati solo da alcune sigle sindacali, hanno posto con impellenza la necessità di un sistema di regole certe quindi gli accordi del 2011, 2013 e 2014 individuano un procedimento per conferire efficacia vincolante ai contratti collettivi: questi accordi definiscono un iter a cui devono ritenersi assoggettate le confederazioni che hanno sottoscritto gli accordi, queste confederazioni sono poi garantite dell’osservanza delle predette regole da parte delle Federazioni di categoria e delle rappresentanze sindacali aziendali ad esse aderenti.
Gli accordi interconfederali definiscono i requisiti di rappresentatività per selezionare le organizzazioni sindacali legittimate alla contrattazione collettiva; è richiesta una rappresentatività non inferiore allo 5% nello specifico settore di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro. In sede di rinnovo del contratto collettivo nazionale i sindacati aderenti alle confederazioni firmatarie degli accordi 2011, 2012 e 2014 devono verificare la possibilità di convergere verso una piattaforma unitaria, nel caso in cui ci sia un dissenso tra le sigle sindacali e non si riesca a pervenire ad una piattaforma unitaria; l’associazione rappresentativa dei datori di lavoro è tenuta ad avviare le trattative sulla base della piattaforma presentata dalle organizzazioni sindacali che hanno un rappresentatività nel settore pari almeno al 50% più 1. In entrambi i casi (piattaforma unitaria e non) si prevede che acquistino per tutti i lavoratori efficacia i contratti collettivi nazionali di lavoro che soddisfano entrambe le seguenti condizioni:
· sono stati sottoscritti dalle organizzazioni sindacali che costituiscono almeno il 50 %più uno della rappresentanza nel settore;
· sono stati approvati dai lavoratori attraverso una preventiva consultazione certificata sull’esito di negoziazione.
La funzione delle regole poste, dai nuovi accordi interconfederali si manifesta in caso di dissenso tra le associazioni sindacali infatti in queste ipotesi il contratto che è stato concluso solo da alcune sigle sindacali è ugualmente esigibile ed impegna tutte le organizzazioni aderenti alle confederazioni firmatarie degli accordi interconfederali.
L’accordo del 2011 individua un metodo per rendere il contratto collettivo nazionale aziendale efficace erga omnes quindi nei confronti di tutti i lavoratori dell’impresa; i criteri sono diversi a seconda della presenza nel contesto aziendale di RSU o RSA e sono i seguenti:
· nel caso in cui a livello aziendale vi siano RSU che negoziano unitariamente il contratto aziendale deve essere approvato dalla maggioranza dei componenti della RSU presenti in azienda;
· nel caso in cui a livello aziendale vi sia RSA, è necessaria l’approvazione delle RSA costituite nell’ambito delle associazioni sindacali che singolarmente o insieme ad altre, sono destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite ai lavoratori dell’azienda nell’annoi precedente a quello in cui avviene la stipulazione.
Le parti economiche e normative del contratto aziendale stipulato nell’osservanza dei criteri precedentemente citati, diventano efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni sindacali presenti nell’azienda che aderiscono alle confederazioni firmatarie dell’accordo interconfederale del 2011, 2013 e 2014.