Il lavoro intermittente o lavoro a chiamata o job on call, è un contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato, con il quale un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo cioè quando ne ha effettivamente bisogno.
Questo particolare contratto di lavoro è stato introdotto nel nostro ordinamento con il D. Lgs 276/2003, con l’obiettivo di permettere la regolarizzazione dei cosiddetti “spezzoni lavorativi”, cioè di quei lavori discontinui che si svolgono in modo diffusamente sommerso, tramite uno strumento contrattuale specifico particolarmente adatto ad alcuni settori come il turismo, la ristorazione ecc. ; attualmente la disciplina del lavoro intermittente è contenuta nel D. Lgs 81/2015 (art. 13 – 18) di attuazione del Jobs Act.
Il lavoro intermittente
Analisi del contratto di lavoro intermittente: nozione e le vari tipologie contrattuali, casi in cui è ammesso e casi in cui è vietato.
DEFINIZIONE
Il lavoro intermittente o lavoro a chiamata o job on call, è un contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato, con il quale un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo cioè quando ne ha effettivamente bisogno.
Questo particolare contratto di lavoro è stato introdotto nel nostro ordinamento con il D. Lgs 276/2003, con l’obiettivo di permettere la regolarizzazione dei cosiddetti “spezzoni lavorativi”, cioè di quei lavori discontinui che si svolgono in modo diffusamente sommerso, tramite uno strumento contrattuale specifico particolarmente adatto ad alcuni settori come il turismo, la ristorazione ecc. ; attualmente la disciplina del lavoro intermittente è contenuta nel D. Lgs 81/2015 (art. 13 – 18) di attuazione del Jobs Act.
Il lavoro intermittente si può riassumere nelle seguenti tipologie:
· lavoro intermittente con espressa pattuizione dell’obbligo di disponibilità, nella quale il lavoratore è obbligato a restare a disposizione del datore di lavoro per poter effettuare prestazioni lavorative quando lo stesso le richiede;
· lavoro intermittente senza obbligo di disponibilità in cui il prestatore non si impegna contrattualmente ad accettare la chiamata da parte del datore di lavoro, è quindi libero di accettare ed eseguire la prestazione oppure rifiutarla.
IL CAMPO DI APPLICAZIONE
Il lavoro intermittente è legittimo in presenza di alcune causali oggettive e soggettive stabilite dalla legge, può infatti essere stipulato nelle seguenti ipotesi:
· per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente a seconda delle esigenze individuate dalla contrattazione collettiva di qualsiasi livello, anche con riferimento a periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno (causale oggettiva)
· con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età (causale soggettiva).
Nel primo caso il ricorso al contratto di lavoro intermittente è disciplinato dalla contrattazione collettiva, in mancanza i casi di ricorso al contratto intermittente sono individuati dal D. M. 23/10/2004; nella seconda ipotesi invece, il soggetto può anche essere in procinto di compiere 24 anni: per la stipulazione del contratto è necessario che non li abbia ancora compiuti, successivamente il rapporto potrà avere corso ma le prestazioni lavorative dovranno essere rese entro il venticinquesimo anno di età. Non è discriminatorio il licenziamento di un lavoratore che viene assunto con contratto intermittente e al compimento di 25 anni viene licenziato.
Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso purchè sussistano i requisiti soggettivi (anche in caso di divieto dei contratti collettivi); la violazione della cause contrattuali che escludono il ricorso al lavoro intermittente determina, dove non ricorrano i requisiti soggettivi, una carenza delle condizioni che legittimano l’utilizzo di questa forma contrattuale quindi verrà applicata la sanzione della conversione in rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato. In ogni caso il ricorso al lavoro intermittente tra le stesse parti (stesso datore di lavoro e stesso lavoratore) è ammesso per un periodo massimo di 400 giornate nell’arco di tre anni solari ed il superamento di questo limite comporta anche in questo caso la trasformazione del contratto a tempo pieno ed indeterminato; questo limite non trova però applicazione nei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
DIVIETO DI ASSUNZIONE
Il ricorso al lavoro intermittente è invece vietato nei seguenti casi:
· per la sostituzione dei lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
· nelle unità produttive nelle quali nei sei mesi precedenti, si è proceduto a licenziamenti collettivi, a sospensioni o a riduzioni dell’orario di lavoro che interessano lavoratori adibiti alle stesse mansioni a cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
· da parte di imprese che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in materia di sicurezza sul lavoro.
In questa ultima circostanza, in linea con l’orientamento giurisprudenziale e amministrativo, è stato di recente ribadito che la stipula di un contratto di lavoro intermittente in violazione della norma che impone la valutazione dei rischi, comporta la conversione del rapporto di lavoro da intermittente a subordinato a tempo indeterminato ma in questo caso, in ragione del principio di effettività delle prestazioni, potrà essere a tempo parziale.
LE CARATTERISTICHE DEL CONTRATTO DI LAVORO
Il contratto di lavoro intermittente, deve essere stipulato in forma scritta ai fini probatori e dovrà indicare i seguenti elementi:
· durata e causali del ricorso al lavoro intermittente;
· luogo e la modalità della eventuale disponibilità garantita dal lavoratore, e preavviso di chiamata;
· trattamento economico e normativo ed eventuale indennità di disponibilità;
· modalità di chiamata del lavoratore e di rilevazione della prestazione eseguita;
· eventuali misure di sicurezza specifiche.
In caso di ricorso al lavoro intermittente, per impedirne un uso improprio, il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare una comunicazione preventiva, con modalità semplificate (SMS o posta elettronica); in particolare prima dell’inizio della prestazione o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore ai 30 giorni, il datore di lavoro deve comunicarne la durata alla sede territoriale dell’ispettorato del lavoro. La prassi amministrativa ha precisato che in caso di ciclo integrato di prestazioni non superiore ai 30 giorni, i 30 giorni devono essere considerati come giorni di chiamata di ciascun lavoratore; potranno quindi essere effettuate comunicazioni che prendono in considerazione archi temporali anche molto ampi purchè all’interno di essi, i periodi di prestazione non superino i 30 giorni per ogni lavoratore.
La violazione dell’obbligo di comunicazione, darà luogo all’applicazione della sanzione amministrativa da € 400 ad € 2. 400,00 senza diffida; la sanzione trova applicazione con riferimento ad ogni lavoratore e non per ogni giornata di lavoro per la quale risulti inadempiuto l’obbligo comunicazionale; quindi per ogni ciclo di 30 giornate che individuano la condotta del trasgressore, trova applicazione una sola sanzione per ogni lavoratore.
IL RAPPORTO DI LAVORO
La caratteristica principale del contratto di lavoro intermittente è che la prestazione lavorativa non viene effettuata con continuità, come in un normale rapporto di lavoro subordinato, ma solo su richiesta del datore di lavoro: il contratto stabilisce infatti la facoltà per il datore di chiamare una o più volte il lavoratore per lo svolgimento della prestazione lavorativa, nel rispetto di un termine di preavviso che non potrà essere inferiore ad un giorno lavorativo. Il contratto non genera automaticamente sempre un obbligo del lavoratore di rispondere positivamente alla chiamata del datore di lavoro ed eseguire la prestazione: perché tale obbligo sussista, è necessario che sia oggetto di apposita ed espressa previsione da parte del contratto individuale, a fronte della quale deve essere corrisposta al lavoratore un’indennità di disponibilità.
Per tutta la durata del contratto, il lavoratore avrà diritto a due diverse fattispecie di compenso a seconda che svolga la prestazione di lavoro presso il datore di lavoro o resti in attesa di chiamata; per il periodo di attività, il lavoratore intermittente ha diritto al normale trattamento economico e normativo previsto dai contratti collettivi nazionali, riproporzionato in base alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita; per il periodo di inattività invece, solo nelle ipotesi in cui il lavoratore sia obbligato contrattualmente a rispondere alle chiamate del datore di lavoro, ha diritto ad una indennità di disponibilità.
L’ammontare dell’indennità è stabilita dalla contrattazione collettiva e non deve essere inferiore alla misura stabilita dal decreto del Ministero del Lavoro ed è assoggettata a contribuzione per il suo effettivo ammontare. Nel caso in cui il lavoratore non fosse disponibile allo svolgimento della prestazione lavorativa per malattia, infortunio o altro evento che lo rende temporaneamente impossibilitato a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, il lavoratore non matura il diritto all’indennità ed è tenuto ad informare tempestivamente il datore di lavoro specificando la durata dell’impedimento, se non provvede a questo obbligo, perde il diritto all’indennità di disponibilità per un periodo di 15 giorni, salvo diversa previsione del contratto individuale.
Nei casi in cui il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, il rifiuto ingiustificato di eseguire la prestazione lavorativa, può comportare la risoluzione del contratto e al lavoratore può essere imposta la restituzione dell’indennità riferita al periodo successivo al rifiuto ingiustificato.
IL TRATTAMENTO ECONOMICO
Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente, è regolato dall’articolo 17 del D. Lgs 81/2015 e prevede:
· il principio di proporzionalità per cui il trattamento deve essere proporzionato alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternità e congedi parentali;
· il principio di non discriminazione per cui il lavoratore intermittente, non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo, complessivamente meno favorevole rispetto ad un lavoratore di pari livello e a parità di mansioni svolte.
Una caratteristica è che per tutto il periodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati, ne matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l’indennità di disponibilità nel caso in cui sia assunto con l’obbligo di risposta. Il prestatore di lavoro intermittente verrà computato nell’organico dell’impresa, ai fini dell’applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre.