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sabato 7 Dicembre 2024

I soldi ricevuti dal “partner” a titolo di elargizione liberale non costituiscono reddito (donna sospetta di insegnare privatamente)

Trattasi di un caso davvero particolare, nel quale, peraltro, appare del tutto corretta la decisione di primo grado. La contribuente *****, signora del 1956, nubile e priva di attività lavorativa, abitante con i genitori in un alloggio in affitto a Torino, riceveva 3 avvisi di accertamento per gli anni 2000, 2001 e 2002, per IRPEF, IRAP ed IVA, relativi a redditi di lavoro autonomo non dichiarati

Accertamento Redditi di lavoro autonomo

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI TORINO QUINTA SEZIONE

avverso la sentenza n. 30/03/2009 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di TORINO. Proposto dall’ufficio: AG. ENTRATE DIR. PROVIN. I UFF. CONTROLLI TORINO. Atti impugnati: AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (. ) IVA + IRPEF + IRAP 2000 AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (. ) IVA + IRPEF + IRAP 2001 AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (. ) IVA + IRPEF + IRAP 2002

Svolgimento del processo – Motivi della decisione  Trattasi di un caso davvero particolare, nel quale, peraltro, appare del tutto corretta la decisione di primo grado. La contribuente *****, signora del 1956, nubile e priva di attività lavorativa, abitante con i genitori in un alloggio in affitto a Torino, riceveva 3 avvisi di accertamento per gli anni 2000, 2001 e 2002, per IRPEF, IRAP ed IVA, relativi a redditi di lavoro autonomo non dichiarati. L’Ufficio motivava i predetti atti, dopo avere attribuito d’ufficio alla signora una partita IVA, con un’attività d’iniziativa derivante da attività informativa autonoma; dava atto delle risposte fornite dalla signora al questionario inviatole (non possedere alcun autoveicolo, nessuna residenza né principale né secondaria di proprietà, ma solo una residenza in affitto intestata ai genitori conviventi che ne sostengono le spese; non avere alcun servizio di collaborazione familiare; non essere titolare di assicurazioni; né di imbarcazioni; né di cavalli da corsa, aerei, etc. ; non essere titolare di alcun reddito). Richiedeva copia dei c/c bancari e postali della signora relativamente alle tre annualità predette e riscontrava che dagli stessi emergevano rilevanti versamenti effettuati con continuità, sia in contanti che in assegni bancari, per cui il totale degli accreditamenti per l’anno 2000 era pari a Lire 90. 132. 000, per l’anno 2001 era pari a Lire 101. 791. 00, per l’anno 2002 era pari ad Euro 56. 443,00. In contraddittorio con l’Ufficio la signora spiegava che buona parte degli introiti versati sul suo c/c erano elargizioni provenienti da un uomo sposato con il quale ella intratteneva una relazione sentimentale da oltre diciassette anni e di cui per ragioni di riservatezza non poteva fare il nome, mentre per altri importi versati avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione agli interessati per rivelarne l’origine. L’Ufficio pertanto concludeva affermando che “i movimenti di danaro in accredito transitati sul suo c/c non sono stati giustificati”. Proseguiva poi asserendo che peraltro “da ulteriori elementi in possesso dell’Ufficio” era emerso che la signora nel corso di quegli anni aveva impartito lezioni private di matematica e fisica ad allievi di scuola media inferiore e superiore ed a studenti universitari. Procedeva dunque all’accertamento induttivo del reddito ex D. P. R. 600/73 e D. P. R. 633/72 deducendo, in assenza di adeguate giustificazioni, che gli importi transitati sul conto fossero riconducibili all’attività professionale di insegnamento svolta continuativamente dalla signora.

In primo grado, con la sentenza del 26. 01. 2009 la Commissione Tributaria Provinciale di Torino accoglieva il ricorso della contribuente annullando gli avvisi. Rimarcava come gli “ulteriori elementi in possesso dell’Ufficio” consistessero in una lettera anonima pervenutagli, in cui la donna veniva indicata da “un gruppo di contribuenti” come un evasore totale perché, appunto, avrebbe quotidianamente impartito parecchie di quelle lezioni per il prezzo di Euro 27 all’ora senza rilasciare ricevuta.

D’altra parte sottolineava come la stessa non potesse essere obbligata a violare il proprio obbligo di riservatezza, rilevando comunque che ella aveva prodotto un libretto universitario comprovante che era stata iscritta ed aveva superato diversi esami presso la facoltà di giurisprudenza, senza mai laurearsi; dunque aveva una formazione poco corrispondente alla natura dell’insegnamento di cui all’anonimo. In ogni caso, respingeva l’assunto dell’Ufficio circa l’inversione dell’onere della prova a carico del soggetto controllato, desunto dalle norme dei citati D. P. R. Secondo cui “se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine”, le risultanze dei conti sono poste a base dell’accertamento. L’Ufficio appellava sostanzialmente ribadendo le prime argomentazioni, insistendo sull’inversione dell’onere della prova, che farebbe venir meno la necessità dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, concernenti le presunzioni semplici, non già, come nel caso di specie, una presunzione legale relativa a favore dell’Erario. Orbene, i primi giudici hanno deciso correttamente.

Al di là della credibilità o meno delle giustificazioni date dalla signora in ordine alla provenienza dei propri introiti, vi è da osservare: 1) che il contenuto di un anonimo non può costituire elemento posto alla base di un accertamento induttivo, a meno che il suo contenuto non trovi, in tutto od in parte, riscontro aliunde. Ciò non è avvenuto perché l’Ufficio non si è nemmeno peritato di controllare la provenienza degli assegni bancari versati, cosa che poteva fare del tutto agevolmente. Né ha provato a fare un calcolo di quanto, seguendo le indicazioni dell’anonimo o prescindendo da questo, la signora avrebbe potuto introitare mese per mese, ed ogni anno, a titolo di lezioni private: operazione che invece, sia pure con l’approssimazione del caso, ha compiuto questa Commissione, con un risultato che indica come assolutamente impossibile che le sole lezioni private fornissero alla donna quegli introiti. Senza contare che effettivamente il corso di studi della signora  ****** non pare in sintonia con l’insegnamento delle materie indicate; 2) non è assolutamente possibile affermare che viga nel caso il principio dell’inversione dell’onere della prova: ciò sarebbe ammissibile se l’Ufficio avesse basato l’accertamento su elementi obiettivamente acquisiti, sia pure non sufficienti (quali non possono essere i dati ricavati da un anonimo). E’ invece l’Ufficio che non è stato assolutamente in grado, pur potendolo fare, di fornire elementi gravi precisi e concordanti, come deve essere nel caso di accertamento induttivo, sostanzialmente fondando sul nulla l’attribuzione alla  ****** di quegli introiti come reddito di  lavoro autonomo.

In realtà, l’Ufficio non è stato in grado di adeguatamente motivare che quei cespiti costituiscano reddito, soggetto dunque a tassazione, e non elargizioni svincolate da attività lavorativa. Può darsi che la signora facesse lezioni private, ma era l’Ufficio a doverlo dimostrare con una adeguata istruttoria, che non è stata compiuta, e che nemmeno ha permesso di dimensionare con attendibilità l’entità degli eventuali redditi da  lavoro autonomo dalla stessa percepiti, che, come si è detto, da un semplice calcolo si comprende non potere comunque in toto derivare dalle presunte lezioni. Pertanto, l’impugnata sentenza deve essere confermata e deve essere respinto l’appello dell’Ufficio, con conseguente compensazione delle spese, attesa la peculiarità del caso.  

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Dott. Alessio Ferretti

Tributarista Qualificato Lapet ai sensi della Legge 4/2013, referente di Networkfiscale.com, Commercialista.it, Commercialista.com, amministratore e consigliere in varie società. Dottore Commercialista ODCEC di Roma nr di iscrizione AA12304

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