L’Iva pagata sulle spese alberghiere e di ristorazione non può essere dedotta né dalla base imponibile delle imposte dirette (Irpef – Ires) né da quella Irap, nel caso in cui il contribuente pur in possesso della relativa fattura abbia scelto di non detrarla o quando il documento fiscale (cfr ricevuta) non la evidenzi. Questo è il principio affermato dalla Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 84/E del 31 marzo 2009 che ha ribadito quanto già indicato con la circolare n. 53/E del 5 settembre 2008 e la n. 6/E del 3 marzo 2009.
HOTEL E RISTORANTI: IVA NON DETRATTA O NON DOCUMENTATA CON FATTURA SULLE SPESE DI VITTO ED ALLOGGIO è INDETRAIBILE
L’Iva pagata sulle spese alberghiere e di ristorazione non può essere dedotta né dalla base imponibile delle imposte dirette (Irpef – Ires) né da quella Irap, nel caso in cui il contribuente pur in possesso della relativa fattura abbia scelto di non detrarla o quando il documento fiscale (cfr ricevuta) non la evidenzi. Questo è il principio affermato dalla Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 84/E del 31 marzo 2009 che ha ribadito quanto già indicato con la circolare n. 53/E del 5 settembre 2008 e la n. 6/E del 3 marzo 2009.
L’Iva pagata per le notti in hotel e per i pasti in ristorante non rappresenta un costo deducibile ai fini delle imposte dirette ed fini Irap quando:
· la società, pur dotata di fattura, decide volontariamente di non detrarre l’Iva sulla base di un preciso calcolo economico, evitando, per esempio, tutti i costi gestionali e amministrativi che deriverebbero dalla registrazione di un ampio numero di operazioni di modesto valore unitario;
· la società non può detrarre l’Iva perché non ha richiesto la fattura all’albergatore o al ristoratore al momento dell’effettuazione del servizio, accontentandosi di altri documenti contabili che non riportano l’indicazione specifica dell’imposta inclusa nel corrispettivo complessivamente versato.
Lo scontrino o la ricevuta fiscale, infatti, pur documentando l’acquisto di servizi alberghieri o di ristorazione, non consentono di esercitare il diritto alla detrazione. In entrambi i casi, come è evidente, l’indetraibilità dell’Iva non deriva da cause oggettive, ma da una valutazione discrezionale del contribuente che, posto di fronte alla possibilità di detrarre l’imposta sul valore aggiunto, decide consapevolmente di non avvalersi di questa opportunità riconosciuta, a partire dal 1° settembre 2008, dal decreto legge 112 del 2008.
Regime ordinario: deducilità del costo al 75% e detraibilità dell’Iva al 100% La stessa Agenzia delle Entrate con la circolare 6 del 2009, h a fornito una serie di chiarimenti sul regime della detraibilità Iva dopo le modifiche sostanziali introdotte dalla manovra d’estate del 2009. Quest’ultima aveva fatto cadere il divieto alla detraibilità dell’imposta sul valore aggiunto sancito dall’articolo 19 –bis1, comma primo, lettera e) del D. P. R. 633 del 1972, consentendo ai titolari di partita Iva di detrarre integralmente l’imposta relativa ai servizi alberghieri e di ristorazione, a condizione che queste spese fossero “inerenti” l’attività professionale o imprenditoriale esercitata dal contribuente. Intervento normativo completato dalla contemporanea riduzione al 75% della deducibilità ai fini delle imposte dirette degli oneri connessi alle prestazioni di vitto e alloggio.
Caso atipico inquadrato dalla prassi richiamata
Nella fattispecie in esame, l’iva assolta ma priva della fattura non può essere dedotta ai fini della base imponibile per il computo delle imposte dirette, né Irap. Identico trattamento per l’Iva pagata e risultante in fattura ma che per motivi di convenienza non è stata detratta.
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