Con questa guida pratica esaminiamo come funziona la cessione del ramo di azienda, in che modo vengono trasferiti i rapporti di lavoro dei dipendenti , di quale tutela giuridica gli stessi godono, chi risponde del pagamento del TFR e con quali criteri lo stesso è ripartito tra il nuovo datore di lavoro e il vecchio.
Quando si ha cessione di ramo d’ azienda e come funziona?
La cessione di ramo di azienda si verifica quando, al posto di cedere l’ impresa nel suo complesso, forma oggetto di trasferimento solo una parte di essa e cioè un suo ramo connotato ex art 2112 cc da un’autonomia funzionale al momento del trasferimento, che le consenta di collocarsi sul mercato come un indipendente centro di profitto, implicando il mutamento del titolare dell’attività (datore di lavoro).
Tale fattispecie si configura anche nel caso in cui la cessione abbia ad oggetto solo un gruppo di dipendenti dotati di particolari competenze che siano stabilmente coordinati ed organizzati tra loro.
Attenzione Per aversi cessione di ramo d’azienda non è sufficiente che i beni ceduti abbiano fatto parte di un’azienda, ma è necessario che essi costituiscano un complesso idoneo all’esercizio di un’attività produttiva, anche se diversa da quella del cedente.
Come vengono tutelati i lavoratori?
Posto l’assoggettamento di tale fattispecie alla medesima disciplina giuridica prevista per la cessione dell’azienda, il lavoratore viene tutelato attraverso i seguenti principi:
il trasferimento d’azienda non costituisce motivo di licenziamento quindi il rapporto di lavoro non si estingue, ma continua con il nuovo titolare dell’azienda;
il lavoratore conserva la posizione previdenziale e tutti i diritti connessi al rapporto di lavoro che vantava nei confronti di quest’ultimo (anzianità, diritti relativi alla qualifica, alle mansioni svolte e ai livelli retributivi) ma non le semplici “aspettative”;
il lavoratore può chiedere al nuovo datore di lavoro (obbligato in solido con il vecchio) il pagamento dei crediti da lavoro che aveva maturato al momento del trasferimento;
nel caso di stipulazione di un contratto di outsourcing (appalto con azienda ceduta) il lavoratore dipendente del ramo ceduto può agire in giudizio direttamente nei confronti dell’azienda di origine per obbligarla al pagamento dei debiti che questa ha contratto con il ramo trasferito;
il nuovo titolare deve continuare ad applicare il contratto collettivo nazionale, in vigore al momento del trasferimento, fino alla sua scadenza;
il cessionario è obbligato a continuare ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti nei contratti collettivi di qualunque livello applicati dal cedente fino alla loro naturale scadenza con l’unica eccezione dell’applicazione di contratti collettivi di pari livello (art. 2112, comma 3, c. C. ) i quali potranno essere “peggiorativi”, ma non pregiudicare diritti già acquisiti dai lavoratori in forza del contratto originariamente applicato dal cedente;
nel caso in cui vi sia stato un mutamento notevole nelle condizioni di lavoro, il lavoratore potrà rassegnare entro tre mesi dal trasferimento le dimissioni per giusta causa, senza quindi comunicare il preavviso , con il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso e di disoccupazione (laddove ne ricorrano i presupposti)
Nelle imprese sopra i quindici dipendenti il trasferimento di ramo deve essere preceduto da una apposita procedura di informazione e consultazione sindacale (art. 47 l. 428/1990).
Attenzione: La prosecuzione del rapporto di lavoro tra dipendente del ramo ceduto e cedente avviene automaticamente in seguito al trasferimento del ramo d’azienda. Non è dunque necessario a tal fine che i lavoratori interessati manifestino il proprio consenso, non trovando applicazione a tal fine, la disciplina generale della cessione del contratto (art. 1406 c. C. )
Chi deve pagare il TFR (trattamento di fine rapporto)?
Secondo giurisprudenza della Cassazione granitica sul punto, gli obblighi relativi al TFR nei confronti del dipendente del ramo ceduto, si ripartiscono con i seguenti criteri:
il datore di lavoro cessionario (l’acquirente) è solidalmente obbligato con il cedente (venditore) quanto alla quota maturata nel periodo anteriore alla cessione e resta l’unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione;
il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale;
In sintesi nel caso di cessazione del rapporto di lavoro per cessione di ramo aziendale, il dipendente dovrà rivolgersi al nuovo datore di lavoro (sul quale grava in prima battuta la responsabilità del pagamento dell’intero accantonamento ai fini TFR) il quale potrà a sua volta rivalersi sul cedente per le quote accantonate fino al momento della sua cessazione dalla titolarità dell’azienda ceduta.
NB Ne consegue che, come statuito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 164 dell’8 gennaio 2016, il lavoratore sarà legittimato a proporre eventualmente istanza di fallimento del datore di lavoro che abbia ceduto il ramo (o l’intera azienda) , essendo creditore del medesimo per le quote di TFR sopra specificate.
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