Cass. , sez. Lav. , 2 febbraio 2012, n. 1462
In caso di licenziamento ingiustificato, il Giudice non può limitare l’importo per l’indennità risarcitoria ex art. 18 St. Lav. Al periodo intercorrente fra la data del licenziamento e quella del compimento del 65° anno di età, epoca del pensionamento, in carenza di allegazioni o eccezioni in tal senso da parte del datore di lavoro e senza avere accertato l’effettiva percezione della pensione da parte del lavoratore e l’entità della medesima.
Cass. , sez. Lav. , 2 febbraio 2012, n. 1462
In caso di licenziamento ingiustificato, il Giudice non può limitare l’importo per l’indennità risarcitoria ex art. 18 St. Lav. Al periodo intercorrente fra la data del licenziamento e quella del compimento del 65° anno di età, epoca del pensionamento, in carenza di allegazioni o eccezioni in tal senso da parte del datore di lavoro e senza avere accertato l’effettiva percezione della pensione da parte del lavoratore e l’entità della medesima.
Il fatto
La Corte di Appello di Roma, riformando la sentenza di primo grado, aveva accolto il ricorso del lavoratore avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento per riduzione di personale intimatogli ex lege n. 223/1991.
Il Giudice del gravame, nel merito, poneva a base del decisum la violazione dell’art. 4, comma 9, della legge n. 223/1991, in quanto nell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità non era stata predisposta alcuna graduatoria, tale da consentire la valutazione comparativa di tutti i dipendenti tra i quali la scelta era stata operata e limitando, in tal modo, la verifica in ordine al rispetto dei criteri di scelta adottati e, conseguentemente, il controllo sindacale.
La Corte di Appello ordinava dunque la reintegra del lavoratore licenziato, condannando il datore di lavoro al pagamento, a titolo di danno, delle retribuzioni globali di fatto dal momento del licenziamento a quello del compimento del 65° anno di età del ricorrente. Avverso tale decisione, ricorreva in Cassazione il datore di lavoro sulla base di un’unica censura e resisteva con controricorso il lavoratore, il quale spiegava altresì ricorso incidentale basato su due motivi di censura, cui si opponeva il ricorrente con controricorso. In particolare, il ricorrente chiedeva alla Corte di pronunciarsi sulla conformità o meno all’art. 4, comma 9, della legge n. 223/1991 di una comunicazione di chiusura della procedura contenente, in relazione a ciascun lavoratore interessato dal licenziamento, nella specifica ed individuata unità produttiva, il nominativo, il luogo di residenza, la qualifica, il livello di inquadramento, l’età, il carico di famiglia, nonché il dettaglio sui criteri di scelta, oltre ad essere corredata dalla copia dell’accordo di mobilità e dall’elenco dei lavoratori ritenuti in eccedenza.
Nel controricorso incidentale veniva richiesto invece se, in caso di dichiarazione d’inefficacia del licenziamento con applicazione dell’art. 18 St. Lav. , il Giudice potesse limitare l’importo dell’indennità risarcitoria al periodo intercorrente fra la data del licenziamento e quella del compimento del 65° anno di età, epoca del pensionamento, senza che vi fosse alcuna allegazione o eccezione in tal senso da parte del datore di lavoro e senza avere accertato l’effettiva percezione della pensione da parte del lavoratore e l’entità della medesima.
I motivi della decisione
La Corte ha superato il primo motivo di censura del ricorso principale, inerente all’interpretazione della normativa in materia di comunicazione di conclusione della procedura di mobilità, ritenendolo non esaminabile per violazione dell’art. 366Bis c. P. C. Con riguardo alla specificità dei motivi. Ciò in quanto non solo si deduceva contemporaneamente una violazione di legge e un vizio di motivazione (richiesta già considerata inammissibile in precedenti pronunce, cfr. Cass. 11 aprile 2008, n. 9470 e Cass. 23 luglio 2008, n. 20355), ma oltretutto la Cassazione non poteva «sostituirsi alla parte nella individuazione concreta della situazione di fatto sottesa alla censura» (interalios, Cass. 23 marzo 2006, n. 6225), poiché si sarebbe chiesto «di procedere ad un riesame della documentazione per verificare se questa sia o meno conforme a quanto prescritto dalla legge». Superato il ricorso, la Cassazione si è invece soffermata sui motivi del ricorso incidentale. Veniva richiesto alla S. C. Di valutare se il raggiungimento dei 65 anni di età, ossia dell’età pensionabile, comportasse astrattamente l’automatica cessazione del rapporto di lavoro subordinato e, pertanto, l’automatica limitazione del risarcimento del danno al raggiungimento di tale requisito anagrafico, a prescindere dalla considerazione se vi fosse stato o meno l’effettivo pensionamento del lavoratore. La Suprema Corte, con pronuncia del 2 febbraio 2012, n. 1462, ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Roma in parte qua, accertata l’illegittimità del licenziamento irrogato al lavoratore, ha condannato però il datore di lavoro al pagamento della retribuzione globale di fatto dal momento del licenziamento a quello del compimento del 65° anno di età del lavoratore. Ciò in quanto il Giudice del gravame aveva omesso di valutare, a giudizio della Corte, se «effettivamente vi sia stato o meno l’effettivo pensionamento» del lavoratore.
Precedenti giurisprudenziali
La Suprema Corte, già in precedenti pronunce, aveva stabilito che, in caso di accertamento del diritto del lavoratore alla reintegra, il datore non potesse opporsi e rifiutare di procedere al pagamento dell’indennizzo, contestando che il rapporto si fosse ipso iure risolto automaticamente con il raggiungimento della massima anzianità contributiva, dovendo l’eventuale circostanza impeditiva alla reintegrazione (i. E. Il compimento del 65° anno di età) essere fatta valere nel giudizio in cui la reintegrazione era stata disposta (sul punto, Cass. 9. 2. 2007, n. 2898). Orbene, costituisce orientamento consolidato quello secondo cui il risarcimento ex art. 18 St. Lav. Deve coprire anche il periodo successivo al pensionamento, poiché il trattamento pensionistico non ha natura retributiva e non può essere sottratto dal risarcimento spettante. Le somme percepite dal lavoratore ingiustamente licenziato a titolo di trattamento previdenziale e pensionistico, infatti, non sono in alcun modo ricollegabili al licenziamento illegittimamente subito, atteso che il diritto al pensionamento discende dal verificarsi di requisiti di età e di contribuzione stabiliti dalla legge, e si sottraggono pertanto all’operatività della regola della compensatio lucri cum damno, con la conseguenza che le relative somme non possono configurarsi come un effettivo incremento patrimoniale del lavoratore, detraibile dall’ammontare del risarcimento del danno dovuto dal datore di lavoro, in quanto la sopravvenuta declaratoria di illegittimità del licenziamento, facendo venir meno il presupposto del pensionamento, travolge ex tunc lo stesso diritto dell’assicurato alla prestazione previdenziale e lo espone all’azione di ripetizione dell’indebito da parte del soggetto erogatore della pensione (sul punto, Cass. 14. 6. 2007, n. 13871 e, in senso conforme, Cass. , S. U. , 13. 8. 2002, n. 12194, Cass. 6. 2. 2003, n. 1786, 20. 2. 2003, n. 2529, 1. 8. 2003, n. 11758, 11. 6. 2004, n. 11134 e 9. 2. 2004, n. 2406).
Osservazioni conclusive
La pronuncia in commento stabilisce un riferimento chiaro nel rapporto tra risarcimento del danno ex art. 18 St. Lav. Ed età del lavoratore. Laddove le precedenti pronunce si limitavano a prevedere il rapporto tra art. 18 e trattamento pensionistico latu sensu considerato, la presente decisione rappresenta l’unico arresto successivo che prevede l’esclusione del compimento del 65° anno di età come causa di limitazione della responsabilità del datore di lavoro nel risarcimento ex art. 18 St. Lav.