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venerdì 6 Dicembre 2024

BANCAROTTA FRAUDOLENTA: IL DELITTO DI BANCAROTTA È CONFIGURABILE ANCHE PER GLI ATTI DI DISTRAZIONE SUCCESSIVI ALLA SENTENZA DI OMOLOGA DEL CONCORDATO FALLIMENTARE

Il delitto di bancarotta fraudolenta si configura anche nel caso in cui gli atti di distrazione siano successivi alla sentenza di omologa, ancorché provvisoriamente esecutiva, del concordato fallimentare – che non incide, di per sé sul procedimento pendente nei confronti del fallimento né determina la decadenza degli organi fallimentari.

bancarotta fraudolenta: Il delitto di bancarotta è configurabile anche per gli atti di distrazione successivi alla sentenza di omologa del concordato fallimentare

Il delitto di bancarotta fraudolenta si configura anche nel caso in cui gli atti di distrazione siano successivi alla sentenza di omologa, ancorché provvisoriamente esecutiva, del concordato fallimentare – che non incide, di per sé sul procedimento pendente nei confronti del fallimento né determina la decadenza degli organi fallimentari, i quali rimangono in carica in relazione al perdurante interesse dei creditori alla conservazione del patrimonio del fallito – in quanto fino alla chiusura del fallimento gli atti di disposizione patrimoniale sono preordinati alla conservazione del patrimonio fallimentare, a garanzia di tutti i creditori; né il sopravvenuto passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato fallimentare, che chiude il fallimento, esclude la configurazione dei fatti verificatisi in costanza di fallimento come reato.

Cassazione Penale, Sezione V, Sentenza  del 19/02/2008 n. 13514

 

Il delitto di bancarotta fraudolenta si configura anche nel caso in cui gli atti di distrazione siano successivi alla sentenza di omologa, ancorché provvisoriamente esecutiva, del concordato fallimentare – che non incide, di per sé sul procedimento pendente nei confronti del fallimento né determina la decadenza degli organi fallimentari, i quali rimangono in carica in relazione al perdurante interesse dei creditori alla conservazione del patrimonio del fallito – in quanto fino alla chiusura del fallimento gli atti di disposizione patrimoniale sono preordinati alla conservazione del patrimonio fallimentare, a garanzia di tutti i creditori; né il sopravvenuto passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato fallimentare, che chiude il fallimento, esclude la configurazione dei fatti verificatisi in costanza di fallimento come reato.

 

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

 

1 – Il Tribunale di Palermo, richiesto di riesame ai sensi dell’art. 309 c. P. P. , (senza motivi e con deposito di documenti in udienza), ha sostituito la misura di custodia in carcere, disposta dal GIP nei confronti di XXXXXX, con gli arresti domiciliari. Sono anzitutto imputati fatti di bancarotta fraudolenta commessi durante la procedura fallimentare, con danno patrimoniale di rilevante gravità, quale socio ed amministratore di fatto in concorso con YYYYYYY Mariano, amministratore di diritto e con FFFFFFF Filippo, curatore della FINASI spa, dichiarata fallita con sentenza del 16. 3. 84. La fallita era ammessa a concordato fallimentare con sentenza di omologa del 26. 3. 97, divenuta irrevocabile (T. U. ) maggio 2002, con assunzione da parte de La Risanatrice s. R. L, dell’impegno di soddisfazione integrale dei crediti privilegiati ed il pagamento del 30% dei chirografari. Il primo reato (A) consiste nella distrazione dei ricavi (L. 4. 896. 200. 000, equivalenti ad Euro 2. 258. 676) di vendite di 19 unità immobiliari tra aprile “98 e giugno 2000 e, quindi (B) nella fusione per incorporazione in data 6. 6. 01 della FINASI ne La Risanatrice, trasformata poi in ELLE ELLE PI spa, cui finivano 9 unità immobiliari della fallita, prima della integrale soddisfazione dei creditori privilegiati e quindi in violazione del concordato. Gli è poi imputato (C) il concorso, quale socio e procuratore speciale, con l’amministratore YYYYYYY Mariano nella distrazione delle 9 unità menzionate vendute dalla ELLE ELLE PI sri, dichiarata fallita dal Tribunale di S. Maria C. V. Il 23. 5. 07.
Infine (E) gli è contestata, quale socio concorrente esterno con lo stesso amministratore YYYYYYY, la distrazione di beni mobili (arredi ed attrezzature) e risorse finanziarie (ricavato di vendita di biglietti aerei) della EASYISLANDS srl, dichiarata fallita dal Tribunale di Palermo il 17. 5. 04 (a YYYYYYY è imputata anche bancarotta documentale – D).

 

1. 1. – Il Tribunale premette che l’indagato era titolare di quote per il 99% (il restante 1% era intestato alla sorella) FINASI, e quindi del 95% de La Risanatrice poi trasformata in ELLE ELLE PI. Ed è intervenuto in ciascun momento significativo delle operazioni incriminate (come specifica capo per capo). Quanto al capo A spiega che è stato lo stesso De Lorenzo, tramite i concorrenti muniti di poteri formali, ad operare in concreto i movimenti patrimoniali prima che il concordato avesse attuazione. La dismissione degli immobili sarebbe dovuta avvenire entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di omologa, mentre dalle operazioni, volte a sottrarre il patrimonio al fallimento, è derivata insoddisfazione di parte dei creditori.
La fusione incorporazione societaria ha influito sull’inadempimento del concordato, e determinato l’estinzione della FINASI durante il fallimento. Il dirottamento di quanto rimaneva del suo attivo verso altro soggetto ha impedito l’attivazione del meccanismo previsto dalla L. Fall. Art. 137, (risoluzione del concordato). Il reato di cui al capo C ha poi svuotato il patrimonio della ELLE ELLE PI, la società cui è pervenuto il patrimonio residuo della fallita, con la vendita delle 9 unita immobiliari (alcune peraltro a parenti di YYYYYYY).
Il fatto di cui al capo E concerne altra società facente capo analogamente a XXXXXXed a YYYYYYY, strettamente collegata alla ELLE ELLE PI, con passaggio di dipendenti dall’una all’altra, e per l’uso del marchio “EASY ISLANDS” appartenente alla prima. XXXXXXaveva la materiale disponibilità dei beni indicati in imputazione di quest’ultima società, richiesti dal curatore il 21. 6. 04, e non consegnati.

 

Ravvisa le esigenze cautelari di natura probatoria e di prevenzione specifica.
1. 2 – Il ricorso deduce: 1^ – violazione della L. Fall. Art. 216, comma 2, art. 130 u. C. , e art. 131 u. C. , e art. 124, (nelle formulazioni vigenti al momento dei fatti), in relazione ai capi A, B, C – vizio di motivazione, perché il concordato fallimentare produce i suoi effetti già dal giorno della pubblicazione della sentenza di omologa e non dal suo passaggio in giudicato. Essa, come riconosciuto in dottrina, giusto l’art. 130 u. C. , è provvisoriamente esecutiva e gli organi fallimentari sorvegliano l’adempimento (art. 136) secondo le modalità stabilite nella sentenza, e non mantengono le stesse attribuzioni, cosicché il curatore non amministra il patrimonio fallimentare sotto la sorveglianza del giudice delegato. Con il passaggio in giudicato la procedura è chiusa (L. Fall. Art. 131), ed il curatore deve (art. 134) rendere il conto (art. 116). Viceversa la L. Fall. Art. 137, contempla la risoluzione del concordato, qualora il fallito non adempia agli obblighi derivanti dal concordato e dalla sentenza di omologazione.
Pertanto, non è possibile dopo il passaggio in giudicato della sentenza di omologa e dunque il consolidamento, ipotizzare sussistenza di reati di bancarotta post – fallimentare. Meno ancor lo è, se il concordato è assunto da un terzo, con cessione, come nella specie, di tutte le attività acquisite al fallimento (L. Fall. Art. 124), e quindi l’immediata liberazione della società rispetto a tutti i creditori;

 

2^ – vizio di motivazione rispetto ai fatti sub E, perché non vi è riscontro che la nota del Curatore sia stata mai ricevuta dal ricorrente: risulta indirizzata in luogo ove egli non risiede ed è una mera velina nemmeno sottoscritta;

 

3^ – vizio di motivazione in punto di esigenze cautelari, per l’argomentazione di pericolo d’inquinamento con riferimento a fatti diversi da quelli contestati, e per l’insufficiente riferimento alle modalità di commissione dei fatti circa il pericolo di reiterazione specifica.

 

Con motivi aggiunti si denuncia:

 

1^ – violazione L. Fall. Art. 130, u. C. – artt.  131 e 124, – vizio di motivazione circa i capi A, B, C. E si argomenta (1 mot. ) a) la necessità di vendere gl’immobili ai fini dell’esecuzione del concordato (è, irrilevante l’adduzione di falsa certificazione al notaio di chiusura del fallimento, in effetti concernente la cancellazione della trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento, con trasferimento immediato dei beni all’assuntrice: si riporta il tenore della sentenza della Corte di Appello); b) l’inconferenza, ai fini di bancarotta post – fallimentare della FINASI, del fallimento della ELLE ELLE PI (nel quale nessuna ipotesi di reato è stata mai contestata, e sul punto il motivo si sofferma circa le deduzioni del l’Avv. SANGIORGI G. , per contrastarne logicità ed inferenza); c) il vizio di motivazione in merito al pregiudizio dei creditori, per l’effetto liberatorio del concordato nei loro confronti, e perché quelli indicati in effetti sono stati soddisfatti, già nella misura del 90%; d) il rilievo che XXXXXXnon è amministratore della società (il motivo prosegue con l’illustrazione delle posizioni, sino a sostenere che non potrebbe ipotizzarsi un reale pregiudizio dei creditori, analizzando le posizioni SERIT, Banco di Sicilia, Banco di Roma, Credito Fondiario SPA, INAIL, rimarcando tra l’altro il numero ridotto da i creditori che si dichiarano insoddisfatti e l’estinzione di taluni crediti per prescrizione, etc);
3^ – vizio di motivazione in punto di riferibilità dei fatti al ricorrente (gli si contesta di aver condotto trattative precontrattuali e di esser stato fisicamente presente agli atti di compravendita, dunque non un comportamento illecito, men che significativo di atti di gestione; ne’ si può ritenerlo implicato quale procuratore speciale – capo C – dovendo attribuirsi ogni effetto al mandante; e nulla di sospetto vi è nella stretta collaborazione tra Easy Island ed Elle Elle Pi, che si fonda su un contratto di associazione in partecipazione, stipulato il 23. 5. 03, nè prova dell’ingerenza del ricorrente nelle ipotesi di mala gestio, che sono mere illazioni).
2 – Il ricorso è infondato.

 

2. 1 – Il 1^ motivo offre una premessa maggiore di diritto erronea. La L. Fall. Art. 131, afferma che il fallimento è chiuso solo con il passaggio in giudicato della sentenza che omologa il concordato. Pertanto questa Corte ritiene che l’omologazione del concordato fallimentare, ancorché comporti l’assunzione dei relativi obblighi da parte di un terzo, non incide per sè sul procedimento pendente nei confronti del fallimento, ne’ determina la decadenza degli organi fallimentari, i quali rimangono in carica in relazione al perdurante interesse dei creditori alla conservazione del patrimonio del fallito, per il buon fine del concordato (come puntualizzato da Cass. Civ. Sez. 1^, n. 3052/1983, Tedeschi; e n. 20565/86, Missiroli). Difatti il concordato fissa solo le modalità esecutive della soddisfazione dei creditori, secondo le disponibilità del patrimonio fallimentare e gl’impegni assunti per soddisfarle, in maniera da portare a conclusione incontroversa la procedura.

 

Ne segue che, fino a quando non vi sia la chiusura del fallimento, le disposizioni patrimoniali devono rispondere al fine di conservazione del patrimonio fallimentare, a garanzia dei creditori tutti, nessuno escluso. Diversamente possono ben ravvisarsi le ipotesi di bancarotta fallimentare previste dalla L. Fall. Art. 216 comma 3. E la configurazione dei fatti verificatisi in costanza di fallimento come reato è esclusa men che dall’esecutività provvisoria della sentenza di omologa, dal sopravvenuto giudicato della stessa sentenza. La questione dunque residua solo sotto il profilo motivazionale, cioè della premessa minore, della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
2. 2 – Il ragionamento svolto in proposito dal Tribunale, ancorché provvisorio come è ovvio in materia cautelare, è compiuto e logicamente corretto.

 

Esso si fonda implicitamente sul principio di distinzione del patrimonio della società fallita da quello di altre società, pur facenti capo alla stessa persone o allo stesso gruppo. La soggettività di ciascuna è metro incontroverso di diritto vivente per ritenere il passaggio ingiustificato di quanto appartiene al primo patrimonio ad altro, e dunque la bancarotta.
La motivazione quindi s’incentra su due rilievi. L’assuntore dissimulato del concordato è, in realtà, lo stesso DE LORENZO, cui faceva capo la fallita ed hanno fatto capo sia l’assuntrice formale, La Risanatrice in cui FINASI è confluita, che la ELLEELLE PI in cui è poi confluita l’assuntrice. L’amministratore formale all’uopo nominato è la stessa persona in ciascun caso, ed il curatore del fallimento risulta coinvolto nei fatti. Ne segue l’induzione ineccepibile di un’anomalia rilevante sul piano degli estremi di reato nella sparizione giuridica e perciò patrimoniale della fallita, prima della chiusura del fallimento, per l’assorbimento nell’assuntrice. E risulta risolutivo che questa diversa società scompaia anch’essa in costanza di fallimento, dimostrandosi in effetti incapace di assolvere l’impegno concordatario, perché risulta un mero contenitore del patrimonio fallimentare.

 

è in questo contesto che, ben prima della definitività della sentenza di omologazione, e proprio facendo leva sull’esecutività provvisoria del concordato, con lo schermo della successione tra i soggetti giuridici, sono stati operati gli atti di gestione incriminati, all’evidenza sottrattivi di garanzie dal patrimonio fallimentare. Questo è il senso dell’ordinanza.

 

E risulta per sè incontestato, posto che il ricorso e i motivi nuovi, premessa la non ravvisabilità dei reati, si premurano di dimostrare in fatto, in questa sede, l’adempimento del concordato, senza soffermarsi sulla valenza intrinseca dei movimenti e nel contesto.

 

Al riguardo il Tribunale ritiene inconsistente la giustificazione del destino dato ai cespiti scomparsi dal patrimonio fallimentare, osservando che di essi si è anzitutto disposto attraverso la rappresentazione di dati non rispondenti al vero al notaio (che è impossibile qui verificare se abbia frainteso, men che se ne sia stata fraintesa la deposizione).

 

L’inferenza che i passaggi formali si rapportano intrinsecamente ad un’attività connessa a sottrarre le garanzie patrimoniali della fallita, risulta dunque corretta. Ed è gratuita in particolare la censura dei motivi nuovi che l’ordinanza ritenga estremo dei reati in discorso il fallimento della ELLE ELLE PI(con la conseguente polemica su quel versante, circa la valenza delle opinioni in proposito). Tale fallimento, difatti, ha solo valenza sintomatica conclusiva per quanto interessa la sorte dei valori ricavati dai beni FINASI venduti.

 

E rileva altresì la presenza di DE LORENZO, in una con
l’amministratore formale, in quel fallimento come nei momenti chiave delle operazioni incriminate. L’ordinanza induce in maniera logica il suo contributo, in più dall’apprestamento dei presupposti degli atti incriminati, nelle vicende relative al patrimonio della FINASI.

 

Analogamente risulta incensurabile la motivazione per come resa, con riferimento all’ultimo reato. XXXXXXrisulta dimostrato gestore, al di la dell’incarico formale peraltro significativo, visto che aveva disposizione di beni sociali non trovati al momento del fallimento. Sotto questo profilo, prima che inverificabile in questa sede l’asserto dei motivi nuovi che egli non avrebbe ricevuto la richiesta di consegna del curatore fallimentare, risulta manifestamente irrilevante.

 

Non si tratta di mero inadempimento ad una richiesta formale di alcunché interessi il fallimento, ma proprio dell’assenza di beni del patrimonio, a stregua dell’imputazione formale, cioè di bancarotta fraudolenta (L. Fall. Art. 216).

 

Oltre i motivi di ricorso, e soprattutto quelli nuovi surriferiti, pongono questioni inverificabili oltre il tenore dell’ordinanza, posto che non risultano proposti motivi al Tribunale, e che è impossibile intendere il controllo di legittimità quale verifica suppletiva di fatto. Sembra che il ricorso lo confonda con l’alternativa possibilità di revoca della misura ai sensi dell’art. 299 c. P. P. , quando non con le vertenze in sede civile. 2. 3 – Quanto alle esigenze cautelari, sono ravvisate entrambe alla luce dei comportamenti, in se stessi incontroversi di XXXXXXe pertinenti ai reati incriminati, di cui taluno è sottolineato particolarmente significativo del pericolo di inquinamento. L’ordinanza rapporta infine il pericolo di reiterazione specifica ad ulteriori indici concreti. Ed il dettaglio della motivazione dimostra scrupolosa verifica secondo dettato.

 

Insomma per questo capo l’argomentazione del ricorso, pur dialetticamente assai curata, risulta manifestamente infondata.

 

P. Q. M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

 

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Dott. Alessio Ferretti

Tributarista Qualificato Lapet ai sensi della Legge 4/2013, referente di Networkfiscale.com, Commercialista.it, Commercialista.com, amministratore e consigliere in varie società. Dottore Commercialista ODCEC di Roma nr di iscrizione AA12304

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