I rimborsi in fattura (parcella) non concorrono a formare la base imponibile perché non costituiscono corrispettivo, non hanno la natura di controprestazione in denaro della prestazione resa. Anche questo principio è oggetto di definizione normativa. In una parola, è il Decreto Iva a stabilire quali siano le voci che sono considerate escluse dalla base imponibile, ovvero da indicare all’interno della parcella a parte, senza che su di esse debba applicarsi l’aliquota dell’imposta.
Avvocato guida fiscale: come indicare nella Parcella o in fattura i rimborsi
I rimborsi in fattura (parcella) non concorrono a formare la base imponibile perché non costituiscono corrispettivo, non hanno la natura di controprestazione in denaro della prestazione resa. Anche questo principio è oggetto di definizione normativa. In una parola, è il Decreto Iva a stabilire quali siano le voci che sono considerate escluse dalla base imponibile, ovvero da indicare all’interno della parcella a parte, senza che su di esse debba applicarsi l’aliquota dell’imposta.
Come è il caso del contributo alla Cassa di Previdenza: modificando un orientamento amministrativo anteriore, con norma di legge (L. 41/1995, art. 16), è stata inclusa nella base imponibile, quale integrazione di corrispettivo, la somma del 2% addebitata al cliente a titolo di rivalsa del contributo integrativo dovuto alla Cassa di Previdenza.
L’art. 15 della legge Iva testualmente indica i casi di esclusione dalla base imponibile: fra essi, di diretta, immediata e molto frequente applicazione per il professionista avvocato è quello delle somme avute a rimborso per anticipazioni fatte in nome e per conto del committente; in una parola, quelle che colloquialmente e con qualche imprecisione si dicono “spese vive” e che consistono, in sostanza, nelle spese per contributi unificati, marche da bollo e notifiche.
Analizzata con attenzione la normativa in proposito, le circolari e i pronunciamenti ministeriali, risultano chiare le limitazioni esistenti alla possibilità di escludere dal computo dell’Iva le somme destinate alle spese necessarie per l’adempimento del mandato ricevuto dal cliente; ma, soprattutto, non si deve assolutamente ritenere “escluso”, genericamente, dalla base imponibile quello che usualmente viene detto “fondo spese”, essendo tale somma, al contrario e come già esplicitato sopra, un mero acconto, quindi imponibile.
Tanto nel caso di cessioni di beni, tanto nel caso di prestazioni di servizi, che più direttamente interessa l’avvocato, non devono essere assoggettate ad Iva, ma separatamente indicate nella fattura, le somme ricevute dal cliente a titolo di rimborso di anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte (cliente), se regolarmente documentate.
La norma richiede due distinte condizioni:
1) le spese devono essere sostenute in nome e per conto del cliente;
2) le anticipazioni devono essere documentate in modo corretto.
Il primo requisito implica che esista un rapporto contrattuale sottostante che abiliti il prestatore d’opera a porre in essere il pagamento delle suddette spese: questa prima considerazione non sembra comportare peculiari difficoltà, in quanto il rapporto cliente-avvocato è ordinariamente costituito tramite mandato, un vero e proprio mandato processuale con rappresentanza.
Peraltro, deve dirsi che il versamento del contributo unificato, quale primo esempio, costituisce adempimento da porsi in essere per conto del cliente, in quanto è evidente che il soggetto passivo dell’obbligo di adempiere a detto versamento è colui che fa valere in giudizio una domanda.
Il contributo unificato, infatti, è riconducibile ad una prestazione patrimoniale di tipo tributario che grava sul titolare del diritto fatto valere in giudizio. Il requisito della spendita del nome del cliente può al contrario far emergere qualche difficoltà nella rappresentazione contabile (cartacea ) della spesa. Se ne occupano una serie di circolari, che tornano più volte ad analizzare il problema in un caso specifico: le prestazioni dell’agenzia di consulenza automobilistica.
In questo caso, l’agenzia, per conto del proprio committente, effettua delle spese, quali il pagamento delle tasse di concessione governativa o di circolazione o spese notarili; esse possono considerarsi escluse dalla base imponibile solo se esattamente documentate, ovvero se la parcella emessa dal notaio ed i documenti giustificativi sono intestati al cliente stesso. Rimangono assoggettate ad Iva, ed incluse nel computo della base imponibile, altre spese, che in tal senso costituiscono meramente e semplicemente ”costo” per il prestatore del servizio, quali gli acquisti di stampati e moduli per il PRA ed anche le spese di bolli per le documentazioni anagrafiche18. 18 Così la Risoluzione Ministeriale n. 360393 del 16. 1. 1978.
Se si analizza la prassi di cui sopra e la si confronta con numerose altre pronunce che si occupano di casi diversi, appare evidente che la qualificazione di una determinata spesa come ”anticipazione” dipende sia dalla natura della stessa, sia dalla rappresentazione contabile cartacea della spesa stessa, nella quale deve risultare la spendita del nome del dominus (digesto alla mano, la contemplatio domini), poiché in ciò, ed in ciò soltanto, sembra incentrarsi la riprova dell’avvenuta sostituzione del prestatore d’opera al mandante, che sarebbe altrimenti originariamente tenuto a sostenere la spesa.
La casistica è ricca. Si veda il caso della carta da macero acquistata dall’intermediario per conto della ditta mandante, che è considerata spesa esclusa solo se la fattura di acquisto risulta intestata al mandante stesso ed al mandante rimesso: se, infatti, la fattura risulta intestata all’intermediario che, per la sua prestazione deve acquistare tale carta da macero, l’intermediario diviene ”commissionario” e le spese sopportate perdono la natura di anticipazioni (Ris. Min. N. 526019 del 31. 1. 1973).
è il caso, ancora, delle spese postali: molteplici risoluzioni ministeriali negano la natura di anticipazioni alle spese postali sostenute dal prestatore d’opera o di servizio come nel caso delle banche, allorché dette spese postali siano rimborsate, ad esempio, sulla base di un corrispettivo contrattualmente e preventivamente determinato (Ris. Min. N. 430585 del 22. 10. 1992); altre stabiliscono che, se nelle condizioni contrattuali di vendita è previsto che la spesa postale sia a carico del cliente, esse, se adeguatamente rappresentate, costituiscono spese escluse (Ris. Min. N. 502030 del 19. 5. 1973). Ancora un principio importante è espresso in un pronunciamento sul rimborso del gasolio per autotrazione acquistato dalla ditta che esegue il collaudo: in questo caso il ‘rimborso’ della spesa affrontata viene ritenuto un mero costo sostenuto per eseguire la prestazione, non un’anticipazione di spesa eseguita in virtù di un mandato con rappresentanza (Ris. Min. N. 430084 del 15. 12. 1990). L’enumerazione della casistica è resa necessaria proprio per ribadire i principi disposti dall’Amministrazione e per cercare di applicarli alle tipologie di spesa più usualmente affrontate dall’avvocato.
Il pagamento del contributo unificato, infatti, avviene a fronte del rilascio di un tagliando che non riporta in alcun modo il nominativo del soggetto che lo chiede. Pertanto, se non compare il nome del professionista che materia mente si reca ad effettuare il versamento, non compare neppure il nome del titolare della causa che quel versamento deve effettuare. Fermo il principio, però, secondo il quale la spesa esclusa è quella eseguita in virtù di un mandato con rappresentanza: un’adeguata contabilizzazione del contributo unificato può allora essere raggiunta conservando unitamente alla parcella nella propria contabilità (e rimettendo al cliente) il secondo originale del tagliando rilasciato all’atto di pagamento del contributo unificato ed altresì la fotocopia del frontespizio della nota di iscrizione a ruolo della causa, ove compaiono gli estremi del cliente e della causa e ove è stato apposto il tagliando del contri- buto unificato.
Per l’acquisto delle marche da bollo, affinchè esse possano essere considerate spese effettuate in nome e per conto del cliente, come lo sono in senso sostanziale allorchè trattasi di imposta di bollo da assolversi nell’ambito di un rapporto per lo più processuale di rappresentanza procuratoria, si consiglia l’acquisto con redazione di apposite note, controfirmate dal cedente, ove, oltre al timbro del professionista, compaia anche esplicitamente il nominativo del cliente, ovvero la posizione cui è riferibile l’acquisto. Anche la suddetta ricevuta dovrà essere conservata unitamente alla parcella in cui compare la somma non assoggettata ad Iva.
Neppure la spesa per le notifiche dovrebbe creare soverchi problemi di classificazione: pare chiaro, infatti, che la notifica dell’atto processuale o extraprocessuale è richiesta dal professionista in nome e per conto del cliente. Anche in tal caso, l’unica documentazione delle suddette spese è la nota apposta dal notificante sul corpo dell’atto notificato, ove compare certamente il nome del dominus della posizione e la relazione di notifica. Analogamente è a dirsi per le spese di registrazione di atti, trattandosi di imposta di registro gravante sulla parte contraente (o parte in causa).