In capo al socio assegnatario a seconda della fattispecie cui sia collegata l’assegnazione possono verificarsi situazione diverse parzialmente o totalmente assoggettabili a tassazione. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, alcune hanno solo valore patrimoniale e non producendo ricchezza non risultano rilevanti sul piano impositivo.
Assegnazioni al socio in natura e riflessi fiscali
In capo al socio assegnatario a seconda della fattispecie cui sia collegata l’assegnazione possono verificarsi situazione diverse parzialmente o totalmente assoggettabili a tassazione. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, alcune hanno solo valore patrimoniale e non producendo ricchezza non risultano rilevanti sul piano impositivo.
1. Assegnazione a seguito di distribuzione di utili in natura.
La società può procedere alla distribuzione di utili in natura attingendo sia dagli utili di esercizio che dalle riserve di utili. In entrambi i casi si realizzerà un reddito tassabile in capo al socio persona fisica non imprenditore.
Il legislatore nell’art 47 comma 3 ha previsto che il valore imponibile è determinato in relazione al valore normale degli stessi beni assegnati determinato alla data individuata dalla lett. A) del comma 2 dell’art 109. Si fa riferimento quindi alla data di stipula dell’atto di trasferimento o se diversa e successiva alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale.
2. Assegnazione a seguito di ripartizione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale
La vicenda riguarda la fattispecie descritta nel comma 5 dell’art 47 tuir ovvero quando l’assegnazione di beni in natura avvenga mediante la corrispondente utilizzazione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale che per tale motivo hanno natura patrimoniale e non reddituale.
Nello specifico il riferimento normativo è alle seguenti riserve:
a) sovrapprezzi di emissione di azioni o quote
b) interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote
c) versamenti eseguiti dai soci a fondo perduto o in conto capitale
d) saldi di rivalutazione monetaria ma solo se esenti da imposta
In tali fattispecie è possibile individuare la natura di entrata patrimoniale per la società che riceve dette somme assimilata al capitale. Per questo motivo tali elementi non concorrono a formare il reddito della società e l’eventuale successiva distribuzione non costituisce per i soci reddito tassabile bensì semplice restituzione del “ capitale”.
L’unico effetto fiscale che produce l’utilizzo di riserve assimilate al capitale consiste nella riduzione del costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute, e di cui si rimanga titolari, comportando una diminuzione del patrimonio netto della società.
Precisato che tale assunto poggia sul fatto che il socio rimanga tale la riduzione in argomento potrà operare solo nel caso in cui la riserva di patrimonio netto non formata con utili sia di importo inferiore al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione del socio assegnatario. Non è questa la sede per affrontare l’ipotesi opposta (della partecipazione di importo superiore al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione del socio assegnatario) nota come “sottozero”, ma l’occasione consente di precisare che la vicenda è di discutibile soluzione specie per il socio persona fisica non imprenditore. Un’applicazione pratica di quanto sostenuto si potrà avere ad esempio nel caso di delibera che assegni un bene a un socio a seguito della restituzione di versamenti in conto capitale.
3. Assegnazione a seguito di recesso e altre ipotesi ex art 47-7 comma tuir
La posizione fiscale è completamente diversa a seconda del tipo di società da cui si recede. Il recesso di cui si parla è il recesso tipico che si attua tramite il rimborso e l’annullamento della partecipazione del socio receduto. La individuazione della tassazione comporta prima l’approfondimento del tema di come si determina il reddito da recesso. La materia è disciplinata dall’art 47-7 comma tuir che benché riferita alle sole persone fisiche non imprenditori, risulta applicabile anche alle società di persone e alle società di capitali per effetto dei rinvii a essa operati rispettivamente dagli artt. 59 e 89 del tuir stesso.
A prescindere quindi dal tipo di società da cui si receda, le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso costituisce utile da tassare in capo al socio solo per la parte eccedente il prezzo pagato per l’acquisto o per la sottoscrizione delle quote annullate. L’art 47 comma 5 esprime un principio di carattere generale: la restituzione al socio da parte della società di quanto lo stesso aveva conferito non costituisce materia imponibile. In capo al socio recedente viene dunque tassata solo la differenza da recesso.
L’assegnazione di un bene in natura in capo al socio risulterà pertanto imponibile solo con riferimento alla componente di quota liquidata corrispondente al riconoscimento dell’eventuale maggior valore economico del complesso aziendale rispetto ai valori contabili del patrimonio costituisce la cosiddetta “differenza da recesso” che costituisce per il socio recedente un incremento patrimoniale e quindi un reddito da tassare.
La differenza tra delibera di distribuzione di utili in natura e operazione sugli utili in sede di assegnazione da recesso è data dalla diversa determinazione del reddito da tassare. Intero nel primo caso e limitato alla differenza da recesso nel secondo caso.
Dott. Alessio Ferretti |
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