Frequenti sono gli avvisi di accertamento relativi alle aree edificabili. L’articolo 5 del Dlgs 504192 stabilisce che la base imponibile è il valore venale in comune commercio al primo gennaio dell’armo di imposizione
Frequenti sono gli avvisi di accertamento relativi alle aree edificabili. L’articolo 5 del Dlgs 504192 stabilisce che la base imponibile è il valore venale in comune commercio al primo gennaio dell’armo di imposizione. Il contenzioso – in questo caso – nasce sia per l’esatta classificazione di area edificabile sia per la valutazione commerciale. Dev’essere il Comune – articolo 31, comma 20 della legge n. 289/2002 – a dare comunicazione al contribuente di quando un’area divenga edificabile. Il DI 223/2006 (articolo 36, comma 2) ha chiarito poi che è edificabile l’area inserita come tale nello strumento urbanistico adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi. Il valore dell’area Relativamente al valore venale in comune commercio, molti enti locali, nella speranza di ridurre il contenzioso, hanno previsto, nei propri regolamenti, di non procedere ad accertamento nei casi in cui l’imposta sia versata sulla base di valori non inferiori a quelli deliberati in ciascun periodo d’imposta. Il Comune delibera un valore minimo per le aree edificabili e il contribuente che si adegui, pagando la relativa imposta, sarà immune da ulteriori pretese. In caso contrario, invece, l’ente potrà procedere ad accertamento determinando il valore venale, a prescindere dai valori in delibera, fermo restando l’obbligo motivazionale dell’atto. L’eventuale difesa potrà essere indirizzata dimostrando caratteristiche di minor pregio dell’ area oggetto di accertamento, come ad esempio la mancata approvazione regionale dello strumento urbanistico ovvero l’esistenza di vincoli paesaggistici eccetera. Sono assoggettati, con gli stessi criteri delle aree edificabili, gli immobili sottoposti a interventi di ristrutturazione, anche se parziale. In questi casi, la base imponibile sarà il valore dell’ area, senza considerare il fabbricato. Fin dall’istituzione dell’imposta, sono sempre state previste delle detrazioni prima e la totale esclusione dal 2008, per gli immobili adibiti ad abitazione principale del contribuente. La corretta definizione di abitazione principale è quindi l’elemento principe per determinare la possibilità di beneficiare di queste riduzioni o meno. L’articolo 8 del Dlgs 504192 definisce l’abitazione principale come quella in cui il contribuente e i suoi familiari dimorano abitualmente. Una recente sentenza della Corte di cassazione è intervenuta precisando che, in assenza di una frattura del rapporto coniugale, sia necessaria l’effettiva convivenza dei coniugi e della famiglia per beneficiare delle agevolazioni, non contando la mera residenza anagrafica. Nel caso esaminato due coniugi residenti in due differenti Comuni, non dimostrando la frattura del loro rapporto, si sono visti disconoscere i benefici sfruttati nel Comune di mera residenza anagrafica. L’interpretazione restrittiva della sentenza ha indotto alcuni enti locali a disconoscere le agevolazioni per l’abitazione principale in tutti i casi di coniugi residenti in due differenti Comuni, in assenza di un provvedimento di separazione o divorzio. Per un tale accertamento è intervenuta la sentenza del la Ctp di Brescia (nr. 107-15-11) in cui si conferma che la norma prevede la necessità della dimora dei familiari e non la residenza degli stessi. Pertanto quando il Comune non provi o non contesti le prove fornite dal contribuente, l’agevolazione spetta.