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martedì 1 Aprile 2025

Rimborsi IVA beni di terzi: quando è possibile e come ottenerlo

Negli ultimi anni, sempre più contribuenti si sono trovati a dover affrontare problematiche complesse in merito al recupero dell’IVA, soprattutto quando si tratta di beni non intestati direttamente all’impresa, ma utilizzati nell’ambito dell’attività economica. Il tema dei rimborsi IVA per beni di terzi, infatti, tocca una delle questioni più delicate del sistema fiscale: la possibilità di dedurre l’IVA anche quando i beni non risultano formalmente iscritti nel patrimonio dell’impresa, ma vengono comunque utilizzati per la produzione del reddito.

Un chiarimento fondamentale arriva dalla risposta n. 2003/2024 dell’Agenzia delle Entrate, che prende posizione sul concetto di “bene ammortizzabile” nel contesto delle richieste di rimborso IVA ai sensi dell’art. 30, comma 3, lett. c) del DPR 633/1972. Questo intervento dell’Amministrazione Finanziaria si inserisce in un solco interpretativo già delineato da varie sentenze della Corte di Cassazione, e pone un punto fermo su una questione che, fino a poco tempo fa, generava incertezza.

Capire quando è possibile richiedere un rimborso IVA per beni non di proprietà, ma comunque strumentali all’attività d’impresa, è oggi essenziale per evitare errori e, soprattutto, per ottimizzare la gestione fiscale dell’azienda.

In questo articolo analizzeremo in dettaglio le condizioni previste dalla normativa e chiarite dall’Agenzia delle Entrate, offrendo anche una panoramica delle soluzioni concrete per imprese e professionisti.

Rimborso IVA

La questione del rimborso dell’IVA su interventi realizzati su beni non di proprietà del soggetto passivo d’imposta è stata recentemente chiarita dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 20 del 26 marzo 2024. Il documento arriva in risposta a numerosi quesiti posti da operatori economici e consulenti in merito all’applicazione dell’articolo 30, comma 2, lettera c) del D.P.R. n. 633/1972, che disciplina i presupposti per ottenere il rimborso dell’eccedenza IVA detraibile.

Al centro dell’analisi vi è il caso specifico della realizzazione di opere su beni di terzi, un’ipotesi che ha da sempre creato incertezza interpretativa. La situazione riguarda ad esempio un’impresa che realizza migliorie su un immobile in affitto, o che installa impianti su un bene non intestato formalmente alla stessa. In questi casi, sorge la questione se tali costi, pur non generando beni “ammortizzabili” in senso stretto, possano comunque legittimare il rimborso dell’IVA.

L’Agenzia ha chiarito la questione anche alla luce dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione – Sezioni Unite Civili – nella sentenza n. 13162, recentemente richiamata nella prassi. Secondo questa interpretazione, la nozione di “beni ammortizzabili”, ai fini del rimborso, deve essere letta in senso estensivo. Ciò significa che anche le spese sostenute per interventi su beni di terzi, se connesse ad attività d’impresa e con destinazione durevole, possono rientrare tra quelle che legittimano il rimborso dell’IVA assolta.

Beni ammortizzabili

Uno degli aspetti più interessanti e innovativi chiariti dalla Risoluzione n. 20/E/2024 riguarda la reinterpretazione del concetto di “bene ammortizzabile”. Secondo la tradizionale impostazione fiscale, un bene è ammortizzabile solo se è di proprietà del soggetto passivo e iscritto nel suo attivo patrimoniale. Tuttavia, l’evoluzione della prassi operativa e delle esigenze del mondo produttivo ha spinto dottrina e giurisprudenza verso una visione funzionale e sostanziale, piuttosto che meramente formale.

L’Agenzia delle Entrate, allineandosi alla posizione delle Sezioni Unite della Cassazione, ha stabilito che rientrano nel concetto di “beni ammortizzabili” anche quei beni che, pur non essendo formalmente iscritti nel bilancio dell’impresa, vengono utilizzati in modo continuativo e duraturo nell’esercizio dell’attività economica. Si pensi, ad esempio, a impianti, attrezzature, o lavori di adeguamento strutturale su immobili presi in locazione: in tutti questi casi, il bene resta formalmente di proprietà altrui, ma produce benefici economici durevoli per l’impresa che lo utilizza.

Questa interpretazione apre la strada a un più ampio accesso al rimborso IVA, in particolare per quei soggetti che operano in settori come l’edilizia, la logistica o la ristorazione, dove è frequente l’investimento su beni di terzi. Il criterio discriminante diventa quindi la finalità strumentale e durevole del bene, non la sua proprietà formale. Un vero e proprio cambio di paradigma che può offrire importanti opportunità di ottimizzazione fiscale.

Rimborso IVA su beni di terzi - Commercialista.it

Requisiti e documentazione

l rimborso dell’IVA assolta per interventi su beni di terzi non è automatico: l’estensione del concetto di “bene ammortizzabile” richiede comunque il rispetto di alcune condizioni fondamentali, sia dal punto di vista sostanziale che documentale. La prima condizione imprescindibile è che il bene – pur non essendo di proprietà – sia effettivamente utilizzato in modo durevole nell’ambito dell’attività economica dell’impresa. In altre parole, dev’essere un bene strumentale, destinato a produrre reddito nel medio-lungo termine.

Dal punto di vista operativo, è essenziale che il contribuente sia in grado di dimostrare l’utilizzo del bene e la sua connessione diretta con l’attività d’impresa. La documentazione giustificativa assume quindi un ruolo centrale: contratti di locazione, comodato d’uso, concessioni o altri atti che giustifichino il possesso del bene, insieme alle fatture relative agli interventi effettuati, devono essere accuratamente conservati.

Inoltre, è raccomandabile inserire il bene (anche se di terzi) tra i cespiti o comunque nei registri interni dell’impresa, accompagnando il tutto con una relazione tecnica che motivi la destinazione funzionale dell’investimento. Solo in presenza di un uso stabile, economicamente significativo e supportato da idonea documentazione, l’Agenzia delle Entrate riconoscerà il diritto al rimborso dell’eccedenza IVA detraibile.

Questo approccio valorizza la sostanza economica rispetto alla forma giuridica, premiando le imprese che, pur operando su beni altrui, investono per sviluppare strutture, impianti e attrezzature durevoli.

La sentenza della Cassazione n. 13162/2024

La sentenza n. 13162 del 14 maggio 2024 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha avuto un ruolo centrale nella definizione della nuova linea interpretativa in materia di rimborsi IVA per beni di terzi. Si tratta di una decisione di particolare autorevolezza, in quanto proveniente dall’organo giurisdizionale più alto in ambito civile e tributario, e dalle Sezioni Unite, quindi con valore orientativo ancora più forte.

Nel caso esaminato, la Corte si è trovata a valutare la legittimità della detrazione e del rimborso IVA relativa a spese sostenute per interventi su un immobile non di proprietà dell’impresa contribuente. La Cassazione ha stabilito in modo netto che il concetto di “beni ammortizzabili” contenuto nell’art. 30, comma 2, lett. c) del DPR 633/1972 non può essere letto in modo restrittivo. Anzi, deve essere inteso come riferito a tutti quei beni che, pur non risultando formalmente iscritti tra i cespiti dell’impresa, rappresentano un investimento durevole funzionale all’attività economica.

Con questa sentenza, la Corte ha superato definitivamente un’interpretazione meramente formale del concetto di ammortizzabilità, valorizzando la reale funzione economica del bene. In pratica, ciò che conta non è chi sia il titolare giuridico del bene, ma se quel bene venga effettivamente utilizzato in modo durevole e produttivo. La pronuncia rappresenta quindi una garanzia importante per tutte le imprese che operano in strutture non proprie, ma che investono per migliorarle o adattarle alle proprie esigenze.

Settori e casi concreti

La possibilità di ottenere il rimborso dell’IVA per opere realizzate su beni di terzi non è un’opportunità limitata a pochi casi eccezionali, ma rappresenta una leva fiscale concreta per moltissimi soggetti operanti in vari settori. In particolare, traggono vantaggio da questa interpretazione le imprese che lavorano in immobili in locazione o in concessione, oppure che utilizzano beni strumentali non intestati formalmente, ma funzionali all’attività economica.

Un esempio classico è quello del settore retail e ristorazione, dove spesso i locali commerciali sono presi in affitto e vengono completamente ristrutturati, arredati e adattati alle esigenze operative del marchio. Le spese per questi interventi, se durevoli e strumentali, possono ora legittimare il rimborso dell’IVA, anche se il bene non è di proprietà. Un altro caso frequente si verifica nel settore logistico e industriale, dove impianti e strutture tecniche vengono installati su capannoni concessi in uso, oppure nell’ambito della sanità privata, in cui strutture mediche operano in immobili non propri, ma realizzano investimenti importanti in attrezzature e allestimenti.

Anche i professionisti e le imprese del terziario avanzato, come gli studi associati o le startup innovative che operano in spazi coworking o in immobili in affitto, possono trovare spazio per beneficiare del rimborso IVA, purché siano rispettate le condizioni di utilizzo durevole e funzionale.

In sintesi, questa apertura interpretativa consente un’ottimizzazione fiscale concreta e pienamente legittima, purché supportata da una gestione documentale corretta e da una pianificazione attenta.

Rimborso IVA su beni di terzi - Commercialista.it

Aspetti pratici e raccomandazioni operative

Chi intende accedere al rimborso dell’IVA per spese sostenute su beni di terzi deve muoversi con attenzione e metodo, per evitare contestazioni e respingimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. La prima cosa da fare è verificare che l’utilizzo del bene sia effettivamente durevole, continuativo e direttamente funzionale all’attività d’impresa. Non è sufficiente un uso occasionale o secondario: serve una relazione strutturale tra l’intervento e l’attività economicasvolta.

Dal punto di vista documentale, è indispensabile conservare:

  • contratti (locazione, comodato, concessione);

  • fatture relative agli interventi effettuati;

  • eventuali relazioni tecniche o perizie che dimostrino l’impatto economico e la strumentalità del bene;

  • registrazioni contabili coerenti, anche se il bene non è formalmente ammortizzabile.

Nel caso di lavori edilizi su immobili altrui, è utile corredare la richiesta con planimetrie, progetti e autorizzazioni urbanistiche, per dimostrare l’investimento e la sua natura durevole.

Infine, la richiesta di rimborso dovrà essere presentata nei termini previsti dall’art. 30 del DPR 633/1972, allegando eventuali dichiarazioni integrative se necessarie. È consigliabile, in caso di situazioni complesse, anticipare eventuali osservazioni dell’Ufficio con una memoria illustrativa ben strutturata, o addirittura valutare una istanza di interpello per consolidare la posizione fiscale dell’impresa.

Una gestione attenta di questi passaggi può fare la differenza tra ottenere un rimborso legittimo o trovarsi coinvolti in una contestazione fiscale.

Vantaggi economici e competitivi

L’estensione della possibilità di rimborso IVA anche a beni non di proprietà, ma utilizzati in modo strumentale, apre scenari molto interessanti in ottica di pianificazione fiscale e gestione finanziaria. In un contesto economico in cui liquidità e ottimizzazione del cash flow sono elementi cruciali per la competitività, poter recuperare l’IVA su investimenti significativi rappresenta un vantaggio concreto.

Il rimborso dell’IVA consente, infatti, un recupero immediato di risorse finanziarie, migliorando la posizione di cassa e riducendo il fabbisogno di capitale circolante. Si tratta di un beneficio che, se ben pianificato, può essere reinvestito in nuove attività produttive, innovazione, o espansione commerciale. Inoltre, permette alle imprese di effettuare scelte più flessibili sull’allocazione delle risorse, senza dover necessariamente acquistare i beni per beneficiare della detraibilità.

Da un punto di vista fiscale, questo approccio consente di allineare l’impostazione contabile con la realtà economica, senza subire penalizzazioni in termini di detrazione o rimborso dell’imposta. Ciò favorisce una maggiore equità fiscaletra imprese che possiedono i beni e imprese che li utilizzano tramite contratti alternativi, ma che affrontano gli stessi costi e generano lo stesso valore economico.

Inoltre, per studi commercialisti, consulenti fiscali e CFO, questa possibilità diventa un argomento strategico da valutare nella consulenza annuale, permettendo di offrire soluzioni proattive e di valore per il cliente.

Criticità e limiti applicativi

Sebbene la Risoluzione 20/E/2024 e la sentenza n. 13162/2024 abbiano introdotto una lettura evoluta e favorevole al contribuente, è fondamentale non trascurare alcune criticità applicative e possibili aree di rischio. Il primo punto critico è la necessità di provare in maniera rigorosa la strumentalità e la durata dell’utilizzo del bene: non basta infatti una semplice dichiarazione d’intenti, ma serve una documentazione completa e coerente.

Inoltre, resta una certa marginalità interpretativa da parte degli Uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate, che potrebbero adottare criteri più stringenti in fase di controllo. In assenza di una disciplina normativa esplicita, e in attesa che questa interpretazione si consolidi anche nella prassi amministrativa, il rischio di contestazioni non può essere escluso, soprattutto in assenza di una gestione contabile trasparente o di contratti poco chiari.

Un altro limite riguarda la durata del possesso del bene: la norma e la prassi richiedono che il bene sia destinato a essere utilizzato per un periodo medio-lungo. Investimenti su beni usati solo temporaneamente o in maniera discontinua potrebbero non soddisfare i requisiti per il rimborso.

Infine, bisogna tener conto dell’implicazione che una richiesta di rimborso comporta in termini di controlli fiscali: ogni rimborso IVA è potenzialmente soggetto a verifica. È quindi essenziale che ogni richiesta sia accompagnata da una analisi preventiva dettagliata e da una relazione tecnica-fiscale in grado di sostenere la posizione adottata.

Esempi pratici

Per capire l’impatto reale del rimborso IVA su beni di terzi, è utile analizzare alcuni esempi concreti, tratti da situazioni tipiche che si verificano nella pratica aziendale e professionale. Prendiamo il caso di una catena di ristorazione che apre nuovi punti vendita in immobili in locazione: per ogni locale, l’impresa investe 100.000 euro in ristrutturazione, impianti, arredi fissi e adeguamento normativo. In condizioni normali, senza il riconoscimento della strumentalità dei beni, l’IVA (22.000 euro) non sarebbe rimborsabile. Con la nuova impostazione, invece, l’impresa può recuperare l’IVA a credito, migliorando sensibilmente il proprio cash flow.

Altro esempio: una società logistica prende in comodato d’uso un capannone e vi installa impianti automatici di movimentazione merci per 250.000 euro. Anche in questo caso, nonostante il capannone non sia di sua proprietà, gli impianti costituiscono investimenti durevoli e funzionali. Se ben documentato, l’intervento consente un rimborso IVA di oltre 55.000 euro.

Infine, immaginiamo uno studio medico privato che opera in un immobile in affitto e vi installa macchinari diagnostici di ultima generazione. I costi sostenuti per l’adeguamento delle strutture (impianti elettrici, climatizzazione, cablaggi) generano un credito IVA che può essere rimborsato, con un beneficio finanziario immediato.

In tutti questi casi, il rimborso IVA rappresenta un vantaggio fiscale legale e concreto, che consente di recuperare liquidità, ridurre il carico fiscale effettivo e reinvestire risorse in nuove attività.

Considerazioni finali

Il chiarimento fornito dalla Risoluzione n. 20/E del 2024, in coerenza con la sentenza n. 13162/2024 delle Sezioni Unite della Cassazione, rappresenta un importante punto di svolta nella gestione dell’IVA per tutte le imprese e i professionisti che investono su beni non di loro proprietà. L’estensione della nozione di “beni ammortizzabili” anche a quelli detenuti in uso, purché impiegati in modo durevole e strumentale all’attività economica, apre nuove e legittime opportunità di rimborso fiscale.

Questa nuova interpretazione consente non solo di alleggerire il carico fiscale, ma anche di migliorare la gestione della liquidità aziendale e potenziare la capacità di investimento, specialmente in settori ad alta intensità di immobilizzazioni materiali su strutture non proprie. Per cogliere al meglio questi benefici, è fondamentale predisporre una documentazione completa, coerente e ben organizzata, capace di dimostrare l’effettivo utilizzo strumentale del bene.

Per i consulenti fiscali, i CFO e i titolari d’impresa, questa rappresenta una leva strategica di pianificazione fiscale, che consente di trasformare costi apparentemente non recuperabili in risorse immediatamente disponibili.

In definitiva, il rimborso IVA per opere su beni di terzi non è solo una possibilità tecnica, ma una vera opportunità fiscale, da conoscere, comprendere e soprattutto applicare correttamente, con il supporto di un commercialista esperto.

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