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venerdì 6 Dicembre 2024

Quando l’imprenditore è responsabile per la legge italiana? Avv. PhD Roberto Pusceddu

Premessa

Nel presente contributo ci si soffermerà sulla responsabilità dell’imprenditore ai sensi dell’art. 2087 del Codice Civile richiamando le pronunce giurisprudenziali in materia e svolgendo le conseguenti considerazioni sul caso in esame e sui profili di responsabilità penale che coinvolgono coloro che ricoprono posizioni apicali all’interno di un’impresa.

La responsabilità dell’imprenditore.

In materia di responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., non costituisce fattore di esclusione della responsabilità datoriale il fatto che il lavoratore, per la sua posizione apicale, avesse la possibilità di modulare dal punto di vista organizzativo la propria prestazione, anche in relazione ai carichi di lavoro, alle modalità di fruizione delle ferie e dei riposi, residuando pur sempre in capo al datore di lavoro un obbligo di vigilanza del rispetto di misure atte a prevenire conseguenze dannose per la salute psicofisica del dipendente lavoratore, salva l’ipotesi che la condotta di questi si configuri come abnorme e del tutto imprevedibile.

Cassazione civile sez. lav., 27/01/2022, n.2403

Infortuni sui luoghi di lavoro: responsabilità dell’imprenditore

La responsabilità dell’imprenditore per gli infortuni avvenuti sui luoghi di lavoro a causa della mancata adozione delle misure di sicurezza deriva o da norme specifiche o, in assenza di queste, dalla norma di portata generale di cui all’art. 2087 c.c., che rappresenta una norma di chiusura del sistema antinfortunistico, che trova come tale applicazione a tutte le ipotesi non espressamente disciplinate.

Corte appello Firenze sez. lav., 28/06/2021, n.330

Mancata adozione delle misure idonee a tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore

In ordine alla responsabilità dell’imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore si fa riferimento a norme specifiche o, in mancanza a quanto disposto dall’art. 2087 c.c., che impone all’imprenditore l’obbligo di adottare nell’esercizio dell’impresa tutte le misure che, avuto riguardo alla particolarità del lavoro, siano necessarie a tutelare l’integrità psico -fisica dei lavoratori.

In particolare nel caso in cui si versi in ipotesi di attività lavorativa pericolosa, come nella fattispecie, la responsabilità del datore di lavoro -imprenditore, ai sensi dell’art. 2087 c.c., pur non configurando una ipotesi di responsabilità oggettiva, non può essere, tuttavia, circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, ma deve ritenersi volta a sanzionare, l’omessa predisposizione, da parte del datore di lavoro, di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l’integrità psico -fisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto, della concreta realtà aziendale, del tipo di lavorazione e del connesso rischio.

Cassazione civile sez. lav., 18/06/2021, n.17576

Responsabilità dell’imprenditore per infortuni sul luogo di lavoro

In tema di responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c. per gli infortuni sul luogo di lavoro, nel caso in cui il danno di cui si invoca il risarcimento consegua a un evento riconducibile, sotto il profilo causale, a più soggetti, questi ultimi, quale che sia il titolo (contrattuale o extracontrattuale) per il quale siano chiamati a rispondere, sono solidalmente responsabili nei confronti della vittima, la quale può conseguentemente pretendere l’intero risarcimento da ciascuno di essi, indipendentemente dalla misura del relativo apporto causale nella determinazione dell’evento.

(Nella specie, relativa all’infortunio occorso al dipendente di un’impresa appaltatrice di lavori di facchinaggio, per essere caduto, mentre era intento a sistemare della merce, da un ballatoio dell’altezza di circa tre metri posto all’interno del magazzino della società committente, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, riconosciutane la responsabilità per violazione delle prescrizioni antinfortunistiche di cui all’art. 26, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008, aveva condannato la committente, in solido con il socio illimitatamente responsabile, al risarcimento dell’intero danno subito dal lavoratore, pur avendo accertato il concorso di responsabilità di un altro dipendente nella produzione del fatto lesivo).

Cassazione civile sez. lav., 27/04/2021, n.11116

Bancarotta fraudolenta: configurabilità e casistica

La mancata giustificazione della destinazione data al residuo di cassa non rinvenuto al momento della redazione dell’inventario, concorre alla formazione della prova della responsabilità dell’imprenditore fallito. Infatti, in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti.

Del resto, in riferimento alla bancarotta patrimoniale, gli imprenditori di una ditta dichiarata fallita hanno l’obbligo di fornire la dimostrazione della destinazione data ai beni acquisiti al patrimonio, in quanto la destinazione legale dei beni del debitore all’adempimento delle obbligazioni contratte comporta una limitazione della libertà di utilizzare gli stessi, onde dalla mancata dimostrazione può essere desunta la prova della distrazione o dell’occultamento.

Corte appello Ancona, 22/04/2021, n.715

Responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c.

La responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non configurando un’ipotesi di responsabilità oggettiva, sorge non soltanto in caso di violazione di regole di esperienza o di regole tecniche già conosciute e preesistenti, ma sanziona anche la omessa predisposizione, da parte del datore di lavoro, di tutte le misure e cautele idonee a preservare l’integrità psico-fisica del lavoratore in relazione alla specifica situazione di pericolosità, inclusa la mancata adozione di direttive inibitorie nei confronti del lavoratore medesimo.

(Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, in un caso in cui il lavoratore aveva subito danni a seguito dell’impiego di una scala a pioli per movimentare pesi e non per l’innalzamento verso l’alto, aveva escluso la responsabilità datoriale senza indagare se l’uso non conforme a quello ordinario potesse essere evitato con cautele più incisive, incluso il divieto di utilizzo).

Cassazione civile sez. lav., 15/07/2020, n.15112

La responsabilità dell’imprenditore

La responsabilità dell’imprenditore, ai sensi dell’art. 2087 c.c., non è oggettiva, bensì fondata sulla violazione di obblighi di comportamento, a protezione della salute del lavoratore, imposti da fonti legali o suggeriti dalla tecnica, purché concretamente individuati.

Ne consegue che va esclusa la possibilità di ricavare dalla norma citata l’obbligo del datore di adottare ogni cautela possibile ed innominata, non potendosi esigere la predisposizione di misure idonee a prevenire ogni evento lesivo.

(Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, senza individuare la concreta e specifica regola prudenziale violata, aveva ritenuto la responsabilità del datore per le lesioni occorse alla dipendente scivolata e caduta sul pavimento in corso di pulizia, nonostante la predisposizione di apposite segnalazioni da parte dell’impresa appaltatrice).

Cassazione civile sez. lav., 23/05/2019, n.14066

Omesso versamento di ritenute

Va esclusa la responsabilità dell’imprenditore per il mancato versamento delle ritenute fiscali solo in presenza di una crisi economica a lui non imputabile, e solo quando siano state adottate tutte le misure idonee a fronteggiare la crisi (nella specie, la Corte ha rinviato al giudice del merito per un approfondimento sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, atteso che l’imprenditore aveva giustificato il mancato versamento con la volontà di utilizzare il denaro per pagare i dipendenti).

Cassazione penale sez. III, 23/11/2017, n.6737

Responsabilità dell’imprenditore per eccessivo lavoro imposto ai lavoratori

In tema di responsabilità dell’imprenditore, ex art. 2087 c.c., per l’eccessivo carico di lavoro imposto al lavoratore, è irrilevante l’assenza di doglianze o di sollecitazioni mosse da quest’ultimo, né, ai fini della prova liberatoria, è sufficiente l’allegazione generica della carenza di organico, costituendo l’organizzazione dei reparti, la consistenza degli organici e la predisposizione dei turni espressione ed attuazione concreta dell’assetto organizzativo adottato dall’imprenditore.

(Nella specie, il dipendente, deceduto per infarto del miocardio, era stato inserito nel servizio di pronta disponibilità, in violazione reiterata e sistematica dei limiti posti dall’art. 18 del d.P.R. n. 270 del 1987 e dalla contrattazione collettiva del comparto sanità).

Cassazione civile sez. lav., 08/06/2017, n.14313

Responsabilità dell’imprenditore per atti compiuti da terzi interposti

Affinché l’imprenditore possa essere tenuto a rispondere dell’atto concorrenziale del terzo occorre che questo atto, pur se realizzato senza la sua personale diretta partecipazione, sia tuttavia riconducibile geneticamente alla sua volontà, nel senso che sia stato compiuto su sua ispirazione e/o nel suo interesse e non nell’interesse autonomo del terzo che lo ha materialmente eseguito.

Tribunale Parma, 05/04/2017, n.525

Temporanea crisi aziendale e responsabilità dell’imprenditore

L’ammissione al godimento del contributo salariale presuppone una situazione di temporanea crisi aziendale, non riconducibile a responsabilità dell’imprenditore e rimessa alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione competente.

La normativa di settore – ossia l’art. 1, l. n. 164 del 1975, applicabile ratione temporis – nel riferirsi a “situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabile all’imprenditore o agli operai” implica l’assoluta estraneità dell’evento rispetto alla sfera psichica e causale dei soggetti interessati, per i profili sia della prevedibilità dell’evento stesso sia della responsabilità, con sostanziale riconduzione dell’applicazione della norma a situazioni di forza maggiore.

A ciò consegue che i fatti dai quali sia derivata una contrazione o una sospensione dell’attività d’impresa debbono risultare estranei anche alla sfera di responsabilità di soggetti diversi dall’imprenditore, al quale possa ricondursi, a titolo risarcitorio, la responsabilità dell’evento interruttivo e la riparazione delle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli. Inoltre, trattandosi di istituto che opera in via di eccezione alla regola del sinallagma dell’obbligo retributivo, con assunzione dello stesso a carico della collettività, è retto da regole di stretta interpretazione quanto ai presupposti che danno luogo all’intervento.

T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. III, 17/11/2015, n.2416

Omessa ordinaria diligenza

Nella ipotesi di furto in appartamento condominiale, commesso con accesso dalle impalcature installate in occasione della ristrutturazione dell’edificio, è configurabile la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2043 c.c., per omessa ordinaria diligenza nella adozione delle cautele atte ad impedire l’uso anomalo dei ponteggi, nonché la responsabilità del condominio, ex art. 2051 c.c., per l’omessa vigilanza e custodia, cui è obbligato quale soggetto che ha disposto il mantenimento della struttura.

Accanto alla responsabilità di carattere civilistico, vi sono anche situazioni che coinvolgono l’imprenditore e che hanno rilievo penale. L’attività imprenditoriale comporta dei rischi, anche a livello penale. Ecco i principali rischi penali dell’imprenditore ed i controlli preventivi utili per evitarli.

Quali sono le condotte dell’amministratore e del management societario che presentano dei rischi di “sconfinamento” nel diritto penale?

I reati che possono essere commessi dagli imprenditori (o dai c.d. “colletti bianchi”) si caratterizzano generalmente per l’assenza di una condotta violenta e per la categoria dei danneggiati o persone offese: consumatori, azionisti, concorrenti, investitori, dipendenti d’azienda e così via.

Trattasi di rischi penali che si possono verificare prevalentemente nel campo economico, politico e professionale, che perseguono uno scopo di lucro.

Rischi dell’imprenditori in sede fallimentare

Ci si riferisce ai reati fallimentari disciplinati dalla L. n. 267/1942. Presupposto è che il soggetto sia un imprenditore commerciale o una società o un soggetto che rappresenti la società stessa (es. amministratore).

Il reato più conosciuto è la bancarotta nelle sue forme semplice, fraudolenta, documentale, patrimoniale, documentale e preferenziale. Si realizza la bancarotta ad esempio nel caso in cui l’imprenditore utilizza il patrimonio sociale per spese personali o in operazioni manifestamente imprudenti.

Il reato si configura altresì nel caso in cui l’imprenditore distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa in tutto o in parte i suoi beni o falsifica i libri o altre scritture contabili.

Un’altra ipotesi di reato è il ricorso abusivo al credito che si verifica quando l’imprenditore ricorre al credito dissimulando il proprio dissesto. L’imprenditore risponde del reato di omessa dichiarazione dei beni se redige un inventario non fedele alla realtà.

I reati societari

Altra categoria di reati che possono essere commessi nell’esercizio dell’attività imprenditoriale sono reati societari, collocati nel codice civile dall’art. 2621.

Si pensi al reato di false comunicazioni sociali che si realizza ad esempio quando gli amministratori espongono nei bilanci fatti non corrispondenti al vero o, viceversa, omettono informazioni obbligatorie per conseguire un ingiusto profitto.

Se l’amministratore restituisce, anche simulatamente, i conferimenti ai soci o li libera dall’obbligo di eseguirli, risponde del reato di indebita restituzione dei conferimenti.

L’aggiotaggio si configura, invece, quando taluno diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate per provocare una sensibile alterazione di strumenti non quotati (art. 2637 c.c.).

Rientrano nella categoria dei reati societari anche alcune fattispecie disciplinate nel T.U.F.: si pensi al delitto di insider trading che reprime il compimento di operazioni su strumenti finanziari mediante informazioni privilegiate possedute in ragione della partecipazione al capitale di una società. 

I rischi penali dell’imprenditore in sede tributaria

Possono altresì emergere profili di responsabilità penale per l’imprenditore se costui commette violazioni in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

Si fa riferimento ai c.d. reati tributari di cui al D.lgs n. 74/2000. Elemento comune a questi reati è lo scopo di evadere l’IVA e le imposte sui redditi.

Si pensi all’imprenditore che, avvalendosi di mezzi fraudolenti, nelle dichiarazioni annuali dichiari di aver percepito ricavi (elementi attivi) inferiori rispetto a quelli effettivamente conseguiti o, viceversa, esponga dei costi in realtà mai sostenuti (dichiarazione fraudolenta mediante artifici, art. 3).

Colui che, invece, non presenta una dichiarazione annuale relativa alle predette imposte, pur essendovi obbligato, risponde del reato di omessa dichiarazione (art. 5), purché l’imposta evasa sia superiore ad una determinata soglia.

I reati contro la pubblica amministrazione

Tra i delitti che possono essere commessi dall’imprenditore nell’esercizio della propria attività vi sono alcuni delitti contro la pubblica amministrazione.

Si pensi a colui che dà o promette denaro ad un pubblico ufficiale per l’esercizio delle sue funzioni o per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 318, 319 c.p.).

Si configura la responsabilità anche in capo a colui che dà o promette denaro, indotto da un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (art. 319 quater co. 2 c.p.)

Tutela del diritto d’autore

Il nostro ordinamento offre una tutela penale al c.d. know-how: la fattispecie di cui all’art. 623 c.p. sanziona, infatti, la rivelazione o l’uso di informazioni segrete su scoperte scientifiche, invenzioni e applicazioni industriali, compiute in violazione di un rapporto fiduciario di natura professionale. Il know-how rappresenta senz’altro una risorsa fondamentale da cui può dipendere la capacità di un’impresa di restare sul mercato. Si pensi ad esempio al complesso di conoscenze ed esperienze tecniche, o ai disegni tecnici e di progettazione.

Non rientrano, invece, nella nozione di segreto industriale le c.d. strategie di marketing o gli strumenti promozionali.

La legge n. 633/1941 disciplina il diritto d’autore tutelando il diritto di chiunque voglia trarre profitto dalla propria opera. L’art. 171 reprime, dunque, la condotta di colui che pubblica o riproduce un’opera d’ingegno altrui. Tra i beni tutelati dalla norma rientrano anche i software, banche dati, file musicali, immagini, opere musicali, cinematografiche o letterarie.

Costituisce reato l’utilizzo di programmi software senza licenza.

Privacy e GDPR

Non meno rilevanti sono i delitti in tema di violazione della privacy. Le fattispecie di reato previste dalla normativa europea e italiana in materia di protezione dati personali sono le seguenti:

– Trattamento illecito di dati;
– Comunicazione e diffusione illecita di dati personali;
– Acquisizione fraudolenta di dati personali;
– Interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante;
– Inosservanza di provvedimenti del Garante;
– Violazioni in materia di controlli a distanza dei lavoratori. Sul punto, si pensi all’imprenditore che utilizzi impianti audiovisivi dai quali derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori installati illegittimamente.

Sicurezza sul lavoro

L’imprenditore è altresì tenuto a garantire la salute e la sicurezza su lavoro (D.lgs n. 81/2008). È pertanto necessario che le imprese siano dotate di un adeguato sistema di prevenzione degli infortuni.

Le fattispecie di reato imputabili all’imprenditore sono l’omicidio colposo e le lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Ciascuna impresa deve redigere il c.d. DVR: il documento di valutazione dei rischi redatto dal datore di lavoro che identifica e valuta i rischi, indica le misure di prevenzione e di protezione per l’eliminazione o la riduzione dei rischi stessi. Costituisce reato anche la mancata compilazione del DVR.

Recentemente la Cassazione ha riconosciuto la responsabilità per il delitto di lesione personale colposa in capo al Responsabile del servizio di prevenzione e protezione a fronte di un infortunio occorso ad un alunno all’interno di una scuola che in sede di elaborazione del Dvr aveva omesso di valutare la specifica situazione di rischio relativa all’infortunio accaduto e di far adottare misure adeguate di prevenzione e di protezione. (Cass. pen. Sez. IV, 04/04/2019, n. 37766).

Rischi penali dell’imprenditore per la tutela dell’ambiente

Non è infrequente che l’attività imprenditoriale comporti dei rischi per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente.

A garanzia del bene ambiente, il codice penale prevede alcune fattispecie di reato (dolose e colpose), quali l’inquinamento ambientale (che si verifica in caso di deterioramento delle acque, dell’aria, di un ecosistema, della flora o della fauna), la morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico o l’abbandono di materiale ad alta radioattività.

L’imprenditore deve altresì organizzare la propria impresa in modo da prevenire la commissione di delitti contro l’incolumità. Si pensi, infatti, al delitto di avvelenamento di acque o sostanze alimentari, alla contraffazione di sostanze alimentari rese pericolose per la salute pubblica, al commercio di sostanze alimentari contraffatte o nocive o di medicinali guasti.

Riciclaggio e autoriciclaggio

Risponde del delitto di riciclaggio l’imprenditore che trasferisce denaro proveniente da altro delitto o che compie altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di denaro o altri beni. Si configura, invece, il delitto di autoriciclaggio nel caso in cui l’imprenditore, che abbia commesso o concorso a commettere un delitto, impiega/trasferisce/sostituisce denaro o altri beni in attività economiche, finanziare, imprenditoriali o speculative. Si pensi a colui che commette una truffa da cui ricava una somma ingente di denaro e utilizzi tale somma nella propria attività imprenditoriale attraverso operazioni in grado di ostacolarne l’identificazione della provenienza illecita.

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