La responsabilità del professionista.
Quando il professionista è responsabile?
Quando il professionista è responsabile?
Spesso l’utente comune, ai fini della risoluzione di particolari problemi che implicano determinate e specifiche competenze tecniche, necessita di rivolgersi ad un soggetto specificamente abilitato a risolvere determinate problematiche e che definiamo comunemente ‘professionista’.
Ma la domanda che ci si pone nel presente elaborato è la seguente: quando il professionista può dirsi responsabile? In quali specifiche ipotesi? Che cosa comporta questa responsabilità.
La responsabilità contrattuale del professionista.
Calandosi più nello specifico nel tema degli obblighi derivanti al professionista dall’esecuzione del contratto, la vastità della materia impone una trattazione per brevi cenni generali.
Nel nostro ordinamento la responsabilità del professionista intellettuale è considerata come tipicamente a carattere contrattuale: il professionista è tenuto nei confronti del proprio cliente all’esatto adempimento dell’obbligazione contrattualmente assunta, così come specificato dall’art. 2230 del Codice Civile.
Il professionista, più precisamente, è tenuto nei confronti del cliente all’esatto adempimento dell’obbligazione contrattualmente assunta, secondo i principi di diligenza e correttezza di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. secondo cui nelle obbligazioni “inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.
Che cosa si intende con l’espressione ‘diligenza qualificata’.
Con riferimento alla peculiarità dell’attività svolta dal professionista, l’art. 1176 c.c., dettato in tema di diligenza del debitore nell’adempimento delle obbligazioni, prevede al comma 2, una deroga al principio generale della “diligenza del buon padre di famiglia” di cui al comma 1, richiedendo al professionista una diligenza cosiddetta qualificata, in quanto da commisurarsi alla natura dell’attività esercitata.
La giurisprudenza, peraltro, ammette che l’obbligo di diligenza venga valutato diversamente a seconda delle varie professioni e, in ciascun ambito, in relazione alla complessità del caso concreto prospettato. Per determinare il contenuto dell’obbligazione assunta dal professionista, la giurisprudenza ha fatto riferimento tradizionalmente alla distinzione tra obbligazioni di mezzi (nelle quali il debitore mette a disposizione del creditore le proprie prestazioni senza essere vincolato al raggiungimento di un determinato risultato) e quelle di risultato(laddove, per contro, il debitore si obbliga al raggiungimento di un risultato, il cui mancato conseguimento determinerà l’inadempimento alla obbligazione assunta).
Le obbligazioni del ‘professionista’.
Secondo tale classificazione, le obbligazioni del professionista rientrerebbero nella categoria delle obbligazioni di mezzi, in quanto il debitore sarebbe tenuto a porre in essere la propria attività in vista di un obiettivo ma non a garantire che da ciò derivi il conseguimento dell’esito auspicato, seppur prefigurato come possibile al momento dell’assunzione dell’incarico.
La discriminante per la responsabilità è il mancato rispetto delle regole tecniche
Si è giunti ad attribuire importanza, ai fini della configurabilità di una responsabilità in capo al professionista, all’osservanza da parte dello stesso delle regole tecniche in uso nello svolgimento dell’attività commissionatagli dal cliente.
Fermo restando, quindi, il principio per cui il professionista non è obbligato al conseguimento del risultato, lo stesso sarà tenuto in ogni caso, nell’adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti del cliente, ad osservare tutte le regole tecniche che mirano al conseguimento dello stesso. Il mancato o inesatto risultato non potrà quindi determinare di per sé la responsabilità contrattuale del professionista, ma rileverà quale indicatore di una possibile condotta “negligente” (per omissione di comportamenti cui il professionista è tenuto in riferimento alla capacità media della categoria di appartenenza), o “imperita” (per violazione di regole tecniche che generalmente vengono seguite in un certo settore), o “imprudente” (per difetto di misure di cautela idonee a prevenire l’evento dannoso e temerarietà sperimentale del professionista), ovvero di un comportamento colposo dello professionista.
In caso di prestazione complessa, responsabilità limitata ai casi di colpa grave o dolo.
In tale contesto assume rilevanza l’art. 2236 c.c., in base al quale se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave. Tale disposizione normativa – che è certamente norma di favore, assottigliando il campo di operatività della responsabilità professionale – assume una funzione residuale. In tema di responsabilità del professionista la regola generale resta quella della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. – commisurata alla natura dell’attività prestata -, la cui inosservanza determina la responsabilità del professionista anche per colpa lieve, e tuttavia in presenza di una prestazione di particolare difficoltà tecnica la responsabilità si attenua ai soli casi di dolo o colpa grave.
Conclusioni
È d’obbligo rilevare che non vi è alcuna intenzione di dare un contributo risolutivo e tecnicamente spendibile nelle sedi giudiziarie. Si tratta, infatti, di un mero accenno a questioni, come quella poc’anzi trattata, che si reputano, fra diverse e molteplici indagabili, ‘giuridicamente’ rilevanti.
Per tali ragioni, ci si rivolga al professionista per valutare la propria posizione debitoria e prospettare eventuali azioni o comportamenti da porre in essere a tutela della propria persona e della propria sfera giuridico-patrimoniale che potrebbe già essere gravemente compromessa.
Alla prossima!
Cagliari, 27 agosto 2023