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venerdì 6 Dicembre 2024

L’usura: di che cosa si tratta e come è disciplinata?

Premessa.

Nell’ambito della consulenza alle imprese, lo scrivente Avvocato si soffermerà su un fenomeno di rilievo tanto civilistico quanto penalistico: la fattispecie di usura.

Usura: la definizione

L’usura bancaria è una particolare forma di usura (reato previsto dall’art. 644 c.p. e modifiche apportate dalla Legge 7 marzo 1996, n. 108) che consiste nell’erogazione di un credito (mutuo, prestito personale) concesso da un istituto finanziario (banca, finanziaria) a fronte di un tasso di interesse superiore a quello legale cosiddetto tasso di interesse usurario la cui determinazione viene fatta tenendo conto “delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.

La normativa di riferimento

La tematica degli interessi usurari è stata oggetto negli anni di rilevanti interventi legislativi (l. n. 108/1996, che ha modificato le previsioni normative penali e civili in materia, e L. n. 24/2001, di interpretazione autentica) nonché di significativi mutamenti giurisprudenziali (da ultimo Cass., Sez. Un., n. 24675/2017 e n. 16303/2018).

Il quadro normativo vigente è rappresentato dalla l. 7.3.1996, n. 108, Disposizioni in materia di usura, nonché dal d.l. 29.12.2000, n. 394, Interpretazione autentica della l. 7.3.1996, n. 108, convertito, con modificazioni, in l. 28.2.2001, n. 24. In particolare, la l. n. 108/1996, nel dichiarato intento di contrastare l’odioso fenomeno criminale dell’usura agevolandone la repressione e inasprendo le sanzioni civili e penali, ha provveduto a ridisegnare l’art. 644 c.p. e l’art. 1815 c.c. Completano il quadro delle fonti normative le Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi (TEGM) ai sensi della legge sull’usura della Banca d’Italia e i Decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze che trimestralmente pubblicano sulla Gazzetta Ufficiale i TEGM rilevati dalla Banca d’Italia per conto del MEF (che concorrono alla definizione del tasso-soglia di periodo per la categoria di operazioni rilevate).

Quando un tasso è usurario

Il legislatore, con il d.l. 29.12.2000, n. 394 (c.d. Decreto “salva banche”), convertito, con modificazioni, in l. 28.2.2001, n. 24, “Interpretazione autentica della L. 7.3.1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura”, ha stabilito, in chiave di interpretazione autentica, che «ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., 2° comma, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento» (art. 1, comma 1, d.l. n. 394/2000, convertito in l. n. 24/2001).

Per il legislatore, pertanto, soltanto in caso di interessi originariamente usurari trova applicazione la sanzione civilistica di nullità (art. 1815, comma 2, c.c.) prevista dalla normativa antiusura, oltre alla sanzione penale. È convincimento diffuso che la l. n. 24/2001, di interpretazione autentica, trovi applicazione non soltanto al contratto di mutuo, ma a tutti i contratti di finanziamento. L’usura originaria costituisce dunque un vizio genetico del contratto (non configurabile ex post: c.d. usura sopravvenuta), da verificare esclusivamente al momento dell’insorgenza del vincolo contrattuale («convenuti interessi usurari»: art. 1815, comma 2, c.c.). Se tale è l’assunto di fondo, la clausola contrattuale è illecita e viola l’art. 644 c.p. se il tasso pattuito per quell’onere supera la soglia di legge nel momento della sua pattuizione, ma non può diventarlo per sopravvenienze (la diminuzione del tasso soglia), per il fatto colpevole del debitore (inadempimento) o per l’esercizio da parte sua del diritto potestativo di estinzione anticipata del finanziamento.

L’usura nel codice penale: articolo 644 c.p.

L’art. 644 c.p., oltre a sanzionare «Chiunque … si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari» (comma 1), prevede un criterio obiettivo per la rilevazione dell’usurarietà dell’interesse: «la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari» (art. 644, comma 3, c.p.). Tale limite, denominato anche “tasso-soglia”, è individuato, come detto, con decreto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) il quale «sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferiti ad anno degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari … nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura» (art. 2, comma 1, l. n. 108/1996).

In sostanza, la legge ha previsto una procedura amministrativa volta a rilevare in modo oggettivo il livello medio dei tassi d’interesse praticato dalle banche e dagli altri intermediari finanziari autorizzati, ancorando il disvalore sociale collegato al concetto di usura al superamento di tale livello-soglia. Di conseguenza, la norma di cui all’art. 644 c.p. si presenta come una norma penale parzialmente in bianco, in quanto per determinare il contenuto concreto del precetto penale è necessario fare riferimento ai risultati di una articolata procedura amministrativa.

Usura e sanzioni: l’articolo 1815 c.c.

L’art. 1815, comma 2, c.c., come riformulato dall’art. 4, l. n. 108/1996, dispone che «se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi». Tale drastica previsione – che evidentemente riguarda gli interessi usurari ab origine, ossia al momento della pattuizione del contratto di mutuo – costituisce una rilevante sanzione di tipo civilistico (taluni parlano di pena privata), essendo destinata ad incidere sulla natura del finanziamento, degradandolo d’imperio da oneroso a gratuito (nullità della clausola usuraria). Alla base di questa rigorosa scelta, il legislatore ha posto la duplice necessità di sanzionare drasticamente la pratica dell’usura nonché di conservare la validità del contratto di finanziamento, evitando la declaratoria di nullità totale dello stesso e quindi non gravando il soggetto finanziato dell’ulteriore onere di immediata restituzione dell’importo erogato.

La nullità della clausola sugli interessi usurari determina il diritto del mutuatario alla ripetizione di quelli illegittimamente versati. L’azione di ripetizione ex art. 2033 c.c. degli interessi usurari si prescrive in dieci anni. La disposizione in commento (art. 1815, comma 2, c.c.) è generalmente ritenuto trovi applicazione a tutte le forme di finanziamento (e non solo al mutuo cui espressamente si riferisce). La Cassazione ha di recente evidenziato che l’art. 1815, comma 2, c.c., nel prevedere la nullità della clausola relativa agli interessi, ove questi siano usurari, intende per clausola la singola disposizione pattizia che contempli interessi eccedenti il tasso soglia, indipendentemente dal fatto che essa esaurisca la regolamentazione dell’entità degli interessi dovuti in forza del contratto. La sanzione dell’art. 1815, comma 2, c.c., dunque, non può che colpire la singola pattuizione che programmi la corresponsione di interessi usurari, non investendo le ulteriori disposizioni che, anche all’interno della medesima clausola, prevedano l’applicazione di interessi che usurari non siano (Cass. n. 21470/2017).

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