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martedì 1 Ottobre 2024

Il diritto alla vita: la ricerca di un difficile equilibrio

La tematica di stretta attualità che forma oggetto del presente articolo non è certo d’agevole e sbrigativa trattazione. Impone, infatti, una pluralità di considerazioni ed un’analisi approfonditi che in questa sede non sarà possibile sviluppare.

Pur tuttavia, cercherò di fotografare alcuni aspetti essenziali.

L’essere umano è soggetto titolare di diritti e doveri. Fra i primi, si colloca il c.d. diritto alla vita, il quale – costituzionalmente garantito e tutelato – costituisce valore primario e si connota per i suoi caratteri della sacralità, inviolabilità ed indisponibilità: esso costituisce il limite per tutti gli altri diritti, come quello affermato dall’art. 32 Cost.
Con l’entrata in vigore della L. n. 219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di
disposizioni anticipate di trattamento) si afferma che le scelte mediche e le possibili alternative che esse possono avere devono essere comunicate al paziente in modo chiaro e completo e che, resa l’informazione, al paziente stesso, titolare del diritto alla salute, spetti l’ultima parola per la loro attuazione o rifiuto.

Tutti i diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione presuppongono il diritto alla vita.

Fra tutti, richiamo l’art. 27, infatti, il quale afferma l’inammissibilità della pena di morte.
Pur tuttavia, occorre osservare che nelle facoltà riconosciute al singolo individuo v’è quella prevista all’art. 32, il quale è chiaro nell’affermare che il titolare del diritto alla vita, senza limitazioni, può disporre del diritto di accettare o rifiutare i trattamenti sanitari.
In questa cornice normativa si colloca il fenomeno della c.d. eutanasia, consistente nel porre fine alla vita del paziente, in presenza di determinate condizioni, attraverso un comportamento attivo, quale ad esempio una somministrazione letale. L’eutanasia, dunque, altera il corso naturale degli eventi, anticipando un decesso che sarebbe avvenuto in epoca diversa o non sarebbe affatto avvenuto in quel contesto.

L’altro fenomeno consiste nel c.d. biotestamento che, al contrario, consente al soggetto di rendere dichiarazioni che si pongono in linea con il predetto corso naturale, in quanto danno la possibilità al paziente di rifiutare, in presenza di determinate condizioni, un trattamento potenzialmente in grado di allungargli artificialmente la vita.

In entrambi i casi, si tratta di una tematica complessa in cui ritrovare l’equilibrio dei valori in conflitto non è certamente un’impresa agevole ma merita, comunque, di essere posta in rilievo.

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