Nel presente contributo preme allo scrivente soffermarsi, traendo spunto da una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, sul delicato rapporto allievo-insegnante nel contesto educativo scolastico. Di che cosa si tratta?
Contrariamente al passato, si assiste spesso ad un disconoscimento da parte degli studenti della figura del docente; tale disconoscimento, portato alle sue estreme conseguenze, degenera in atteggiamenti decisamente riprovevoli, talvolta irrispettosi, miranti a compromettere la autorevolezza della figura del docente e lesivi della sua stessa dignità di essere umano.
A compromettere ulteriormente tale situazione v’è l’atteggiamento dei genitori degli allievi; costoro, accade oramai con maggiore frequenza, nell’assolvere la loro funzione protettiva, piuttosto che educare al rispetto, assecondano ed appoggiano l’atteggiamento assunto dal proprio figlio nei confronti del docente, scagliandosi anch’essi contro lo stesso.
Ciò posto, tenuto conto che non è questa la sede per esprimere valutazioni di carattere generale e ritenendo non corretto neppure generalizzare la questione giacché certo non proficuo appare, in qualsivoglia situazione, costruire un elaborato che si basi su pregiudizi oramai diffusi nella generalità dei consociati, ci si limita ad una mera constatazione dell’esistente. A riguardo, giova richiamare una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sent. n. 9059 del 12 aprile 2018) in cui il Supremo Collegio, nell’accogliere il ricorso di una maestra vittima di una campagna denigratoria da parte di alcuni genitori, ha statuito che i genitori non possono denigrare gli insegnanti.
Nel caso di specie, la docente era stata definita dai genitori, nel corso di una riunione, ‘un mostro’. La condotta dei genitori si è ‘diacronicamente’ dipanata – afferma il Supremo Collegio – attraverso una serie di atti diretti a ledere l’onore, il prestigio e la stessa dignità dell’insegnante. Il giudice civile non può, quindi, ignorare il preoccupante clima di intolleranza e di violenza, non solo verbale, nel quale vivono oggi coloro a cui è demandato il processo educativo e formativo. La Cassazione ha ritenuto, dunque, sussistesse un danno, subito dal docente, di cui si è imposto il risarcimento.
È evidente che il caso concreto poc’anzi riportato sia sintomatico di un generale atteggiamento che, oramai, è assai frequente nella quotidianità dei rapporti docenti-alunni-genitori; pur tuttavia, una corretta riflessione impone di considerare le pronunce di qualsivoglia giudice circostanziate al singolo caso concreto sottoposto al suo giudizio, benché restino fermi i principi di carattere generale dallo stesso giudice di legittimità statuiti.