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venerdì 21 Febbraio 2025

La straordinaria longevità in Sardegna e il Compleanno di Luisetta Melis, la donna più anziana di Cagliari e dell’Isola

La Sardegna è da tempo una delle regioni più studiate al mondo per il fenomeno della longevità. L’isola è una delle famose “Blue Zones”, quelle aree geografiche dove la popolazione vive più a lungo e in salute rispetto ad altre parti del pianeta. In questo contesto, spicca la figura di Luisetta Melis, la donna più anziana di Cagliari e dell’intera Sardegna, che il 17 febbraio 2025 ha compiuto 110 anni, entrando ufficialmente nel ristretto gruppo dei supercentenari, ovvero coloro che hanno raggiunto e superato i 110 anni di età.

Nata il 17 febbraio 1915, Luisetta ha attraversato l’intero secolo scorso, vivendo eventi storici cruciali come le due guerre mondiali, il boom economico e le profonde trasformazioni sociali e culturali che hanno interessato l’Italia e la Sardegna. Il suo compleanno è stato celebrato con affetto dai suoi familiari, ma anche con l’omaggio delle istituzioni locali, che hanno riconosciuto in lei un simbolo di resistenza, forza e longevità.

La storia di Luisetta Melis è solo uno dei tanti esempi di vita lunga e attiva in Sardegna, un’isola che sembra custodire il segreto per vivere più a lungo e meglio. Ma quali sono i fattori che rendono i sardi così longevi? È solo questione di genetica o esistono abitudini e stili di vita replicabili ovunque per migliorare la nostra aspettativa di vita?

Le Blue Zones e il caso unico della Sardegna

La Sardegna è entrata ufficialmente nella lista delle “Blue Zones” all’inizio degli anni 2000, grazie agli studi del demografo Gianni Pes e del ricercatore Michel Poulain. Con il termine “Blue Zone” si identificano quelle aree geografiche in cui la longevità raggiunge livelli straordinari rispetto al resto del mondo. Oltre alla Sardegna, le altre zone individuate sono l’isola di Okinawa in Giappone, la penisola di Nicoya in Costa Rica, Icaria in Grecia e la comunità avventista di Loma Linda in California.

Tuttavia, la Sardegna presenta un’anomalia unica: la concentrazione di centenari è particolarmente alta nei paesi dell’entroterra, soprattutto in Barbagia e Ogliastra, rispetto alle zone costiere. In particolare, si registra un elevato numero di uomini ultracentenari, un dato insolito se si considera che, globalmente, le donne vivono mediamente più a lungo degli uomini. Secondo l’Istat, in Sardegna il rapporto tra uomini e donne centenari è di circa 1 a 1, mentre nel resto d’Italia e del mondo il rapporto è di 1 uomo ogni 4 donne centenarie.

Gli studiosi ritengono che questo fenomeno sia il risultato di una combinazione di fattori: genetica favorevole, alimentazione tradizionale, vita attiva e forti legami sociali. In particolare, gli abitanti dei piccoli centri dell’interno sardo hanno mantenuto uno stile di vita semplice e naturale, basato sul consumo di alimenti locali e biologici, come pane integrale, legumi, formaggi di pecora, vino Cannonau ricco di polifenoli e carni magre di animali allevati al pascolo.

Questo mix di genetica e abitudini virtuose sembrerebbe il segreto della loro lunga vita. Ma è davvero sufficiente? Oppure ci sono altri aspetti spesso sottovalutati?

L’Importanza dei legami sociali e della comunità

Oltre all’alimentazione e all’attività fisica, uno dei segreti meno evidenti ma fondamentali della longevità in Sardegna è rappresentato dal valore delle relazioni sociali e della comunità. Nelle zone interne dell’isola, soprattutto nei piccoli borghi montani, gli anziani non vengono isolati o emarginati, ma al contrario ricoprono un ruolo centrale nella famiglia e nella società.

Luisetta Melis, come molti altri longevi sardi, ha vissuto gran parte della sua vita in questo contesto: circondata da figli, nipoti e amici, mantenendo sempre una rete di affetti e di supporto reciproco. Gli studi condotti da ricercatori come Dan Buettner, autore del libro “The Blue Zones”, confermano che l’integrazione sociale e la sensazione di sentirsi utili sono elementi determinanti per vivere più a lungo e in salute. In Sardegna, è normale che anche le persone ultraottantenni o ultranovantenni partecipino attivamente alle attività domestiche, agricole o artigianali, mantenendo così mente e corpo sempre allenati.

Inoltre, la presenza di amicizie solide e di rapporti intergenerazionali riduce il rischio di depressione e isolamento, due fattori che, secondo diversi studi scientifici, possono accorciare significativamente la vita. Al contrario, chi vive in ambienti dove prevalgono la solitudine e lo stress cronico, come spesso accade nei grandi centri urbani, è più esposto a malattie cardiovascolari, demenza senile e altre patologie legate all’invecchiamento.

La Sardegna ci insegna, quindi, che la longevità non dipende solo dal cibo o dall’attività fisica, ma anche e soprattutto dall’armonia sociale, dal rispetto per gli anziani e dal senso di comunità. Un modello che, purtroppo, oggi rischia di essere compromesso dall’emigrazione giovanile e dallo spopolamento dei piccoli centri.

La straordinaria longevità in Sardegna - Commercialista.it

Dieta Sarda

Uno degli aspetti più studiati dai nutrizionisti e dai gerontologi per spiegare l’eccezionale longevità in Sardegna è sicuramente l’alimentazione tradizionale. La dieta sarda, in particolare quella praticata nei piccoli paesi dell’interno dove si registrano le più alte concentrazioni di centenari, si distingue per essere povera di cibi industriali e ricca di alimenti naturali e non trasformati.

Gli ultra-centenari sardi sono cresciuti consumando prevalentemente pane integrale (come il pane carasau e il civraxiu), legumi, verdure di stagione, latticini di pecora e capra, frutta fresca e secca, oltre a un consumo moderato di carne, soprattutto di maiale e agnello allevati all’aperto. Un elemento centrale è anche il vino Cannonau, considerato un vero “elisir di lunga vita” grazie all’elevato contenuto di polifenoli e antiossidanti, che aiutano a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

Diversi studi, tra cui quello pubblicato sulla rivista Nature Communications nel 2016, hanno evidenziato come la dieta sarda sia ricca di fibre, proteine vegetali e grassi “buoni”, elementi fondamentali per ridurre l’infiammazione cronica e proteggere il cuore. Inoltre, la limitata assunzione di zuccheri raffinati e cibi ultra-processati contribuisce a mantenere bassi i livelli di glicemia e colesterolo, riducendo il rischio di diabete e obesità, due patologie sempre più diffuse nelle società moderne.

Ciò che rende speciale questa dieta non è solo la qualità degli alimenti, ma anche il modo in cui vengono consumati: in compagnia, con pasti lenti e conviviali, rafforzando così anche il valore delle relazioni sociali.

Attività fisica naturale

Un altro elemento chiave della longevità sarda è rappresentato dall’attività fisica, ma non intesa come sport strutturato o allenamenti in palestra. Gli anziani sardi non hanno mai praticato sport nel senso moderno del termine, ma hanno sempre mantenuto uno stile di vita basato su un movimento costante e naturale.

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Aging Research, camminare quotidianamente, soprattutto in ambienti collinari o montuosi come quelli dell’interno della Sardegna, riduce il rischio di malattie cardiovascolari, diabete e osteoporosi, favorendo anche la produzione di endorfine, gli ormoni del buonumore.

Un altro aspetto interessante è che gli anziani sardi raramente smettono di muoversi: anche dopo i 90 anni continuano a coltivare l’orto, accudire gli animali e svolgere piccoli lavori manuali, mantenendo così una connessione attiva con la natura e il proprio territorio. Questo approccio contrasta con la sedentarietà tipica delle società moderne, dove il pensionamento spesso coincide con una drastica riduzione dell’attività fisica.

Il ruolo della genetica

Sebbene alimentazione, attività fisica e relazioni sociali siano pilastri fondamentali della longevità in Sardegna, diversi studi scientifici hanno confermato che anche la genetica gioca un ruolo significativo. La popolazione dell’interno dell’isola, in particolare quella delle zone montuose come la Barbagia e l’Ogliastra, è caratterizzata da un elevato grado di isolamento genetico, dovuto alla scarsa mobilità e ai matrimoni endogamici (tra persone dello stesso paese o area). Questo isolamento ha portato alla preservazione di varianti genetiche che sembrano favorire una minore incidenza di malattie cardiovascolari e metaboliche.

Uno studio condotto dall’Università di Sassari in collaborazione con l’Università di Cagliari e pubblicato su Aging Cell ha individuato particolari marcatori genetici associati a una maggiore longevità nella popolazione sarda. In particolare, è stato osservato che alcuni geni legati al metabolismo dei lipidi e all’infiammazione risultano più favorevoli rispetto a quelli riscontrati in altre popolazioni europee. Questi geni sembrano proteggere l’organismo dagli effetti negativi dell’invecchiamento, riducendo il rischio di malattie croniche come diabete, ipertensione e patologie cardiovascolari.

Tuttavia, gli scienziati sottolineano che la genetica da sola non basta: la longevità è sempre il risultato di un equilibrio tra fattori ereditari e ambiente. Anche le persone con una predisposizione genetica favorevole possono compromettere la propria salute adottando stili di vita scorretti, come una dieta ricca di zuccheri, fumo, sedentarietà e stress.

Il caso di Luisetta Melis e di altri supercentenari sardi dimostra quindi che, pur avendo buoni geni, è fondamentale adottare uno stile di vita sano e attivo per attivare quei vantaggi genetici e prolungare davvero la qualità e la durata della vita.

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Il valore del tempo e della serenità

Un altro aspetto spesso sottovalutato, ma di grande rilevanza per spiegare la longevità sarda, è il rapporto con il tempo e lo stress. Nelle comunità dell’interno dell’isola, la vita scorre con ritmi lenti e naturali, ben lontani dal caos e dalla frenesia delle città metropolitane. Questo approccio più rilassato alla quotidianità riduce i livelli di stress cronico, uno dei principali nemici della salute e della longevità nelle società occidentali.

Luisetta Melis ha trascorso gran parte della sua vita in un contesto dove il tempo è scandito dalle esigenze della natura e dai cicli delle stagioni, piuttosto che dagli orari serrati degli uffici o dagli impegni frenetici della vita moderna. Questa assenza di ansia continua e di pressioni lavorative e sociali contribuisce a mantenere bassi i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, il cui eccesso è stato correlato da numerose ricerche a patologie cardiovascolari, ipertensione, disturbi del sonno e depressione.

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Psychosomatic Research, lo stress cronico accelera i processi di invecchiamento cellulare, aumentando il rischio di malattie degenerative. Al contrario, vivere in un ambiente sereno, con tempo per la famiglia, per la cura dell’orto, per le passeggiate e per le relazioni sociali, ha effetti benefici sul sistema nervoso e sul sistema immunitario, favorendo una vita più lunga e in salute.

I sardi longevi insegnano dunque l’importanza di riscoprire la lentezza e il valore delle piccole cose, riducendo lo stress eccessivo e dedicando più tempo a se stessi e agli affetti, aspetti che nelle società moderne vengono spesso sacrificati in nome della produttività.

La longevità Sarda è a rischio?

Nonostante la Sardegna sia ancora oggi considerata una delle culle della longevità mondiale, questa straordinaria eredità rischia di essere compromessa dalle trasformazioni sociali e culturali in atto. I piccoli paesi dell’interno, che hanno rappresentato il cuore pulsante del fenomeno dei centenari, stanno vivendo un progressivo spopolamento, a causa della fuga dei giovani verso le città e della bassa natalità.

Questo fenomeno ha conseguenze dirette anche sul benessere degli anziani: meno giovani significa meno supporto familiare e sociale, e il rischio è quello di perdere quel tessuto di relazioni e assistenza reciproca che ha sempre costituito una delle chiavi della longevità sarda. Anche le abitudini alimentari stanno cambiando, con un progressivo abbandono della dieta tradizionale a favore di cibi industriali e ultra-processati, che sono legati a obesità, diabete e malattie cardiovascolari.

Un ulteriore elemento di preoccupazione riguarda la sedentarietà e l’influenza dello stile di vita urbano. Le nuove generazioni sarde si muovono meno, lavorano spesso in uffici o davanti a schermi e hanno ridotto il contatto con la terra e la natura, elementi che invece avevano garantito ai loro nonni e bisnonni una vita attiva fino a tarda età.

Secondo i dati ISTAT, l’aspettativa di vita in Sardegna è ancora tra le più alte d’Italia, ma gli ultimi anni hanno visto un leggero calo, soprattutto nelle fasce più giovani, a causa dell’aumento di malattie legate agli stili di vita moderni. Se non verranno adottate politiche di tutela dei borghi, di promozione della dieta tradizionale e di incentivo al movimento naturale, il patrimonio di longevità dell’isola potrebbe lentamente dissolversi.

Considerazioni finali

La storia di Luisetta Melis, che il 17 febbraio 2025 ha festeggiato i suoi 110 anni, non è solo il racconto di una donna straordinaria, ma è il simbolo di un patrimonio di saggezza e salute che la Sardegna custodisce e che il mondo intero osserva con ammirazione. La longevità sarda non è frutto del caso: è il risultato di uno stile di vita fatto di alimentazione semplice e genuina, movimento quotidiano, forti legami sociali e un approccio sereno alla vita.

I centenari sardi come Luisetta ci insegnano che non esiste una pillola magica per vivere più a lungo, ma esiste un equilibrio tra natura, relazioni e cura di sé che può fare la differenza. Le loro vite dimostrano che una vecchiaia attiva, circondata da affetti e senza eccessi, può essere non solo lunga, ma anche felice e dignitosa.

Tuttavia, come abbiamo visto, questa ricchezza culturale e biologica è oggi minacciata dall’avanzare di nuovi modelli di vita spesso incompatibili con le tradizioni secolari dell’isola. Il rischio è che il patrimonio della longevità sarda si dissolva, se non verranno protetti i piccoli borghi, incentivata la dieta tradizionale e riscoperto il valore del tempo e delle relazioni.

Guardando a storie come quella di Luisetta Melis, abbiamo l’opportunità di riflettere sul nostro stile di vita e magari importare quei valori e quelle abitudini vincenti anche nelle nostre città. La Sardegna è una lezione vivente di come sia possibile vivere non solo più a lungo, ma soprattutto meglio.

Chiunque desideri intraprendere un percorso verso il miglioramento del proprio benessere e della propria aspettativa di vita dovrebbe guardare alla Sardegna non solo come meta turistica, ma come modello di vita da cui trarre ispirazione.

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