Con l’ordinanza n. 17573 del 26 giugno 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione rilevante per i contribuenti riguardante l’onere probatorio nella contestazione di difetti di motivazione e di allegazione negli atti richiamati dagli avvisi di accertamento.
Sommario
La sentenza chiarisce quali sono le condizioni necessarie affinché un contribuente possa contestare efficacemente la validità di un avviso di accertamento, in particolare quando si fa riferimento ad atti esterni per completarne la motivazione.
La Questione del Difetto di Motivazione
La Corte di Cassazione ha ribadito che per considerare legittimo un avviso di accertamento, è fondamentale che il contribuente abbia la conoscenza o la possibilità di conoscere gli atti richiamati, ma solo se il loro contenuto è indispensabile per integrare la motivazione dell’atto impositivo. In altre parole, se la motivazione dell’avviso è già completa e sufficiente, eventuali richiami ad altri atti hanno solo un valore narrativo e non necessitano di essere allegati o conosciuti dal contribuente.
Il Caso Specifico: Un Contribuente Sotto Indagine
Il caso in esame riguarda un contribuente che ha ricevuto un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2004, in cui l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione un reddito maggiore. L’accertamento si basava su indagini bancarie condotte nei confronti di una società a responsabilità limitata, ritenuta collegata al contribuente in qualità di “soggetto interposto”. Le indagini avevano rivelato tre movimenti bancari sospetti, inclusi incassi di assegni non giustificati.
Il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento, ma il ricorso è stato respinto sia in primo grado che in appello. In Cassazione, il contribuente ha sostenuto, tra le altre cose, che l’avviso di accertamento fosse viziato da un difetto di motivazione, poiché non era stato notificato il processo verbale di constatazione della società, su cui si basava l’accertamento stesso.
La Decisione della Cassazione
La Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente, affermando che la legittimità dell’avviso di accertamento non richiede necessariamente la notifica o la conoscenza di tutti gli atti richiamati, a meno che il loro contenuto non sia essenziale per completare la motivazione dell’atto stesso. Il contribuente, per ottenere l’annullamento dell’avviso, deve dimostrare che gli atti richiamati erano a lui sconosciuti e che almeno una parte del loro contenuto è necessaria per integrare la motivazione dell’avviso di accertamento.
Osservazioni sulla Motivazione per Relationem
La Corte ha inoltre discusso la legittimità della motivazione “per relationem”, ovvero il rinvio ad altri atti per completare la motivazione. Questo metodo è ritenuto valido a patto che l’atto richiamato sia allegato o che il suo contenuto essenziale sia riportato nell’avviso. Tuttavia, se l’atto richiamato è già conosciuto dal contribuente, non è necessario allegarlo nuovamente.
Secondo la legge, in particolare l’articolo 7 della legge n. 212/2000 e l’articolo 42 del Dpr n. 600/1973, l’allegazione dell’atto richiamato è obbligatoria solo se il contribuente non ne è già a conoscenza. In mancanza di tale allegazione, la motivazione potrebbe risultare insufficiente, ma il contribuente deve provare che l’integrazione della motivazione è effettivamente necessaria per la comprensione dell’avviso.
Conclusioni
In sintesi, il contribuente non può limitarsi a dimostrare l’esistenza di atti a lui sconosciuti richiamati nell’avviso di accertamento; deve anche provare che il contenuto di tali atti è fondamentale per integrare la motivazione dell’avviso stesso.
Questa posizione della Cassazione richiede al contribuente un’analisi approfondita e una prova concreta per contestare efficacemente un avviso di accertamento basato su motivazioni complesse o rinvii ad altri documenti.