Concessioni balneari 2023
Le ampie coste della nostra penisola sono un patrimonio strategico sia ambientale che economico.
Sommario
Infatti, in Italia sono più di 7.000 le imprese balneari. Considerando che i Comuni costieri italiani sono circa settecento, la media nazionale è di uno stabilimento balneare ogni chilometro di costa (come da recente indagine di Unioncamere).
Ecco perché aprire uno stabilimento balneare potrebbe rivelarsi un’idea vincente. Ma non facile da realizzare, tra adempimenti burocratici e continue riforme che complicano il quadro normativo di riferimento.
Le concessioni demaniali e le recenti riforme
La maggior parte degli stabilimenti balneari in Italia sono a conduzione familiare e dipendono da concessioni demaniali marittime.
Con questa breve guida, vogliamo aiutarti a fare luce sul tipo di impatto che le recenti riforme e le pronunce dell’Unione Europea avranno sulla tua attività.
La spiaggia demaniale
La spiaggia e l’arenile (i cinque metri che precedono il mare) sono di proprietà dello Stato che ne affida la gestione ai Comuni.
Negli ambiti demaniali di propria competenza, ogni Comune cura, in particolare, la gestione di concessioni per lo svolgimento delle attività dei gestori degli stabilimenti balneari. Si tratta di vere imprese turistiche che offrono aree attrezzate per la balneazione (come cabine e ulteriori servizi commerciali di somministrazione di alimenti e bevande).
L’Italia e la proroga delle concessioni balneari
Fino ad oggi in tutta Italia, le concessioni balneari sono sempre state riassegnate in maniera automatica, nonostante l’Unione europea abbia spesso chiesto di allinearsi introducendo il meccanismo dei bandi di gara pubblica.
Tuttavia, il legislatore italiano non ha attuato da subito tale riforma, anzi ha previsto più possibilità di proroga. Infatti, ha prorogato al 31 dicembre 2023 l’efficacia delle concessioni balneari (art.3 legge 5 agosto 2022 n. 118; decreto milleproroghe 198/2022). Inoltre, ha previsto che il termine del 31 dicembre 2023 potesse essere derogato con atto motivato, comunque non oltre il 31 dicembre 2024, qualora la presenza di contenziosi ovvero difficoltà organizzative, impedissero di concludere la procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023.
A fronte di tutto ciò, molti si sono interrogati sulla disciplina applicabile, vista l’incompatibilità del nuovo meccanismo interno di proroga, ad oggi vigente, con il diritto europeo.
Il Consiglio di Stato (supremo giudice amministrativo chiamato a pronunciarsi sui ricorsi sollevati in materia) si è sempre contrapposto in maniera netta a qualsiasi proroga.
La Corte di Giustizia Ue e l’inversione di rotta
La Corte di giustizia europea, con la recentissima sentenza del 20 aprile 2023 ha affermato che le concessioni demaniali delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente. Anche le Amministrazioni locali italiane dovranno bandire gare pubbliche, imparziali e trasparenti, per il rilascio delle concessioni, come previsto dalla normativa europea (la cd. Direttiva Bolkestein).
La Corte chiarisce, in particolare, che i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, dovranno applicare le norme pertinenti di diritto dell’Unione, e disapplicare il regime nazionale di proroga.
Quindi, per quale motivo i gestori degli stabilimenti balneari non potranno godere del regime italiano di proroga delle concessioni già rilasciate?
Perché, a livello comunitario, la Direttiva Bolkestein (che vieta le proroghe automatiche e prevede le gare pubbliche) è “self executing” ovvero direttamente applicabile in Italia. Ad oggi si è consolidato un pacifico orientamento giurisprudenziale (sia degli organi di giustizia europei ma anche del Consiglio di Stato italiano), secondo il quale, sia giudici italiani, ma anche le pubbliche amministrazioni, dovranno conformarsi al diritto dell’UE e disapplicare le norme italiane che hanno disposto la proroga.
Cosa cambierà per le imprese balneari
I principi espressi dalla Corte di giustizia, con la decisione dello scorso 20 aprile, avranno un peso determinante sia per i giudici amministrativi che per le amministrazioni comunali.
Sembra essere perciò inevitabile, un’inversione di rotta del governo e del parlamento, che dovrà assumere una posizione chiara in merito alla riforma delle concessioni demaniali marittime.
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