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Assegnazione di azioni a lavoratori dipendenti: in misura eccedente rispetto all’importo del conferimento in denaro
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QUESITO
La società interpellante ALFA S. P. A. Afferma nell’istanza di interpello di essere “uno dei veicoli societari mediante i quali BETA S. P. A. (—) realizza le proprie politiche di investimento nei settori del private equity e delle infrastrutture (—)”, detenendo in particolare una partecipazione del 33,5 per cento nel capitale di GAMMA S. P. A. Ed una del 19,9 per cento nel capitale di DELTA.
Fa presente a tale riguardo l’istante che BETA “è una holding di investimento diversificata ed indipendente, operativa in Italia ed in Europa da oltre 30 anni”, mentre GAMMA S. P. A. “società quotata alla Borsa di Milano, è un operatore nel mercato italiano dei giochi pubblici e agisce nel settore delle scommesse ippiche e sportive (—)” e DELTA “controllata da EPSILON, società di partecipazioni turca quotata alla Borsa di Istanbul, gestisce, attraverso tre società operative proprietarie delle concessioni, altrettanti porti in Turchia”.
Oltre a ciò, la società istante fa presente di aver effettuato degli investimenti nel settore delle energie rinnovabili.
Il capitale sociale di ALFA, al momento, è complessivamente pari ad euro
151. 594. 375, ed è suddiviso in tre categorie di azioni, ciascuna del valore nominale di 1 euro:
– n. 86. 006. 250 azioni di categoria A;
– n. 64. 948. 125 azioni di categoria B;
– n. 640. 000 azioni di categoria C.
La Società, inoltre, a fronte di apporti in denaro pari ad euro 60. 555. 000, ha emesso strumenti finanziari ex art. 2346 c. C.
Al riguardo, si precisa che i soci di ALFA si sono impegnati ad investire nella società complessivamente circa 513 milioni di euro, tramite sottoscrizione di diverse categorie di azioni e di strumenti finanziari.
Relativamente alle caratteristiche delle azioni delle diverse categorie e dei diritti dalle medesime attribuiti, ALFA fa presente quanto segue: “le azioni A sono azioni ordinarie, mentre le azioni B e C sono azioni speciali. Al riguardo, si precisa che le azioni B e C hanno diritti amministrativi ridotti (azioni B) oppure ne sono sostanzialmente prive (azioni C). Esse, inoltre, sono soggette, pur se in misura diversa, a limiti di trasferibilità; in particolare, per quanto riguarda le azioni B, tali limiti sono rappresentati dall’esistenza di una clausola di prelazione a favore degli altri soci; relativamente alle azioni C, invece, si osserva che è prevista, con alcune eccezioni, una sostanziale intrasferibilità delle stesse fino al settembre 2015”.
In merito ai diritti patrimoniali attribuiti dalle diverse categorie di azioni, si rileva che l’articolo 29 dello statuto di ALFA dispone che gli utili netti risultanti dal bilancio, dedotto un importo non inferiore al 5 per cento da destinare alla riserva legale, siano ripartiti tra i soci titolari di azioni A, azioni B ed azioni C ed i titolari degli strumenti finanziari (—), secondo i seguenti criteri:
(a) innanzitutto, gli utili verranno corrisposti ai beneficiari in misura proporzionale al valore nominale di tutti i conferimenti effettuati dai soci (i quali coincideranno con il valore nominale di sottoscrizione delle azioni sottoscritte) e di tutti gli apporti effettuati dai titolari di strumenti finanziari (i quali coincideranno con il valore nominale di sottoscrizione degli strumenti finanziari sottoscritti) sino a che sia stato complessivamente corrisposto ai beneficiari un importo pari al totale di quanto da questi complessivamente conferito/apportato (la ‘soglia 1’);
(b) l’importo che residua, una volta superata la soglia 1, sarà distribuito ai beneficiari in misura proporzionale a quanto conferito/apportato fino a concorrenza di un rendimento annuo pari al 5 per cento (la ‘soglia 2’). La soglia 2 sarà calcolata applicando il criterio dell’interesse composto con capitalizzazione annua;
(c) l’importo che residua, una volta superata anche la soglia 2, verrà distribuito pro quota ai soci titolari di azioni C fino al raggiungimento di una soglia (la “soglia 3”) pari al 25 per cento dell’importo complessivamente distribuito in favore dei beneficiari ai sensi del precedente punto (b);
(d) l’importo che residua, una volta superata anche la soglia 3, verrà distribuito per l’80 per cento ai beneficiari in misura proporzionale agli apporti/conferimenti e per il 20 per cento ai soci titolari di azioni C.
Come si nota, i soci titolari di azioni C, a fronte dell’assenza di diritti amministrativi e dell’esistenza di temporanei vincoli alla trasferibilità delle azioni, vantano diritti di partecipazione agli utili ‘rafforzati’ rispetto a quelli degli altri soci di ALFA. Tali maggiori diritti, tuttavia, sono caratterizzati da una prospettiva temporale di medio-lungo periodo e da un indiscutibile grado di aleatorietà, in quanto potranno assumere rilevanza concreta solo se gli investimenti della società daranno complessivamente luogo a risultati economici eccedenti le soglie sopra rappresentate (situazione ad oggi non verificata, ed inoltre di difficile previsione in considerazione del non facile contesto economico/finanziario di riferimento).
Ciò premesso, la società istante afferma che i soci intendono consentire l’ingresso nel capitale sociale, in qualità di azionisti titolari di azioni C, a taluni dei soggetti che si occupano della gestione degli investimenti della società (che vengono definiti nell’istanza “managers”).
In tale prospettiva, i soci di ALFA “ritengono che la modalità più appropriata per attuare la suddetta operazione sia rappresentata dall’effettuazione di un conferimento non proporzionale da parte dei managers e degli attuali detentori di azioni C (BETA, ZETA S. P. A. Ed ETA S. P. A. , —), in quanto, (—), i
managers apportano utilità e benefici che, pur non potendo essere iscritti nel bilancio della società, sono comunque idonei ad aumentarne il valore, se non altro in via prospettica (—)”.
L’operazione prospettata prevede, in conformità alle disposizioni civilistiche di riferimento, l’assegnazione ai nuovi soci “managers” di azioni C in misura superiore rispetto ai conferimenti in denaro effettuati, e agli attuali soci C di nuove azioni C in numero inferiore rispetto al valore dei conferimenti in denaro.
A quanto afferma la società istante, al momento viene ipotizzata l’attribuzione ai managers di un quantitativo di azioni C tale per cui, ad esito del conferimento, detti soggetti detengano complessivamente al massimo il 20 per cento del totale delle azioni C di ALFA.
Ciò affermato, la società fa altresì presente che essa redige il bilancio secondo i principi contabili nazionali (non utilizzando quindi i principi IAS/IFRS), e che le nuove azioni C verranno emesse senza sovrapprezzo con valore di sottoscrizione pari al loro valore nominale (1 euro per azione).
In occasione del prospettato conferimento:
– verrebbero emesse complessivamente 180. 000 nuove azioni C;
– i Soci C effettuerebbero, ciascuno in proporzione all’attuale percentuale di azioni C possedute, un conferimento in denaro complessivamente pari al 70 per cento del valore delle nuove azioni C emesse (126. 000 euro);
– i managers effettuerebbero un conferimento in denaro pari complessivamente al rimanente 30 per cento del valore delle nuove azioni emesse (54. 000 euro).
Al fine di raggiungere il risultato sopra esposto, i Soci C libereranno (tramite il denaro da essi versato) circa 110. 000 azioni C che saranno in realtà assegnate (in maniera non proporzionale appunto) ai managers.
Con riferimento all’operazione descritta, precisa l’istante che tutti i managers destinatari delle azioni, anche quelli che allo stato sono dipendenti di altre società del gruppo, al momento dell’assegnazione assumerebbero la carica di amministratori o dipendenti in ALFA.
Inoltre, in considerazione del fatto che le azioni C attribuiscono diritti patrimoniali “rafforzati” rispetto alle altre categorie di azioni, afferma l’interpellante che per esse potrebbe essere individuato un valore teorico di tali azioni maggiore rispetto al loro valore nominale (il quale coincide con il valore di sottoscrizione).
Quanto sopra premesso e argomentato, la società istante, al fine di adempiere correttamente ai propri obblighi di sostituto d’imposta, viene a chiedere all’Agenzia delle Entrate se:
– le azioni C assegnate ai managers in misura eccedente rispetto all’importo del conferimento in denaro da questi effettuato possano rappresentare, ai fini delle imposte sui redditi, l’attribuzione di un reddito di lavoro dipendente o assimilato a favore dei predetti managers;
– gli utili che i managers eventualmente riceveranno in futuro in qualità di soci proprietari di azioni C, ai fini delle imposte sui redditi dovranno essere assoggettati a tassazione in capo ai percettori come dividendi (se trattasi di utili distribuiti dalla società), ovvero come capital gains (in caso di cessione delle azioni), non costituendo redditi di lavoro dipendente o assimilati.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
Relativamente alle problematiche sopra esposte, la società istante ritiene che al primo quesito debba essere data risposta negativa e che, quindi, le azioni C di ALFA attribuite ai managers in misura eccedente rispetto all’importo del conferimento in denaro dagli stessi effettuato non costituiscono per tali soggetti l’attribuzione di un reddito di lavoro dipendente o assimilato.
Ciò in quanto, l’assegnazione non proporzionale delle azioni a favore dei managers si giustifica esclusivamente sulla base del rapporto sociale intercorrente fra gli azionisti conferenti e la società conferitaria e non risulta in alcun modo connessa – neppure indirettamente – con le prestazioni rese dai managers ad ALFA in relazione al rapporto di lavoro dipendente o all’ufficio di amministratore (per le quali ovviamente tali soggetti ricevono già una remunerazione in linea con i valori di mercato, che è tassata quale reddito di lavoro dipendente o assimilato).
In merito al secondo quesito, la società ritiene che gli eventuali utili percepiti dai managers in qualità di azionisti titolari di azioni C, ai fini delle imposte sui redditi dovranno essere assoggettati a tassazione in capo ai percettori come dividendi o come capital gain (in caso di cessione delle azioni), come accadrebbe per i redditi connessi ad ogni tipologia di partecipazione sociale.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Preliminarmente, si osserva che l’assegnazione di azioni effettuata nei confronti di soggetti titolari di reddito di lavoro dipendente o assimilato rappresenta, in genere, erogazione di un compenso in natura che, fino al 25 giugno 2008, godeva di un particolare regime fiscale di favore, abrogato dal decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
Più precisamente, qualora l’assegnazione di azioni era rivolta a determinati lavoratori dipendenti o assimilati, individuati discrezionalmente dalla società promotrice dell’operazione, piuttosto che alla generalità dei dipendenti, si rendeva applicabile l’articolo 51, comma 2, lettera g-bis), del TUIR, in materia di stock options.
Tale disposizione, al ricorrere di talune condizioni, prevedeva, infatti, una forma di esenzione di una quota parte del reddito di lavoro dipendente in misura corrispondente alla differenza tra il valore delle azioni, al momento dell’assegnazione, e l’ammontare corrisposto dal dipendente.
Abrogata tale disposizione, simili fattispecie devono necessariamente essere ricondotte nell’ambito dei fringe benefits e, come tali, considerate imponibili quali reddito di lavoro dipendente, in ragione del principio di omnicomprensività secondo cui tutte le somme e i valori che il dipendente riceve, anche da terzi, in relazione al rapporto di lavoro, sono reddito di lavoro dipendente.
Al riguardo, si fa presente che i compensi in natura sono imponibili anche in capo ai soggetti che percepiscono redditi assimilati a quelli di lavoro
dipendente, tra cui i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa – come ad esempio gli amministratori di società.
In relazione, poi, al valore del fringe benefit ovvero al quantum da assoggettare a tassazione, l’articolo 51, comma 3, del TUIR individua nel cosiddetto valore normale il criterio generale da utilizzare per valutare i compensi in natura, i cui princìpi sono stabiliti dall’articolo 9 del citato Testo Unico che al comma 4 statuisce che “Il valore normale è determinato:
a) per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese;
b) per le azioni non quotate, per le quote di società non azionarie e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente e, per le società e gli enti di nuova costituzione, in proporzione all’ammontare complessivo dei conferimenti;”.
Naturalmente, come più volte precisato dall’Amministrazione Finanziaria (cfr. , tra l’altro, circolare n. 30 del 2000 e risoluzione n. 186 del 2002), costituisce reddito per il lavoratore dipendente il valore del compenso in natura, come sopra specificato, al netto di quanto corrisposto dal dipendente ovvero trattenuto direttamente dal sostituto d’imposta per il godimento del bene ceduto o del servizio prestato.
Tanto premesso, si ritiene di non condividere la soluzione prospettata dall’interpellante in relazione al primo quesito posto.
Invero, prescindendo dalla modifica dello statuto che la società interpellante, in ossequio al disposto dell’art. 2346, co. 4, c. C. , si impegna ad operare per consentire l’assegnazione non proporzionale delle azioni C, si rileva che l’articolo 8, comma 2, lett. C), dello Statuto espressamente prevede che “Le Azioni C non possono essere oggetto di trasferimento. A qualunque titolo, sino al 27 settembre 2015. Fanno eccezione al divieto di trasferimento qui previsto i trasferimenti effettuati tra soggetti titolari di azioni C, effettuati a favore di amministratori e dipendenti della Società, di società controllanti la Società. “.
Pertanto, lo statuto di ALFA consente ai titolari delle azioni C di trasferire le relative azioni prima della data prevista, sempreché queste non vengano cedute a soggetti estranei alla compagine sociale. Considerato che, come descritto dall’interpellante, l’aumento di capitale comporterà che “. I Soci C libereranno (tramite il denaro da essi versato) circa 110. 000 azioni C che saranno in realtà assegnate (in maniera non proporzionale appunto) ai managers”, il trasferimento delle azioni C non può prescindere dallo status di lavoratore dipendente dell’assegnatario.
Inoltre, a conferma della natura remunerativa delle azioni C, si fa presente che la stessa società ALFA afferma che il conferimento non proporzionale da parte dei manager costituisce la modalità più appropriata per attuare l’aumento di capitale, “. In quanto i manager apportano utilità e benefici che, pur non potendo essere iscritti nel bilancio della Società, sono comunque idonei ad aumentare il valore, se non altro in via prospettica (. )”.
Dette utilità, a parere della scrivente, possono essere ritenute come espressive dell’impegno profuso dai managers nell’attività della società e la loro rilevanza rispetto alla parte “monetaria” del conferimento posto in essere giustifica, nell’ambito degli accordi con ALFA, l’attribuzione di azioni con diritti patrimoniali rafforzati.
Si ravvisa, pertanto, nell’attribuzione delle azioni C un’ipotesi di concorso al reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51 del TUIR, nel caso dei managers dipendenti della società, ovvero ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 50, primo comma, lettera c-bis, TUIR, nel caso di managers – amministratori.
In considerazione, poi, di quanto rappresentato dalla società istante, secondo la quale l’ingresso nel capitale sociale sarebbe rivolto “. a taluni soggetti che si occupano della gestione degli investimenti della società. ” cd. Managers, la scrivente ritiene che, ove tali soggetti possano costituire una categoria di dipendenti, possa trovare applicazione la lettera g) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR laddove è statuito che “Non concorrono a formare il reddito. Il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente a euro 2. 065,83 a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione; qualora le azioni siano cedute prima del predetto termine, l’importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione”.
Al riguardo, infatti, l’Amministrazione Finanziaria ha affermato (cfr. , tra l’altro, risoluzione del 17 dicembre 2007, n. 378) che al fine dell’applicazione del particolare regime da ultimo descritto è necessario che l’offerta sia rivolta alla generalità ovvero a categorie di dipendenti, ricomprendendo in tale ultimo concetto non solo le categorie civilistiche (dirigenti, quadri, operai ecc. ), ma anche i dipendenti di un certo tipo o che svolgono le medesime mansioni (turnisti, expatriates. ).
In relazione al secondo quesito formulato ovvero alla qualificazione degli eventuali utili conseguiti dal dipendente nella sua veste di azionista della società nella quale presta lavoro, si condivide la soluzione prospettata dalla società istante. L’articolo 44, comma 1, lett. E), del TUIR, definisce redditi di capitale, tra gli altri, gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’IRES.
Al riguardo, si rileva che tale disposizione non limita il suo ambito di applicazione in ragione della qualifica soggettiva rivestita dal soggetto percettore degli utili, rilevando esclusivamente la circostanza che il medesimo soggetto partecipi al capitale o al patrimonio sociale. Invero, la partecipazione agli utili non è subordinata all’esistenza del rapporto di lavoro, dal momento che il beneficiario potrebbe continuare a mantenere il possesso delle azioni anche in caso di cessazione del rapporto stesso.
La qualifica di lavoratore dipendente (o assimilato) rileva, infatti, esclusivamente al momento dell’offerta delle azioni, mentre la fase successiva non attiene in alcun modo al rapporto di lavoro subordinato intrattenuto dall’azionista con l’emittente.
In questo contesto possono verificarsi profili impositivi, ma aventi carattere diverso da quello dei redditi di lavoro dipendente: eventuali dividendi costituiranno redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera e), del
TUIR, così come i proventi ottenuti dalla cessione delle partecipazioni potranno rilevare ai fini della determinazione dei redditi diversi di natura finanziaria (capital gain) di cui all’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), del TUIR.
Sulla base delle suesposte considerazioni si ritiene, pertanto, che i dividendi percepiti dai managers, titolari delle Azioni C, assegnate con le modalità precisate dalla Società istante, costituiscano reddito di capitale così come previsto dall’articolo 44, comma 1, lettera e), del TUIR.
Dott. Alessio Ferretti |
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