Il contratto a tempo determinato rappresenta da sempre, per sua natura, un’eccezione al contratto a tempo indeterminato che costituisce la forma normale e storicamente prevalente del lavoro subordinato
La disciplina del contratto a termine ha subito numerose modifiche nel corso del tempo sia in senso più restrittivo ma anche in alcune circostanze in senso più permissivo, nel suo intento di contrastare la disoccupazione attraverso la flessibilità nella durata del rapporto di lavoro.
Il contratto di lavoro a tempo determinato
Limitazioni e flessibilità nella regolamentazione del contratto di lavoro a tempo determinato.
Il contratto a tempo determinato rappresenta da sempre, per sua natura, un’eccezione al contratto a tempo indeterminato che costituisce la forma normale e storicamente prevalente del lavoro subordinato.
La disciplina del contratto a termine ha subito numerose modifiche nel corso del tempo sia in senso più restrittivo ma anche in alcune circostanze in senso più permissivo, nel suo intento di contrastare la disoccupazione attraverso la flessibilità nella durata del rapporto di lavoro.
Una prima fase legislativa è caratterizzata dal netto sfavore verso le assunzioni a termine: la legge 18-4-1962 n. 230 prevedeva il contratto a termine come un’eccezione, stabilendo una disciplina nettamente restrittiva; successivamente è entrata in vigore una regolamentazione meno rigida dovuta in parte alla diversa impostazione della disciplina Europea: il D. Lgs. 6-9-2011, n. 368, da attuazione alla direttiva99/70/CE superando tutte le precedenti limitazioni e ponendo come unica condizione per la legittimità delle assunzioni a termine la sussistenza di una causa giustificatrice di carattere generale.
La Legge Fornero (L. 92/2012) ha modificato ulteriormente la disciplina del contratto a termine soprattutto per cercare di contrastare la precarietà sempre più diffusa tra i giovani e l’uso ripetuto di questo tipo di contratto: la legge cerca di perseguire queste finalità allungando gli intervalli di tempo tra un contratto a termine e l’altro e riduce i giorni di possibile prosecuzione del rapporto di lavoro dopo la scadenza del termine; rende inoltre sempre più onerosi i rapporti a termine, elevando la contribuzione previdenziale dovuta per essi anche se allo stesso tempo, introduce la possibilità di derogare alla regola della giustificazione dell’assunzione a termine; il contratto a temine, poteva essere acausale solo se si trattava del primo contratto a termine stipulato con quel lavoratore o se ricorrevano le condizioni stabilite dalla contrattazione collettiva.
Il decreto Poletti (D. L. 34/2014 convertito in L. 16-5-2014 n. 78) invece generalizza l’acausalità che la legge Fornero come abbiamo visto limitava solo a due ipotesi, con l’effetto di liberalizzare totalmente le assunzioni a tempo determinato; queste previsioni sono state confermate in seguito dal D. Lgs 81/2015 che, nell’operare il riordino dei contratti di lavoro, detta una nuova disciplina del lavoro a termine. L’ultimo intervento normativo è il decreto dignità (87/2018) che è stato convertito in Legge (96/2018) dal senato il 7 Agosto e le cui disposizioni entreranno in vigore il 1° Novembre 2018.
Il contratto di lavoro a tempo determinato può essere stipulato liberamente, senza che sia necessaria l’esistenza di nessuna causale specifica come disposto dal D. Lgs 36/2011; la legge pone come unico limite alla assunzioni a termine, l’obbligo di contingentamento delle stesse cioè di limitazione delle stesse: nelle imprese che hanno più di 5 dipendenti, salvo diverse previsioni da parte della contrattazione collettiva, il numero complessivo dei contratti a termine stipulati dal datore di lavoro non può superare il 20% dei dipendenti assunti a tempo indeterminato. Il limite del 20% va calcolato facendo riferimento al numero dei dipendenti assunti dal 1° Gennaio dell’anno di assunzione o nel caso di inizio di attività nel corso dell’anno di lavoratori a tempo indeterminato occupati al momento dell’assunzione. Non vengono tenuti in considerazioni ai fini del calcolo, i lavoratori assunti con contratto di lavoro intermittente senza indennità di disponibilità ma si tengono invece in considerazione i dirigenti, gli apprendisti e i lavoratori part-time in proporzione all’orario svolto.
Nelle imprese fino a 5 dipendenti si può stipulare un solo contratto a termine. In caso di violazione del limite legale, il datore di lavoro è soggetto a pesanti sanzioni amministrative di natura pecuniaria: per ogni lavoratore assunto in eccedenza, la sanzione sarà pari al 50% della retribuzione del lavoratore per ogni mese di lavoro o frazione di mese superiore ai 15 giorni (20% se si tratta di un solo lavoratore in più). è esclusa invece la trasformazione del contratto a tempo indeterminato.
Vi sono però dei casi in cui non si applica alcun limite quantitativo come per esempio per i contratti a termine aventi ad oggetto lo svolgimento di attività di ricerca scientifica o tecnologica o le assunzioni a termine effettuate il caso di avvio di nuova attività di impresa (start-up innovativa) per il periodo di 4 anni dalla costituzione della società, non trovano applicazione per i programmi radiofonici o televisivi o per la produzione di specifiche opere audiovisive e per il lavoratori di età superiore ai 50 anni per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità.
Affinché l’assunzione a tempo determinato sia valida, è necessaria la forma scritta del contratto che dovrà indicare anche il termine di scadenza del rapporto; una copia dell’atto scritto dovrà essere consegnata al lavoratore assunto, entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione. Il termine del contratto può essere riportato direttamente con una data precisa oppure si può far riferimento ad evento futuro che si verificherà ma di cui le parti non conoscono la data certa come ad esempio nel caso di assunzione per sostituzione di un lavoratore assente. In assenza di forma scritta l’apposizione del termine è priva di effetto e il contratto si considera a tempo indeterminato. L’onere della forma scritta è escluso in caso di rapporti di lavoro della durata inferiore ai 12 giorni oppure per i contratti a termine tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato, per i contratti del personale del Servizio Sanitario Nazionale, nel settore del turismo e dei pubblici esercizi per durata inferiore ai 3 giorni per l’esecuzione di speciali servizi o ancora nelle aziende che esercitano il commercio di esportazione e importazione all’ingrosso, nei contratti a tempo determinato di durata non superiore ai 5 anni stipulati con i dirigenti commerciali e infine per le assunzioni a termine di lavoratori in mobilità.
Le assunzioni a termine sono invece vietate nei seguenti casi:
o per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
nelle unità produttive nelle quali nei sei mesi precedenti si è proceduto a licenziamenti collettivi o nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni alle quali si riferisce il contratto a termine;
nelle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza sul lavoro.
In caso di violazione di una di queste disposizioni il contratto si trasformerà a tempo indeterminato.
Sono invece escluse dal divieto di assunzione, le assunzioni a termine per provvedere alla sostituzione di un lavoratore assente per assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità e per contratti di durata non superiore ai 3 mesi; il divieto non trova applicazione nei confronti delle imprese che stipulano contratti di solidarietà per evitare o ridurre le eccedenze di personale.
Nel caso in cui la disciplina del contratto a termine venga violata, sarà possibile impugnare il contratto rispettando precisi termini di decadenza: l’impugnazione deve avvenire entro 180 giorni dalla cessazione del contratto stesso; nel caso in cui il giudice accerti l’illegittimità del contratto e si pronuncia per la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, condannerà il datore di lavoro anche al risarcimento del danno in favore del lavoratore attraverso il pagamento di una indennità onnicomprensiva il cui importo dovrà essere compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.
L’importo dell’indennità sarà stabilito dal giudice che terrà conto di alcuni criteri quali il numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell’azienda, l’anzianità di servizio del lavoratore, il comportamento e le condizioni della parti; tale importo è ridotto della metà nel momento in cui siano stati conclusi in sede nazionale, territoriale o aziendale accordi sindacali che prevedono l’obbligo del datore di lavoro di assumere sulla base di specifiche graduatorie, lavoratori già occupati a tempo determinato.
Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato, ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo spettante ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato che sono inquadrati nello stesso livello, in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia incompatibile con la natura del contratto a termine; ha diritto inoltre a ricevere una formazione adeguata e necessaria allo svolgimento dell’attività lavorativa al fine di prevenire rischi specifici connessi all’esecuzione del lavoro.
La principale caratteristica del contratto a tempo determinato è che alla scadenza esso si risolve automaticamente; l’articolo 2119 del codice civile disciplina il recesso prima del termine che è ammesso solo se si verifica una causa che non consenta la prosecuzione anche temporanea del rapporto (giusta caus); se il datore di lavoro prima della scadenza, ha licenziato illegittimamente il lavoratore non trova applicazione la tutela contro i licenziamenti illegittimi in quanto non si tratta di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quindi il lavoratore avrà diritto ad un risarcimento del danno commisurato all’ammontare delle retribuzioni non percepite dal momento del recesso alla scadenza prevista del contratto.
Alla scadenza il contratto potrà comunque essere trasformato a tempo indeterminato.
è ammessa la proroga del contratto alla scadenza: in precedenza erano previste fino a 5 proroghe ma con l’entrata in vigore del Decreto Dignità sono ammissibile sono 4 proroghe nell’arco dei 24 mesi e ci deve essere il consenso del lavoratore; in caso di violazione del limite delle proroghe il contratto si trasformerà a tempo indeterminato.
è prevista la possibilità che alla scadenza del contratto il rapporto di lavoro prosegua perché magari c’è la necessità di ultimare le attività lavorative ma in questo caso è necessario rispettare alcuni intervalli di tempo e cioè fino ad ulteriori 30 giorni dalla scadenza se il contratto è di durata pari od inferiore ai 6 mesi se invece ha una durata maggiore fino a 50 giorni; in questo caso il datore di lavoro corrisponderà al lavoratore una maggiorazione della retribuzione che varia in base ai giorni di prosecuzione del rapporto che sarà pari al 20% fino al decimo giorno successivo alla scadenza e pari al 40% per ogni giorno ulteriore. Alla scadenza dei termini massimi consentiti il rapporto deve concludersi altrimenti scatta la trasformazione a tempo indeterminato.
La legge prevede la possibilità di riassumere il lavoratore con un altro contratto a tempo determinato ma devono essere trascorsi almeno 10 giorni se il precedente contratto aveva durata inferiore o pari ai 6 mesi e almeno 20 in caso di durata superiore, anche in questo caso se vengono violati gli intervalli stabiliti dalla legge il secondo contratto si considera a tempo indeterminato (queste disposizioni non valgono per i contratti stagionali).
Salvo diverse disposizioni della contrattazione collettiva il contratto a tempo determinato, sempre sulla base delle nuove disposizioni del Decreto Dignità, non può avere durata superiore ai 12 mesi, ma potrà essere prorogato fino ad un massimo di 24 mesi solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
o esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività
o ragioni sostitutive
o esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria
Il lavoratore che ha prestato la propria attività lavorativa con un contratto a tempo determinato, ha il diritto di precedenza quindi ha diritto ad essere preferito nel caso in cui l’azienda debba procedere a nuove assunzioni: questo diritto è sicuramente un’importante possibilità di stabilizzazione del rapporto di lavoro o comunque di continuità occupazionale nello stesso settore di lavoro; è riconosciuto ai lavoratori assunti a tempo determinato con un contratto di durata superiore ai 6 mesi e riguarda le assunzioni fatte dal datore di lavoro a tempo indeterminato nei 12 mesi successivi e aventi ad oggetto le stesse mansioni già eseguite dal lavoratore. Questo diritto si applica anche ai lavoratori stagionali e alle lavoratrici in congedo di maternità e dovrà essere espressamente richiamato nel contratto di lavoro ed essere esercitato entro 6 mesi dalla scadenza del contratto (3 per i lavoratori stagionali).