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mercoledì 27 Novembre 2024

L’Escort “occasionale” deve pagare le tasse? Se si, come?

I proventi dell’attività di meretricio, in una prospettiva di parificazione fiscale rispetto a tutti gli altri contribuenti, sono tassabili, come perentoriamente statuito dalla nota sentenza della Corte di Cassazione n°22413 del 2016, la quale ha chiarito definitivamente in quale categoria reddituale gli stessi debbano essere correttamente inquadrati ai fini IRPEF e se l’occasionalità delle prestazioni escluda o meno l’assoggettamento ad imposta.  

 

I proventi dell’attività di meretricio, in una prospettiva di parificazione fiscale rispetto a tutti gli altri contribuenti, sono tassabili a prescindere dall’abitualità o saltuarietà della stessa. A consacrare perentoriamente tale principio è stata la nota sentenza della Corte di Cassazione emessa dalla V sezione civile n°22413 in data 4 novembre 2016, la quale ha chiarito definitivamente in quale categoria reddituale gli stessi debbano essere correttamente inquadrati ai fini IRPEF.

Il caso

La vicenda al vaglio della Suprema Corte, riguardava una donna che, malgrado versasse in banca somme elevatissime di denaro (negli oltre 10 conti correnti attivi) e fosse intestataria di diverse unità immobiliari locate e autovetture, conducendo un tenore di vita piuttosto lussuoso, si era limitata a presentare la dichiarazione per una sola annualità.

L’accertamento fiscale a fronte della incongruità della dichiarazione fiscale

Ciò faceva scattare l’accertamento d’ufficio ai sensi dell’articolo 41 D. P. R. 29 settembre 1973 n° 600 da parte dell’Agenzia delle Entrate. In base ai versamenti emergenti dalle indagini sulle movimentazioni bancarie, il Fisco emetteva avvisi di accertamento per gli anni di imposta dal 1996 al 2003, attraverso i quali recuperava a tassazione, ai fini IRPEF, di redditi diversi per importi annuali oscillanti tra circa 40. 000 e 100. 000 €, oltre al reddito da fabbricati.

Vicenda giudiziaria

La Commissione tributaria regionale rigettava l’impugnazione principale della contribuente, confermando che il reddito da meretricio non costituisce reddito esente o non imponibile e neppure provento da attività illecita, bensì risulta compreso tra i cosiddetti redditi diversi, tassabili a norma degli articoli 6 e 67, lett. L), D. P. R. 22 dicembre 1986, n°917, ergo “redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere”

Per la V sezione tributaria della Suprema Corte, il giudice della Commissione Tributaria Regionale ha correttamente confermato la qualificazione reddituale dei redditi de quibus da parte della l’Amministrazione Finanziaria.

Il requisito della occasionalità esclude la tassazione?

Il passaggio focale che dissipa i dubbi sussistenti in merito all’inquadramento ai fini IRPEF dei redditi da prostituzione è quello nel quale la Cassazione conferma l’irrilevanza, ai fini della tassazione, della circostanza che la donna svolgesse attività di prostituzione in forma occasionale, pur avendo clienti abituali. Gli Ermellini hanno sentenziato che l’esercizio del meretricio, “occasione o abituale che sia, genera comunque un reddito imponibile ai fini Irpef, trattandosi in ogni caso di proventi rientranti nella categoria residuale dei redditi diversi prevista dall’articolo 6 comma 1 lett. F) D. P. R. N°917/1986”, motivo determinante ai fini dell’accoglimento del ricorso dell’Amministrazione Finanziaria.

Conclusione

L’attività di prostituzione, astraendo dall’esercizio occasionale ovvero abituale, origina un reddito imponibile ai fini dell’IRPEF atteso che tali introiti sono ricompresi nella categoria residuale dei cosiddetti “redditi diversi”.  La circostanza dell’abitualità rileva per un differente scopo, concernente la sottoposizione di detti proventi anche alle imposte indirette, in conformità al disposto di cui all’art. 5 D. P. R. N. 633/1972, per il quale costituisce esercizio di arti o professioni, soggette all’ IVA (imposta sul valore aggiunto), l’esercizio per professione abituale di qualunque attività di lavoro autonomo.

Quindi il quadro attuale ai fini fiscale è ormai chiaro:

I redditi provenienti da prostituzione non rappresentano:

né reddito esente;
né reddito non imponibile;
neppure provento da attività illecita.

Ma

1) rientrano (salvo prova contraria) tra i “redditi diversi”, assimilabili ai redditi di lavoro autonomo, tassabili ai sensi degli articoli 6 e 67 lettera l) “i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere”, D. P. R. N. 917/1986;

2) andranno dichiarati quindi nel quadro RL del Modello Unico PF.

Note

Quindi, a prescindere da giudizi etico/morali sull’attività che genera i redditi in oggetto (rilevante come contraria al buon costume), Escort e prostitute devono pagare comunque le tasse, motivo per il quale i giudici hanno parafrasato un’antica espressione attribuita a Vespasiano: “Pecunia non olet”, il denaro non puzza. Pare che l’imperatore romano si sia rivolto in questo modo al figlio che lo accusava di aver messo una tassa sull’urina raccolta nelle latrine gestite dai privati (i “vespasiani” appunto). Una tassazione che generava indubbiamente cospicue entrate per l’Erario.

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