Dal 25 Giugno 2015, è entrato in vigore uno dei decreti attuativi del Jobs Act, precisamente il decreto legislativo n. 81/2015, che tra le varie cose ha abrogato le disposizioni relative ai contratti a progetto e quelle sulle collaborazioni.
Nello specifico, gli articoli 2, 52 e 54 del suddetto decreto legislativo, effettuano una vera e propria revisione della disciplina dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa; pertanto vengono abrogate (per i nuovi contratti) le disposizioni contenute all’interno degli articoli dal 61 al 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003.
LE COLLABORAZIONI PERSONALI E CONTINUATIVE DOPO IL JOBS ACT
Dal 25 Giugno 2015, è entrato in vigore uno dei decreti attuativi del Jobs Act, precisamente il decreto legislativo n. 81/2015, che tra le varie cose ha abrogato le disposizioni relative ai contratti a progetto e quelle sulle collaborazioni.
Nello specifico, gli articoli 2, 52 e 54 del suddetto decreto legislativo, effettuano una vera e propria revisione della disciplina dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa; pertanto vengono abrogate (per i nuovi contratti) le disposizioni contenute all’interno degli articoli dal 61 al 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003.
Un cambiamento sostanziale è dato anche dal fatto che si assiste alla abrogazione del lavoro a progetto.
In realtà, dalla riforma in oggetto deriva un forte ridimensionamento di quelle che sono le varie possibilità di ricorrere all’utilizzo delle collaborazioni (co. Co. Co. , co. Co. Pro. , mini co. Co. Co. ) che hanno sempre riscosso un forte successo all’interno delle aziende, consentendo a queste ultime di svolgere diverse tipologie di attività lavorative che altrimenti non avrebbero saputo classificare in maniera diversa.
Le novità introdotte dalla riforma legislativa trovano applicazione per i nuovi contratti stipulati a far data dal 25 Giugno 2015; al contrario, rimangono in vigore le disposizioni vigenti in precedenza per i contratti che sono ancora in essere, fino alla loro naturale scadenza.
Con riferimento a quello che è l’aspetto previdenziale INPS, all’iscrizione alla gestione separata ed in merito all’assicurazione INAIL, le regole restano invariate e dunque identiche a quelle applicabili alle collaborazioni coordinate e continuative.
Cosa cambia con il Jobs Act
Dunque, prima di esaminare nel dettaglio quali modifiche sono state apportate dal decreto legislativo n. 81/2015, occorre ricordare che i co. Co. Co. Sono contratti di lavoro che si collocano più o meno a metà strada tra il lavoro autonomo ed il lavoro subordinato ed in particolare il lavoratore si trova a lavorare all’interno dell’azienda senza che vi sia alcun vincolo di subordinazione, ma operando comunque in rapporto di tipo coordinato e continuativo con il committente.
Confermando una sorta di continuità con il principio che è contenuto nell’articolo 1 del decreto legislativo n. 81 del 2015, secondo il quale il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro, l’articolo 2 del medesimo decreto sancisce che, a partire dal 01 Gennaio 2016, è prevista l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato anche a quei rapporti di collaborazione che sembreranno essere carenti di autonomia operativa in quanto “ si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.
Pertanto, ben si evince come si applichi adesso la disciplina del lavoro dipendente a tutti quei rapporti di collaborazione che consistono in concreto in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e caratterizzate da modalità di esecuzione che siano organizzate dal committente anche con riferimento a quelli che sono i tempi ed i luoghi di lavoro.
Giova specificare che, malgrado nel testo legislativo non si parli esplicitamente di una conversione in rapporto di lavoro subordinato, ma si parli in maniera alquanto generale dell’applicazione della disciplina di lavoro subordinato al rapporto di lavoro, si può certamente asserire che il significato è ad ogni modo identico.
Dunque se ne deduce chiaramente che, nell’ipotesi in cui il rapporto di collaborazione non risulti essere “genuino”, ma esso sia anzi contraddistinto da elementi tipici del lavoro subordinato, lo stesso rapporto di collaborazione si troverà ad essere disciplinato (e dunque subirà una trasformazione) come un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, sia per quanto concerne l’aspetto contrattuale, che quello previdenziale e fiscale.
I nuovi indicatori dai quali si desumerà quindi l’eventuale applicazione della disciplina del lavoro subordinato sono:
La prestazione dovrà essere svolta in maniera esclusivamente personale, cioè dovrà essere resa dal collaboratore senza che vi sia a monte alcun tipo di organizzazione e senza avvalersi dell’aiuto da parte di altri;
La prestazione dovrà essere eseguita in modo continuativo, cioè la stessa deve perdurare nel tempo e deve comportare un impegno costante e notevolmente lungo da parte del prestatore di lavoro a favore del committente;
Vi deve essere una modalità di svolgimento etero organizzata dal committente, anche con riferimento ai tempi ed ai luoghi di lavoro.
Occorre fare una breve riflessione a riguardo, lì dove si evidenzia che l’articolo 2, al comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015, non introduce una grande innovazione.
Infatti, il fatto di dover ricondurre le collaborazioni, contraddistinte dalle predette caratteristiche, a rapporti di lavoro subordinato, è stato fortemente supportato, da un orientamento piuttosto consolidato della giurisprudenza.
Proprio la giurisprudenza inoltre, è ripetutamente intervenuta con numerose pronunce, per dissipare ogni eventuale perplessità nella sussistenza o meno dei requisiti della continuità, della personalità e della coordinazione delle collaborazioni stesse.
In particolare, la suprema Corte di Cassazione, ha affermato che la prestazione non deve essere occasionale, ma deve avere una durata collocabile in un arco temporale abbastanza lungo, tale da comportare una reiterazione della prestazione con un impegno costante a favore del committente (Cass. N. 5698/2002, Cass. N. 3485/2001). La Corte precisa dunque, anche in altre pronunce, che la collaborazione non deve limitarsi esclusivamente alla realizzazione di una sola opera specifica, ma a più prestazioni che si verificano in un periodo di tempo alquanto lungo, oppure può consistere nel realizzare prestazioni che seppur di breve durata, siano destinate a soddisfare un interesse del committente che duri nel tempo.
In merito al requisito della personalità, lo stesso deve prevalere sugli altri fattori che sono impiegati ai fini della realizzazione dell’obbligazione contrattuale e la sua sussistenza, come si evince anche da orientamento della Cassazione, si desume dalla molteplicità di incarichi svolti soprattutto con l’impiego prevalente di attività personale non subordinata.
Con riferimento invece al requisito della coordinazione, la medesima Corte di Cassazione, con diverse pronunce, tra le quali la n. 3485/2001, asserisce che l’attività deve essere collegata, da un punto di vista strutturale e funzionale, a quella che è l’organizzazione produttiva del committente, specificando in particolare che le direttive imprenditoriali in merito alle prestazioni che devono essere svolte, vanno eseguite con il potere del committente che deve limitarsi a chiedere la prestazione dovuta, nonostante le prestazioni stesse debbano essere svolte in maniera sì coordinata, ma comunque del tutto autonoma.
La nuova disciplina normativa prevede la possibilità, in particolare per il datore di lavoro, di chiedere ad apposite Commissioni, la certificazione dell’assenza dei predetti requisiti; in tale situazione il lavoratore può farsi tranquillamente assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o cui conferisce mandato, oppure ancora da un avvocato o da un consulente del lavoro.
Quanto detto ha la funzione di tutelarsi da ogni qualsivoglia tipologia di eccezione che potrebbe essere sollevata.
Collaborazioni escluse dalla riconduzione al rapporto di lavoro subordinato
Al secondo comma dell’articolo 2 del decreto legislativo in oggetto, vengono individuate quelle che sono le fattispecie obbligatoriamente escluse dalla riconduzione al rapporto di lavoro subordinato.
Precisamente, sono esclusi:
Quei rapporti di collaborazione che rientrano nel campo di applicazione di determinati contratti collettivi nazionali, che vengono stipulati dalle confederazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che definiscono il trattamento economico e normativo applicabile ai collaboratori e che tengono in considerazione le particolari esigenze di produzione e di organizzazione del settore cui si rivolge l’attività;
Le collaborazioni che vengono prestate durante l’esercizio di professioni di tipo intellettuale che necessitano dell’iscrizione in appositi albi professionali;
Le prestazioni di lavoro che sono rese a favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle associazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate o agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C. O. N. I. ;
Le collaborazioni coordinate e continuative con le pubbliche amministrazioni. E’ necessario precisare in merito però, che tale esenzione vale soltanto per il momento, infatti solo fino a che non vi sarà un completo riordino della disciplina inerente l’utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, non saranno applicati gli indicatori della subordinazione. Ad ogni modo, le stesse pubbliche amministrazioni, dal 01 Gennaio 2017, non potranno più ricorrere a contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Si pensa comunque, anche se ciò non è espressamente previsto dalla norma, che non si possa prescindere dal ricorrere alle collaborazioni coordinate e continuative in determinati settori come ad esempio quello degli enti di formazione, dove spesso vengono coinvolti collaboratori con diverse funzioni, o come quello dei call center in outbound, all’interno del quale molti operatori sono inquadrati come collaboratori a progetto.
Stop ai contratti a progetto
La normativa disciplinante il contratto di lavoro a progetto, antecedente a quella prevista dal decreto legislativo n. 81/2015, continuerà a trovare applicazione per tutti quei contratti a progetto stipulati anteriormente alla data del 25 Giugno 2015, i quali però, naturalmente, una volta che si è venuto a realizzare il progetto per il quale gli stessi erano stati posti in essere, non possono essere né prorogati e né rinnovati.
Occorre ricordare che il lavoro a progetto fu introdotto dalla Legge Biagi con decreto legislativo n. 276/2003, il quale aveva l’intento di modificare le collaborazioni coordinate e continuative al fine di eliminare ogni sorta di fenomeno che potesse dar luogo ad elusioni legislative nell’ambito del lavoro subordinato.
Gli elementi peculiari del contratto di lavoro a progetto sono sempre stati: la specificità del progetto; la sussistenza di un coordinamento tra il collaboratore ed il committente; il contenuto della prestazione che non poteva prevedere lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; l’autonomia di scelta su quelle che sono le modalità di esecuzione e di svolgimento, purchè vi fosse sempre comunque il collegamento funzionale con la struttura organizzativa del committente; il fatto che il compenso fosse legato sia al tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione, che al risultato del progetto.
Dunque in qualche modo si può dire che con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 81/2015, si assiste da un lato all’abrogazione del contratto di lavoro a progetto, e dall’altro ad un ritorno alla situazione preesistente all’emanazione del decreto legislativo n. 276/2003.
Pertanto, allo stato attuale, potranno essere instaurati rapporti di collaborazione coordinata e continuativa senza che si provveda alla individuazione di uno specifico progetto che sia collegato ad un preciso risultato finale, purchè si abbia sempre il rispetto dei requisiti caratterizzanti le collaborazioni e cioè appunto la continuità, la coordinazione, il carattere in prevalenza personale della prestazione di lavoro; l’assenza di un vincolo di subordinazione del collaboratore nei confronti del committente.
Stabilizzazione dei collaboratori
Dal 01 Gennaio 2016, tutti i datori di lavoro che decidono di assumere il personale prima contrattualizzato con un rapporto di collaborazione, che sia anche a progetto o a partita IVA, se con lavoro autonomo, possono godere di un beneficio di non poca importanza e precisamente possono beneficiare di una sanatoria che permetterà loro di estinguere eventuali illeciti di tipo amministrativo, contributivo e fiscale legati all’erronea qualificazione dei rapporti di lavoro.
Per fruire della stabilizzazione del rapporto, sono necessarie due condizioni:
Che i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, atti di conciliazione siglati in sede sindacale ovvero presso la DTL o ancora dinanzi alle Commissioni di Certificazione (di cui all’articolo 76 del decreto legislativo n. 276/2003);
Che nei 12 mesi successivi alle assunzioni, i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, almenochè non si tratti di giusta causa ovvero di giustificato motivo soggettivo.
L’adesione alla procedura di stabilizzazione comporta, come innanzi premesso, il beneficio dell’estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi appunto alla erronea qualificazione del rapporto di lavoro. Tuttavia, se la stabilizzazione viene avviata successivamente all’accesso ispettivo, non sarà possibile godere del beneficio della estinzione dei predetti illeciti accertati nel caso all’ esito dell’ispezione.
Al contrario dunque, qualora l’accesso ispettivo si verifichi nel momento in cui la procedura di stabilizzazione sia già in corso, il rispetto delle condizioni di cui all’articolo 54 del decreto legislativo n. 81/2015 potrà comportare l’estinzione degli eventuali illeciti accertati all’esito dell’ispezione.
Alla luce di quanto detto sin qui, si evince come l’applicazione della normativa possa sembrare a tratti alquanto insidiosa.
Infatti, è ben evidente che il vero intento del legislatore sia quello di racchiudere sotto l’ ala del lavoro subordinato tutti quei tipi di collaborazione che presentano i requisiti simili a quelli della subordinazione.
D’altronde, il principio che ispira il Jobs Act è proprio quello che mira ad incentivare e dunque a promuovere il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Tale percorso però, si rivela tortuoso e con non pochi ostacoli dato che, come si può facilmente dedurre, non è sempre così semplice, per tutte quelle che sono le parti coinvolte, riuscire a dimostrare o al contrario, ad escludere, la presenza delle predette caratteristiche in relazione ad un rapporto di collaborazione.
Ad esempio lo stesso requisito del carattere personale che deve avere la collaborazione coordinata e continuativa non è facilmente distinguibile; così come un altro rischio che molto probabilmente si potrebbe correre, è quello che il fatto che il collaboratore si trovi ad essere inserito in un qualsivoglia contesto produttivo, possa essere visto come una manifestazione del potere organizzativo datoriale su quelle che sono le modalità di lavoro, con la conseguente applicazione della disciplina del lavoro subordinato.
Pertanto, indubbiamente si prevede che con la nuova disciplina sulle collaborazioni non sarà difficile inciampare in più di qualche spiacevole contenzioso giudiziario.
ABSTRACT
Il D. Lgs n. 81/2015 abroga le disposizioni relative ai contratti a progetto e quelle sulle collaborazioni. In particolare il decreto prevede dal 01 Gennaio 2016 l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato anche a quei rapporti di collaborazione che sembrerebbero essere carenti di autonomia operativa in quanto si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro. Al secondo comma dell’art. 2 dello stesso decreto vengono poi previste le fattispecie categoricamente escluse dalla riconduzione al rapporto di lavoro subordinato. Non è più ammessa la nuova stipulazione di contratti di lavoro a progetto, mentre è possibile ricorrere ad una procedura di stabilizzazione per i datori di lavoro che decidono di assumere il personale, prima contrattualizzato con un rapporto di collaborazione, anche a progetto o a partita IVA, beneficiando in tal modo dell’estinzione di eventuali illeciti amministrativi, contributivi e fiscali.
Avv. Giovanni Di Corrado
Consulente del lavoro