Gli apporti infruttiferi sono oggetto da alcuni anni a questa parte di attente analisi da parte della Agenzia delle Entrate, spesso sono confusi con il finanziamento soci e rilevati con tale dicitura in bilancio. Questo errore espone l’azienda alla pretesa erariale del versamento dell’imposta di registro dovuta sui finanziamenti, di cui invece gli apporti sono esonerati, perché infruttiferi.
Sommario
APPORTI INFRUTTIRI E PRESTITI ALLA SRL DA PARTE DEI SOCI: GUIDA FISCALE E VADEMECUM
Gli apporti infruttiferi sono oggetto da alcuni anni a questa parte di attente analisi da parte della Agenzia delle Entrate, spesso sono confusi con il finanziamento soci e rilevati con tale dicitura in bilancio. Questo errore espone l’azienda alla pretesa erariale del versamento dell’imposta di registro dovuta sui finanziamenti, di cui invece gli apporti sono esonerati, perché infruttiferi.
Infatti, l’Agenzia delle entrate in sede di verifica, constata che i finanziamenti (e le restituzioni) avvengono frequentemente “per cassa”. Tale attitudine conferisce fondamenta alle presunzione dell’amministrazione che questa sia una pratica volta a nascondere il classico fenomeno della cassa negativa, il quale, a sua volta, ha origine da vendite in nero. Aggiungiamo che la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 1908/2007 ha riconosciuto legittima la suddetta ricostruzione dell’Agenzia delle Entrate. Dunque, è importante che i finanziamenti soci e le restituzioni agli stessi avvengano, salvo casi eccezionali a mezzo assegno non trasferibile o meglio ancora, mediante bonifico bancario in modo che si possa indicare la causale “Finanziamento soci infruttifero”.
La società può impiegare le somma ricevute dai soci per eseguire investimenti, per coprire delle perdite, o anche imputarle alla successiva sottoscrizione di un vero e proprio aumento del capitale sociale. Quando il versamento dei soci è preordinato proprio a questa operazione, si parla più propriamente di versamento in conto futuro aumento di capitale, a cui peraltro la giurisprudenza applica la stessa disciplina.
Il socio, naturalmente, può anche concedere alla società un vero e proprio prestito, comportandosi come qualsiasi terzo. In questo caso non si tratta più di capitale di rischio, ma di un vero e proprio credito del socio verso la società, che dovrà essere restituito alla scadenza prevista, e che può anche essere produttivo di interessi, come un vero e proprio mutuo.
La legge pone però delle limitazioni ben precise, per evitare che si verifichi, da parte della società, una raccolta del risparmio non autorizzata. Il socio che fa il prestito alla società deve essere titolare di almeno il 2% del capitale sociale, e essere socio da almeno tre mesi. Inoltre l’atto costitutivo deve prevedere espressamente la possibilità di ricevere finanziamenti dai soci.
Versamento in conto capitale o prestito da parte del socio
Nella pratica appare spesso difficile stabilire se il socio abbia voluto eseguire un versamento in conto capitale o concedere un prestito alla società, a causa dell’utilizzo di terminologie imprecise. In tal caso la giurisprudenza tiene conto del concreto atteggiarsi del rapporto e delle finalità che è diretto a soddisfare. La previsione di interessi rivela senza dubbio che si tratta di un mutuo, mentre la proporzionalità tra le quote sociali e le somme versate fa propendere per il versamento in conto capitale.
La distinzione tra le due ipotesi è importante anche per quanto riguarda l’imposta di registro. Il finanziamento in conto capitale non è soggetto ad alcuna imposta.
Si paga l’imposta di registro fissa (168 euro) solo se successivamente si delibera il passaggio a capitale del finanziamento, oppure la restituzione ai soci delle somme versate, sotto forma di distribuzione delle riserve disponibili risultanti dal bilancio. 3 Il prestito concesso alla società dal socio, sia fruttifero sia infruttifero, se è effettuato in forma scritta (verbale assemblea o contratto), è invece soggetto all’imposta di registro con l’aliquota del 3% (art. 9 parte I Tariffa d. P. R. 131/1986) con registrazione entro il termine fisso di 20 giorni.
L’esenzione, infatti, si applica soltanto ai finanziamenti in conto capitale, ovvero senza obbligo di restituzione, perché solo quelli risultano equiparati, ai fini fiscali, al conferimento nella società di capitale di rischio. Per evitare la tassazione immediata si può però concordare il prestito mediante scambio di corrispondenza tra il socio e la società, e nel qual caso la registrazione (al 3%) è prevista solo “in caso d’uso” (articolo 1, lettera a, Tariffa parte II).
In detta modalità, più frequentemente impiegata, si può, quindi evitare l’applicazione dell’imposta di registro, facendo attenzione a non indicare contemporaneamente le firme delle parti. Essa può essere composta come segue: alla proposta della società segue l’accettazione del socio in modo che sul medesimo foglio non compaiano mai congiuntamente le firme di entrambi.
Lettera di disponibilità ad effettuare il finanziamento
Diversamente il socio, sulla base delle intese verbali con la società, invia una lettera alla stessa per comunicare la propria disponibilità a effettuare il finanziamento, specificando le condizioni dello stesso. In seguito la società risponde alla missiva del socio accettando le condizioni proposte e indicando le coordinate bancarie per l’accredito o altra diversa modalità di erogazione.
In ogni caso si consiglia di evidenziare nella causale del bonifico che trattasi di finanziamento soci e di specificare se è fruttifero o meno.
Per quanto riguarda le imposte sul reddito, per evitare che i finanziamenti dei soci, di qualsiasi tipo, siano considerati produttivi di interessi (sui quali i soci dovrebbero pagare le tasse) occorre inserire nel bilancio la causale “Debiti verso soci per finanziamenti infruttiferi”. Se il socio-finanziatore è una società, e il finanziamento è fruttifero, l’operazione rientra in ambito Iva, seppur esente da imposta, e il contratto sarà comunque soggetto a registrazione in caso d’uso e a tassa fissa (dPR 131/86).
Nota: art. 4, lettera a), punto 1) della Tariffa Parte Prima allegata al TUR; art. 1 della Tariffa allegata al D. Lgs. 347/1990 e art. 10, comma 2 del D. Lgs. 347/1990.