Sig. Kang: Buongiorno Avv. Dong! Sono un piccolo imprenditore cinese residente in Italia, che ha una piccola attività in proprio con alcuni lavoratori dipendenti. Finora non ho avuto problemi da loro, in quanto si sono sempre rivelati dei dipendenti seri e diligenti. Nel caso in cui, in futuro, dovessi assistere a delle mancanze da parte loro, come mi devo comportare per evitare vertenze sindacali e giudiziali?
Rubrica Legale dell’Avv. Lifang Dong: Il potere disciplinare del datore di lavoro
Sig. Kang: Buongiorno Avv. Dong! Sono un piccolo imprenditore cinese residente in Italia, che ha una piccola attività in proprio con alcuni lavoratori dipendenti. Finora non ho avuto problemi da loro, in quanto si sono sempre rivelati dei dipendenti seri e diligenti. Nel caso in cui, in futuro, dovessi assistere a delle mancanze da parte loro, come mi devo comportare per evitare vertenze sindacali e giudiziali?
Avv. Dong: Buongiorno a Lei, Sig. Kang. Premesso che il potere disciplinare del datore di lavoro nei confronti del lavoratore è una delle prerogative del rapporto di lavoro subordinato ed è disciplinato innanzitutto dall’art. 2104 c. C. , lo Statuto dei Lavoratori, all’art. 7, regola nel dettaglio la procedura con cui si possono infliggere sanzioni disciplinari. Il primo comma dell’art. 7 stabilisce che le norme disciplinari, con le relative procedure di applicazione, debbano poter essere conosciute da tutti i lavoratori attraverso l’affissione in un luogo accessibile a tutti. La stessa norma, al comma 2, riconosce il diritto alla difesa del lavoratore, il quale non può subire alcun provvedimento disciplinare dal datore di lavoro senza che quest’ultimo gli abbia contestato l’addebito e lo abbia ascoltato a fini difensivi.
Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. L’addebito deve essere contestato sollecitamente al lavoratore, in modo da garantire da un lato l’interesse del datore di lavoro a promuovere il procedimento disciplinare una volta acquisiti importanti elementi di fatto, e, dall’altro, l’interesse del lavoratore al più rapido avvio del procedimento, per evitare che la situazione di incertezza circa la sorte del rapporto di lavoro si protragga per un periodo eccessivamente lungo. Inoltre, l’art. 7 prevede tutta una serie di limiti e di condizioni per l’esercizio del potere disciplinare, al fine di evitare abusi da parte del datore di lavoro. Ad esempio, fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. Nell’ambito del procedimento sanzionatorio, infine, il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del lavoratore in relazione ad una determinata infrazione disciplinare, non può esercitare di nuovo tale potere per punire lo stesso fatto.
In altre parole, dunque, il datore di lavoro, secondo la normativa italiana, ha il diritto di sanzionare il lavoratore che non esegue correttamente la propria prestazione lavorativa, ma non deve commettere arbitri o abusi nell’esercizio di questa forma di potere, pena il rischio dell’avvio di procedure giudiziali o sindacali da parte del lavoratore.
Nota: il contenuto di questo articolo non costituisce un parere del nostro studio legale, ma ha funzione informativa. Se Lei ha altri dubbi, ci può contattare per ulteriori informazioni ed assistenza legale.