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mercoledì 2 Ottobre 2024

Somministrazione di lavoro e responsabilità in caso di infortunio

Somministrazione di lavoro e responsabilità in caso di infortunio

Tribunale di Modena, sez. Lav. , 30 novembre 2011, n. 287

In caso di infortunio subito da lavoratore somministrato è da escludersi la responsabilità della società di somministrazione, ove questa abbia delegato l’obbligo di formazione sui rischi sulla sicurezza all’utilizzatore, a norma dell’art. 23 del Dlgs n. 276/2003.  Il risarcimento a carico dell’utilizzatore è limitato al solo differenziale tra danno biologico calcolato secondo le tabelle Inail e il danno accertato in corso di causa secondo le tabelle del Tribunale.  L’utilizzatore per avere piena copertura dalla propria compagnia di assicurazioni dovrà stipulare apposita appendice di polizza che prevede oltre alla copertura assicurativa dei propri dipendenti anche la copertura di dipendenti somministrati o di terzi.

Somministrazione di lavoro e responsabilità in caso di infortunio

Tribunale di Modena, sez. Lav. , 30 novembre 2011, n. 287

In caso di infortunio subito da lavoratore somministrato è da escludersi la responsabilità della società di somministrazione, ove questa abbia delegato l’obbligo di formazione sui rischi sulla sicurezza all’utilizzatore, a norma dell’art. 23 del Dlgs n. 276/2003.  Il risarcimento a carico dell’utilizzatore è limitato al solo differenziale tra danno biologico calcolato secondo le tabelle Inail e il danno accertato in corso di causa secondo le tabelle del Tribunale.  L’utilizzatore per avere piena copertura dalla propria compagnia di assicurazioni dovrà stipulare apposita appendice di polizza che prevede oltre alla copertura assicurativa dei propri dipendenti anche la copertura di dipendenti somministrati o di terzi.

è stata sottoposta al giudizio del Tribunale di Modena la vicenda di un lavoratore somministrato che subiva grave infortunio nel corso di una missione in somministrazione.

A seguito di detto infortunio veniva aperto procedimento penale a carico dell’amministratore della società utilizzatrice il quale veniva rinviato a giudizio. Il lavoratore, risarcito dall’Inail, in base ad una quantificazione operata dall’Istituto, ritenuta dal ricorrente insufficiente e comunque connessa al risarcimento del solo danno da perdita di capacità lavorativa, intraprendeva azione nei confronti dell’utilizzatore e della società di somministrazione, chiedendo la condanna in solido al pagamento dell’intero danno biologico e del danno personalizzato (ex danno morale).

Si costituiva in giudizio l’Agenzia per il lavoro la quale rilevava che nel contratto di somministrazione le parti avevano concordato che l’espletamento dell’obbligo di formazione ed informazione sui rischi connessi con l’attività lavorativa sarebbe stato a totale carico dell’utilizzatore ciò a norma dell’art. 23, comma 5, Dlgs n. 276/2003.

L’Agenzia per il lavoro, su tali basi, escludeva, pertanto, ogni propria responsabilità evidenziando altresì di non aver preso parte in alcun modo alla dinamica che aveva portato alla causazione dell’infortunio.

Il giudice accogliendo i rilievi formulati dal somministratore rilevava che «Ai sensi dell’art. 23, comma 5,Dlgs n. 276/2003, grava sul somministratore l’obbligo di informare i lavoratori dei rischi per la sicurezza e la salute e di formarli e addestrarli all’uso delle attrezzature di lavoro. Le parti possono tuttavia prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore. Tenuto conto delle disposizioni citate, delle clausole contrattuali, delle modalità dell’infortunio e dei profili di colpa, come di seguito ricostruiti, nessuna responsabilità può addebitarsi a S. E deve pertanto respingersi la domanda proposta nei confronti della stessa».

L’Agenzia per il lavoro nella propria difesa, inoltre, evidenziava che nella determinazione del quantum, il giudice avrebbe dovuto ridurre notevolmente le pretese del lavoratore, anche nei confronti dell’utilizzatore, limitando la responsabilità di questo al solo differenziale tra liquidazione del danno biologico da operarsi secondo il calcolo effettuato dall’Inail e determinazione del danno secondo i normali criteri civilistici.

Il giudice accoglieva i rilievi effettuati dall’Agenzia per il lavoro, rilevando come il Dpr n. 1124/1965 fosse stato modificato dalla novella introdotta dal Dlgs n. 388/2000. La norma infatti ha posto a carico dell’Inail non più solo l’indennità connessa alla perdita di capacità lavorativa, ma anche la liquidazione del danno biologico.

Da ciò ne consegue che l’obbligato alla liquidazione del danno biologico, per effetto delle predette disposizioni, è l’Inail (ovviamente con possibilità di rivalsa da parte di quest’ultima) mentre il lavoratore può richiedere il risarcimento diretto da parte dell’utilizzatore limitatamente al solo differenziale tra danno biologico liquidato dall’Inail (con valore capitalizzato) e la quantificazione operata secondo i criteri civilistici, essendo l’utilizzatore tenuto esclusivamente a colmare tale differenza.

Nel predetto giudizio il giudice accogliendo la predetta tesi difensiva rilevava: «Si ritiene di dover riconoscere la risarcibilità del danno biologico differenziale ciò sulla base di una interpretazione di ordine letterale e sistematica delle disposizioni di cui al Dlgs n. 388/2000 e del Dpr n. 1124/1965. L’art. 10 del Dpr n. 1124/1965 prevede: “l’assicurazione a norma del presente decreto, esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro. Nonostante l’assicurazione predetta permane la responsabilità civile a carico di coloro che abbiano riportato condanna penale per il fatto del quale l’infortunio è derivato. (…) Non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo non ascende a somma maggiore dell’indennità che, per effetto del presente decreto, è liquidata all’infortunato o ai suoi aventi diritto. Quando si faccia luogo a risarcimento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli articoli 66 e seguenti”. L’art. 13 del Dlgs n. 38/2000 dispone che il nuovo indennizzo debba essere erogato “in luogo della prestazione di cui all’art. 66 comma 1, n. 2 del Testo unico”. Quest’ultima disposizione prevede l’erogazione di una rendita per inabilità permanente. è evidente come l’indennizzo di cui al Dlgs n. 38/2000 sia andato a sostituire la rendita per inabilità permanente prevista dall’art. 66 del Dpr n. 1124/1965. Quindi l’art. 10 Dpr n. 1124/1965, nel momento in cui prevede il risarcimento del danno differenziale «per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli articoli 66 e seguenti” fa riferimento all’indennità di cui all’art. 66, comma 1 n. 2, ora sostituita dall’indennizzo di cui all’art. 13 Dlgs n. 38/2000. è vero che nella sua versione originaria, l’art. 10 Dpr n. 1124/1965 non poteva riferirsi al danno differenziale biologico, ma è altrettanto vero che per effetto dell’inclusione operata dal Dlgs n. 38/2000 del danno biologico nell’ambito delle prestazioni assicurative Inail, la sfera di applicazione dell’art. 10 ha subito una espansione tale da comprendere nel danno differenziale risarcibile anche quello biologico. Il Dlgs n. 38/2000 si è limitato a sostituire la rendita ex art. 66, comma 1, n. 2 Dpr n. 1124/1965 col nuovo indennizzo, inclusivo del danno biologico, lasciando inalterato tutto il sistema previgente in particolare la funzione indennitaria e non di tutela risarcitoria dell’assicurazione Inail». Ne deriva ovviamente una notevole riduzione del danno a carico del datore di lavoro ed in questo caso dell’utilizzatore, che resta, però, comunque esposto ad azione di rivalsa da parte dell’Inail.

Infine, altra particolarità della predetta sentenza, il giudice ha escluso che l’utilizzatore potesse ottenere, però, manleva dalla propria compagnia di assicurazione, prevedendo la polizza assicurativa di quest’ultimo l’estensione della copertura assicurativa ai soli dipendenti dell’assicurato e non anche ai lavoratori somministrati.

«Non può trovare accoglimento la domanda di manleva proposta da M. Srl nei confronti di A. Spa in ragione della formulazione letterale della polizza, limitata ai prestatori di lavoro dipendenti dell’assicurato, ed atteso che tale non può considerarsi il lavoratore interinale».

Rilievo, quest’ultimo, abbastanza preoccupante per gli utilizzatori che, ove venisse confermato il predetto indirizzo, se vorranno dormire sonni tranquilli, dovranno assicurarsi che nelle appendici di polizza dei propri contratti assicurativi sia prevista estensione della tutela r. C. Per danni ad altri collaboratori dell’impresa e lavoratori somministrati.

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